Testo unico, verso la manifestazione nazionale di Taranto
di Danila Bellino
“Consulterò anche le parti sociali”, è questa la promessa del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, dopo aver approvato in consiglio dei ministri il nuovo testo unico in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Adesso che si apre l’iter legislativo e le correzioni apportate passeranno all’esame della Conferenza Stato e regioni e delle commissioni competenti di Camera e Senato, la speranza del ministro è in “un consenso larghissimo, non unanime, per le solite ragioni”. Per ora, “considero il testo ancora aperto”, ha puntualizzato Sacconi, “ma qualunque modifica è dentro la delega ed è coerente coi i principi contenuti nella delega”. Ma, se da una parte il ministro ha sottolineato “la scelta di continuità”, dall’altra ha polemizzato con il testo uscito dal governo Prodi, definendolo “frettoloso, perché fu approvato in campagna elettorale, a Parlamento sciolto, con molti dubbi formali e sostanziali, nascendo da un clima di contrapposizione fra tutte le organizzazioni sindacali da una parte e tutte le organizzazioni imprenditoriali dall’altra, e non solo Confindustria, come si sente dire”. Sull’importante nodo dell’arresto, introdotto dal precedente governo, il ministro ha chiarito che “l’arresto rimane non solo come sanzione alternativa all’ammenda nei casi in cui era già prevista, ma tutto l’impianto dell’arresto resta sostanzialmente quello precedente”. In alcuni casi in cui era prevista l’alternativa arresto-ammenda, “se la violazione è solo formale ci sarà solo la parte pecuniaria e non l’alternatività”, ha spiegato Sacconi. Le sanzioni pecuniarie sono lievitate, anche per un adeguamento ai livelli d’inflazione, ma gli aumenti previsti precedentemente dal Testo unico “erano irrazionali e caratterizzati da propaganda elettorale”, ha detto Sacconi, ribadendo che il nuovo criterio è più “ragionevole”.
Ma la prima doccia fredda è arrivata dal segretario della Cgil Guglielmo Epifani, che ha stigmatizzato le modifiche come “un grave errore che la Cgil non capisce e che il paese fatica a comprendere”. Le modifiche, secondo Epifani, andavano fatte dopo “aver sperimentato le norme almeno per due anni, per verificarne l’efficacia, ma il governo ha voluto modificare il decreto”. Di queste modifiche, ha dichiarato Epifani, “che toccano profondamente molti capitoli e non solo quello delle sanzioni, non se ne sentiva assolutamente il bisogno, e la condizione della sicurezza in Italia non sente la necessità di modifiche legislative continue che fanno mancare qualsiasi certezza della norma”. Critico anche Gianni Rinaldini della Fiom-Cgil, che ha parlato di “un provvedimento inaccettabile, perché sono attenuate le sanzioni nei confronti delle imprese e si riducono le forme di controllo e prevenzione”.
Scettiche anche le associazioni che raccolgono i familiari dei morti sul lavoro, “mi sembra che venga a mancare un elemento fondamentale”, ha detto Franca Caliolo, della Rete nazionale per la sicurezza sui luoghi di lavoro, e vedova di un operaio morto all’ILVA di Taranto, “il rafforzamento dell’ispettorato; se non c’è un maggior numero di ispettori e una loro specializzazione, in modo che non siano soltanto dei burocrati, non vedo a cosa serve un impianto di pene e sanzioni”. Già nei giorni scorsi, ha ricordatola Caliolo, “le dichiarazioni di Sacconi avevano fatto prevedere un ammorbidimento in questo senso, portando avanti le ragioni della crisi, della perdita dei posti di lavoro, degli ulteriori danni da arrecare alle imprese”. Con estremo senso della sintesi la Caliolo ha spiegato “se io sono ubriaca e mi metto al volante su una strada pedonale e ammazzo un pedone, è omicidio volontario, non vedo perché non debba essere così anche per le morti in fabbrica; quel testo andava completato e non tagliuzzato, modificato, perché se una legge è già approvata deve andare avanti”. Scetticismo viene espresso anche da Legami d’acciao, l’associazione che riunisce i familiari delle vittime e gli ex operai delle acciaierie Thyssenkrupp, “se guardiamo bene la legge era già nata da un estremo tentativo di mediazione fra molte posizioni e comunque dava fastidio al padronato”, ha dichiarato Ciro Argentino, ex operaio della ThyssenKrupp, aggiungendo che, “se mettiamo in conto poi che l’applicazione della legge non c’è stata da nessuna parte, allora capiamo perché si è cominciato a parlare di modifica, di chiarificazione della normativa, si è preferito annacquare la legge piuttosto che applicarla”. Il diciotto del prossimo mese, ha anticipato Argentino, “ci sarà una grande manifestazione a Taranto, proprio per invocare e rilanciare certe cose dette nel testo della legge, in difesa dei luoghi di lavoro e per stabilire un punto importante: non ci può essere una giustizia a doppio binario, quello del cittadino e quello dell’imprenditore, l’applicazione della giustizia deve essere uguale per tutti e noi speriamo che proprio il processo avviato contro la ThyssenKrupp lo dimostri finalmente anche in un paese come il nostro” (Articolo21)
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