Pubblicato (con calma, ripulito delle richieste e SENZA CITARE LA FONTE) un pezzo del comunicato stampa che il Comitato per Taranto inviò in agosto, all'indomani dell'uscita della "Classifica di attenzione all'ecocompatibilità", stilata dall'Istat per i comuni capoluogo di provincia italiani,
INCHIESTA/ Anche l'Istat boccia Taranto
di MIMMO MAZZA (La Gazzetta del Mezzogiorno)
TARANTO - Nei giorni scorsi è stata diffusa dall'Istituto Nazionale di Statistica la relazione sugli «Indicatori ambientali urbani, anno 2008».
Nella «Classifica di attenzione all'ecocompatibilità», stilata per i comuni capoluogo di provincia italiani, Taranto risulta essere 52esima, con un calo di 11 posizioni rispetto al 2007, a fronte di una generalizzata tendenza al miglioramento.
Nelle singole tabelle dei fattori, per Taranto, si rilevano una serie di carenze più o meno gravi, dovute principalmente alla gestione amministrativa che inevitabilmente si ritorce a danno della salute pubblica e del territorio.
Ma ecco la mappa dettagliata delle tabelle con le criticità evidenziate dall’Istat e i correttivi necessari per rispondere all’ecocompatibilità.
TRASPORTI. Calo progressivo dal 2005 della domanda di trasporto pubblico.
ENERGIA. Assenza di un Piano Energetico Comunale, assenza totale di sistemi solari o eolici per l'alimentazione di strutture pubbliche, incremento notevole del consumo di gas metano (+30% contro 7,5% nazionale) e di energia elettrica (1,9% contro 0,1% nazionale).
RUMORE. Nessuna relazione biennale sullo stato acustico (dovuta per i comuni superiori a 50mila abitanti), assenza di un Piano di Risanamento Acustico o di centraline fisse di rilevamento, mancanza di interventi di bonifica per mitigare l'impatto del rumore (asfalto fonoassorbente o barriere acustiche).
VERDE. Assenza di un Piano del Verde Urbano e di un censimento della consistenza del verde pubblico, calcolo della densità di verde per superficie mai effettuato, verde urbano stimato in 0,2 metri quadri per abitante (stazionario dal 2000) che ci colloca all'ultimo posto assoluto in Italia (media nazionale di 93,6 metri quadri x abitanti).
ACQUA. Razionamento dell'acqua potabile e depurazione delle acque nere per il 90% della popolazione.
ARIA. Diminuzione delle centraline di monitoraggio rispetto al 2006 (da 5,7 x 100 chilometri metri quadri a 5,2 x chilometri metri quadri), riduzione del numero di inquinanti rilevati (da 10 a 6), superamenti del limite di sicurezza per la popolazione prevalentemente nelle stazioni di rilevamento in area industriale (malgrado ci siano teorici della matrice residenziale e veicolare dell'inquinamento a Taranto).
RIFIUTI. La raccolta differenziata costituisce il 6,6% del totale dei rifiuti, con incremento rispetto all'anno precedente molto inferiore rispetto alla crescita media nazionale. Rispetto al 28,5% italiano, Taranto si colloca agli ultimi posti (in dettaglio i valori per tipologia di rifiuto in rapporto al dato italiano espressi in chilogrammi per abitante: carta 23,5 contro 65,4; vetro 5,2 contro 9,3; plastica 2,0 contro 9,3; metalli 0,3 contro 5,4; organici 2,6 contro 52; altro 6,5 contro 21,4).
lunedì 31 agosto 2009
Delibere, delibere...
Si cambiano gli uffici ma l'ambiente resta ancora invivibile...
Comune di Taranto, Delibera n72 del 2009, Tamburi
Comune di Taranto, Delibera n72 del 2009, Tamburi
domenica 30 agosto 2009
Ilva: quanti fumi in un'ora?
Corto-documentario girato a Taranto che mostra il parallelismo tra la città dormiente in superficie e le attività sotterranee dell'underground culturale tarantino.
Lavoro a sei mani di Gabriele Papa, Luigi Ferrucci e Federica Nardelli realizzato per il 48h film festival.
Consigliatissima la visione sia per il tema che per le scene finali che inquadrano lo stabilimento Ilva in una ripresa a velocità accelerata: in pochi secondi si vede quello che respiriamo in un'ora!!!
Grazie Luigi!
Lavoro a sei mani di Gabriele Papa, Luigi Ferrucci e Federica Nardelli realizzato per il 48h film festival.
Consigliatissima la visione sia per il tema che per le scene finali che inquadrano lo stabilimento Ilva in una ripresa a velocità accelerata: in pochi secondi si vede quello che respiriamo in un'ora!!!
Grazie Luigi!
Cozze mostruose
Ecco il cortometraggio vincitore del "48h Film Festival" di Taranto, Mare monstrum, il tema è quello del rapporto tra ambiente e alimentazione... in chiave un po' "ironica"!
Terzo incontro grottagliese
E' POSSIBILE LA RINASCITA CIVICA DI GROTTAGLIE?
3° incontro venerdì 4 settembre 2009 ore 20.00 nelle sale del Castello Episcopio
3° incontro venerdì 4 settembre 2009 ore 20.00 nelle sale del Castello Episcopio
sabato 29 agosto 2009
"Park-Urka! Progetto per un parco giochi temporaneo "
L'Associazione LABuat (Laboratorio Urbano Architettura Taranto) comunica che il giorno 1 settembre alle ore 10.00, presso la struttura del “Cantiere Maggese” di Via Cava 90, nella città vecchia di Taranto , terrà una conferenza stampa di presentazione del workshop di progettazione e costruzione urbana partecipata
Park-Urka!
Progetto per un parco giochi temporaneo
Il workshop si terrà dall' 1 settembre fino al 10 nello slargo antistante l’ex chiesa di San Gaetano in città vecchia, con evento di inaugurazione venerdì 11 settembre 2009 e sarà patrocinato dal Comune di Taranto.
L'Associazione Labuat (http://labuat.wordpress.com/) nata grazie al Bando regionale dei Bollenti Spiriti, "Principi Attivi - Giovani idee per una Puglia migliore" (classificandosi al 31emo posto), intende partire proprio dalla città vecchia, e soprattutto da Largo San Gaetano, perché la città vecchia, da anni interessata da piani urbanistici e di recupero, sta vivendo sola ora un momento di rinascita di interesse.
In particolare Largo San Gaetano, grazie al progetto Cantiere Maggese, laboratorio urbano con spazi dedicati alla creatività giovanile, di prossima inaugurazione, promosso e finanziato dal programma regionale Bollenti Spiriti, si è presentato come un cantiere vero e proprio in cui è stato possibile avvertire il cambiamento.
L'intento dell'associazione è,infatti, quello di portare avanti un progetto di riqualificazione tra Largo San Gaetano e via Cava, attraverso il coinvolgimento attivo degli abitanti della Città Vecchia.
Per raggiungere gli obiettivi prefissati, LABuat si avvarrà - attraverso l’organizzazione di workshop – della collaborazione e dell'esperienza di artisti e creativi, provenienti da altre realtà, esperti nella progettazione urbana partecipata e riappropriazione degli spazi pubblici.
Il primo workshop Park-Urka sarà a cura di Controprogetto (http://www.controprogetto.it/) - un collettivo di progettisti e creativi nato a Milano dall’esperienza di riqualificazione urbana partecipata della Stecca degli Artigiani. Controprogetto promuove la progettazione partecipata di spazi pubblici, l’uso di materiali di recupero e la cultura del fare: tutti obiettivi che LABuat intende realizzare, e per cui è nata.
Il workshop è rivolto a tutti, studenti di architettura, artisti, appassionati di cantieri e impalcature, curiosi e perditempo. Non si richiedono abilità particolari, ma una gran voglia di fare.
Gli iscritti al workshop saranno veicoli di partecipazione nei confronti della comunità, chiamati a coinvolgere i ragazzi nella costruzione, a contattare gli artigiani locali per il supporto tecnico, a cercare imprese di costruzione che forniscano i materiali e musicisti che suonino alla festa di inaugurazione.
Realizzeremo tutti insieme, partecipanti al workshop- abitanti della città vecchia – esperti di Controprogetto, un cantiere del gioco, spazio temporaneo di esplorazione e movimento, simbolo di una città da ricostruire e da reinventare.
Saranno dieci giorni di incontri e riflessioni sulle trasformazioni dal basso, dieci giorni di convivialità e costruzione partecipata di strutture temporanee per il gioco e per la vivibilità degli stessi abitanti e dei visitatori della Città Vecchia di Taranto.
Si allega locandina del workshop.
Info e contatti:
LABuat
3271833402
http://labuat.wordpress.com/
blog Bollenti Spiriti
Poco "eco" e molta grana per i soliti noti...
Controlli a Ecolevante appello al prefetto
Tra Grottaglie e San Marzano sorge il sito gestito dalla Ecolevante che smaltisce rifiuti speciali provenienti da tutta Italia
Molti cittadini hanno accusato malesseri derivanti dai cattivi odori provenienti dalla zona dove sorge la discarica Il sindaco Borsci: «Ancora troppi disagi per i cittadini» MIMMO MAZZA, La Gazzetta di Taranto, p.VI
• Cattivi odori dalla discarica, parte un appello all’Arpa, al prefetto, alla Regione, alla Asl e agli enti locali. A farlo è il sindaco di San Marzano Giuseppe Borsci. «Da diverse settimane giungono segnalazioni all'Amministrazione Comunale di San Marzano - scrive Borsci - riguardanti i cattivi odori provenienti dalla discarica ubicata in contrada La Torre-Caprarica, nell'agro del Comune di Grottaglie, gestita dalla società Ecolevante Spa. Detto impianto insiste a poche centinaia di metri dal territorio del Comune di San Marzano e, in particolare, dal Santuario Madonna delle Grazie, luogo di culto e di pellegrinaggio per migliaia di fedeli, oltre che di ritrovo per i cittadini di San Marzano e per i forestieri. Le segnalazioni di sono moltiplicate negli ultimi giorni e diversi amministratori comunali hanno in effetti potuto constatare direttamente che la zona del Santuario, distante poche centinaia di metri dalla discarica, è spesso invivibile proprio a causa della presenza di cattivi e fastidiosi odori». Borsci ricorda che «l’amministrazione comunale di San Marzano ha sempre ed in tutte le sedi dichiarato la sua contrarietà all'entrata in esercizio della discarica, tanto da risultare parte civile nel processo che dal prossimo 5 ottobre vedrà comparire come imputati dinanzi al Tribunale il rappresentante legale della Ecolevante Spa ed un dirigente della Provincia di Taranto, imputati per abuso d'ufficio riguardo l'iter seguito per la concessione delle autorizzazioni alla costruzione della discarica e alla sua entrata in esercizio. Se su questa vicenda sarà la magistratura penale, in cui l'Amministrazione Comunale ripone la massima fiducia, ad accertare eventuali responsabilità, i cittadini di San Marzano - scrive Borsci - a partire dagli amministratori che in virtù di un mandato democraticamente ricevuto li rappresentano, intendono conoscere l'origine dei cattivi odori che contrassegnano questa estate, i possibili e necessari rimedi, e conoscere soprattutto le attività di monitoraggio sull'impianto in questione che gli enti preposti stanno compiendo ed intendono effettuare per evitare danni all'ambiente e alla salute dei cittadini».
Tra Grottaglie e San Marzano sorge il sito gestito dalla Ecolevante che smaltisce rifiuti speciali provenienti da tutta Italia
Molti cittadini hanno accusato malesseri derivanti dai cattivi odori provenienti dalla zona dove sorge la discarica Il sindaco Borsci: «Ancora troppi disagi per i cittadini» MIMMO MAZZA, La Gazzetta di Taranto, p.VI
• Cattivi odori dalla discarica, parte un appello all’Arpa, al prefetto, alla Regione, alla Asl e agli enti locali. A farlo è il sindaco di San Marzano Giuseppe Borsci. «Da diverse settimane giungono segnalazioni all'Amministrazione Comunale di San Marzano - scrive Borsci - riguardanti i cattivi odori provenienti dalla discarica ubicata in contrada La Torre-Caprarica, nell'agro del Comune di Grottaglie, gestita dalla società Ecolevante Spa. Detto impianto insiste a poche centinaia di metri dal territorio del Comune di San Marzano e, in particolare, dal Santuario Madonna delle Grazie, luogo di culto e di pellegrinaggio per migliaia di fedeli, oltre che di ritrovo per i cittadini di San Marzano e per i forestieri. Le segnalazioni di sono moltiplicate negli ultimi giorni e diversi amministratori comunali hanno in effetti potuto constatare direttamente che la zona del Santuario, distante poche centinaia di metri dalla discarica, è spesso invivibile proprio a causa della presenza di cattivi e fastidiosi odori». Borsci ricorda che «l’amministrazione comunale di San Marzano ha sempre ed in tutte le sedi dichiarato la sua contrarietà all'entrata in esercizio della discarica, tanto da risultare parte civile nel processo che dal prossimo 5 ottobre vedrà comparire come imputati dinanzi al Tribunale il rappresentante legale della Ecolevante Spa ed un dirigente della Provincia di Taranto, imputati per abuso d'ufficio riguardo l'iter seguito per la concessione delle autorizzazioni alla costruzione della discarica e alla sua entrata in esercizio. Se su questa vicenda sarà la magistratura penale, in cui l'Amministrazione Comunale ripone la massima fiducia, ad accertare eventuali responsabilità, i cittadini di San Marzano - scrive Borsci - a partire dagli amministratori che in virtù di un mandato democraticamente ricevuto li rappresentano, intendono conoscere l'origine dei cattivi odori che contrassegnano questa estate, i possibili e necessari rimedi, e conoscere soprattutto le attività di monitoraggio sull'impianto in questione che gli enti preposti stanno compiendo ed intendono effettuare per evitare danni all'ambiente e alla salute dei cittadini».
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Amianto e asbestosi... abbiamo anche quello!!!
Centotrentadue i principali siti industriali italiani censiti per amianto: 25 officine ferroviarie, 19 cantieri navali, i servizi portuali di 14 scali, 15 impianti siderurgici, 12 di costruzioni meccaniche, una decina di fabbriche varie, da quelle di laminatura a quelle che producono olio di semi. E poi 37 centrali termoelettriche. Dove ci sono produzioni che richiedono alte temperature oppure fabbricazione di oggetti coibentati dalle variazioni termiche, come i vagoni ferroviari.
Molte di queste installazioni sono in via di smantellamento, e questo chiama altri problemi: come farlo si sa, le tecniche di messa in sicurezza di lavoratori e ambiente circostante esistono. Ma costano, non fosse che in termini di smaltimento, oltre che di lavoro specializzato. Dalle industrie oltre che dagli edifici civili (abitazioni, ma soprattutto uffici e impianti sportivi) parte un flusso di smaltimento che in alcuni casi finisce nel circuito illegale.
Nel censimento dei siti industriali dove l’amianto è entrato nelle lavorazioni ci sono: officine Breda costruzioni Ferroviarie di Pistoia e Matera; Ferrovie Nord Milano; Servizio Materiale Rotabile Novate; Magliola Vercelli; Cima Mantova; S. G. I. Macerata; Officine Ferroviarie Veronesi Galtarossa; Ansaldo trasporti Napoli e Sesto San Giovanni; la Fervet di Viareggio e Castelfranco Veneto; la Breda di Reggio Calabria; la OM Fesa Lecce, la Fiat Ferroviaria Colleferro; l’Officina Fiore Ercolano, la Sige Ferroviaria Caserta; la Fieema Trasporti Caserta; I.M.S.A Messina; la Firema di Cittadella, Padova e Potenza; le Officine S. Giorgio Padova. Per la cantieristica navale, c’è la Fincantieri di Trieste, Monfalcone, Venezia, La Spezia, Genova, Livorno, Ancona, Civitavecchia, Napoli, Taranto, Palermo, molti dei cantieri navali di Ancona, Pesaro, Livorno e Messina. Nei porti, l’amianto è entrato quasi dovunque, anche nell’attività dei servizi portuali e degli spedizionieri (a Savona, Marina di Carrara, Ancona, Livorno, La Spezia, Ravenna, Trieste, Palermo, Napoli, Chioggia, Venezia, Imperia, Genova, Monfalcone).
Nella siderurgia ci sono: l’Ilva di Cornigliano, Taranto, Bagnoli e Piani a Torino; l’Oscar a Senigallia; l’Italsider Iritecna Campi Genova; la Nuova Siet a Taranto; l’Icmi di Napoli; l’Italsider di Selvosa, Marghera e Piombino; gli Acciai Speciali di Terni; l’acciaieria di Piombino assieme all’Italsider e alla Lucchini; l’AST di Torino. Per le costruzioni meccaniche, la Dalmine di Bergamo e l’Ansaldo (Sampierdarena, Genova Campi, Genova Feggino, Sestri Ponente, Monfalcone, Gioia del Colle, Legnano, Sesto S. Giovanni), l’IVG Corbacchini a Padova e la Fbm di Bergamo. Ben 37 le centrali elettriche cui si aggiungono una decina di industrie di vario genere. (Terra)
Molte di queste installazioni sono in via di smantellamento, e questo chiama altri problemi: come farlo si sa, le tecniche di messa in sicurezza di lavoratori e ambiente circostante esistono. Ma costano, non fosse che in termini di smaltimento, oltre che di lavoro specializzato. Dalle industrie oltre che dagli edifici civili (abitazioni, ma soprattutto uffici e impianti sportivi) parte un flusso di smaltimento che in alcuni casi finisce nel circuito illegale.
Nel censimento dei siti industriali dove l’amianto è entrato nelle lavorazioni ci sono: officine Breda costruzioni Ferroviarie di Pistoia e Matera; Ferrovie Nord Milano; Servizio Materiale Rotabile Novate; Magliola Vercelli; Cima Mantova; S. G. I. Macerata; Officine Ferroviarie Veronesi Galtarossa; Ansaldo trasporti Napoli e Sesto San Giovanni; la Fervet di Viareggio e Castelfranco Veneto; la Breda di Reggio Calabria; la OM Fesa Lecce, la Fiat Ferroviaria Colleferro; l’Officina Fiore Ercolano, la Sige Ferroviaria Caserta; la Fieema Trasporti Caserta; I.M.S.A Messina; la Firema di Cittadella, Padova e Potenza; le Officine S. Giorgio Padova. Per la cantieristica navale, c’è la Fincantieri di Trieste, Monfalcone, Venezia, La Spezia, Genova, Livorno, Ancona, Civitavecchia, Napoli, Taranto, Palermo, molti dei cantieri navali di Ancona, Pesaro, Livorno e Messina. Nei porti, l’amianto è entrato quasi dovunque, anche nell’attività dei servizi portuali e degli spedizionieri (a Savona, Marina di Carrara, Ancona, Livorno, La Spezia, Ravenna, Trieste, Palermo, Napoli, Chioggia, Venezia, Imperia, Genova, Monfalcone).
Nella siderurgia ci sono: l’Ilva di Cornigliano, Taranto, Bagnoli e Piani a Torino; l’Oscar a Senigallia; l’Italsider Iritecna Campi Genova; la Nuova Siet a Taranto; l’Icmi di Napoli; l’Italsider di Selvosa, Marghera e Piombino; gli Acciai Speciali di Terni; l’acciaieria di Piombino assieme all’Italsider e alla Lucchini; l’AST di Torino. Per le costruzioni meccaniche, la Dalmine di Bergamo e l’Ansaldo (Sampierdarena, Genova Campi, Genova Feggino, Sestri Ponente, Monfalcone, Gioia del Colle, Legnano, Sesto S. Giovanni), l’IVG Corbacchini a Padova e la Fbm di Bergamo. Ben 37 le centrali elettriche cui si aggiungono una decina di industrie di vario genere. (Terra)
Ed ecco un esempio di amianto "volante"
Sparito l’amianto dopo i lavori all’acquedotto
Nazareno Dinoi
INCHIESTA La Procura della Repubblica di Taranto iscrive nel registro degli indagati 13 imprese incaricate di sostituire le vecchie condutture di eternit e smaltire il materiale.
Hanno incassato centinaia di migliaia di euro per sostituire le vecchie condutture in fibre di amianto e ceramica, ma non esiste traccia dello smaltimento dei chilometri e chilometri di pericolosissimo materiale. Per questo la Procura della Repubblica di Taranto ha iscritto nel registro degli indagati 13 persone tra i rappresentanti delle imprese aggiudicatarie degli appalti e i dirigenti e tecnici dell’Acquedotto pugliese spa, la società mista controllata dalla Regione che gestisce il servizio idrico della Puglia.
Il pubblico ministero, Antonella Montanaro, che coordina l’inchiesta condotta dai carabinieri del Noe del Salento, ipotizza per loro, a vario titolo, i reati di illecito trasporto e smaltimento di rifiuti speciali e truffa ai danni dell’acquedotto pugliese. Dei 13 sotto inchiesta - che in queste ore stanno ricevendo l’avviso di garanzia - 9 sono ai vertici di uffici e settori dell’Aqp, mentre gli altri 4 sono tutti amministratori di altrettante Associazioni temporanee di imprese (Ati) con sedi nelle province di Lecce, Bari e in Emilia Romagna.
In concorso tra loro avrebbero gestito una truffa milionaria (quasi un milione di euro quelli riferiti ai soli primi tre mesi dell’anno), lucrando sui mancati e costosissimi smaltimenti nelle apposite discariche del materiale di risulta (tubi e laterizi) prodotto dai lavori di rifacimento e di bonifica della rete dell’acqua potabile in quasi tutti i comuni della provincia di Taranto e nella stessa città capoluogo. L’inchiesta del Noe, al comando del capitano Nicola Candido, è scaturita dai controlli di natura ambientale su una impresa coinvolta nello scandalo sospettata, appunto, di smaltire irregolarmente il materiale che produceva.
Dalle carte esaminate, relative a lavori già eseguiti e regolarmente pagati dall’ente pubblico alla società sotto esame, sarebbe emerso un intreccio che collegava decine di altre imprese pugliesi ed emiliane, tutte associate in Ati, con i colletti bianchi dell’Acquedotto pugliese la cui connivenza avrebbe permesso l’illecito guadagno. I dirigenti della spa partecipata dalla Regione Puglia, sostengono gli inquirenti, avrebbero volutamente omesso i controlli permettendo agli imprenditori di intascare denaro per lavori non eseguiti o peggio ancora di smaltire chissà dove le tonnellate di letale cementoamianto.
Il sospetto del Noe è che tale materiale sia stato triturato e utilizzato per riempire gli stessi scavi realizzati per interrare la nuova rete. Ora toccherà alla Procura tarantina approfondire le ricerche con perizie tecniche e carotaggi dei terreni sospettati di essere stati trasformati in cimiteri di pietrisco d’amianto.
Agli uomini del capitano del Noe, Candido, toccherà invece allargare le ricerche sui lavori affidati ad altre imprese impegnate in tutta la regione ad ammodernare una rete composta da 15mila chilometri di condutture gruviera. Negli ultimi cinque anni la società per azioni Aqp ha avuto a disposizione 1,2 miliardi di euro di stanziamenti europei, statali e regionali per tappare i buchi che disperdono quasi la metà della disponibilità idrica di una regione assetata e sprecona. (Terra)
Nazareno Dinoi
INCHIESTA La Procura della Repubblica di Taranto iscrive nel registro degli indagati 13 imprese incaricate di sostituire le vecchie condutture di eternit e smaltire il materiale.
Hanno incassato centinaia di migliaia di euro per sostituire le vecchie condutture in fibre di amianto e ceramica, ma non esiste traccia dello smaltimento dei chilometri e chilometri di pericolosissimo materiale. Per questo la Procura della Repubblica di Taranto ha iscritto nel registro degli indagati 13 persone tra i rappresentanti delle imprese aggiudicatarie degli appalti e i dirigenti e tecnici dell’Acquedotto pugliese spa, la società mista controllata dalla Regione che gestisce il servizio idrico della Puglia.
Il pubblico ministero, Antonella Montanaro, che coordina l’inchiesta condotta dai carabinieri del Noe del Salento, ipotizza per loro, a vario titolo, i reati di illecito trasporto e smaltimento di rifiuti speciali e truffa ai danni dell’acquedotto pugliese. Dei 13 sotto inchiesta - che in queste ore stanno ricevendo l’avviso di garanzia - 9 sono ai vertici di uffici e settori dell’Aqp, mentre gli altri 4 sono tutti amministratori di altrettante Associazioni temporanee di imprese (Ati) con sedi nelle province di Lecce, Bari e in Emilia Romagna.
In concorso tra loro avrebbero gestito una truffa milionaria (quasi un milione di euro quelli riferiti ai soli primi tre mesi dell’anno), lucrando sui mancati e costosissimi smaltimenti nelle apposite discariche del materiale di risulta (tubi e laterizi) prodotto dai lavori di rifacimento e di bonifica della rete dell’acqua potabile in quasi tutti i comuni della provincia di Taranto e nella stessa città capoluogo. L’inchiesta del Noe, al comando del capitano Nicola Candido, è scaturita dai controlli di natura ambientale su una impresa coinvolta nello scandalo sospettata, appunto, di smaltire irregolarmente il materiale che produceva.
Dalle carte esaminate, relative a lavori già eseguiti e regolarmente pagati dall’ente pubblico alla società sotto esame, sarebbe emerso un intreccio che collegava decine di altre imprese pugliesi ed emiliane, tutte associate in Ati, con i colletti bianchi dell’Acquedotto pugliese la cui connivenza avrebbe permesso l’illecito guadagno. I dirigenti della spa partecipata dalla Regione Puglia, sostengono gli inquirenti, avrebbero volutamente omesso i controlli permettendo agli imprenditori di intascare denaro per lavori non eseguiti o peggio ancora di smaltire chissà dove le tonnellate di letale cementoamianto.
Il sospetto del Noe è che tale materiale sia stato triturato e utilizzato per riempire gli stessi scavi realizzati per interrare la nuova rete. Ora toccherà alla Procura tarantina approfondire le ricerche con perizie tecniche e carotaggi dei terreni sospettati di essere stati trasformati in cimiteri di pietrisco d’amianto.
Agli uomini del capitano del Noe, Candido, toccherà invece allargare le ricerche sui lavori affidati ad altre imprese impegnate in tutta la regione ad ammodernare una rete composta da 15mila chilometri di condutture gruviera. Negli ultimi cinque anni la società per azioni Aqp ha avuto a disposizione 1,2 miliardi di euro di stanziamenti europei, statali e regionali per tappare i buchi che disperdono quasi la metà della disponibilità idrica di una regione assetata e sprecona. (Terra)
venerdì 28 agosto 2009
Un nuovo libro sull'Ilva di Taranto: da leggere!!!
GIULIANO FOSCHINI, QUINDICI PASSI
Collana: Galleria Fandango, Isbn: 978-88-6044-122-5, Pagine: 224, Mese di pubblicazione: 10 settembre 2009,Prezzo: € 15,00
Foschini ci aiuta a comprendere perché il disastro ambientale dell’Ilva di Taranto sta diventando un pericolo per l’Italia e perché è soprattutto qui che si gioca la battaglia della sicurezza sul lavoro.
Dal quartiere Tamburi a ridosso del più grande impianto siderurgico d’Europa ci sono solo quindici passi, e quindici passi ugualmente dividono l’impianto dell’Ilva dal cimitero di San Brunone, il grande camposanto dove molti degli operai del complesso sono stati sepolti. Giuliano Foschini ha scritto un reportage sul più grande e silenzioso disastro ambientale italiano, un lavoro meticoloso tra carte giudiziarie e ambientali, numeri ed emissioni, dove hanno un ruolo importante le mancanze della politica e le omissioni delle classi dirigenti che in quasi cinquant’anni hanno diretto il siderurgico. Accanto all’inchiesta vi è il filo conduttore delle storie della gente: i bambini che disegnano solo cieli neri, le donne che si ritrovano le loro scope rosse di quarzite, o i pastori a cui sono stati soppressi i greggi per l’allarme diossina.
Un racconto serrato e spietato che spiega perché il disastro di Taranto sta diventando un pericolo per il nostro Belpaese. Perché la battaglia sulla sicurezza del lavoro si gioca soprattutto in questo impianto (il cui proprietario è oggi azionista di maggioranza della cordata CAI- Alitalia) e perché la politica nazionale non impone nuovi limiti alle emissioni velenose.
GIULIANO FOSCHINI è nato 27 anni fa a Barletta. Lavora a Bari nella redazione di Repubblica e collabora con L'Espresso. Si occupa principalmente di scandali e malaffare; scrive principalmente di pubblica amministrazione, università e ambiente. Questo è il suo primo libro.
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giovedì 27 agosto 2009
NO AL NUCLEARE!
PETIZIONE POPOLARE
NON ABBIAMO BISOGNO DEL NUCLEARE
Noi cittadini e cittadine italiane, visto il “Piano Triennale per lo Sviluppo”, approvato dal Consiglio dei Ministri, che lancia “il ritorno all’energia nucleare”, facciamo presente che:
a. Il popolo italiano ha votato a larghissima maggioranza, con i 3 referendum del 1987, l'uscita definitiva dell'Italia dall'avventura nucleare, come hanno deciso anche Austria e Polonia (che non hanno avviato le loro centrali già costruite), Danimarca, Grecia, Norvegia e Irlanda (che hanno rinunciato alla loro costruzione), Germania, Belgio, Olanda, Spagna e Svezia (che hanno deciso di non costruire più centrali nucleari nel loro territorio, puntando sulle energie rinnovabili).
b. Il nucleare non ci libera dalla dipendenza dall'estero: l’uranio è una fonte esauribile; per far funzionare le centrali dovremmo importarlo e il suo prezzo sta salendo ancora più rapidamente del petrolio: dal 2001 al 2007 si è moltiplicato per dieci.
c. Non esiste il nucleare “sicuro” e “pulito”: i reattori di “quarta generazione” sono previsti tra 25-35 anni (dopo il 2030, attorno al 2040); intanto il governo vuole costruire centrali di “terza generazione” che non hanno risolto né il problema della sicurezza ( non c'è solo Cernobyl, ma decine di incidenti gravissimi come quelli che hanno provocato 7 morti nelle centrali giapponesi tra il 1995 e il 2005) né di come smaltire le scorie che restano radioattive per centinaia e migliaia di anni.
d. ...
NON ABBIAMO BISOGNO DEL NUCLEARE
Al Presidente della Repubblica,
Al Presidente del Senato,
Al Presidente della Camera Deputati,
Al Presidente del Consiglio,
Ai Parlamentari tutti
Al Presidente del Senato,
Al Presidente della Camera Deputati,
Al Presidente del Consiglio,
Ai Parlamentari tutti
Noi cittadini e cittadine italiane, visto il “Piano Triennale per lo Sviluppo”, approvato dal Consiglio dei Ministri, che lancia “il ritorno all’energia nucleare”, facciamo presente che:
a. Il popolo italiano ha votato a larghissima maggioranza, con i 3 referendum del 1987, l'uscita definitiva dell'Italia dall'avventura nucleare, come hanno deciso anche Austria e Polonia (che non hanno avviato le loro centrali già costruite), Danimarca, Grecia, Norvegia e Irlanda (che hanno rinunciato alla loro costruzione), Germania, Belgio, Olanda, Spagna e Svezia (che hanno deciso di non costruire più centrali nucleari nel loro territorio, puntando sulle energie rinnovabili).
b. Il nucleare non ci libera dalla dipendenza dall'estero: l’uranio è una fonte esauribile; per far funzionare le centrali dovremmo importarlo e il suo prezzo sta salendo ancora più rapidamente del petrolio: dal 2001 al 2007 si è moltiplicato per dieci.
c. Non esiste il nucleare “sicuro” e “pulito”: i reattori di “quarta generazione” sono previsti tra 25-35 anni (dopo il 2030, attorno al 2040); intanto il governo vuole costruire centrali di “terza generazione” che non hanno risolto né il problema della sicurezza ( non c'è solo Cernobyl, ma decine di incidenti gravissimi come quelli che hanno provocato 7 morti nelle centrali giapponesi tra il 1995 e il 2005) né di come smaltire le scorie che restano radioattive per centinaia e migliaia di anni.
d. ...
I lavoratori: solo "numeri" per il paròn
Produzione ridotta di un terzo, piccole imprese in crisi: allarme del sindacato Ilva, duemila operai dell'indotto a rischio
"I lavoratori tirano a campare con gli ammortizzatori sociali"
Mario Diliberto (La Repubblica - BARI)
Duemila posti di lavoro cancellati in meno di un anno. E' il prezzo salatissimo pagato da Taranto sull´altare della crisi dell´acciaio. La recessione ha messo in ginocchio l'Ilva e la grande fabbrica piazzata alla periferia della città è stata costretta a ridurre sino al 30% il suo regime di produzione di lamiere e coils. Con le commesse praticamente azzerate i magazzini traboccano di acciaio già stoccato e in attesa di compratori. Da dicembre dello scorso anno, quindi, migliaia di tute blu sono in cassa integrazione. La punta massima prevista per i dipendenti diretti di Ilva era di 6500, ma in realtà non si è mai superata quota quattromila, grazie al collaudato meccanismo delle rotazioni e delle ferie.
Ma a scontare più di tutti la mannaia della crisi sono stati i lavoratori dell'indotto. Lo stesso mondo in cui vivevano le ultime vittime di morti bianche registrate all'ombra delle altissime ciminiere del siderurgico tarantino. Sino al 2008 erano in settemila alle dipendenze delle aziende dell´appalto Ilva. Oggi al lavoro sono solo in tremila. All'appello mancano 4000 operai.
La metà di loro sbarca il lunario grazie agli ammortizzatori sociali. Tirano a campare con 700 euro circa al mese. Decisamente peggio è andata agli altri 2000. Questo esercito silenzioso è stato ingoiato dal gorgo della disoccupazione. Si spera nella ripresa, ma i segnali non sono positivi. "Purtroppo è stata grave l'emorragia di lavoratori nel mondo dell´appalto" - conferma Rocco Palombella, segretario provinciale della Uilm. "Se in Ilva ha funzionato l´ombrello della cassa integrazione è chiaro che nell´indotto è tutto più complicato". Ora i sindacati si interrogano sul futuro della grande azienda che ha spento tre grandi forni su quattro. "A settembre - spiega Palombella - tornerà in funzione un altoforno. Così risaliremo sino al 50% della produzione". La percentuale resta, però, deficitaria e tra le tute blu serpeggia la preoccupazione. A fine agosto comincerà l'ultima trance di tredici settimane di cassa integrazione. In questo periodo non si annunciano scossoni sul mercato dei coils e delle lamiere.
"L'azienda - insiste il segretario della Uilm - parla di segnali di ristagnamento del mercato almeno sino a fine anno. Ciò vorrà dire che occorrerà pianificare una nuova strategia occupazionale". Di certo per quell´esercito di nuovi disoccupati la speranza di ritrovare il lavoro perso resta una chimera.
"I lavoratori tirano a campare con gli ammortizzatori sociali"
Mario Diliberto (La Repubblica - BARI)
Duemila posti di lavoro cancellati in meno di un anno. E' il prezzo salatissimo pagato da Taranto sull´altare della crisi dell´acciaio. La recessione ha messo in ginocchio l'Ilva e la grande fabbrica piazzata alla periferia della città è stata costretta a ridurre sino al 30% il suo regime di produzione di lamiere e coils. Con le commesse praticamente azzerate i magazzini traboccano di acciaio già stoccato e in attesa di compratori. Da dicembre dello scorso anno, quindi, migliaia di tute blu sono in cassa integrazione. La punta massima prevista per i dipendenti diretti di Ilva era di 6500, ma in realtà non si è mai superata quota quattromila, grazie al collaudato meccanismo delle rotazioni e delle ferie.
Ma a scontare più di tutti la mannaia della crisi sono stati i lavoratori dell'indotto. Lo stesso mondo in cui vivevano le ultime vittime di morti bianche registrate all'ombra delle altissime ciminiere del siderurgico tarantino. Sino al 2008 erano in settemila alle dipendenze delle aziende dell´appalto Ilva. Oggi al lavoro sono solo in tremila. All'appello mancano 4000 operai.
La metà di loro sbarca il lunario grazie agli ammortizzatori sociali. Tirano a campare con 700 euro circa al mese. Decisamente peggio è andata agli altri 2000. Questo esercito silenzioso è stato ingoiato dal gorgo della disoccupazione. Si spera nella ripresa, ma i segnali non sono positivi. "Purtroppo è stata grave l'emorragia di lavoratori nel mondo dell´appalto" - conferma Rocco Palombella, segretario provinciale della Uilm. "Se in Ilva ha funzionato l´ombrello della cassa integrazione è chiaro che nell´indotto è tutto più complicato". Ora i sindacati si interrogano sul futuro della grande azienda che ha spento tre grandi forni su quattro. "A settembre - spiega Palombella - tornerà in funzione un altoforno. Così risaliremo sino al 50% della produzione". La percentuale resta, però, deficitaria e tra le tute blu serpeggia la preoccupazione. A fine agosto comincerà l'ultima trance di tredici settimane di cassa integrazione. In questo periodo non si annunciano scossoni sul mercato dei coils e delle lamiere.
"L'azienda - insiste il segretario della Uilm - parla di segnali di ristagnamento del mercato almeno sino a fine anno. Ciò vorrà dire che occorrerà pianificare una nuova strategia occupazionale". Di certo per quell´esercito di nuovi disoccupati la speranza di ritrovare il lavoro perso resta una chimera.
Perseguitati i cittadini attivi: ecco un caso
Negato il “Diritto di Difesa” ai poveri
Denunciati presso le autorità amministrative e giudiziarie alcuni magistrati del TAR Puglia, sezione di Lecce, componenti della Commissione per il gratuito patrocinio.
“ A causa della mia attività, da 11 anni sono vittima di bocciature ritorsive al concorso forense, che tutti ritengono truccato (basta chiedere ai Ministri Gelmini e Meloni, al sottosegretario Mantovano, all’ex Ministro Castelli, ecc.). Da ciò è scaturita la mia disoccupazione ed indigenza” – dice il Dr Antonio Giangrande presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie.
“Quest’anno ho ritenuto maturo ed opportuno tutelare i miei diritti. In presenza di innumerevoli irregolarità commesse a mio danno dalla Commissione di Reggio Calabria, competente a correggere i compiti della sessione 2008 del concorso forense dei candidati di Brindisi, Lecce e Taranto, (elaborati non corretti, commissari mancanti, ecc.) e in virtù della consapevolezza delle mie ragioni sostenute dalla folta giurisprudenza, ho presentato, senza l’ausilio dei baroni del Foro, l’istanza per poter accedere al gratuito patrocinio per presentare il ricorso al Tar.
Pur essendoci i requisiti di reddito e nonostante le eccezioni presentate fossero già state accolte da molti Tar, la Commissione presso il Tar di Lecce mi nega un diritto palesemente fondato e lo comunica, malgrado l’urgenza, un mese dopo, a pochi giorni dalla decadenza del ricorso principale.
Hanno rilevato una mancanza di fumus, con un sommario ed improprio giudizio di merito senza contraddittorio e su elementi chiarissimi ed incontestabili.
E’ stato fatto da chi, direttamente o per colleganza, avrebbe deciso, comunque, il proseguo, nel caso in cui il ricorso al Tar sarebbe stato presentato in forma ordinaria, inibendone l’intenzione. Per dire: subisci e taci.
Lo hanno comunicato dopo un mese, nel pieno delle ferie e a 15 giorni dalla decadenza del ricorso principale al TAR, impedendo, di fatto, anche la proposizione del ricorso in forma ordinaria.
Perché si nega il diritto di difesa ai non abbienti?? Perché si impedisce la conoscenza dei trucchi concorsuali?? E’ troppo grave la lesione ed il danno per subire e per tacere, oltretutto, quello che succede a me succede a tutti e in tutta Italia e nessuno fa niente.
Talché sono stato costretto a presentare un esposto alle più alte cariche dello Stato, Istituzionali ed amministrative, oltre che alle autorità giudiziarie.
In un Stato giuridicamente e civilmente avanzato a tutto ciò dovrebbe conseguire l’accusa di falso, omissione ed abuso d’ufficio per i magistrati ed avvocati delle Commissioni, concorsuale e del gratuito patrocinio, ovvero l’accusa di calunnia nei miei confronti. Dovrebbe….?!? Invece, in Italia nell’assordante silenzio che ne consegue in un clima d’impunità, se pubblichi le notizie di stampa e le interrogazioni parlamentari riguardanti gli insabbiamenti di denunce analoghe, sei immediatamente perseguito per diffamazione da coloro che hanno insabbiato”.
Su richiesta riprodurrà l’esposto e le autorità riceventi.
Antonio Giangrande
Denunciati presso le autorità amministrative e giudiziarie alcuni magistrati del TAR Puglia, sezione di Lecce, componenti della Commissione per il gratuito patrocinio.
“ A causa della mia attività, da 11 anni sono vittima di bocciature ritorsive al concorso forense, che tutti ritengono truccato (basta chiedere ai Ministri Gelmini e Meloni, al sottosegretario Mantovano, all’ex Ministro Castelli, ecc.). Da ciò è scaturita la mia disoccupazione ed indigenza” – dice il Dr Antonio Giangrande presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie.
“Quest’anno ho ritenuto maturo ed opportuno tutelare i miei diritti. In presenza di innumerevoli irregolarità commesse a mio danno dalla Commissione di Reggio Calabria, competente a correggere i compiti della sessione 2008 del concorso forense dei candidati di Brindisi, Lecce e Taranto, (elaborati non corretti, commissari mancanti, ecc.) e in virtù della consapevolezza delle mie ragioni sostenute dalla folta giurisprudenza, ho presentato, senza l’ausilio dei baroni del Foro, l’istanza per poter accedere al gratuito patrocinio per presentare il ricorso al Tar.
Pur essendoci i requisiti di reddito e nonostante le eccezioni presentate fossero già state accolte da molti Tar, la Commissione presso il Tar di Lecce mi nega un diritto palesemente fondato e lo comunica, malgrado l’urgenza, un mese dopo, a pochi giorni dalla decadenza del ricorso principale.
Hanno rilevato una mancanza di fumus, con un sommario ed improprio giudizio di merito senza contraddittorio e su elementi chiarissimi ed incontestabili.
E’ stato fatto da chi, direttamente o per colleganza, avrebbe deciso, comunque, il proseguo, nel caso in cui il ricorso al Tar sarebbe stato presentato in forma ordinaria, inibendone l’intenzione. Per dire: subisci e taci.
Lo hanno comunicato dopo un mese, nel pieno delle ferie e a 15 giorni dalla decadenza del ricorso principale al TAR, impedendo, di fatto, anche la proposizione del ricorso in forma ordinaria.
Perché si nega il diritto di difesa ai non abbienti?? Perché si impedisce la conoscenza dei trucchi concorsuali?? E’ troppo grave la lesione ed il danno per subire e per tacere, oltretutto, quello che succede a me succede a tutti e in tutta Italia e nessuno fa niente.
Talché sono stato costretto a presentare un esposto alle più alte cariche dello Stato, Istituzionali ed amministrative, oltre che alle autorità giudiziarie.
In un Stato giuridicamente e civilmente avanzato a tutto ciò dovrebbe conseguire l’accusa di falso, omissione ed abuso d’ufficio per i magistrati ed avvocati delle Commissioni, concorsuale e del gratuito patrocinio, ovvero l’accusa di calunnia nei miei confronti. Dovrebbe….?!? Invece, in Italia nell’assordante silenzio che ne consegue in un clima d’impunità, se pubblichi le notizie di stampa e le interrogazioni parlamentari riguardanti gli insabbiamenti di denunce analoghe, sei immediatamente perseguito per diffamazione da coloro che hanno insabbiato”.
Su richiesta riprodurrà l’esposto e le autorità riceventi.
Antonio Giangrande
Argomenti
cittadinanza,
concorso,
denuncia,
esposto,
giangrande
mercoledì 26 agosto 2009
Un trailer che rende giustizia alle donne di Taranto!
Ecco un trailer della versione "fiction" di una giornata di lotta per sopravvivere nella città dei veleni...
In attesa di vedere il film integrale ecco uno spunto per riflettere.
Cliccate sull'immagine per visualizzarlo.
In attesa di vedere il film integrale ecco uno spunto per riflettere.
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Apriamo la Città Vecchia ai bambini!
E Palazzo De Bellis resta preda dei vandali
I Vigili urbani spesso «murano» l’ingresso dello storico immobile
FABIO VENERE (Gazzetta di Taranto, 26ago09, p.IV)
• «I vigili urbani l’avranno murato almeno una decina di volte». Giovanni Guarino, noto operatore culturale della Città vecchia, passeggia in via Duomo arriva all’altezza del civico 161 e volge il suo sguardo verso Palazzo De Bellis. Palazzo acquistato, cinque sei anni fa, dal Comune di Taranto insieme ad altri due edifici storici del Borgo Antico (Palazzo Fornari e Palazzo Delli Ponti). Ma se questi ultimi due immobili hanno già da anni ormai una loro destinazione specifica, Palazzo De Bellis resta miseramente vuoto, sguarnito.
Lì, negli anni scorsi, il Comune aveva deciso di sistemarvi degli uffici comunali. Ma poi non se ne fece più nulla. Più recentemente, invece, per circa un anno e mezzo all’interno dell’edificio c’è stato un custode. Il suo compito era controllare che nessuno violasse gli uffici in cui erano conservati i documenti ed i computer della società aggiudicataria dei lavori del primo lotto del «delfinario». Progetto, anche questo, naufragato con la dichiarazione di dissesto finanziario di Palazzo di città (17 ottobre 2006).
Ed allora, Palazzo De Bellis è rimasto sguarnito. Negli ultimi due anni poi l’Amministrazione Stefàno ha pensato di sistemare altri uffici comunali. S’era parlato anche di un museo. Voci, ipotesi. Ma quel palazzo rimaneva vuoto.
E così, come racconta alla «Gazzetta», Giovanni Guarino «siamo costretti sempre a chiamare la Polizia municipale per murare in continuazione l’ingresso del palazzo. Puntualmente qualcuno sfonda il muro che viene sistemato per entrare nottetempo per fare i fatti suoi lì dentro. E così, noi abitanti della zona - aggiunge Guarino - chiamiamo i vigili che sono costretti a murare nuovamente».
Guarino ricorda, inoltre, come nei mesi scorsi «lavorammo con la Provincia ad una soluzione che prevedesse per Palazzo De Bellis la sistemazione di una scuola. Ma, per ora, non se ne è fatto nulla. Solo parole».
E’ un Guarino piuttosto sconfortato quello che racconta questa Città vecchia che «si chiude dentro se stessa mentre potrebbe aprire ed aprirsi ai giovani, alla scuola. Questa parte della nostra città non ha futuro, non può averlo se diventa luogo d’aggregazione. Non può essere pensata e trasformata così come si è fatto in questi anni come una ufficiopoli. Trasferire qui solo gli uffici non può dare un rilancio in prospettiva all’Iso - la. Quando gli uffici chiudono, infatti, la gente se ne va. Bisogna - invoca Guarino - affollare questi vicoli di gente, di giovani. Di bambini».
I Vigili urbani spesso «murano» l’ingresso dello storico immobile
FABIO VENERE (Gazzetta di Taranto, 26ago09, p.IV)
• «I vigili urbani l’avranno murato almeno una decina di volte». Giovanni Guarino, noto operatore culturale della Città vecchia, passeggia in via Duomo arriva all’altezza del civico 161 e volge il suo sguardo verso Palazzo De Bellis. Palazzo acquistato, cinque sei anni fa, dal Comune di Taranto insieme ad altri due edifici storici del Borgo Antico (Palazzo Fornari e Palazzo Delli Ponti). Ma se questi ultimi due immobili hanno già da anni ormai una loro destinazione specifica, Palazzo De Bellis resta miseramente vuoto, sguarnito.
Lì, negli anni scorsi, il Comune aveva deciso di sistemarvi degli uffici comunali. Ma poi non se ne fece più nulla. Più recentemente, invece, per circa un anno e mezzo all’interno dell’edificio c’è stato un custode. Il suo compito era controllare che nessuno violasse gli uffici in cui erano conservati i documenti ed i computer della società aggiudicataria dei lavori del primo lotto del «delfinario». Progetto, anche questo, naufragato con la dichiarazione di dissesto finanziario di Palazzo di città (17 ottobre 2006).
Ed allora, Palazzo De Bellis è rimasto sguarnito. Negli ultimi due anni poi l’Amministrazione Stefàno ha pensato di sistemare altri uffici comunali. S’era parlato anche di un museo. Voci, ipotesi. Ma quel palazzo rimaneva vuoto.
E così, come racconta alla «Gazzetta», Giovanni Guarino «siamo costretti sempre a chiamare la Polizia municipale per murare in continuazione l’ingresso del palazzo. Puntualmente qualcuno sfonda il muro che viene sistemato per entrare nottetempo per fare i fatti suoi lì dentro. E così, noi abitanti della zona - aggiunge Guarino - chiamiamo i vigili che sono costretti a murare nuovamente».
Guarino ricorda, inoltre, come nei mesi scorsi «lavorammo con la Provincia ad una soluzione che prevedesse per Palazzo De Bellis la sistemazione di una scuola. Ma, per ora, non se ne è fatto nulla. Solo parole».
E’ un Guarino piuttosto sconfortato quello che racconta questa Città vecchia che «si chiude dentro se stessa mentre potrebbe aprire ed aprirsi ai giovani, alla scuola. Questa parte della nostra città non ha futuro, non può averlo se diventa luogo d’aggregazione. Non può essere pensata e trasformata così come si è fatto in questi anni come una ufficiopoli. Trasferire qui solo gli uffici non può dare un rilancio in prospettiva all’Iso - la. Quando gli uffici chiudono, infatti, la gente se ne va. Bisogna - invoca Guarino - affollare questi vicoli di gente, di giovani. Di bambini».
I cittadini contro i luquami nella Gravina di Ginosa
GINOSA I DANNI PIÙ EVIDENTI ALLA CONDOTTA IN LOCALITÀ «NIDO DEL CORVO». BLOCCATE LE VISITE
Liquami nella gravina allarme rosso per l’ambiente
Conseguenze disastrose del nubifragio di inizio agosto
ANTONELLA DE BIASI (Gazzetta di Taranto, 26ago09, p.VII)
• GINOSA. Una copiosa fuoriuscita di liquami dalla rete fognante allocata nell’alveo della Gravina di Ginosa, in località “Nido del Corvo” ha inevitabilmente stravolto il cartellone estivo in corso.
Infatti numerose pro-Loco, Associazioni Culturali, Gruppi organizzati ed Amministrazioni in questi mesi estivi hanno approntato numerose iniziative per far conoscere il territorio delle gravine sia a forestieri che a giovani residenti. Il cartellone estivo che prevedeva comunque alcune manifestazioni in gravina è stato quindi stravolto dagli elementi naturali. La segnalazione arriva da un ambientalista locale che ha spiegato come all’ indomani della serata dello scorso 8 agosto dedicata al dialetto ginosino una piena, “conse - guente di un robusto nubifragio verificatosi nel pomeriggio del 9 agosto, ha portato letteralmente via l’ampio palco attrezzato per questa ed altre manifestazioni. Il torrente intorno alle 15 ha cominciato a ruggire e con un fronte di 2 metri d’acqua ha spazzato l’alveo della gravina. Già alle 17 si potevano verificare i danni a carico delle 2 reti fognanti ospitate nel sottosuolo e di quella di superficie. La conseguenza più nefasta di questo danneggiamento è la fuoriuscita di liquami a cielo aperto. A 15 giorni da quell’evento si osserva un copioso ruscellamento a cielo aperto dei liquami che fuoriescono dalle condotte che ormai raggiunge la contrada Pozzillo, al di sotto del quartiere Piantata e del complesso Pierri”.
Un vero peccato se si pensa come nonostante quella di Ginosa sia la Gravina più ricca di testimonianze storiche ed antropologiche e la più percorribile essa è del tutto assente dal cartellone estivo di quest’anno. “La stessa Pro-Loco privata dell’edi - zione estiva della Passio, giudicata da molti manifestazione quanto mai posticcia per la sua collocazione agostana e assolutamente fuori luogo per contenuti culturali di rappresentazione religiosa – si legge nella segnalazione - non è riuscita in quello che invece ad altre è apparsa cosa naturale e cioè organizzare visite guidate ed escursioni”.
Il problema sanitario, anche ai più irresponsabili, appare in tutta la sua grave ampiezza. “Le comitive che in questi giorni si avventurano per visitare i siti della civiltà rupestre devono affrontare oltre al caldo anche un forte tanfo di fogna ed organizzare gli attraversamenti da un versante all’altro con il posizionamento di pietre “di ponte” – prosegue piccata la segnalazione - come se non bastassero l’of - fesa del tempo, l’abbandono e l’incuria, Ginosa stenta a recuperare il degrado galoppante del suo centro storico e di quanto la Gravina ed il suo habitat rupestre può offrire prima che ai forestieri ai suoi giovani, alle future generazioni. Una Amministrazione più aperta e partecipata da parte dei cittadini, incentivata ed attuata per gli interventi più cruciali sul territorio e sull’habitat rupestre, sicuramente avrebbe evitato il ripetersi ogni 5 anni di danni al sistema fognario allocato in gravina e inutili spese sempre a carico dei cittadini riproponendo nel nostro piccolo la socializzazione delle sole spese”.
Liquami nella gravina allarme rosso per l’ambiente
Conseguenze disastrose del nubifragio di inizio agosto
ANTONELLA DE BIASI (Gazzetta di Taranto, 26ago09, p.VII)
• GINOSA. Una copiosa fuoriuscita di liquami dalla rete fognante allocata nell’alveo della Gravina di Ginosa, in località “Nido del Corvo” ha inevitabilmente stravolto il cartellone estivo in corso.
Infatti numerose pro-Loco, Associazioni Culturali, Gruppi organizzati ed Amministrazioni in questi mesi estivi hanno approntato numerose iniziative per far conoscere il territorio delle gravine sia a forestieri che a giovani residenti. Il cartellone estivo che prevedeva comunque alcune manifestazioni in gravina è stato quindi stravolto dagli elementi naturali. La segnalazione arriva da un ambientalista locale che ha spiegato come all’ indomani della serata dello scorso 8 agosto dedicata al dialetto ginosino una piena, “conse - guente di un robusto nubifragio verificatosi nel pomeriggio del 9 agosto, ha portato letteralmente via l’ampio palco attrezzato per questa ed altre manifestazioni. Il torrente intorno alle 15 ha cominciato a ruggire e con un fronte di 2 metri d’acqua ha spazzato l’alveo della gravina. Già alle 17 si potevano verificare i danni a carico delle 2 reti fognanti ospitate nel sottosuolo e di quella di superficie. La conseguenza più nefasta di questo danneggiamento è la fuoriuscita di liquami a cielo aperto. A 15 giorni da quell’evento si osserva un copioso ruscellamento a cielo aperto dei liquami che fuoriescono dalle condotte che ormai raggiunge la contrada Pozzillo, al di sotto del quartiere Piantata e del complesso Pierri”.
Un vero peccato se si pensa come nonostante quella di Ginosa sia la Gravina più ricca di testimonianze storiche ed antropologiche e la più percorribile essa è del tutto assente dal cartellone estivo di quest’anno. “La stessa Pro-Loco privata dell’edi - zione estiva della Passio, giudicata da molti manifestazione quanto mai posticcia per la sua collocazione agostana e assolutamente fuori luogo per contenuti culturali di rappresentazione religiosa – si legge nella segnalazione - non è riuscita in quello che invece ad altre è apparsa cosa naturale e cioè organizzare visite guidate ed escursioni”.
Il problema sanitario, anche ai più irresponsabili, appare in tutta la sua grave ampiezza. “Le comitive che in questi giorni si avventurano per visitare i siti della civiltà rupestre devono affrontare oltre al caldo anche un forte tanfo di fogna ed organizzare gli attraversamenti da un versante all’altro con il posizionamento di pietre “di ponte” – prosegue piccata la segnalazione - come se non bastassero l’of - fesa del tempo, l’abbandono e l’incuria, Ginosa stenta a recuperare il degrado galoppante del suo centro storico e di quanto la Gravina ed il suo habitat rupestre può offrire prima che ai forestieri ai suoi giovani, alle future generazioni. Una Amministrazione più aperta e partecipata da parte dei cittadini, incentivata ed attuata per gli interventi più cruciali sul territorio e sull’habitat rupestre, sicuramente avrebbe evitato il ripetersi ogni 5 anni di danni al sistema fognario allocato in gravina e inutili spese sempre a carico dei cittadini riproponendo nel nostro piccolo la socializzazione delle sole spese”.
Argomenti
depuratore,
ginosa,
gravina,
lettera,
scarico abusivo
martedì 25 agosto 2009
Diossina tarantina a Pechino.
COMUNICATO STAMPA di Peacelink
Il 27 agosto il dott. Roberto Giua dell'Arpa Puglia presenterà a Pechino i dati dell'inquinamento da diossina a Taranto nell'ambito del Simposio Internazionale Dioxin 2009 (www.dioxin2009.org).
La relazione del dott. Giua avrà come titolo
"PCDD/F Wind-Selective Sampling in Taranto Area" (Campionamento vento-selettivo di diossine e furani nell'area di Taranto).
Toccherà quindi la delicata questione dell'origine delle diossine e della loro deposizione delle diossine correlata alla direzione dei venti. I dati sono stati elaborati grazie ad un apposito sistema tecnologico avanzato (campionatore WIND-SELECT per il campionamento “vento-selettivo”) di cui Arpa Puglia si è dotata e che consente di misurare gli inquinanti a seconda della direzionalità dei venti, attribuendo quindi con precisione gli inquinanti alla loro fonte di provenienza.
La notizia che l'Arpa Puglia possa presentare in un autorevole simposio internazionale i propri dati sulla diossina, raccolti ed elaborati con sofisticate tecnologie di analisi, ci consente di affermare che un grande risultato è stato raggiunto sul versante dei controlli. Sulla questione diossina prima c'era il buio assoluto e ora c'è una quantità e qualità di dati tale da essere presentata ai massimi livelli del dibattito scientifico internazionale.
Questo risultato ci rende fieri dei passi in avanti compiuti in soli due anni grazie ad Arpa Puglia. Abbiamo però la preoccupazione che a tale pregevole sforzo di analisi ed elaborazione non corrisponda però sul versante politico un analogo sforzo per la rigorosa applicazione delle legge regionale antidiossina. La legge sta infatti segnando il passo e sta rischiando di fallire nei suoi punti più qualificanti.
Per questo motivo PeaceLink, oltre ad aver inviato negli scorsi giorni una lettera all'Arpa Puglia per pubblicare su Internet i dati dell'ultimo controllo sulla diossina effeuutato dopo l'aggiunta di urea, adesso scrive al Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola per chiedere all'Ilva il rispetto dei tempi della legge antidiossina in modo da evitare che fallisca nei suoi punti più qualificanti: il "controllo continuo" dei fumi e la riduzione delle emissioni sotto il valore "europeo" di 0,4 nanogrammi a metro cubo.
Per Peacelink: Biagio De Marzo, Alessandro Marescotti
Il 27 agosto il dott. Roberto Giua dell'Arpa Puglia presenterà a Pechino i dati dell'inquinamento da diossina a Taranto nell'ambito del Simposio Internazionale Dioxin 2009 (www.dioxin2009.org).
La relazione del dott. Giua avrà come titolo
"PCDD/F Wind-Selective Sampling in Taranto Area" (Campionamento vento-selettivo di diossine e furani nell'area di Taranto).
Toccherà quindi la delicata questione dell'origine delle diossine e della loro deposizione delle diossine correlata alla direzione dei venti. I dati sono stati elaborati grazie ad un apposito sistema tecnologico avanzato (campionatore WIND-SELECT per il campionamento “vento-selettivo”) di cui Arpa Puglia si è dotata e che consente di misurare gli inquinanti a seconda della direzionalità dei venti, attribuendo quindi con precisione gli inquinanti alla loro fonte di provenienza.
La notizia che l'Arpa Puglia possa presentare in un autorevole simposio internazionale i propri dati sulla diossina, raccolti ed elaborati con sofisticate tecnologie di analisi, ci consente di affermare che un grande risultato è stato raggiunto sul versante dei controlli. Sulla questione diossina prima c'era il buio assoluto e ora c'è una quantità e qualità di dati tale da essere presentata ai massimi livelli del dibattito scientifico internazionale.
Questo risultato ci rende fieri dei passi in avanti compiuti in soli due anni grazie ad Arpa Puglia. Abbiamo però la preoccupazione che a tale pregevole sforzo di analisi ed elaborazione non corrisponda però sul versante politico un analogo sforzo per la rigorosa applicazione delle legge regionale antidiossina. La legge sta infatti segnando il passo e sta rischiando di fallire nei suoi punti più qualificanti.
Per questo motivo PeaceLink, oltre ad aver inviato negli scorsi giorni una lettera all'Arpa Puglia per pubblicare su Internet i dati dell'ultimo controllo sulla diossina effeuutato dopo l'aggiunta di urea, adesso scrive al Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola per chiedere all'Ilva il rispetto dei tempi della legge antidiossina in modo da evitare che fallisca nei suoi punti più qualificanti: il "controllo continuo" dei fumi e la riduzione delle emissioni sotto il valore "europeo" di 0,4 nanogrammi a metro cubo.
Per Peacelink: Biagio De Marzo, Alessandro Marescotti
domenica 23 agosto 2009
Confindustria/Riva quale rapporto?
Ma chi può contraddire il padrone?
Leggiamo da un articolo comparso sull'Espresso in occasione dell'inizio dell'Era Marcegaglia in Confindustria:
"Tra quelli con cui Emma negli anni ha legato di più ci sono certamente proprio Merloni (che l'ha voluta in consiglio di amministrazione ed è stato il primo, la scorsa estate, a fare il suo nome per il vertice di Confindustria), Squinzi, l'ex presidente Giorgio Fossa, Gianmarco e Letizia Moratti, Emilio Riva, Matteo Colaninno (superate da tempo le incomprensioni tra i rispettivi genitori, si frequentano anche sulle montagne di Ortisei) e Carlo Pesenti (anche lui l'ha chiamata nel suo consiglio di amministrazione).
C'è poi una seconda cerchia meno vicina. Ne fanno parte Fedele Confalonieri, Alessandro Benetton, Gianfelice Rocca, Edoardo Garrone, Nerio Alessandri, Marco Tronchetti Provera, Ettore Artioli, Sergio Dompé, l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni e quello dell'Enel Fulvio Conti, Andrea ed Ettore Riello, il capo dei "piccoli" Giuseppe Morandini e il numero uno della Confindustria lombarda Giuseppe Fontana. Anche nel mondo politico, con il quale pure ha solo contatti istituzionali, la Marcegaglia è piuttosto trasversale. Il collegamento con gli ambienti prodiani è assicurato dal sottosegretario Enrico Letta. Quello con Berlusconi passa da Gianni Letta e Confalonieri. L'amico Andrea Mondello, via Goffredo Bettini, è invece il terminale con Walter Veltroni. E Altero Matteoli è il punto di riferimento in Alleanza nazionale. I rapporti sono poi buoni con Pierluigi Bersani, Emma Bonino e Antonio Di Pietro. Addirittura ottimi con Massimo D'Alema (per cui Emma ha da sempre un debole), Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini."
Nella vecchia guardia di Confindustria, invece, Riva poteva contare sulla solida "amicizia" con l'ex-presidente Giorgio Fossa con il quale, ha anche avuto comunanza d'affari.
Ma ricordate come Riva ha acquisito l'Italsider? Ecco un pò di storia dal Corriere della Sera, Pagina 19, 2 marzo 1995:
Riva conquista l' acciaio di Stato
L' Iri cede il controllo dell' Ilva laminati piani. Un affare da 2. 200 miliardi
Dopo 50 anni finisce l' avventura "pubblica": nasce un big mondiale con fatturato da 12 mila miliardi TITOLO: Riva conquista l' acciaio di Stato L' Iri cede il controllo dell' Ilva laminati piani. Un affare da 2.200 miliardi
L' avventura dell' acciaio di Stato . nel bene e nel male un pezzo della storia d' Italia di questo secolo . si e' conclusa ieri mattina. La parola fine l' ha scritta il consiglio d' amministrazione dell' Iri, che ha deciso all' unanimita' di accettare l' offerta del siderurgico milanese Emilio Riva per l' acquisto dell' Ilva laminati piani (Ilp). Poco piu' di duemila miliardi per una cosa che negli ultimi cinquant' anni ne e' costata ai contribuenti alcune decine di migliaia, ma che nello stesso tempo e' stata un motore insostituibile dell' industrializzazione del Paese. Diventano cosi' privati gli impianti di Taranto (la piu' grande acciaieria d' Europa e una delle piu' grandi del mondo) e di Novi Ligure piu' altri pezzi minori: un mostro industriale che impiega ancora oggi quasi ventimila persone e che nel ' 94 ha fatturato 8.500 miliardi. Muore l' Ilva, nome glorioso che solo sei anni fa era stato riesumato dagli archivi storici per dare il prestigio della tradizione all' ultimo tentativo di rilancio della Finsider travolta dai debiti. Ma sulle sue ceneri nasce all' improvviso uno dei maggiori gruppi privati italiani, e ancora una volta si presenta sotto specie di azienda familiare. Emilio Riva e i suoi tre figli manager . riservatissimi e fino a ieri semisconosciuti imprenditori del rottame e del tondino . guideranno un colosso da circa 12 mila miliardi di fatturato, che controlla una fetta fondamentale del mercato italiano dell' acciaio, nel campo dei cosiddetti prodotti piatti. Significa lamiere per le carrozzerie della Fiat, ma anche per le fiancate di lavatrici e lavastoviglie: gran parte dell' industria metalmeccanica italiana si prepara da oggi a diventare cliente del signor Riva. I termini dell' operazione varata ieri sono ancora avvolti nel mistero. L' Iri, che in clima di privatizzazioni gia' si comporta come se fosse un' azienda privata, ha ritenuto di non dare nessuna informazione sull' offerta formulata da Riva e accettata dal consiglio, trincerandosi dietro la doverosa riservatezza di una "trattativa privata". Formalmente infatti si tratta ancora di una trattativa aperta: il consiglio ha subordinato la definitiva chiusura dell' affare alla definizione di alcune ulteriori clausole particolari. Ma e' gia' convocata per il prossimo 14 marzo l' assemblea degli azionisti dell' Iri . o meglio dell' unico azionista, il ministro del Tesoro . per l' approvazione formale della vendita. La fretta del presidente dell' Iri Michele Tedeschi e' del resto comprensibile. L' Italia si era impegnata con la Commissione europea a vendere l' Ilva laminati piani entro lo scorso 31 dicembre. Lo slittamento di qualche settimana non ha grande rilievo in se' e per se' , ma e' un fatto che gia' ieri pomeriggio Tedeschi si e' precipitato a Bruxelles, dove stamattina spieghera' l' operazione al commissario europeo alla concorrenza Karel Van Miert e a quello all' industria Martin Bangemann. Lo stesso Van Miert ieri pomeriggio si e' rallegrato del fatto che la privatizzazione dell' azienda siderurgica italiana "sia stata decisa nei termini e nelle condizioni fissate a suo tempo, d' accordo con i ministri dell' Industria dell' Unione europea". Le notizie su questa grande privatizzazione vengono dunque ancora dalle indiscrezioni. Emerge un primo elemento di sorpresa: le voci circolate con insistenza nei giorni scorsi su una difficolta' di Riva a mettere insieme un' offerta finanziariamente forte, sarebbero state smentite dai fatti. Riva, assistito dalla Salomon Brothers e dalla Cariplo, sarebbe riuscito a offrire circa 2.200 miliardi, e soprattutto si sarebbe impegnato a versare all' Iri tutta la cifra nel giro di pochi mesi, grosso modo entro la fine di quest' anno. Rimangono invece da chiarire i dubbi sulla provenienza dei capitali e sul tipo di garanzie offerte. Nessuna smentita e' infatti giunta dall' Iri a proposito delle voci sulla forte componente di leverage finanziario insito nell' offerta di Riva: in sostanza si tratterebbe di creare un forte indebitamento della societa' acquistata per finanziare l' operazione stessa. A cio' sarebbe finalizzata la prevista fusione tra la Fire Finanziaria .la societa' con cui Riva realizza l' acquisto . e la stessa Ilp. Le voci negative dei giorni scorsi sembravano aver ravvivato le speranze della cordata rivale, guidata dall' ex presidente della Confindustria Luigi Lucchini, alleato del trader siderurgico Bruno Bolfo e del gruppo siderurgico francese Usinor Sacilor. Ieri invece e' stata per gli sconfitti la giornata del definitivo rompete le righe. Peraltro gia' alcuni giorni fa la decisione di Luigi Lucchini di accettare la presidenza della Montedison era apparsa come un inequivocabile segnale: il re del tondino evidentemente aveva gia' capito che il suo sogno di conquistare Taranto era ormai svanito per il successo della trattativa dell' Iri con il suo arcinemico Emilio Riva. Soddisfazione invece tra gli imprenditori di Taranto e Novi Ligure che hanno formato la Tarnofin, societa' partita con l' idea di scalare l' Ilp grazie anche a forme di azionariato popolare e poi finita nella scia di Riva. La Tarnofin vanta l' esistenza di un accordo verbale con Riva per il suo ingresso con una piccola quota nella nuova compagine azionaria dell' Ilp, e ora attende che la promessa sia mantenuta. (Meletti Giorgio)
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E Vico che dice dell'Ilva?
Sono isterici gli ambientalisti, che chiedono una città pulita, o Vico che prima chiede di sospendere per Taranto il Protocollo di Kyoto contro le emissioni e poi si mette a marciare il 29 novembre insieme ai cittadini e agli stessi ambientalisti contro il disastro industriale?
Miserie umane...
L’INTERVISTA. IL PARLAMENTARE DEL PARTITO DEMOCRATICO PARLA ANCHE DEL REFERENDUM PER CHIUDERE L’ILVA: QUESITO NON UTILE
La crisi ha riportato l'elemento dell'economia reale al centro. Senza industrie sei più povero e i guai li sentiremo nei prossimi anni. Battere la crisi innovando l'economia reale a Taranto può significare non essere più dipendenti dell'area a caldo, ma il processo di ambientalizzazione non prescinde dalla grande industria. La sfida innovativa è contenere diossina e polvere, lavorare per l’Autorizza - zione integrata ambientale anche nella produzione del cemento. Per fare questo occorre una comunità che apra al dialogo senza isterismi ideologici da parte ambientalista e da parte del mondo economico.
E l’energia?
A Taranto il futuro arriva attraverso l’autosufficienza energetica delle industrie. La città non ha royalties sulle tasse petrolifere. Non c’entra il risarcimento ambientale, ma il territorio va preso in considerazione. Il territorio deve negoziare anche quando deve dire no.
Sta parlando dei rapporti con
l’Eni?
Io chiedo: che fine hanno fatto gli investimenti per Taranto? Il miliardo di euro del progetto “Taranto Plus”, il raddoppio della raffineria? Se non si vogliono più realizzare ce lo dicano. L’Eni ora parla di centrale, ma, come per l’Ilva, bisogna essere in regola con l’Aia. Ci sono le verifiche ambientali. Lo stesso per le perforazioni in Mar grande. Pongo domande semplici per avere risposte semplici. Da due mesi chiedo al governo: l’Eni ha chiuso il bilancio 2008 con un utile antetasse di 7 miliardi di euro e ha versato di imposte nette 330 milioni di euro pari al 5 per cento dell’imposta netta. Al governo, azionista al 30 per cento, chiedo: l’Eni ha versato le imposte in altri Stati? Perciò a livello locale s’impone la necessità di una classe dirigente unita, che si misuri con i problemi, con una grande capacità di negoziare per il territorio.
Miserie umane...
L’INTERVISTA. IL PARLAMENTARE DEL PARTITO DEMOCRATICO PARLA ANCHE DEL REFERENDUM PER CHIUDERE L’ILVA: QUESITO NON UTILE
La crisi ha riportato l'elemento dell'economia reale al centro. Senza industrie sei più povero e i guai li sentiremo nei prossimi anni. Battere la crisi innovando l'economia reale a Taranto può significare non essere più dipendenti dell'area a caldo, ma il processo di ambientalizzazione non prescinde dalla grande industria. La sfida innovativa è contenere diossina e polvere, lavorare per l’Autorizza - zione integrata ambientale anche nella produzione del cemento. Per fare questo occorre una comunità che apra al dialogo senza isterismi ideologici da parte ambientalista e da parte del mondo economico.
E l’energia?
A Taranto il futuro arriva attraverso l’autosufficienza energetica delle industrie. La città non ha royalties sulle tasse petrolifere. Non c’entra il risarcimento ambientale, ma il territorio va preso in considerazione. Il territorio deve negoziare anche quando deve dire no.
Sta parlando dei rapporti con
l’Eni?
Io chiedo: che fine hanno fatto gli investimenti per Taranto? Il miliardo di euro del progetto “Taranto Plus”, il raddoppio della raffineria? Se non si vogliono più realizzare ce lo dicano. L’Eni ora parla di centrale, ma, come per l’Ilva, bisogna essere in regola con l’Aia. Ci sono le verifiche ambientali. Lo stesso per le perforazioni in Mar grande. Pongo domande semplici per avere risposte semplici. Da due mesi chiedo al governo: l’Eni ha chiuso il bilancio 2008 con un utile antetasse di 7 miliardi di euro e ha versato di imposte nette 330 milioni di euro pari al 5 per cento dell’imposta netta. Al governo, azionista al 30 per cento, chiedo: l’Eni ha versato le imposte in altri Stati? Perciò a livello locale s’impone la necessità di una classe dirigente unita, che si misuri con i problemi, con una grande capacità di negoziare per il territorio.
mercoledì 19 agosto 2009
20-23 AGOSTO CAMPEGGIO ANTINUCLEARE IN SALENTO
20-23 AGOSTO CAMPEGGIO DI LOTTA ANTINUCLEARE IN SALENTO - LOCALITÀ MASSERIA FATTIZZE (a 2 Km da Porto Cesareo)
Per info ed adesioni conttattare
Bobo Aprile
Tel 368.582406 - Mail boboaprile@tiscali.it
COMUNICATO STAMPA
IL COMITATO PROMOTORE PUGLIESE “NO AL NUCLEARE” ED IL COORDINAMENTO NAZIONALE ANTINUCLEARE AMBIENTE ENERGIA E SALUTE ORGANIZZANO, DAL 20 AL 23 AGOSTO, UN CAMPEGGIO DI LOTTA ANTINUCLEARE IN SALENTO, LOCALITÀ MASSERIA FATTIZZE, A 2 KM DAPORTO CESAREO, NEI PRESSI DI AVETRANA, LUOGO SIMBOLO DELLE LOTTE ANTINUCLEARI IN PUGLIA DEGLI ANNI 80
Dopo le lotte contro il nucleare degli anni 80, culminate con la vittoria del referendum del 1987, l’opzione Nucleare viene riproposta in Italia dal Governo Berlusconi.
Il 9 Luglio, con l’approvazione del Decreto Sviluppo, il Parlamento riapre ufficialmente al
Nucleare.
Entro sei mesi il Governo indicherà i siti ove realizzare inizialmente 4 centrali Nucleari da 1600 Mw. Siti che verranno definiti di “Interesse Nazionale” per essere quindi militarizzati e, attraverso l’esercito, controllati direttamente dal Governo; esautorando in tal modo le Amministrazioni Locali, alla faccia della democrazia e del federalismo tanto sbandierato.
La Puglia è uno dei territori che furono individuati nel vecchio piano elaborato per l’individuazione delle aree per la realizzazione delle Centrali Nucleari che il governo ha più volte dichiarato di voler ripresentare. Ostuni, Avetrana, Carovigno, questi i possibili siti che verranno proposti per la costruzione delle nuove centrali nucleari.
Dopo il carbone di Cerano, le turbo gas, gli inceneritori, ora termovalorizzatori, le discariche con l’emergenza rifiuti sempre più prepotente, il nostro territorio è, ancora una volta, sotto attacco:
l’Energia-Padrona, con le sue logiche di sfruttamento, si appresta al nuovo banchetto. Un modello di sviluppo basato su grandi opere con il loro corredo di grandi devastazioni ambientali e di morte che, nel pieno della maggiore crisi capitalistica dal 1929 ad oggi, sembra essere l’unica via di uscita per un capitalismo in profonda crisi.
Pensiamo occorra ripartire da quelle lotte, per questo abbiamo deciso di organizzare un CAMPEGGIO DI LOTTA. Un momento iniziale di discussione e confronto, ma anche di convivialità e piacere dello stare insieme, per riorganizzare un movimento capace di contrastare le scelte nucleari.
Un incontro che si pone come obiettivo, per il prossimo autunno, quello di approntare
un’agenda politica capace di contrastare la crisi che, ancora una volta, vogliono far pagare a
noi cittadini.
La precarietà diffusa, il basso reddito, la deriva razzista e xenofoba delle politiche securitarie,
le grandi opere dalla TAV al Ponte sullo Stretto, i termovalorizzatori e le discariche, i
rigassificatori, anche di questo pensiamo sia necessario discutere per riannodare le fila di un
movimento spesso frammentato nelle mille vertenze che sui territori si aprono.
Per questo motivo, invitiamo a partecipare al campeggio di lotta antinucleare, che si svolgerà
dal 20 al 23 agosto, nel bel Salento, per fortuna ancora incontaminato (Località Masserie
Fattizze a 2 Km da Porto Cesareo), tutti coloro che da sempre si sono battuti contro questo
modello di sviluppo, chiunque voglia parteciparvi, ma anche giornalisti e addetti dei media
affinché possano informare e dare un megafono in più alla cittadinanza attiva che è, al tempo
stesso, opinione pubblica, teoricamente, espressione della classe politica di un Paese.
VI ASPETTIAMO!!!
Comitato Promotore Pugliese No al Nucleare
Coordinamento Nazionale Antinucleare Salute - Ambiente – Energia
COME ARRIVARE: Provenendo da San Pancrazio, sulla San Pancrazio - Porto Cesareo, a 2 km dal mare, girare a destra prendendo l'indicazione della pista-prototipo e seguire sempre la strada fino all’indicazione Masserie Fattizze.
PROGRAMMA
GIOVEDÌ 20 AGOSTO ORE 18,00
- Presentazione del Campeggio Antinucleare
- Piano energetico ambientale della Regione Puglia, ovvero come si consegna il territorio agli
speculatori anche con il solare ed il fotovoltaico
VENERDÌ 21 AGOSTO ORE 10,00
Workshop ecofemminista sul tema "Globalizzazione e leadership delle donne nelle lotte per la
difesa della salute e dell´ambiente"
VENERDÌ 21 AGOSTO ORE 18,00
- Ripresa della scelta nucleare in Italia e necessità di una forte opposizione popolare
SABATO 22 AGOSTO ORE 10,00
Battaglia per i beni comuni e contro le grandi opere speculative:
la ricostruzione Aquilana, il Ponte , la Tav, il piano rifiuti
SABATO 22 AGOSTO ORE 18,00
Iniziativa di controinformazione a Melpignano per la chiusura della "NOTTE DELLA TARANTA"
(Sono graditi striscioni e bandiere delle lotte territoriali-sociali)
DOMENICA 23 AGOSTO ORE 10,00
Assemblea Antinucleare, percorsi e iniziative per i prossimi mesi
DOMENICA 23 AGOSTO ORE 18,00
Manifestazione pubblica a Porto Cesareo con musica
SONO PREVISTE ALTRE INIZIATIVE , AL MOMENTO, IN VIA DI DEFINIZIONE
Per info ed adesioni conttattare
Bobo Aprile
Tel 368.582406 - Mail boboaprile@tiscali.it
COMUNICATO STAMPA
IL COMITATO PROMOTORE PUGLIESE “NO AL NUCLEARE” ED IL COORDINAMENTO NAZIONALE ANTINUCLEARE AMBIENTE ENERGIA E SALUTE ORGANIZZANO, DAL 20 AL 23 AGOSTO, UN CAMPEGGIO DI LOTTA ANTINUCLEARE IN SALENTO, LOCALITÀ MASSERIA FATTIZZE, A 2 KM DAPORTO CESAREO, NEI PRESSI DI AVETRANA, LUOGO SIMBOLO DELLE LOTTE ANTINUCLEARI IN PUGLIA DEGLI ANNI 80
Dopo le lotte contro il nucleare degli anni 80, culminate con la vittoria del referendum del 1987, l’opzione Nucleare viene riproposta in Italia dal Governo Berlusconi.
Il 9 Luglio, con l’approvazione del Decreto Sviluppo, il Parlamento riapre ufficialmente al
Nucleare.
Entro sei mesi il Governo indicherà i siti ove realizzare inizialmente 4 centrali Nucleari da 1600 Mw. Siti che verranno definiti di “Interesse Nazionale” per essere quindi militarizzati e, attraverso l’esercito, controllati direttamente dal Governo; esautorando in tal modo le Amministrazioni Locali, alla faccia della democrazia e del federalismo tanto sbandierato.
La Puglia è uno dei territori che furono individuati nel vecchio piano elaborato per l’individuazione delle aree per la realizzazione delle Centrali Nucleari che il governo ha più volte dichiarato di voler ripresentare. Ostuni, Avetrana, Carovigno, questi i possibili siti che verranno proposti per la costruzione delle nuove centrali nucleari.
Dopo il carbone di Cerano, le turbo gas, gli inceneritori, ora termovalorizzatori, le discariche con l’emergenza rifiuti sempre più prepotente, il nostro territorio è, ancora una volta, sotto attacco:
l’Energia-Padrona, con le sue logiche di sfruttamento, si appresta al nuovo banchetto. Un modello di sviluppo basato su grandi opere con il loro corredo di grandi devastazioni ambientali e di morte che, nel pieno della maggiore crisi capitalistica dal 1929 ad oggi, sembra essere l’unica via di uscita per un capitalismo in profonda crisi.
Pensiamo occorra ripartire da quelle lotte, per questo abbiamo deciso di organizzare un CAMPEGGIO DI LOTTA. Un momento iniziale di discussione e confronto, ma anche di convivialità e piacere dello stare insieme, per riorganizzare un movimento capace di contrastare le scelte nucleari.
Un incontro che si pone come obiettivo, per il prossimo autunno, quello di approntare
un’agenda politica capace di contrastare la crisi che, ancora una volta, vogliono far pagare a
noi cittadini.
La precarietà diffusa, il basso reddito, la deriva razzista e xenofoba delle politiche securitarie,
le grandi opere dalla TAV al Ponte sullo Stretto, i termovalorizzatori e le discariche, i
rigassificatori, anche di questo pensiamo sia necessario discutere per riannodare le fila di un
movimento spesso frammentato nelle mille vertenze che sui territori si aprono.
Per questo motivo, invitiamo a partecipare al campeggio di lotta antinucleare, che si svolgerà
dal 20 al 23 agosto, nel bel Salento, per fortuna ancora incontaminato (Località Masserie
Fattizze a 2 Km da Porto Cesareo), tutti coloro che da sempre si sono battuti contro questo
modello di sviluppo, chiunque voglia parteciparvi, ma anche giornalisti e addetti dei media
affinché possano informare e dare un megafono in più alla cittadinanza attiva che è, al tempo
stesso, opinione pubblica, teoricamente, espressione della classe politica di un Paese.
VI ASPETTIAMO!!!
Comitato Promotore Pugliese No al Nucleare
Coordinamento Nazionale Antinucleare Salute - Ambiente – Energia
COME ARRIVARE: Provenendo da San Pancrazio, sulla San Pancrazio - Porto Cesareo, a 2 km dal mare, girare a destra prendendo l'indicazione della pista-prototipo e seguire sempre la strada fino all’indicazione Masserie Fattizze.
PROGRAMMA
GIOVEDÌ 20 AGOSTO ORE 18,00
- Presentazione del Campeggio Antinucleare
- Piano energetico ambientale della Regione Puglia, ovvero come si consegna il territorio agli
speculatori anche con il solare ed il fotovoltaico
VENERDÌ 21 AGOSTO ORE 10,00
Workshop ecofemminista sul tema "Globalizzazione e leadership delle donne nelle lotte per la
difesa della salute e dell´ambiente"
VENERDÌ 21 AGOSTO ORE 18,00
- Ripresa della scelta nucleare in Italia e necessità di una forte opposizione popolare
SABATO 22 AGOSTO ORE 10,00
Battaglia per i beni comuni e contro le grandi opere speculative:
la ricostruzione Aquilana, il Ponte , la Tav, il piano rifiuti
SABATO 22 AGOSTO ORE 18,00
Iniziativa di controinformazione a Melpignano per la chiusura della "NOTTE DELLA TARANTA"
(Sono graditi striscioni e bandiere delle lotte territoriali-sociali)
DOMENICA 23 AGOSTO ORE 10,00
Assemblea Antinucleare, percorsi e iniziative per i prossimi mesi
DOMENICA 23 AGOSTO ORE 18,00
Manifestazione pubblica a Porto Cesareo con musica
SONO PREVISTE ALTRE INIZIATIVE , AL MOMENTO, IN VIA DI DEFINIZIONE
Le trivellazioni nel Golfo di Taranto sulla stampa nazionale!
Trivelle in mare, parte la protesta
di Giacomo Russo Spena
http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2009/mese/08/articolo/1308/
di Giacomo Russo Spena
Un impianto di trivellamento nel mar Jonio. A 70 metri metri dalla battigia. Per l’estrazione del petrolio. Un progetto, in dirittura d’arrivo, che vede la ferma opposizione dei comitati, ambientalisti e enti locali del Metapontino, in Lucania.
Il «mostro», infatti, dovrebbe sorgere nel golfo di Taranto con le proteste che interessano entrambe le sponde regionali: sia la Puglia che (soprattutto) la Basilicata. Le multinazionali che hanno ottenuto le concessioni per il trivellamento dei fondali marini sono l’Eni (per la parte pugliese) e la Consul Service (per il tratto lucano). A quest’ultima nello scorso autunno succede l’Apennine Energy srl. E’ qui che le associazioni scoprono il piano e iniziano la loro battaglia. Subito dopo si accodano alcuni consigli comunali del Metapontino, le amministrazioni locali votano delibere contrarie al trivellamento del mare. Per vari motivi. «La distruzione del paesaggio oltre alle albe joniche raderà al suolo, tutta l’economia turistica, posti di lavoro e gli investimenti turistici nella zona», afferma Felice Santarcangelo, del comitato No-Scorie Trisaia, ricordando come il disegno delle multinazionali potrebbe portare a pericolosi fenomeni di «subsidenza» (abbassamento del suolo a seguito delle estrazioni di gas fino ad oltre 5 metri che possono generare allagamenti). Motivo per cui il presidente del Veneto, il pidiellino Giancarlo Galan (sotto la spinta della Lega) ha vietato progetti simili nel golfo di Venezia.
«Aumenterebbe l’erosione delle coste mettendo in crisi le spiagge, i campi agricoli e i villaggi turistici per tutto il lido lucano - continua Santarcangelo - Oltre a perdere le nostre attività economiche ci ritroveremo un territorio inquinato senza risorse necessarie per sostenere tutti i servizi di cui la regione ha bisogno per le misure federaliste messe in atto dallo stesso governo». Lo stesso che, con l’ultimo disegno di legge «Energia» voluto dal ministro Scajola, espropria le regioni dalla Via (valutazione di impatto ambientale) sulle trivellazioni. Scavalcando quindi i pareri dei governatori di Puglia (Niki Vendola) e Basilicata (Vito De Filippo). Non intenzionati, al momento, a dare il loro consenso al progetto.
I comitati locali non tralasciano nemmeno l’impatto distruttivo dell’estrazione petrolifera nei confronti degli ecosistemi, dei fondali marini, della flora e della fauna: «Nei fondali nello Jonio esistono ancora vulcani attivi - denunciano ancora - E il terreno è geologicamente giovane». Non hanno intenzione di accettare un altro «scempio» nella propria zona. Soprattutto dopo l’arrivo delle scorie nucleari (battaglia poi vinta nel 2003 dal movimento no-nuke di Scanzano), e l’emergenza rifiuti con discariche malfunzionanti (con tanto di infiltrazione della mafia nella gestione delle ecoballe). Il territorio è già saturo.
Il «mostro», infatti, dovrebbe sorgere nel golfo di Taranto con le proteste che interessano entrambe le sponde regionali: sia la Puglia che (soprattutto) la Basilicata. Le multinazionali che hanno ottenuto le concessioni per il trivellamento dei fondali marini sono l’Eni (per la parte pugliese) e la Consul Service (per il tratto lucano). A quest’ultima nello scorso autunno succede l’Apennine Energy srl. E’ qui che le associazioni scoprono il piano e iniziano la loro battaglia. Subito dopo si accodano alcuni consigli comunali del Metapontino, le amministrazioni locali votano delibere contrarie al trivellamento del mare. Per vari motivi. «La distruzione del paesaggio oltre alle albe joniche raderà al suolo, tutta l’economia turistica, posti di lavoro e gli investimenti turistici nella zona», afferma Felice Santarcangelo, del comitato No-Scorie Trisaia, ricordando come il disegno delle multinazionali potrebbe portare a pericolosi fenomeni di «subsidenza» (abbassamento del suolo a seguito delle estrazioni di gas fino ad oltre 5 metri che possono generare allagamenti). Motivo per cui il presidente del Veneto, il pidiellino Giancarlo Galan (sotto la spinta della Lega) ha vietato progetti simili nel golfo di Venezia.
«Aumenterebbe l’erosione delle coste mettendo in crisi le spiagge, i campi agricoli e i villaggi turistici per tutto il lido lucano - continua Santarcangelo - Oltre a perdere le nostre attività economiche ci ritroveremo un territorio inquinato senza risorse necessarie per sostenere tutti i servizi di cui la regione ha bisogno per le misure federaliste messe in atto dallo stesso governo». Lo stesso che, con l’ultimo disegno di legge «Energia» voluto dal ministro Scajola, espropria le regioni dalla Via (valutazione di impatto ambientale) sulle trivellazioni. Scavalcando quindi i pareri dei governatori di Puglia (Niki Vendola) e Basilicata (Vito De Filippo). Non intenzionati, al momento, a dare il loro consenso al progetto.
I comitati locali non tralasciano nemmeno l’impatto distruttivo dell’estrazione petrolifera nei confronti degli ecosistemi, dei fondali marini, della flora e della fauna: «Nei fondali nello Jonio esistono ancora vulcani attivi - denunciano ancora - E il terreno è geologicamente giovane». Non hanno intenzione di accettare un altro «scempio» nella propria zona. Soprattutto dopo l’arrivo delle scorie nucleari (battaglia poi vinta nel 2003 dal movimento no-nuke di Scanzano), e l’emergenza rifiuti con discariche malfunzionanti (con tanto di infiltrazione della mafia nella gestione delle ecoballe). Il territorio è già saturo.
http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2009/mese/08/articolo/1308/
martedì 18 agosto 2009
Per quanto ancora saremo gli ultimi?
COMUNICATO STAMPA
Taranto ancora ultima in classifica in Italia per differenziata e verde
Nei giorni scorsi è stata diffusa dall'Istituto Nazionale di Statistica la relazione sugli "Indicatori ambientali urbani, anno 2008".
Nella "Classifica di attenzione all'ecocompatibilità", stilata per i comuni capoluogo di provincia italiani, Taranto risulta essere 52esima, con un calo di 11 posizioni rispetto al 2007, a fronte di una generalizzata tendenza al miglioramento.
Nelle singole tabelle dei fattori, per Taranto, si rilevano una serie di carenze più o meno gravi, dovute principalmente ad una gestione amministrativa inefficiente, che si ritorce a danno della salute pubblica e del territorio.
1) TRASPORTI.
Calo progressivo dal 2005 della domanda di trasporto pubblico;
2) ENERGIA.
Assenza di un Piano Energetico Comunale, assenza totale di sistemi solari o eolici per l'alimentazione di strutture pubbliche, incremento notevole del consumo di gas metano (+30% contro 7,5% nazionale) e di energia elettrica (1,9% contro 0,1% nazionale);
3) RUMORE.
Nessuna relazione biennale sullo stato acustico (dovuta per i comuni superiori a 50mila abitanti), assenza di un Piano di Risanamento Acustico o di centraline fisse di rilevamento, mancanza di interventi di bonifica per mitigare l'impatto del rumore (asfalto fonoassorbente o barriere acustiche);
4) VERDE.
Assenza di un Piano del Verde Urbano e di un censimento della consistenza del verde pubblico, calcolo della densità di verde per superficie mai effettuato, verde urbano stimato in 0,2 mq per abitante (stazionario dal 2000) che ci colloca all'ultimo posto assoluto in Italia (media nazionale di 93,6 mq x ab);
5) ACQUA.
Razionamento dell'acqua potabile e depurazione delle acque nere per il 90% della popolazione;
6) ARIA.
Diminuzione delle centraline di monitoraggio rispetto al 2006 (da 5,7x100kmq a 5,2xkmq), riduzione del numero di inquinanti rilevati (da 10 a 6), superamenti del limite di sicurezza per la popolazione prevalentemente nelle stazioni di rilevamento in area industriale (con buona pace dei fantasiosi teorici della matrice residenziale e veicolare dell'inquinamento a Taranto);
7) RIFIUTI.
La raccolta differenziata costituisce il 6,6% del totale dei rifiuti, con incremento rispetto all'anno precedente molto inferiore rispetto alla crescita media nazionale. Rispetto al 28,5% italiano, Taranto si colloca agli ultimi posti (in dettaglio i valori per tipologia di rifiuto in rapporto al dato italiano espressi in chilogrammi per abitante: carta 23,5 contro 65,4; vetro 5,2 contro 9,3; plastica 2,0 contro 9,3; metalli 0,3 contro 5,4; organici 2,6 contro 52; altro 6,5 contro 21,4).
Se alcuni di questi dati sono comunque diffusi più o meno generalmente soprattutto nelle regioni centro-meridionali, altri sono gravissimi e richiedono una risposta immediata da parte di chi negli ultimi anni ha vantato sensibilità ambientale senza produrre effetti significativi o peggiorando la situazione.
In particolare, in una realtà come Taranto è tragico rilevare che a fronte di un sistema industriale tra i più inquinanti al mondo si riduca il numero delle centraline e dei veleni rilevati anziché aumentare i controlli per la sicurezza dei cittadini e per la salubrità dell'aria. Non è un caso, infatti, che le uniche rilevazioni utili siano affidate molto saltuariamente all'ARPA e che nei ripetuti casi di incidenti segnalati dalla cittadinanza alle autorità, non si sia avuta alcuna informazione a posteriori, e men che meno allarmi o avvisi nel corso degli sversamenti di grandi quantità di sostanze tossiche in aria e acqua.
Come non condannare la congenita mancanza di spazi verdi per i cittadini e di piantumazioni nel territorio comunale (e la devastazione delle poche superstiti fatta ad opera di manutentori incompetenti) che ci fa essere vergognosamente ultimi rispetto ad una media quasi cento volte superiore? Come non parlare di una città che fino ad oggi continua a speculare sul mattone e condanna i cittadini a vivere in una gabbia di cemento senza possibilità di respirare e di godere dei minimi standard urbani di vivibilità?
Una nota particolare - senza dimenticare però le gravi inefficienze nei trasporti pubblici, nell'energia e nella fornitura e depurazione idrica - va, infine, al tema scottante della gestione dei rifiuti.
I numeri della raccolta differenziata parlano chiaro della politica speculativa di un'amministrazione che, da un lato condanna l'inquinamento e dall'altro brucia e sotterra materiali preziosi distribuendoli nella terra, nell'acqua e nei polmoni dei suoi cittadini. Il raggiro alla città, operato dei gestori e dei loro consulenti, viene smascherata da dati numerici assoluti che chiariscono (si vedano i dati bassissimi di raccolta differenziata dei materiali "infiammabili ad alto rendimento" come plastica, carta e organico) come l'orientamento comunale, non solo contrasti con la riconosciuta capacità di generare benessere e posti di lavoro di una raccolta porta a porta seria, ma incentivi le speculazioni economiche dei gruppi lobbistici che intascano le tasse (tra le più alte d'Italia) pagate dai cittadini per seppellire e incenerire rifiuti diffondendo polveri sottili, diossine, liquami e altri veleni.
L'abitudine ai dati sconfortanti e ad un rapporto imbarazzante con le capacità amministrative nazionali, non devono produrre rassegnazione e assuefazione nei tarantini.
Per questa ragione, il Comitato per Taranto chiede che le amministrazioni comunale e provinciale rendano conto di quanto fatto negli ultimi mesi per invertire la tendenza al dissesto ambientale e l'aggravarsi del distacco già evidente rispetto a comuni e provincie virtuose nazionali.
In particolare, chiediamo che il Comune di Taranto, non si celi dietro il paravento di un apparente dialogo, manifestamente interessato e opportunista, con la cittadinanza (si veda, ad esempio la conferenza stampa organizzata in fretta e furia senza promozione e consultazione reale, in occasione dell'annuncio della riapertura forzata dell'inceneritore AMIU, un impianto cancerogeno e tossico osteggiato da tutti i cittadini nella manifestazione del 29 novembre). Chiediamo che gli amministratori adottino autentiche politiche virtuose di consultazione e partecipazione. Questo vuol dire che, nel caso della raccolta differenziata, invece di permettere a consulenti esterni di dichiarare che le associazioni ambientaliste sono oligofreniche e che i cittadini sono incivili, si parta innanzitutto dal rispetto della cittadinanza tutta e si convochi una serie di incontri per discutere pubblicamente luci e ombre di una gestione disastrosa dei rifiuti urbani.
Una gestione sottosviluppata come quella attuale dei temi ambientali nella "città dei veleni" produce inevitabilmente malcontento e reazioni a volte incivili da parte di cittadini sottoposti ad un ambiente frustrante e malsano. La svolta può venire soltanto riconoscendo e promuovendo un rapporto sincero e trasparente: una realtà ancora troppo distante dal nostro Comune che auspichiamo cambi al più presto.
Ambiente_Istat2009
sabato 15 agosto 2009
C'è FAME di creatività!
venerdì 14 agosto 2009
Basta censure: l'arsenico c'è, ed è moltissimo!
Parafrasando uno slogan che ha fatto il giro d'Italia, verrebbe da dire che, a Taranto:
Il dr. Fabrizio Bianchi è l’epidemiologo dell’Istituto di fisiologia clinica del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) che ha guidato le ricerche dell’arsenico a Gela i cui risultati hanno dato lo spunto a PeaceLink per chiedere che analoghe ricerche siano fatte a Taranto, dove, per molti aspetti, la situazione dell’inquinamento ambientale è più grave di quella di Gela. Egli ritiene, d’accordo con il Direttore Generale di ARPA Puglia prof. Giorgio Assennato, che sia bene fare nuovi controlli, avendo a riferimento i dati ISPESL del 2007. Nella lunga intervista concessa alla Gazzetta del Mezzogiorno del 13 agosto, lo scienziato riconosce anche l’apporto positivo della società civile: “Le Istituzioni si stanno muovendo e lo stimolo viene dal basso. Se poi ci sono protocolli di ricerca, attivati o da attivare, per realizzare quello che gli ambientalisti e i cittadini chiedono in materia di controlli siamo, allora, sulla strada giusta”. E’ ben altra musica rispetto alle accuse di “allarmismi assolutamente ingiustificati” e di “sensazionalismo” che sono piovute addosso a PeaceLink solo perché ha “osato” rendere noti all’opinione pubblica i “dati fittizi” del registro INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e delle Sorgenti), peraltro comunicati dalle aziende al Ministero dell’Ambiente.
"Ti svegli nevrastenico mangiando anche l'arsenico"
Ecco il comunicato stampa di Peacelink, seguito alle dichiarazioni del CNR pubblicate sulla Gazzetta del Mezzogiorno di ieri:Il dr. Fabrizio Bianchi è l’epidemiologo dell’Istituto di fisiologia clinica del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) che ha guidato le ricerche dell’arsenico a Gela i cui risultati hanno dato lo spunto a PeaceLink per chiedere che analoghe ricerche siano fatte a Taranto, dove, per molti aspetti, la situazione dell’inquinamento ambientale è più grave di quella di Gela. Egli ritiene, d’accordo con il Direttore Generale di ARPA Puglia prof. Giorgio Assennato, che sia bene fare nuovi controlli, avendo a riferimento i dati ISPESL del 2007. Nella lunga intervista concessa alla Gazzetta del Mezzogiorno del 13 agosto, lo scienziato riconosce anche l’apporto positivo della società civile: “Le Istituzioni si stanno muovendo e lo stimolo viene dal basso. Se poi ci sono protocolli di ricerca, attivati o da attivare, per realizzare quello che gli ambientalisti e i cittadini chiedono in materia di controlli siamo, allora, sulla strada giusta”. E’ ben altra musica rispetto alle accuse di “allarmismi assolutamente ingiustificati” e di “sensazionalismo” che sono piovute addosso a PeaceLink solo perché ha “osato” rendere noti all’opinione pubblica i “dati fittizi” del registro INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e delle Sorgenti), peraltro comunicati dalle aziende al Ministero dell’Ambiente.
Il dott. Fabrizio Bianchi ha dichiarato alla Gazzetta che i dati che le aziende comunicano al registro INES, a cui PeaceLink ha fatto riferimento per lanciare l’attenzione sull’arsenico a Taranto, in genere non sono sovrastimati. Su questo il dott. Bianchi è stato esplicito in maniera disarmante: “Sarebbe sciocco – ha dichiarato – da parte di una azienda dichiarare dati più alti rispetto alle emissioni inquinanti”.
E’ quello che tutti pensiamo. Ciò è confermato dalla vicenda diossina. Infatti l’Ilva dichiarava poco più di 90 grammi annui al registro INES mentre l’Arpa Puglia, misurazioni alla mano, ha valutato le emissioni di diossina in 172 grammi annui in condizioni di normale conduzione degli impianti.
Quindi PeaceLink ha fondati motivi di ritenere che in taluni casi i dati reali degli inquinanti immessi nell’aria e nelle acque di Taranto siano ancora più importanti dei dati di stima comunicati dall’Ilva al registro INES.
Facciamo proprio il caso dell’arsenico di cui si discute in questi giorni che preoccupa noi, il Sindaco e il Segretario generale di UILM Taranto ma che non sembra allarmare né Ilva, né Confindustria. Bene. I dati INES, frutto di stime dell'Ilva, sono 1116 chili all'anno di arsenico Ilva per il 2006 (ultimo dato disponibile).
I dati dell’Arpa Puglia, frutto di misurazioni relative all’arsenico Ilva, sono questi per il 2007: 2650 chili all’anno.
Noi sappiamo che a ciascuna analisi eseguita dal laboratorio del Dipartimento di Taranto di ARPA Puglia corrisponde l’analisi fatta da Ilva nei propri laboratori accreditati.
Le analisi di verifica dell’Ilva, sempre del 2007, rivelano dati ancora più consistenti. Le analisi Ilva forniscono infatti valori di concentrazione lievemente inferiori per il canale 1 (0,0028 mg/litro) e più che doppi per il canale 2 (0,0022 mg/litro).
E’ quello che tutti pensiamo. Ciò è confermato dalla vicenda diossina. Infatti l’Ilva dichiarava poco più di 90 grammi annui al registro INES mentre l’Arpa Puglia, misurazioni alla mano, ha valutato le emissioni di diossina in 172 grammi annui in condizioni di normale conduzione degli impianti.
Quindi PeaceLink ha fondati motivi di ritenere che in taluni casi i dati reali degli inquinanti immessi nell’aria e nelle acque di Taranto siano ancora più importanti dei dati di stima comunicati dall’Ilva al registro INES.
Facciamo proprio il caso dell’arsenico di cui si discute in questi giorni che preoccupa noi, il Sindaco e il Segretario generale di UILM Taranto ma che non sembra allarmare né Ilva, né Confindustria. Bene. I dati INES, frutto di stime dell'Ilva, sono 1116 chili all'anno di arsenico Ilva per il 2006 (ultimo dato disponibile).
I dati dell’Arpa Puglia, frutto di misurazioni relative all’arsenico Ilva, sono questi per il 2007: 2650 chili all’anno.
Noi sappiamo che a ciascuna analisi eseguita dal laboratorio del Dipartimento di Taranto di ARPA Puglia corrisponde l’analisi fatta da Ilva nei propri laboratori accreditati.
Le analisi di verifica dell’Ilva, sempre del 2007, rivelano dati ancora più consistenti. Le analisi Ilva forniscono infatti valori di concentrazione lievemente inferiori per il canale 1 (0,0028 mg/litro) e più che doppi per il canale 2 (0,0022 mg/litro).
L'Arpa fornisce come portata oraria dei due canali i seguenti dati: 100.000.000 di litri/ora per il canale 1 e 45.000.000 di litri/ora per il canale 2.
Il che dà come valore complessivo di scarico annuo una quantità di 3320 chili di arsenico in mare (2453 kg per il canale 1 + 867 kg per il canale 2). Questo è il valore in kg/anno ricavato con i dati di laboratorio (rapporti di prova) dell'Ilva stessa. Tali dati sono stati reperiti su http://aia.minambiente.it
E’ mai possibile che le Autorità sanitarie, dal Sindaco, agli Assessori comunale, provinciale e regionale, all’Istituto Superiore di Sanità, al Ministro e al Ministero della salute continuino ad accettare come unico limite di emissione di elementi cancerogeni quello della “concentrazione” (milligrammi per litro) mentre la salute dei cittadini è compromessa dai quantitativi reali di veleni immessi nell’aria e nel mare, quantitativi direttamente correlati con i reali enormi flussi di massa annuali?
Usque tandem …?
Per PeaceLink A. Marescotti e B. De Marzo
E’ mai possibile che le Autorità sanitarie, dal Sindaco, agli Assessori comunale, provinciale e regionale, all’Istituto Superiore di Sanità, al Ministro e al Ministero della salute continuino ad accettare come unico limite di emissione di elementi cancerogeni quello della “concentrazione” (milligrammi per litro) mentre la salute dei cittadini è compromessa dai quantitativi reali di veleni immessi nell’aria e nel mare, quantitativi direttamente correlati con i reali enormi flussi di massa annuali?
Usque tandem …?
Per PeaceLink A. Marescotti e B. De Marzo
giovedì 13 agosto 2009
CNR? Speriamo...
«Utili le analisi sull’arsenico. Il Cnr darà il suo aiuto»
Bianchi: indagini in tutta l’area industriale
FULVIO COLUCCI
• «Le analisi? Vale la pena farle». Da buon toscano Fabrizio Bianchi parla asciutto. Il dirigente del Consiglio nazionale delle ricerche ha guidato le ricerche sull’arsenico a Gela. L’e pidemiologo dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr, ha un’idea precisa: «Sono d’accordo con la proposta del direttore dell’Ar pa Giorgio Assennato: bene fare nuovi controlli. Non si può dire, a priori, se a Taranto c’è una situazione simile a quella di Gela, ma la produzione di arsenico è molto al di sopra di quella della città siciliana. L’apparato industriale tarantino è assai complesso. Le fonti di inquinamento sono molteplici, bisogna cercarle tutte, senza pregiudizi “ideolo gici”. Il ricercatore, anzi, deve essere libero da pregiudizi. Prima studiare e poi parlare».
A caccia di arsenico anche in Puglia. Siete pronti?
«A Taranto alcune cose sono state fatte e i risultati, a proposito di arsenico, sgombrano il campo dalle preoccupazioni (il riferimento è ai rassicuranti dati Ispesl del 2007 ricavati dalle analisi sulla popolazione e sui lavoratori, ndr). I numeri recenti vanno presi come riferimento. Giusto, però, raccogliere certi segnali, quando ci sono, in uno dei siti più inquinati d’Europa. Mi riferisco alle preoccupazioni degli ambientalisti, dei cittadini, non solo per quello che riguarda le emissioni di arsenico
nell’aria e nell’acqua, ma anche per quel che concerne la contaminazione della catena alimentare. Su quest’ultimo punto è giusto nutrire timori e chiedere controlli».
Di che tipo?
«Le domande da farsi sono semplici: l’ar - senico è entrato nella catena alimentare? E se sì come? Non dimentichiamo l’im - patto sui lavoratori. Si tratta dell’altro aspetto delicato su cui fare esami approfonditi. È possibile che ci siano meno tracce d’arsenico nel sangue e nelle urine dei lavoratori. Studiamo il caso in maniera approfondita: ci sono diverse ricerche su malattie e mortalità. Taranto è una città sotto la nostra lente d’ing randimento».
Con chi fare squadra?
«Esiste un accordo di programma recente siglato dall’Istituto superiore di Sanità, dalla regione Puglia, dall’Ar pa. dall’Asl. La Regione lo finanzia e prevede analisi, controlli sanitari. Credo sia lo strumento giusto per attivare i canali di ricerca che vedono il Cnr già da tempo impegnato. Noi siamo pronti. L’Istituto superiore di sanità si sta attrezzando per un protocollo di studio che tenga conto dei risultati della ricerca fatta a Gela. Si tratta di un’opportunità da cogliere. Di recente abbiamo incontrato l’Arpa pugliese. Possiamo mobilitare le nostre strutture di Lecce e Mesagne».
E le istituzioni locali?
«Siamo disponibili a mettere esperienze e competenze a disposizione. La situazione di Taranto non è positiva, ma io farei attenzione ai segnali lanciati dagli ambientalisti e dai cittadini. Le istituzioni si stanno muovendo e lo stimolo viene dal basso. Se poi ci sono protocolli di ricerca, attivati o da attivare, per realizzare quello che gli ambientalisti e i cittadini chiedono in materia di controlli siamo, allora, sulla strada giusta».
Sarebbe facile creare una rete di l avo r o ?
«La strada è segnata. La collaborazione con l’Istituto superiore di sanità e con l’Ar pa, l’accordo di programma del Cnr con la Regione Puglia sono strumenti fondamentali. Non dimentichiamo, però, i passi da muovere in alcune direzioni. C’è ancora da lavorare. Penso, per esempio, al Registro tumori».
C’è stata polemica tra Ilva e ambientalisti sui dati del registro Ines a proposito delle emissioni di arsenico in acqua...
«I dati Ines? Di solito sono sottostimati».
L’Ilva assicura: si tratta di dati fittizi. Gli ambientalisti si preoccupano, per esempio, degli oltre 1100 chili di arsenico stimati dal Gruppo Riva nel 2007 e finiti nel re gistro.
«Sì sono dati fittizi, ma non sovrastimati. Sarebbe sciocco, da parte di un’azienda, dichiarare dati più alti rispetto alle emissioni inquinanti. Però se dico, ad esempio,
che produco 1900 chili di arsenico piuttosto che 2000 cosa cambia? L’en - tità del dato è, comunque, alta. Ripeto: la questione riguarda le aziende dell’area industriale. Tutte. Non solo l’Ilva, ma anche l’Eni e la centrale Edison. L’arsenico è nel pet coke in componenti elevate, ma non solo».
Come evitare polemiche e ragionare sui fatti?
«Senza allarmare nessuno occorre progettare uno studio mirato per Taranto proprio perché il sito industriale è assai complesso. Uno studio avanzato anche rispetto a quello fatto a Gela. Nel valutare le analisi non bisogna ragionare basandosi
sulle medie. Il discorso è legato alla presenza diffusa di arsenico. Bisogna essere sicuri che al di là delle medie non ci siano, per esempio, strati della popolazione che, sia pur limitati nel numero, presentino concentrazioni altissime di arsenico nell’organismo. Dobbiamo certamente prestare attenzione alle medie, ma altrettanto dobbiamo fare con i gruppi di popolazione più sensibili e vulnerabili. Se ho un dato nella norma per un campione ampio di cittadini analizzati, ma un gruppo ristretto presenta ugualmente dati preoccupanti, dovrò fare attenzione. I pesticidi, per esempio, potrebbero determinare questi picchi di contaminazione. Oppure potrebbe essere l’ac - qua per uso agricolo. Nella ricerca bisogna muoversi in uno scenario ampio e senza preconcetti».
Come?
«Ripeto: a Taranto la realtà industriale è molto complessa, le fonti di inquinamento molteplici: bisogna cercarle tutte senza pregiudizi “ideolo - gici”. È importante che il ricercatore sia libero da pregiudizi. Prima si studia, poi si parla».
Bianchi: indagini in tutta l’area industriale
FULVIO COLUCCI
• «Le analisi? Vale la pena farle». Da buon toscano Fabrizio Bianchi parla asciutto. Il dirigente del Consiglio nazionale delle ricerche ha guidato le ricerche sull’arsenico a Gela. L’e pidemiologo dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr, ha un’idea precisa: «Sono d’accordo con la proposta del direttore dell’Ar pa Giorgio Assennato: bene fare nuovi controlli. Non si può dire, a priori, se a Taranto c’è una situazione simile a quella di Gela, ma la produzione di arsenico è molto al di sopra di quella della città siciliana. L’apparato industriale tarantino è assai complesso. Le fonti di inquinamento sono molteplici, bisogna cercarle tutte, senza pregiudizi “ideolo gici”. Il ricercatore, anzi, deve essere libero da pregiudizi. Prima studiare e poi parlare».
A caccia di arsenico anche in Puglia. Siete pronti?
«A Taranto alcune cose sono state fatte e i risultati, a proposito di arsenico, sgombrano il campo dalle preoccupazioni (il riferimento è ai rassicuranti dati Ispesl del 2007 ricavati dalle analisi sulla popolazione e sui lavoratori, ndr). I numeri recenti vanno presi come riferimento. Giusto, però, raccogliere certi segnali, quando ci sono, in uno dei siti più inquinati d’Europa. Mi riferisco alle preoccupazioni degli ambientalisti, dei cittadini, non solo per quello che riguarda le emissioni di arsenico
nell’aria e nell’acqua, ma anche per quel che concerne la contaminazione della catena alimentare. Su quest’ultimo punto è giusto nutrire timori e chiedere controlli».
Di che tipo?
«Le domande da farsi sono semplici: l’ar - senico è entrato nella catena alimentare? E se sì come? Non dimentichiamo l’im - patto sui lavoratori. Si tratta dell’altro aspetto delicato su cui fare esami approfonditi. È possibile che ci siano meno tracce d’arsenico nel sangue e nelle urine dei lavoratori. Studiamo il caso in maniera approfondita: ci sono diverse ricerche su malattie e mortalità. Taranto è una città sotto la nostra lente d’ing randimento».
Con chi fare squadra?
«Esiste un accordo di programma recente siglato dall’Istituto superiore di Sanità, dalla regione Puglia, dall’Ar pa. dall’Asl. La Regione lo finanzia e prevede analisi, controlli sanitari. Credo sia lo strumento giusto per attivare i canali di ricerca che vedono il Cnr già da tempo impegnato. Noi siamo pronti. L’Istituto superiore di sanità si sta attrezzando per un protocollo di studio che tenga conto dei risultati della ricerca fatta a Gela. Si tratta di un’opportunità da cogliere. Di recente abbiamo incontrato l’Arpa pugliese. Possiamo mobilitare le nostre strutture di Lecce e Mesagne».
E le istituzioni locali?
«Siamo disponibili a mettere esperienze e competenze a disposizione. La situazione di Taranto non è positiva, ma io farei attenzione ai segnali lanciati dagli ambientalisti e dai cittadini. Le istituzioni si stanno muovendo e lo stimolo viene dal basso. Se poi ci sono protocolli di ricerca, attivati o da attivare, per realizzare quello che gli ambientalisti e i cittadini chiedono in materia di controlli siamo, allora, sulla strada giusta».
Sarebbe facile creare una rete di l avo r o ?
«La strada è segnata. La collaborazione con l’Istituto superiore di sanità e con l’Ar pa, l’accordo di programma del Cnr con la Regione Puglia sono strumenti fondamentali. Non dimentichiamo, però, i passi da muovere in alcune direzioni. C’è ancora da lavorare. Penso, per esempio, al Registro tumori».
C’è stata polemica tra Ilva e ambientalisti sui dati del registro Ines a proposito delle emissioni di arsenico in acqua...
«I dati Ines? Di solito sono sottostimati».
L’Ilva assicura: si tratta di dati fittizi. Gli ambientalisti si preoccupano, per esempio, degli oltre 1100 chili di arsenico stimati dal Gruppo Riva nel 2007 e finiti nel re gistro.
«Sì sono dati fittizi, ma non sovrastimati. Sarebbe sciocco, da parte di un’azienda, dichiarare dati più alti rispetto alle emissioni inquinanti. Però se dico, ad esempio,
che produco 1900 chili di arsenico piuttosto che 2000 cosa cambia? L’en - tità del dato è, comunque, alta. Ripeto: la questione riguarda le aziende dell’area industriale. Tutte. Non solo l’Ilva, ma anche l’Eni e la centrale Edison. L’arsenico è nel pet coke in componenti elevate, ma non solo».
Come evitare polemiche e ragionare sui fatti?
«Senza allarmare nessuno occorre progettare uno studio mirato per Taranto proprio perché il sito industriale è assai complesso. Uno studio avanzato anche rispetto a quello fatto a Gela. Nel valutare le analisi non bisogna ragionare basandosi
sulle medie. Il discorso è legato alla presenza diffusa di arsenico. Bisogna essere sicuri che al di là delle medie non ci siano, per esempio, strati della popolazione che, sia pur limitati nel numero, presentino concentrazioni altissime di arsenico nell’organismo. Dobbiamo certamente prestare attenzione alle medie, ma altrettanto dobbiamo fare con i gruppi di popolazione più sensibili e vulnerabili. Se ho un dato nella norma per un campione ampio di cittadini analizzati, ma un gruppo ristretto presenta ugualmente dati preoccupanti, dovrò fare attenzione. I pesticidi, per esempio, potrebbero determinare questi picchi di contaminazione. Oppure potrebbe essere l’ac - qua per uso agricolo. Nella ricerca bisogna muoversi in uno scenario ampio e senza preconcetti».
Come?
«Ripeto: a Taranto la realtà industriale è molto complessa, le fonti di inquinamento molteplici: bisogna cercarle tutte senza pregiudizi “ideolo - gici”. È importante che il ricercatore sia libero da pregiudizi. Prima si studia, poi si parla».
mercoledì 12 agosto 2009
Costruiamo insieme la città
LABuat_
presenta il workshop
park-urka!
Progetto per un parco giochi temporaneo
Dieci giorni di incontri e riflessioni sulle trasformazioni dal basso, convivialità e costruzione partecipata di strutture temporanee per il gioco e l’arredo urbano.
Dall’1 al 10 settembre a Taranto, Largo San Gaetano città vecchia.
In allegato la locandina con il programma.
Info e iscrizioni +393271833402
Park-urka! È promosso dall’associazione LABuat e finanziato da Principi Attivi-Giovani idee per una Puglia migliore nell’ambito del programma regionale Bollenti Spiriti (http://bollentispiriti.martedì 11 agosto 2009
Le associazioni segnalano e (per fortuna) le istituzioni si attivano
Che sia l'effetto delle nostre (come rete di associazioni) sollecitazioni?
Vedi post precedenti:
Le segnalazioni partono sempre dagli ambientalisti!
Controlliamo la carne!
Vedi post precedenti:
Le segnalazioni partono sempre dagli ambientalisti!
Controlliamo la carne!
Puglia, un tavolo tecnico su diossina
BARI - Gli assessori regionali alle Politiche della Salute ed Agricoltura, al fine di gestire la problematica relativa alle contaminazioni da PCB e Diossine evidenziate ad oggi nelle produzioni zootecniche delle province di Taranto e Lecce, hanno costituito un tavolo tecnico-politico con il coinvolgimento delle varie strutture regionali e le Associazioni degli allevatori della Regione.
Il tavolo provvederà a coinvolgere, successivamente, gli operatori economici delle Aree industriali interessate nel tentativo di conciliare le responsabilità coi danni recati all’ambiente ed alle produzioni locali. Parallelamente proseguono i lavori del Tavolo tecnico istituito nel mese di marzo 2008 presso il Servizio Assistenza Territoriale e Prevenzione dell’Assessorato delle Politiche della Salute, con la prosecuzione del monitoraggio delle matrici ambientali ed alimentari (latte di massa prelevato negli allevamenti individuati), coi consequenziali provvedimenti di abbattimento degli animali a seguito di riscontri di non conformità; Conferma della identificazione delle aree di contaminazione ad oggi riscontrate non conformi per un raggio di circa 12 Km dall’area industriale di Taranto e di circa 5 Km dall’inceneritore di Maglie.
Infine, la proposta all’Assessore alle Politiche della Salute, alla luce della valutazione comparata dei dati finora in possesso, in conformità al principio di precauzione di cui al Reg. CE 178/02, di adozione di un provvedimento cautelare di sequestro e distruzione sistematica di tutti i fegati degli ovi-caprini degli allevamenti insistenti entro un raggio di 15 Km. Nello stesso provvedimento, prevedere , inoltre, quale misura cautelare da adottare su tutto il territorio regionale, il divieto assoluto di pascolo nelle aree incolte. Sarà inoltre attuato il monitoraggio del tessuto muscolare degli animali appartenenti agli allevamenti di cui al punto precedente.
(La Gazzetta del Mezzogiorno)
venerdì 7 agosto 2009
Taranto in masseria
QUESTA SERA SERATA SPECIALE SUL CASO TARANTO ALLA MASSERIA LOJAZZO (WWW.LOJAZZO.IT TRA VILLA CASTELLI E CEGLIE MESSAPICA).
INTERVERRANNO:
- CARLO VULPIO, AUTORE DI ROBA NOSTRA E LA CITTA' DELLE NUVOLE E PATRIZIO MAZZA DELL'OSPEDALE MOSCATI.
- SEGUIRA' UNA MOSTRA DI ARTE CONTEMPORANEA ISPIRATA AI TERRIBILI DATI STATISTICI DI TARANTO E PROVINCIA
- INFINE DIBATTITO PUBBLICO DI CHIUSURA
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