domenica 23 agosto 2009

Confindustria/Riva quale rapporto?

elab. fotogr.

Ma chi può contraddire il padrone?

Leggiamo da un articolo comparso sull'Espresso in occasione dell'inizio dell'Era Marcegaglia in Confindustria:

"Tra quelli con cui Emma negli anni ha legato di più ci sono certamente proprio Merloni (che l'ha voluta in consiglio di amministrazione ed è stato il primo, la scorsa estate, a fare il suo nome per il vertice di Confindustria), Squinzi, l'ex presidente Giorgio Fossa, Gianmarco e Letizia Moratti, Emilio Riva, Matteo Colaninno (superate da tempo le incomprensioni tra i rispettivi genitori, si frequentano anche sulle montagne di Ortisei) e Carlo Pesenti (anche lui l'ha chiamata nel suo consiglio di amministrazione).
C'è poi una seconda cerchia meno vicina. Ne fanno parte Fedele Confalonieri, Alessandro Benetton, Gianfelice Rocca, Edoardo Garrone, Nerio Alessandri, Marco Tronchetti Provera, Ettore Artioli, Sergio Dompé, l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni e quello dell'Enel Fulvio Conti, Andrea ed Ettore Riello, il capo dei "piccoli" Giuseppe Morandini e il numero uno della Confindustria lombarda Giuseppe Fontana. Anche nel mondo politico, con il quale pure ha solo contatti istituzionali, la Marcegaglia è piuttosto trasversale. Il collegamento con gli ambienti prodiani è assicurato dal sottosegretario Enrico Letta. Quello con Berlusconi passa da Gianni Letta e Confalonieri. L'amico Andrea Mondello, via Goffredo Bettini, è invece il terminale con Walter Veltroni. E Altero Matteoli è il punto di riferimento in Alleanza nazionale. I rapporti sono poi buoni con Pierluigi Bersani, Emma Bonino e Antonio Di Pietro. Addirittura ottimi con Massimo D'Alema (per cui Emma ha da sempre un debole), Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini."
Nella vecchia guardia di Confindustria, invece, Riva poteva contare sulla solida "amicizia" con l'ex-presidente Giorgio Fossa con il quale, ha anche avuto comunanza d'affari.


Ma ricordate come Riva ha acquisito l'Italsider? Ecco un pò di storia dal Corriere della Sera, Pagina 19, 2 marzo 1995:

Riva conquista l' acciaio di Stato
L' Iri cede il controllo dell' Ilva laminati piani. Un affare da 2. 200 miliardi

Dopo 50 anni finisce l' avventura "pubblica": nasce un big mondiale con fatturato da 12 mila miliardi TITOLO: Riva conquista l' acciaio di Stato L' Iri cede il controllo dell' Ilva laminati piani. Un affare da 2.200 miliardi

L' avventura dell' acciaio di Stato . nel bene e nel male un pezzo della storia d' Italia di questo secolo . si e' conclusa ieri mattina. La parola fine l' ha scritta il consiglio d' amministrazione dell' Iri, che ha deciso all' unanimita' di accettare l' offerta del siderurgico milanese Emilio Riva per l' acquisto dell' Ilva laminati piani (Ilp). Poco piu' di duemila miliardi per una cosa che negli ultimi cinquant' anni ne e' costata ai contribuenti alcune decine di migliaia, ma che nello stesso tempo e' stata un motore insostituibile dell' industrializzazione del Paese. Diventano cosi' privati gli impianti di Taranto (la piu' grande acciaieria d' Europa e una delle piu' grandi del mondo) e di Novi Ligure piu' altri pezzi minori: un mostro industriale che impiega ancora oggi quasi ventimila persone e che nel ' 94 ha fatturato 8.500 miliardi. Muore l' Ilva, nome glorioso che solo sei anni fa era stato riesumato dagli archivi storici per dare il prestigio della tradizione all' ultimo tentativo di rilancio della Finsider travolta dai debiti. Ma sulle sue ceneri nasce all' improvviso uno dei maggiori gruppi privati italiani, e ancora una volta si presenta sotto specie di azienda familiare. Emilio Riva e i suoi tre figli manager . riservatissimi e fino a ieri semisconosciuti imprenditori del rottame e del tondino . guideranno un colosso da circa 12 mila miliardi di fatturato, che controlla una fetta fondamentale del mercato italiano dell' acciaio, nel campo dei cosiddetti prodotti piatti. Significa lamiere per le carrozzerie della Fiat, ma anche per le fiancate di lavatrici e lavastoviglie: gran parte dell' industria metalmeccanica italiana si prepara da oggi a diventare cliente del signor Riva. I termini dell' operazione varata ieri sono ancora avvolti nel mistero. L' Iri, che in clima di privatizzazioni gia' si comporta come se fosse un' azienda privata, ha ritenuto di non dare nessuna informazione sull' offerta formulata da Riva e accettata dal consiglio, trincerandosi dietro la doverosa riservatezza di una "trattativa privata". Formalmente infatti si tratta ancora di una trattativa aperta: il consiglio ha subordinato la definitiva chiusura dell' affare alla definizione di alcune ulteriori clausole particolari. Ma e' gia' convocata per il prossimo 14 marzo l' assemblea degli azionisti dell' Iri . o meglio dell' unico azionista, il ministro del Tesoro . per l' approvazione formale della vendita. La fretta del presidente dell' Iri Michele Tedeschi e' del resto comprensibile. L' Italia si era impegnata con la Commissione europea a vendere l' Ilva laminati piani entro lo scorso 31 dicembre. Lo slittamento di qualche settimana non ha grande rilievo in se' e per se' , ma e' un fatto che gia' ieri pomeriggio Tedeschi si e' precipitato a Bruxelles, dove stamattina spieghera' l' operazione al commissario europeo alla concorrenza Karel Van Miert e a quello all' industria Martin Bangemann. Lo stesso Van Miert ieri pomeriggio si e' rallegrato del fatto che la privatizzazione dell' azienda siderurgica italiana "sia stata decisa nei termini e nelle condizioni fissate a suo tempo, d' accordo con i ministri dell' Industria dell' Unione europea". Le notizie su questa grande privatizzazione vengono dunque ancora dalle indiscrezioni. Emerge un primo elemento di sorpresa: le voci circolate con insistenza nei giorni scorsi su una difficolta' di Riva a mettere insieme un' offerta finanziariamente forte, sarebbero state smentite dai fatti. Riva, assistito dalla Salomon Brothers e dalla Cariplo, sarebbe riuscito a offrire circa 2.200 miliardi, e soprattutto si sarebbe impegnato a versare all' Iri tutta la cifra nel giro di pochi mesi, grosso modo entro la fine di quest' anno. Rimangono invece da chiarire i dubbi sulla provenienza dei capitali e sul tipo di garanzie offerte. Nessuna smentita e' infatti giunta dall' Iri a proposito delle voci sulla forte componente di leverage finanziario insito nell' offerta di Riva: in sostanza si tratterebbe di creare un forte indebitamento della societa' acquistata per finanziare l' operazione stessa. A cio' sarebbe finalizzata la prevista fusione tra la Fire Finanziaria .la societa' con cui Riva realizza l' acquisto . e la stessa Ilp. Le voci negative dei giorni scorsi sembravano aver ravvivato le speranze della cordata rivale, guidata dall' ex presidente della Confindustria Luigi Lucchini, alleato del trader siderurgico Bruno Bolfo e del gruppo siderurgico francese Usinor Sacilor. Ieri invece e' stata per gli sconfitti la giornata del definitivo rompete le righe. Peraltro gia' alcuni giorni fa la decisione di Luigi Lucchini di accettare la presidenza della Montedison era apparsa come un inequivocabile segnale: il re del tondino evidentemente aveva gia' capito che il suo sogno di conquistare Taranto era ormai svanito per il successo della trattativa dell' Iri con il suo arcinemico Emilio Riva. Soddisfazione invece tra gli imprenditori di Taranto e Novi Ligure che hanno formato la Tarnofin, societa' partita con l' idea di scalare l' Ilp grazie anche a forme di azionariato popolare e poi finita nella scia di Riva. La Tarnofin vanta l' esistenza di un accordo verbale con Riva per il suo ingresso con una piccola quota nella nuova compagine azionaria dell' Ilp, e ora attende che la promessa sia mantenuta. (Meletti Giorgio)

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