giovedì 6 agosto 2009

Peacelink risponde a Confindustria che cerca di insabbiare la questione arsenico

COMUNICATO STAMPA

Confindustria è intervenuta a Taranto per definire “allarmismi assolutamente ingiustificati” i timori sollevati da PeaceLink a proposito della presenza di arsenico.
Confindustria ritiene che i dati Ines sull'arsenico diffusi da PeaceLink “non possono considerarsi statisticamente attendibili non in quanto infondati ma perché assolutamente parziali”. E aggiunge: “Tali dati si riferiscono infatti solo ad autodichiarazioni volontarie fornite solo da alcuno soggetti del più vasto sistema industriale”.
Viene data informazione che nel 2007 è stato pubblicato uno studio Ispesl su “Prevenzione oggi” che smentirebbe i timori sull'arsenico a Taranto.

Ci stupiamo dell'errore compiuto da Confindustria nel ritenere che PeaceLink abbia diffuso sull'arsenico dei dati statistici. PeaceLink non ha diffuso delle percentuali ma dei valori che, in termini matematici, sono definiti “valori assoluti”. Abbiamo diffuso stime di fonte industriale sulle emissioni di arsenico che sono espresse in chilogrammi. I valori espressi in chilogrammi non sono valori statistici.

Facciamo un esempio divulgativo.
Se ad una persona cade in testa un mattone da due chili questa non è una “statistica” ma è un “valore assoluto” che assume rilevanza in sé. E se a un'altra persona cade in testa un mattone da dieci chili, qui non siamo in presenza di un altro dato statistico che si può contestare ma di un mattone ancora più pesante che fa ancora più male. Le statistiche si possono anche contestare per come vengono ricavate (sono una elaborazione compiuta su valori assoluti) ma i valori assoluti no, non sono contestabili.

Chiediamo pertanto che Confindustria si esprima proprio su quei 1116 chili di arsenico che l'Ilva di Taranto ha stimato emettere nel 2006 in acqua e ha comunicato al Ministero dell'Ambiente e che sono poi stati resi noti nel registro Ines (Inventario Nazionale Emissioni e loro Sorgenti) alla fine del 2008.
Ci siamo chiesti se per Taranto ci possa essere un problema dovuto a quella tonnellata e passa di arsenico. Abbiamo fatto allarmismo? No, abbiamo invitato a ragionare su un dato che a Taranto non era stato reso noto al grande pubblico e che riguarda una sostanza capace di favorire il cancro.
Il punto su cui abbiamo invitato a riflettere è che, rimanendo agli ultimi dati disponibili del 2006, le stime di emissioni per Gela sono 264 chili e per l'Ilva di Taranto sono 1116 chili, quasi cinque volte di più. Queste non sono sofisticate e ingannevoli statistiche ma cose che comprende anche chi va a fare la spesa. Come il mattone da 10 chili che fa più male del mattone da 2 chili se ci cade in testa.
Cogliamo l'occasione per rendere nota all'opinione pubblica la serie storica delle stime emissioni di arsenico in mare a Taranto: 1116 kg/anno nel 2006, 1172 kg/anno nel 2005, 1087 kg/anno nel 2004, 1463 kg/anno nel 2003, 118 kg/anno nel 2002.
Come mai si è registrata una così considerevole impennata dopo il 2002? Qualcuno risponda.
Sono tutti dati comunicati da Ilva al Ministero dell'ambiente e che sono frutto di stime. Tali stime, per legge, non possono essere compilate a casaccio ma sulla base di metodiche accurate che infatti vengono poi validate dai tecnici ministeriali.
Ripetiamo: questi dati non sono statistiche ma dati che hanno un valore in sé. Sommando questi dati otteniamo una somma non una statistica. E sommandoli otteniamo 4956 chili in cinque anni. Questo dato è un quantitativo che ha un valore in sé e non è una statistica.
Chiediamo a Confindustria: dobbiamo rassegnarci per i prossimi cinque anni a avere altre cinque tonnellate di arsenico? E' sostenibile per l'ambiente e per la nostra salute? O dobbiamo fare in modo che nell'Autorizzazione Integrata Ambientale venga posto un limite?
Crediamo che Confindustria farebbe bene a ragionare se sia sostenibile per il mare di Taranto continuare a smaltire ogni anno un quantitativo di arsenico che appare superiore a quello di Gela.
Fare affidamento sui processi di diluizione non può essere una strategia per il futuro. Tutto ha un limite, anche la capacità di diluizione del mare.

E veniamo allo studio Ispesl pubblicato nel 2007.
Riteniamo che non sia completo e contenga anche delle contraddizioni. Infatti è stato trovato nelle urine degli operai Ilva arsenico in misura minore a quella dei cittadini di Taranto. Questo farebbe pensare che per difendersi dall'arsenico sarebbe preferibile lavorare all'Ilva. Salvo poi scoprire, nello stesso studio, che gli abitanti del quartiere Tamburi registrano una quantità di arsenico superiore alla media. Perché?
La ricerca Ispesl ricontra una maggiore presenza di arsenico in chi mangia molluschi e crostacei ma non chiarisce se quei molluschi e crostacei hanno accumulato arsenico per via dell'inquinamento delle acque.
Ma il punto di maggiore debolezza della ricerca Ispesl, a nostro parere, è nell'analisi del processo produttivo dello stabilimento siderurgico. E' una mera sintesi enciclopedica dei processi produttivi che non spiega però da dove viene emesso l'arsenico e in che quantità. Fa un'analisi delle materie prime ma non delle emissioni. Una tale analisi non consente di focalizzare i punti di criticità e di indagare in modo efficace. Se si fosse proceduto così per la diossina i risultati sarebbero stati poco significativi e non sarebbe stato individuato il punto di maggiore criticità.
Riteniamo che lo studio Ispesl non affronti il problema della contaminazione della catena alimentare e di come l'arsenico possa entrarvi.
Ecco perché si rende necessario formulare una nuova ricerca che individui le fonti specifiche di emissione (senza limitarsi alla sola analisi delle materie prime) e misuri con certezza quanto arsenico viene scaricato in mare e che impatto può avere sulla catena alimentare, dato che l'arsenico può contaminare in particolare i pesci, i crostacei e i molluschi. E' dimostrato dalla letteratura scientifica che i prodotti ittici risentono fortemente dell'inquinamento da arsenico e lo concentrino.
La prossima Autorizzazione Integrata Ambientale dovrà prevedere una minimizzazione delle emissioni di arsenico tramite l'adozione delle migliori tecnologie disponibili. L'arsenico è cancerogeno e più bassa è la soglia definita e minore è il rischio di contaminazione della catena alimentare.
Su questo avremmo desiderato che Confindustria si fosse misurata nel suo intervento dato che l'Autorizzazione Integrata Ambientale è oggetto di definizione in queste settimane.

Intervenire solo per dire che non c'è pericolo non ci garantisce il futuro, intervenire per ridurre l'inquinamento invece ci fa stare più tranquilli tutti
.
Apprezziamo il fatto che il sindaco, con le dovute cautele, abbia accettato l'invito che gli abbiamo rivolto per ottenere a Taranto un approfondimento e un aggiornamento delle ricerche sull'inquinamento da arsenico.
Oltretutto questa esigenza di approfondimento con ulteriori indagini era contenuta nelle conclusioni della stessa ricerca Ispesl del 2007.
Nelle conclusioni lo studio lasciava infatti aperta la porta a nuove indagini: "Per l’arsenico, è risultata un’abnorme esposizione ambientale che si realizza essenzialmente con l’introduzione per via digestiva del metallo e dei suoi composti inorganici ed organici attraverso sia l’acqua ingerita che i prodotti ittici assunti con la dieta (soprattutto molluschi e crostacei). Ulteriori ricerche andrebbero svolte allo scopo di caratterizzare meglio le specie dell’arsenico eliminate con le urine per definire la provenienza dell’arsenico inorganico".
Non ci risulta inoltre che nello studio Ispesl sia stata eseguita l'analisi sul capello, che accumula arsenico. Nell'urina invece l'arsenico “sparisce” in poche ore. Quindi nelle “ulteriori ricerche” si potrebbe prendere in considerazione l'analisi di quei tessuti, come il capello, su cui l'arsenico persiste per una maggiore durata di tempo.
Sulla questione arsenico PeaceLink ha recapitato a tutti i sindacati regionali, provinciali e di categoria la comunicazione già inviata al sindaco in quanto massima autorità per la salute dei cittadini. Nella loro responsabilità facciano le valutazioni del caso per lavoratori che operano sugli impianti e per i cittadini.

Per PeaceLink: Biagio De Marzo, Alessandro Marescotti

2 commenti:

Donato ha detto...

Confindustria continua a leccare il culo a Riva, ma non si rendono conto che questo atteggiamento servile nei confronti della grande inustria non porta a nulla. Pensano che continuando a svendere il territorio, il padrone ci darà qualche grazia. In realtà Riva ci considera degli schiavi, dall'ultimo degli operai al più ricco degli imprenditori locali.Non si rendono conto che, con uno scatto di orgoglio, qui a Taranto potremmo fare tante belle cose a livello produttivo e industriale.

coxta ha detto...

Guarda il post su Riva e Confindustria (http://comitatopertaranto.blogspot.com/2009/08/confindustriariva-quale-rapporto.html)