«Utili le analisi sull’arsenico. Il Cnr darà il suo aiuto»
Bianchi: indagini in tutta l’area industriale
FULVIO COLUCCI
• «Le analisi? Vale la pena farle». Da buon toscano Fabrizio Bianchi parla asciutto. Il dirigente del Consiglio nazionale delle ricerche ha guidato le ricerche sull’arsenico a Gela. L’e pidemiologo dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr, ha un’idea precisa: «Sono d’accordo con la proposta del direttore dell’Ar pa Giorgio Assennato: bene fare nuovi controlli. Non si può dire, a priori, se a Taranto c’è una situazione simile a quella di Gela, ma la produzione di arsenico è molto al di sopra di quella della città siciliana. L’apparato industriale tarantino è assai complesso. Le fonti di inquinamento sono molteplici, bisogna cercarle tutte, senza pregiudizi “ideolo gici”. Il ricercatore, anzi, deve essere libero da pregiudizi. Prima studiare e poi parlare».
A caccia di arsenico anche in Puglia. Siete pronti?
«A Taranto alcune cose sono state fatte e i risultati, a proposito di arsenico, sgombrano il campo dalle preoccupazioni (il riferimento è ai rassicuranti dati Ispesl del 2007 ricavati dalle analisi sulla popolazione e sui lavoratori, ndr). I numeri recenti vanno presi come riferimento. Giusto, però, raccogliere certi segnali, quando ci sono, in uno dei siti più inquinati d’Europa. Mi riferisco alle preoccupazioni degli ambientalisti, dei cittadini, non solo per quello che riguarda le emissioni di arsenico
nell’aria e nell’acqua, ma anche per quel che concerne la contaminazione della catena alimentare. Su quest’ultimo punto è giusto nutrire timori e chiedere controlli».
Di che tipo?
«Le domande da farsi sono semplici: l’ar - senico è entrato nella catena alimentare? E se sì come? Non dimentichiamo l’im - patto sui lavoratori. Si tratta dell’altro aspetto delicato su cui fare esami approfonditi. È possibile che ci siano meno tracce d’arsenico nel sangue e nelle urine dei lavoratori. Studiamo il caso in maniera approfondita: ci sono diverse ricerche su malattie e mortalità. Taranto è una città sotto la nostra lente d’ing randimento».
Con chi fare squadra?
«Esiste un accordo di programma recente siglato dall’Istituto superiore di Sanità, dalla regione Puglia, dall’Ar pa. dall’Asl. La Regione lo finanzia e prevede analisi, controlli sanitari. Credo sia lo strumento giusto per attivare i canali di ricerca che vedono il Cnr già da tempo impegnato. Noi siamo pronti. L’Istituto superiore di sanità si sta attrezzando per un protocollo di studio che tenga conto dei risultati della ricerca fatta a Gela. Si tratta di un’opportunità da cogliere. Di recente abbiamo incontrato l’Arpa pugliese. Possiamo mobilitare le nostre strutture di Lecce e Mesagne».
E le istituzioni locali?
«Siamo disponibili a mettere esperienze e competenze a disposizione. La situazione di Taranto non è positiva, ma io farei attenzione ai segnali lanciati dagli ambientalisti e dai cittadini. Le istituzioni si stanno muovendo e lo stimolo viene dal basso. Se poi ci sono protocolli di ricerca, attivati o da attivare, per realizzare quello che gli ambientalisti e i cittadini chiedono in materia di controlli siamo, allora, sulla strada giusta».
Sarebbe facile creare una rete di l avo r o ?
«La strada è segnata. La collaborazione con l’Istituto superiore di sanità e con l’Ar pa, l’accordo di programma del Cnr con la Regione Puglia sono strumenti fondamentali. Non dimentichiamo, però, i passi da muovere in alcune direzioni. C’è ancora da lavorare. Penso, per esempio, al Registro tumori».
C’è stata polemica tra Ilva e ambientalisti sui dati del registro Ines a proposito delle emissioni di arsenico in acqua...
«I dati Ines? Di solito sono sottostimati».
L’Ilva assicura: si tratta di dati fittizi. Gli ambientalisti si preoccupano, per esempio, degli oltre 1100 chili di arsenico stimati dal Gruppo Riva nel 2007 e finiti nel re gistro.
«Sì sono dati fittizi, ma non sovrastimati. Sarebbe sciocco, da parte di un’azienda, dichiarare dati più alti rispetto alle emissioni inquinanti. Però se dico, ad esempio,
che produco 1900 chili di arsenico piuttosto che 2000 cosa cambia? L’en - tità del dato è, comunque, alta. Ripeto: la questione riguarda le aziende dell’area industriale. Tutte. Non solo l’Ilva, ma anche l’Eni e la centrale Edison. L’arsenico è nel pet coke in componenti elevate, ma non solo».
Come evitare polemiche e ragionare sui fatti?
«Senza allarmare nessuno occorre progettare uno studio mirato per Taranto proprio perché il sito industriale è assai complesso. Uno studio avanzato anche rispetto a quello fatto a Gela. Nel valutare le analisi non bisogna ragionare basandosi
sulle medie. Il discorso è legato alla presenza diffusa di arsenico. Bisogna essere sicuri che al di là delle medie non ci siano, per esempio, strati della popolazione che, sia pur limitati nel numero, presentino concentrazioni altissime di arsenico nell’organismo. Dobbiamo certamente prestare attenzione alle medie, ma altrettanto dobbiamo fare con i gruppi di popolazione più sensibili e vulnerabili. Se ho un dato nella norma per un campione ampio di cittadini analizzati, ma un gruppo ristretto presenta ugualmente dati preoccupanti, dovrò fare attenzione. I pesticidi, per esempio, potrebbero determinare questi picchi di contaminazione. Oppure potrebbe essere l’ac - qua per uso agricolo. Nella ricerca bisogna muoversi in uno scenario ampio e senza preconcetti».
Come?
«Ripeto: a Taranto la realtà industriale è molto complessa, le fonti di inquinamento molteplici: bisogna cercarle tutte senza pregiudizi “ideolo - gici”. È importante che il ricercatore sia libero da pregiudizi. Prima si studia, poi si parla».
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