sabato 7 marzo 2009

Donne e lavoro. Nel giorno della festa il ricordo del dolore.

La forza delle donne. La giornata dell'otto marzo serve anche per ricordare a tutti la particolare forza che le donne hanno dimostrato nei secoli, la loro sopportazione del dolore, anche in condizioni impossibili, la loro costanza e una specie particolare di umiltà. Viene da pensare a tutto questo guardando il volto di Franca Caliolo, vedova di un operaio morto all'ILVA di Taranto, il suo dolore si manifesta già nella fatica che fa parlando della sua tragedia familiare, "eppure devo continuare a parlarne, non solo per ricordare mio marito, ma soprattutto per i nostri figli e per i tanti giovani che non conoscono queste realtà, non sanno cosa vuol dire perdere la persona che ami e, poco dopo, venire abbandonata dalle istituzioni e dalla giustizia".
Era il 18 aprile del 2006 quando il marito moriva per un'intossicazione da gas, ma "nonostante siano passati tre anni il processo non si avvia", sottolinea con forza Franca, "so che molte altre persone sono nella mia stessa condizione, ma la giustizia, lo sappiamo bene, non serve ai morti, serve ai vivi, perché queste cose non devono capitare ancora". La solitudine, questa signora minuta la sintetizza così, "c'è la rabbia per aver perso chi ami, ma subito dopo ci si ritrova da soli con un'unica domanda: ‘e adesso che faccio?', e con la constatazione che la giustizia non scende dall'alto". La stessa percezione delle morti bianche, secondo Franca, "è una cosa un po' strana, cioè tu senti le notizie dei telegiornali, leggi gli articoli, ma contemporaneamente pensi: ‘a noi non capiterà', insomma si cerca di allontanare l'idea, è umano, è un modo di difendersi dalla paura, ma poi a volte capita e ti ritrovi che non sai più che fare". La vicenda della ThyssenKrupp di Torino, "è stata importante per sensibilizzare l'opinione pubblica", spiega Franca, "ma io vorrei che l'attenzione delle persone che lavorano nei media si rivolgesse alle tante tragedie, meno conosciute, ma che sono sparse per tutte l'Italia". In definitiva, al di là dei processi, "noi, familiari delle vittime, sappiamo che il dolore non passa, ma si evolve, il vuoto non si colma", ammonisce lei con voce calma, "non per questo bisogna ritirarsi dalla vita, cerchiamo di fare qualcosa per smuovere le coscienze, dobbiamo continuare a testimoniarlo questo dolore, per cercare di rendere più sicuri i posti di lavoro dove andranno i nostri figli e i nostri nipoti"
Danila Bellino, Articolo21

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