UNMILIARDOTRECENTOVENTICINQUEMILA EURO L'ANNO!!!
«Biossido di carbonio, Italia multata a causa dell'Ilva»
«L'Italia paga 42 euro al secondo di sanzione per avere sforato il limite di produzione di biossido di carbonio rispetto ai limiti imposti dal protocollo di Kyoto. Purtroppo la Puglia ha un ruolo determinante in questo». E Taranto, con i suoi impianti industriali, a partire dal centro siderurgico dell’Ilva, detiene un ruolo primario.
Questa è la denuncia di Marcello Vernola, eurodeputato (vicecapodelegazione Forza Italia-Ppe) e componente della commissione Ambiente del Parlamento Europeo, nonché relatore ombra sulla direttiva per le emissioni industriali. «Sono più di 3 milioni e 600 mila euro al giorno. Dall’1 gennaio 2008 la sanzione a carico dell’Italia è attualmente di quasi un miliardo 600 milioni di euro. L’Italia, nel 2006, aveva sforato (dati Kyoto club) di 80 milioni di tonnellate i limiti del protocollo di Kyoto e ogni tonnellata in eccesso costa 20 euro. Si teme che, in mancanza di un’inversione di tendenza, nel 2012 si possa arrivare a 128 milioni di tonnellate di sforamento. Causa principale, la dipendenza di produzione energetica da combustibili fossili e il ritardo nella produzione energetica da fonti alternative».
Ma Taranto con Brindisi cosa c'entra? Ha un ruolo primario, si è detto prima. «Nel solo arco jonico-salentino le tre aziende Brindisi Sud (è l’impianto dell’Enel - ndr), Ilva di Taranto e centrale termoelettrica di Taranto avevano prodotto nel 2007 complessivamente 35 milioni di tonnellate di CO2, costituendo il primo, secondo e terzo posto per l’inquinamento da biossido di carbonio in Italia. Brindisi sud 14 milioni e mezzo di tonnellate, Ilva 10 milioni e mezzo, centrale termoelettrica di Taranto oltre 9 milioni». Solo a Taranto, dunque, 20 milioni di tonnellate di biossido di carbonio prodotte, citando quelle due sole aziende (e ci sono anche le altre).
«Insomma - sottolinea l’eurodeputato Vernola - un gravissimo contributo, anche in termini economici, per il pagamento della sanzione viene da tre importanti realtà industriali del nostro territorio. Da qui l’urgenza di una riorganizzazione ecocompatibile, anche per quelle produzioni, come sollecito da tempo. Sul piano ambientale, continuare così è oggettivamente impossibile. Sul piano economico, quel miliardo e 600 milioni, una cifra spaventosa, letteralmente buttata in fumo dalla comunità nazionale, poteva invece essere utilizzato in altra maniera con tante necessità che abbiamo.
Fortunatamente, per l’Ilva è intervenuta la mediazione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, a ricondurre alla concretezza i termini per rispettare la norma regionale, magari giusta nel principio ma giunta dopo tanti ritardi del governo regionale e che finiva per far pagare tali ritardi all’impresa. Una norma eccessivamente onerosa, praticamente impossibile da rispettare nei tempi. Invece - conclude Vernola - servono atti concreti per una inversione di rotta non più procrastinabile».
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