Un centinaio di lavoratori dello stabilimento dell’Ilva di Taranto è stato collocato in cassa integrazione ordinaria senza alcun preavviso. Lo denuncia la Fiom Cigl di Taranto. “Questa mattina – è detto in una nota – si sono visti negare l’ingresso allo stabilimento in quanto il badge risultava disabilitato, per effetto della collocazione in cassa integrazione ordinaria, mentre molti altri lavoratori sono entrati regolarmente in fabbrica ma si sono visti rifiutare il loro inizio lavoro all’interno dei reparti”. La direzione dell’Ilva, riferisce la Fiom, ha poi spiegato che non avendo potuto inviare per tempo la comunicazione scritta, ha in questo modo ovviato consegnando a mano il provvedimento con effetto retroattivo a partire dall’inizio del turno di lavoro, cioè dalle ore 7 di oggi. “Le rappresentanze sindacali unitarie e l’esecutivo di Fabbrica della Fiom – conclude il comunicato – stigmatizzano il grave comportamento della direzione dell’Ilva che, in un momento così difficile per la vita dei lavoratori a causa della crisi in atto, pretende di scaricare totalmente sui lavoratori le conseguenze della crisi, anche superando le norme previste per la gestione della cassa integrazione ordinaria”. Circa quattromila dipendenti dello stabilimento siderurgico tarantino, un quarto del totale, è attualmente in cassa integrazione. (La Gazzetta del Mezzogiorno)
Comincia da oggi per un primo gruppo di dipendenti Ilva la seconda fase di cassa integrazione. Gli esuberi, 4mila in tutto, raggiungeranno il tetto massimo nei prossimi giorni. Il periodo di «cassa», previsto dall’accordo firmato mercoledì scorso dal Gruppo Riva e dal sindacato Fim Cisl, è di tredici settimane: si concluderà, quindi, il primo giugno. L’Ilva ha annunciato l’ulteriore ricorso alla cassa integrazione agli inizi della scorsa settimana. E’ stato il vicepresidente del Gruppo, Fabio Riva, durante la riunione a Milano nella sede di Federacciai, a confermare il provvedimento iscrivendolo nella generale tendenza negativa figlia della recessione. La produzione dello stabilimento siderurgico calerà del 50 per cento nel 2009. Non è escluso il ricorso a nuovi provvedimenti di cassa integrazione vista l’incertezza sui tempi di uscita dalla crisi.
Altro dato preoccupante: lo stop imposto dalla crisi alla verticalizzazione del prodotto. L’Ilva stava investendo per superare la fase dei semilavorati e offrire così al mercato degli utilizzatori (fabbriche di autoveicoli, di elettrodomestici, ecc.) solo prodotti finiti. Questo avrebbe consentito, superata la crisi, di riassorbire più velocemente gli esuberi generati dalla fase recessiva nelle attività di completamento dei prodotti. La crisi ha tarpato le ali agli investimenti e ora si teme che, in futuro, al di là del momento difficile, sarà comunque più arduo riprendere la strada di politiche occupazionali espansive. Unica nota positiva dell’incontro di Milano è stata la conferma, da parte di Riva, degli investimenti in materia ambientale e la fase avanzata dei lavori di costruzione dell’impianto Urea che servirà all’abbattimento delle emissioni di diossina a partire da giugno.
L’intesa sulla cassa integrazione non è stata siglata dagli altri due sindacati dei metalmeccanici: Fiom Cgil e Uilm Uil. La Fiom contesta i termini dell’accordo soprattutto nella parte salariale, chiedendo per i lavoratori in esubero un trattamento economico integrativo che permetta loro di contenere le perdite in busta paga dovute al periodo di cassa integrazione. La Fiom insiste perché questo contributo non sia una tantum ma mensile, cioè finché l’azienda ricorrerà all’ammortizzatore sociale. Il sindacato guidato da Franco Fiusco chiede anche l’assunzione di tutti i lavoratori interinali anche se sul punto Fim Cisl e Uilm Uil hanno polemizzato, rivendicando a sé la difesa dei precari, operai senza tutele i quali vengono già licenziati a centinaia alla scadenza del contratto per le difficoltà legate alla crisi dell’acciaio.
La Uilm, invece, non è contraria all’accordo di mercoledì scorso, ma lo ritiene incompleto dal punto di vista economico e per questo non lo ha firmato. Il segretario Rocco Palombella giudica positivamente la riduzione del numero di cassintegrati (da 5mila 100 circa a 4mila), così come il riconoscimento del rateo di tredicesima piuttosto che il periodo di formazione professionale per i lavoratori in esubero. La Uilm vuole però legare l’accordo sulla «cassa » alla partita del contratto integrativo di cui azienda e sindacati discuteranno venerdì prossimo a Roma. In quella sede sarà chiesta un’altra integrazione salariale una tantum in favore dei dipendenti in esubero così come fu proposto con successo a dicembre quando Gruppo Riva, Fiom, Fim e Uilm firmarono il primo accordo sulla «cassa». Accolta la richiesta, la Uilm ha già annunciato la sua firma in calce all’intesa. Le polemiche sullo strappo consumatosi mercoledì scorso al tavolo della trattativa fra le sigle sindacali sono esplose in maniera virulenta.
La Fim e la Uilm, per quanto divise formalmente dalla firma in calce all’intesa col Gruppo Riva, hanno attaccato la Fiom: «E’ contro i precari - hanno spiegato i segretari della Fim Giuseppe Lazzaro e della Uilm Rocco Palombella - perché vuol farli licenziare ». «Falso - ha replicato il segretario della Fiom Franco Fiusco - perché noi vogliamo, invece, l’assunzione di tutti i lavoratori interinali: solo così avrebbero le tutele previste dal contratto siderurgico». La spaccatura, apparentemente insanabile, ha vissuto sabato un nuovo capitolo. Il segretario della Uilm, Rocco Palombella, ha proposto alla Fiom Cgil un referendum: chiedere ai lavoratori se a loro giudizio l’accordo va bene o se non è piuttosto preferibile l’intesa firmata da tutti e tre i sindacati dei metalmeccanici nello stabilimento Ilva di Genova e ritenuta dalla Fiom migliore di quella raggiunta a Taranto. (La Gazzetta del Mezzogiorno)
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