giovedì 30 aprile 2015

Che programma!!

Concerto primo maggio Taranto 2015, il programma: da Caparezza ai Subsonica passando per i Marlene Kuntz

Non vorremmo essere nei panni degli organizzatori del Concertone del Primo Maggio di Piazza San Giovanni a Roma, quest’anno. Visto il cast messo insieme per il fu “megaconcerto”, storicamente trasmesso dai canali Rai, difficile pensare a come potrebbero mai definire “sagra paesana” il loro corrispettivo tarantino, giunto alla terza edizione. La storia la conoscete già. Vista la china vagamente imbarazzante presa negli ultimi anni dall’evento organizzato dalla triade dei sindacati, in quel di Taranto, città che col lavoro ha un legame decisamente doloroso e spinoso, si è deciso, tre anni fa, di mettere in piedi un contro-concerto, anche se la parola “contro”, giustamente, nessuno l’ha mai usata. Un evento atto a accendere ulteriori riflettori su un territorio martoriato dai ben noti disastri dell’Ilva, il tutto in una regione, la Puglia, che ultimamente è diventata la nostra California, cuore pulsante delle sette note, vero e proprio ricettacolo di Festival e eventi musicali. Come reazione, appunto, gli organizzatori del Concerto di Roma definirono il Primo Maggio tarantino come una “sagra paesana”, alla faccia della solidarietà coi lavoratori.
Il primo concerto di Taranto, però, è stato un successo, e così il secondo. Ora viene presentato il cartellone, ancora provvisorio, del terzo, e va detto che i nomi coinvolti in qualche modo fanno sembrare il corrispettivo di Roma non tanto come una sagra paesana, così non potrebbe mai essere viste le forze in campo, quanto piuttosto come una puntata riesumata del Festivalbar. Come dire, voi avete il mainstream, Emis Killa e Bluevertigo (questa in effetti una chicca), con anche nomi assai apprezzabili come Ruggeri o Nesli, col corredo di folklore dato dal solito Bregovic e da Enzo Avitabile, a Taranto ci sono i veri pezzi da novanta della musica alternativa, quelli che, a ben vedere, più attirano il pubblico che storicamente andava a riempire in ogni ordine di posto Piazza San Giovanni, nella capitale. Davvero tanta roba.
Qualche nome? Tutti i nomi. Officina Zoè, Bestierare, Iosonouncane, appena uscito con un album di cui si parlerà parecchio, Velvet, Ilaria Gtraziano & Francesco Forni, altri due artisti da tenere assolutamente d’occhio, Fido Guido, LNRIpley, Brunori SAS, Diodato, Bud Spencer Blues Explosion, Francesco Baccini, Roy Paci & Aretuska, Subsonica, Marlene Kuntz, Nobraino e Caparezza. Direzione artistica di Michele Riondino, assistito da Roy Paci, presentano Andrea Rivera, la tarantina Mietta, Valentina Petrini e Valentina Correani. Probabilmente nel cast anche Nina Zilli, Mannarino e altri.
Ma siccome il Primo Maggio di Taranto non è solo un concerto, ma un evento dichiaratamente di rottura, una presa di posizione atta a mettere al centro dell’attenzione una città ferita a morte, Taranto, molto attesi sono anche l’intervento del direttore Marco Travaglio, così come quello del sindaco di Messina Renato Accorinti, del giornalista di Piazzapulita Gaetano Pecoraro, di Don Palmiro Prisutto e Gianpaolo Cassese, previsti nel corso della mattinata del Primo Maggio all’interno di una tavola rotonda organizzata presso il Parco Archeologico delle Mura Greche della città pugliese. Caparezza, Subsonica e Marlene Kuntz, quindi, con tutti gli altri nomi in cartellone, faranno festa con tutti i lavoratori e i disoccupati che accorreranno a Taranto il Primo Maggio, per essere una sagra di paese hanno davvero messo su un bel circo. (FQ)

mercoledì 29 aprile 2015

Galletti, il ministro dei potenti

L'ambiente è scomparso


Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente in carica dal Renzi I, è tra i membri meno attivi dell’esecutivo. Pochi progetti di legge e almeno uno sponsor elettorale dubbio. Intervistato da Ae sui criteri di nomina della commissione VIA (guarda qui il video) annuncia imminenti riforme, che tardano a prendere forma. 



Dov’è finito il ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare?
Ripercorrendo le cronache di quest’anno e tre mesi di governo Renzi è una domanda spontanea. Soprattutto perché di “ambiente” questo esecutivo se ne è occupato -basti pensare alla legge “Sblocca-Italia” (cui abbiamo dedicato il libro “Rottama Italia”, 12 euro, 2015) e ai suoi effetti deleteri, o all’irrisolta questione dell’Ilva di Taranto-. 
Il titolare del dicastero si chiama Gian Luca Galletti, commercialista bolognese, già sottosegretario all’Istruzione durante il governo Letta e rappresentante, all’epoca della nomina, l’Unione di centro, divenuta poi Area Popolare. Su 102 progetti di legge di “iniziativa governativa” presentati dal 22 febbraio 2014 -data di nascita del “Renzi I”- ad oggi (Ae va in stampa il 20 aprile 2015), solo quattro -di cui uno peraltro tecnicamente “decaduto”- l’hanno visto in qualità di “primo firmatario”. Alla voce “Interventi su Disegni di legge”, invece, si conta una sola istanza, nel settembre 2014. Non che l’attivismo di un ministro debba ridursi all’iniziativa legislativa per decreto, anzi, ma che il ruolo ricoperto da Galletti sia attualmente condotto quanto meno sotto tono è pacifico. Chi ha provato a stimolarne una reazione è stata, insieme ad altri 14 colleghi parlamentari, l’onorevole Federica Daga (Movimento 5 Stelle) che l’8 aprile scorso ha depositato un esposto all’attenzione, tra gli altri, del procuratore capo della Procura di Roma, Giuseppe Pignatone e del presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, contenente  una serie di documentate segnalazioni riguardanti potenziali conflitti di interessi di alcuni componenti della Commissione nazionale valutazione d’impatto ambientale (VIA) in seno al ministero. Istituita nel 2007 e dal mandato triennale, la commisssione VIA è chiamata a valutare gli impatti di opere strategiche per il Paese e a monitorare l’effettiva “affidabilità” di chi le realizza alla luce delle prescrizioni (economiche o progettuali) impartite. Scorrendo le pagine dell’esposto si apprende però che -solo per il periodo compreso tra il 1989 e il 2000- “per 100 delle 175 opere realizzate e analizzate, il ministero (dell’Ambiente, ndr) ha ammesso di non conoscere l’esito delle prescrizioni ad oltre 13 anni di distanza dall’autorizzazione [...]. Complessivamente su 1.694 prescrizioni impartite, ne risultano ottemperate con certezza 539”. Tra i 50 “tecnici” che in questo momento stanno valutando con terzietà e competenza le 231 procedure “in corso” di VIA (5 pratiche relative ad aeroporti, 2 impianti chimici, 5 impianti eolici off-shore, 1 raffineria, 25 pozzi per la ricerca di idrocarburi, 1 rigassificatore e così via, dati del ministero dell’Ambiente al 20 aprile 2015, minambiente.it) ci sarebbero commissari che sono contemporaneamente soci di importanti società di progettazione, talvolta consorziate ad esempio con Anas, una società tra quelle sottoposte a procedure di VIA. L’esposto ha preso la forma di interpellanza parlamentare, il 16 aprile scorso, rivolta direttamente a Galletti.  Intervistato il giorno seguente e sullo stesso punto da Altreconomia, il ministro Galletti non ha di fatto smentito l’esistenza di un “problema” all’interno della Commissione VIA -peraltro scaduta da un anno-, annunciando infatti l’imminente pubblicazione del “bando per la selezione dei componenti della commissione per la valutazione d’impatto ambientale”. “Per la prima volta -ha detto il ministro- ci saranno una serie di incompatibilità e di requisiti richiesti per farne parte”.
Annunci a parte, quel che resta sul tavolo è interrogarsi sull’eredità di un sistema che fino ad oggi non ha evidentemente funzionato. O l’ha fatto secondo logiche diverse dal principio immaginato. È credibile una sospensione delle opere valutate precedentemente dai soggetti potenzialmente interessati da un conflitto di interesse?, abbiamo chiesto a Galletti. “No, non abbiamo neanche avuto richieste di tal genere, neanche dal dottor Cantone -ha risposto-. E comunque non avremmo lo strumento per poterlo fare”. Nessuna moratoria, dunque, nemmeno dopo le inchieste giudiziarie (una su tutte “Sistema”, che ha riguardato l’ex dirigente del ministero delle Infrastrutture Ercole Incalza) che hanno dimostrato la fisiologica stortura della filiera delle “grandi opere”.


“Io non voglio mettere l’ambiente contro le grandi opere -ebbe a dire Galletti ospite a La7 nel novembre 2014-. Io sono disponibile a fare le grandi opere se queste non hanno un impatto sull’ambiente. E ho degli elementi per verificarlo: le valutazioni di impatto ambientali”. Ecco, a pochi mesi di distanza, i dati raccolti nell’esposto, che il ministro non ha smentito, l’hanno contraddetto. Ma decisioni conseguenti, anche retroattive, non sono in agenda. Tra i poteri del ministro ci sarebbe, ad esempio, la destituzione dei commissari più “compromessi”, come già accaduto quando in via Cristoforo Colombo era insediato Andrea Orlando, poi traslocato al ministero della Giustizia. Gualtiero Bellomo, già membro della commissione di VIA-VAS (valutazione ambientale strategica), venne infatti “sospeso” per sei mesi a seguito di una manifesta “inopportunità” sorta dopo il suo coinvolgimento nell’inchiesta sul Tav di Firenze. Questo strumento, però, sembra non interessare al momento al ministro Galletti.
Anche la struttura del ministero merita uno sguardo. L’ufficio legislativo, che tra le altre cose “coordina e definisce gli schemi dei provvedimenti normativi promossi dal ministro” ed “esprime parere sui problemi giuridici, sull’attività amministrativa di particolare rilevanza per il ministero e su ogni altro affare che il ministro ritenga di affidargli”, è coordinato -per decreto di Galletti del 15 aprile 2014-  dal magistrato amministrativo Alfredo Storto, già capo dell’identica struttura presso il ministero per la Pubblica amministrazione e la semplificazione. Storto anima ancora oggi il comitato scientifico della fondazione Magna Carta -che fa capo al senatore Gaetano Quagliariello (vedi Ae 141, settembre 2012)- in materia di “riforma della giustizia”. Tra i soci fondatori di Magna Carta, però, c’è il colosso Erg -attiva dall’eolico al termoelettrico-, i costruttori di Salcef Spa -che sul suo sito ha una sezione dedicata alle “grandi opere”-, e la Securfin Holdings Spa -di Letizia e Gianmarco Moratti-.

Il capitolo finale riguarda l’Ilva di Taranto e un dettaglio poco conosciuto che coinvolge personalmente anche il ministro dell’Ambiente. Nella “dichiarazione delle spese sostenute e delle obbligazioni assunte per la propaganda elettorale” pubblicata dall’allora parlamentare Gian Luca Galletti erano stati indicati due “contributi” di 30mila e 20mila euro da parte rispettivamente dalla Simbuleia spa e dalla S.E.C.I. spa, entrambe con sede a Bologna. 
La prima -che si occupa per statuto di “servizi amministrativi, contabili e finanziari”- è detenuta dalla una fiduciaria (Euromobiliare Fiduciaria spa) e in minima parte da Romano Conti, commercialista bolognese che risulta tra i fondatori -insieme a Piero Gnudi- dello Studio Gnudi e Associati.
Lo stesso Gnudi, già ministro nel governo Monti,  che nell’estate 2014 verrà nominato dal governo Renzi “commissario straordinario per la Ilva Spa”. La seconda è la holding del Gruppo Industriale Maccaferri, gigante che spazia dall’ingegneria ambientale -Officine Maccaferri, che conta impianti dotati dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) riconosciuta dal ministero dell’Ambiente- all’energia, dal tabacco -Manifatture Sigaro Toscano Spa- all’agroindustria e zuccherifici -Eridania-.
(Altreconomia)

martedì 28 aprile 2015

Il Comitato sta con i 21!

Taranto: l’appello unitario degli imputati processo “Discariche Italcave”

Martedì 5 Maggio inizierà il processo “Discariche Italcave” a carico di 21 fra attivisti dei movimenti e cittadini solidali che nel 2011 presidiarono la discarica Italcave di Statte, in provincia di Taranto, allo scopo di impedire ai camion che provenivano dalla Campania di scaricare rifiuti tossici e pericolosi, contrabbandati come ecoballe.
Il 5 maggio alle ore 9:00 dinanzi al tribunale di Taranto si terrà il presidio in solidarietà ai 21 cittadini imputati nel processo “Discariche Italcave” Statte (Ta).
Di seguito l’appello unitario degli imputati del processo “Discarica Italcave”
Nuovamente, la stretta giudiziaria colpisce chi, a viso aperto, contrasta la scelleratezza di un sistema complice e corrotto. Nuovamente, cittadini singoli o appartenenti a strutture autorganizzate finiscono nel mirino della procura di Taranto che non fa sconti e che si rende partecipe, da più di 50 anni a questa parte, dei silenti mutismi che hanno portato questa città e le sue provincie ad uno stato catatonico, dove inquinanti cancerogeni di tutti i tipi attraversano i nostri corpi ed evidenziano le paure più profonde.
Nel lontano 2011, nei giorni dell’ennesima emergenza dei rifiuti all’ombra del Vesuvio, la Regione Puglia, agli ordini di Vendola, pensò bene di farsi carico dell’urgenza, dando così un segnale di «forte solidarietà» alla popolazione campana. Ovviamente, visto che Taranto è la pattumiera di Italia, si scelse la nostra città come sito per smaltire il tutto.
A fronte di questa scelta, alcuni cittadini di Taranto e provincia, sospettando irregolarità circa il conferimento e la natura dei rifiuti, decisero di presidiare la discarica Italcave di Statte (pronta ad accogliere l’avanzo) e di bloccare dei camion da cui scorreva percolato, pretendendone i controlli: le analisi ne comprovarono la non conformità costringendo i mezzi a tornare da dove erano venuti.
Per 21 di questi cittadini martedì 5 Maggio inizierà un processo penale per interruzione di pubblico servizio.
La verità, che non si palesava, nascondeva dietro di se, a parte scie chilometriche di liquidi tossici (come poi dimostrato anche da analisi private effettuate dai dimostranti a spese proprie), il dato di fatto che i rifiuti arrivati in terra ionica non erano gli RSU rimasti per le strade napoletane, bensì i rifiuti speciali e le ecoballe stoccate nelle discariche temporanee campane da tempo immemore.
I cittadini, in presidio da giorni dinanzi ad Italcave S.p.A., chiedevano, in tanti e con voce unica, il fermo di quei camion e la verifica – alla presenza di una delegazione pubblica – del contenuto degli stessi. Sussistevano, infatti, evidenti criticità: i camion perdevano percolato, il protocollo di intesa prevedeva camion completamente sigillati mentre innanzi ai nostri occhi arrivavano camion telonati che emanavano odori immondi. Di conseguenza, sembrava assolutamente impossibile che quei mezzi potessero aver subito (come previsto dal protocollo) controlli serrati prima di partire ma, se così fosse, il tutto risulterebbe ancora più inquietante.
Insomma, i tanti cittadini che parteciparono a quelle giornate erano convinti della giustezza delle loro azioni e diffidenti rispetto ad un panorama politico calato su un territorio completamente privo di controlli reali ed istituzionali, date le evidenti ed oggettive falle del sistema di tutela della salute (il processo ambiente svenduto dimostra la collusione tra politica, impresa, sindacati ed enti preposti ai controlli).
AVEVAMO RAGIONE.
Ci toccherà, quindi, come cittadini tutti, difenderci pubblicamente ribadendo la giustezza dell’azione effettuata, perché solo in questo modo si potranno ristabilire le regole di un gioco che per gli abitanti di questa città è diventato pericoloso in quanto devastante per la salute e l’ambiente.
È necessario rimettere al centro della vita pubblica la responsabilità che ogni cittadino ha nei confronti di se stesso e dell’altro, poter scegliere collettivamente per il bene pubblico partecipando senza delega, IN PRIMA PERSONA E SENZA SOTTERFUGI SILENZIOSI.
COME IMPUTATI CHIEDIAMO a tutti di poter intervenire in due modi:
  • ADERENDO ALLA CAMPAGNA #Iostoconi21, FIRMANDO E DIVULGANDO L’APPELLO, COSTRUENDO INIZIATIVE DI DENUNCIA IN SOLIDARIETÀ AI 21, al fine di assumersi la responsabilità di ciò che accade, impunemente, sulle nostre teste, constatato che il problema discariche, così come l’inquinamento ambientale e la contiguità delle Istituzioni col malaffare, vessa non solo chi ha compreso il sistema ma la collettività tutta.
  • PARTECIPANDO AL PRESIDIO CHE SI TERRÀ MARTEDÌ 5 MAGGIO ALLE ORE 9:00 DINANZI AL TRIBUNALE DI TARANTO, per solidarizzare concretamente con i 21 imputati, per non lasciarli soli ad affrontare questioni che riguardano tutta la collettività, sia da un punto di vista economico che da un punto di vista etico e sociale.
Una comunità va costruita in seno alla rottura che essa stabilirà con i poteri forti, gli stessi che ne detengono il monopolio politico e speculano sul nostro futuro, relegandoci, con arroganza, nel buio della storia.
NULLA VA DIMENTICATO TUTTO VA COSTRUITO.
L’assemblea degli imputati #Iostoconi21
Per aderire all’appello scrivere “aderisco alla campagna #iostoconi21″ all’indirizzo e-mail radiocasebianchetaranto@gmail.com oppure tramite un messaggio privato alla pagina fb #Iostoconi21

Forza e responsabilità

Il grido di Rita, malata di cancro: lotto per una Taranto migliore

«Anziché rischiare di perdere la vita per un tumore, preferirei non avere un lavoro e morire di fame...». Massimo Russo, 44 anni, operaio dell’Ilva, è sposato con Rita Corvace. Sua moglie, trentottenne, convive dal 24 maggio 2013 con un cancro al seno, «provocato da inquinamento atmosferico, come accertato da un’indagine medica alla quale mi sono sottoposta». Il carcinoma duttale infiltrante, in stato avanzato e minaccioso per i polmoni, è stato «combattuto» con due interventi a distanza di un mese l’uno dall’altro, rispettivamente in mastectomia ed in quadrantectomia, «che mi hanno asportato completamente la mammella destra e parzialmente la sinistra. In seguito - ricorda Rita - ho rischiato di contrarre una leucemia fulminante a causa del blocco del midollo osseo, come uno degli effetti collaterali della chemio che, in un anno di mezzo, per 30 cicli, mi ha tolto i capelli, le unghia, le ciglia e la mia personalità, sino ad indurmi in stato di anoressia e depressione».

Il calvario di Rita è stato appesantito dall’isterectomia, «il terzo intervento che ho subìto e con il quale mi hanno asportato l’utero, le ovaie e le tube di Falloppio». Ma la mamma casalinga sopravvive alla malattia. Vive combattendo quotidianamente. Lo ha fatto anche ieri, giorno del diciannovesimo anniversario di matrimonio con Massimo, quando si è sottoposta alla Pet che tra una settimana dirà se il cancro è stato sconfitto o se nel suo corpo ci sono attività cellulari sospette.
«Se tutto va bene - dice Rita - potrò considerarmi guarita dal male, anche se nella mia vita resterò in allerta, come mi ricorda il farmaco antitumorale, il Tamoxifene ». Tale terapia ormonale riduce il rischio che la malattia torni dopo l'intervento e l'eventuale chemioterapia, abbassando del 40 per cento la probabilità che si sviluppi un nuovo tumore nell'altro seno.

Dati recenti hanno dimostrato che l'effetto protettivo di questa cura si protrae a lungo. Per le donne che l'hanno seguita regolarmente, per cinque anni il rischio di morire di tumore al seno nei 15 anni successivi è inferiore di un terzo rispetto a coloro che non si sono sottoposte al trattamento.

Indipendentemente dalla rassicurazioni farmacologiche, Rita nei due anni di malattia e cure invasive ha visto cementare dentro se l’ottimismo, «perché ho imparato a convivere con la paura. Il tumore mi ha fatto capire ancora di più quanto è preziosa la vita. Io la difendo ogni giorno, soprattutto per il bene di Massimo e di Doriana e Francesco, i miei figli».
I giorni duri ma vivi all’ospedale «Moscati» di Taranto sono racchiusi nei ricordi di Rita: «Ho conosciuto un’equipe sanitaria stupenda, con il primario di oncologia Salvatore Pisconti in testa, che mi ha dato sempre supporto, medico e psicologico, nonostante le difficili condizioni in cui è costretta ad operare. E devo dire che l’asta con i farmaci della chemioterapia, l’albero di Natale, come la chiamo io, un po’ mi manca...».

Se questa struttura a Nord del capoluogo jonico negli ultimi anni è migliorata a livello organizzativo, il grazie va dato anche a Massimo, marito di Rita, che ha denunciato le cattive condizioni in cui si operava. «Un esempio su tutti - ricorda Russo - era la chemioterapia fatta da una novantina di persone contemporaneamente. Uno scandalo per una città civile come Taranto. Qui la politica pensa a realizzare un mega polo oncologico nuovo di zecca: perché non ci si adopera invece per rafforzare le strutture esistenti, supportando la buona sanità che lavora ogni giorno?».
Russo è uno dei membri del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, che nell’estate rovente dell’acciaieria più grande d’Europa, nel 2002, nacque spontaneamente «per rompere l’inerzia cittadina e provare a combattere il velenoso sistema-Ilva. Noi siamo per la chiusura di ogni fonte inquinante e per la riconversione industriale di Taranto».
Se tornasse indietro Massimo, ex sindacalista Fiom, ammette che non andrebbe a lavorare nel colosso siderurgico, «perché ora mi sento in colpa, visto che questa industria ha provocato molte morti, ultima quella di un amico di 45 anni. Ho visto mia moglie soffrire, rischiare la vita, ora temo per i miei figli. Spetta a noi tarantini provare a cambiare le cose, lottando per dare loro un futuro».
L’1 maggio prossimo il Comitato Libero e Pensante promuoverà la terza edizione della Festa dei lavoratori.
La discussione ed il concertone con big della musica indipendente, in stile Piazza San Giovanni, verterà sul tema «Giustizia». L’evento si terrà al Parco delle Mura Greche, sul cui palco l’anno scorso ci salì Rita Corvace. «Parlai di come ti cambia la vita quando contrai un tumore. Di come si convive con il male, di come è dura resistere nella tua città, segnata da una politica miope e dalla mancanza di coesione civile. Ma Taranto io e la mia famiglia la amiamo e crediamo che, lottando, potremo contribuire al suo cambiamento. Ovvero una quotidianità senza inquinamento ». Un anno dopo l’eco della sua testimonianza resta viva ed attuale. (GdM)

lunedì 27 aprile 2015

Direttamente dal mercatino della Salinella

http://macchineutensili.gruppoilva.com/

In vendita macchinari Ilva. Solo mezzi inutilizzati, ma è allarme tra gli operai

L'Ilva mette in vendita le macchine utensili che non utilizza più nel ciclo produttivo. La notizia è apparsa sul sito dell'azienda e nella serata di ieri è stata rilanciata dai sindacalisti sui social network e su whatsapp destando molte preoccupazioni. Sarebbe la prima volta, infatti, che l'azienda, che dallo scorso 21 gennaio è in amministrazione straordinaria con la legge Marzano, ricorre alla vendita dei propri beni strumentali. Una mossa che i sindacalisti hanno interpretato come un ulteriore segnale delle difficoltà finanziarie attraversate dall'Ilva.
Nella comunicazione apparsa sul sito si parla di 61 macchine utensili disponibili tra alesatrici, calandre, fresatrici, cesoie, gruette a bandiera, induttori magnetici, molatrici, idropulitrici ad alta pressione, presse piegatrici, torni, trapani ed altro ancora. Si tratta ovviamente di macchine di grandi dimensioni per uso industriale, che arrivano a un peso anche di 6-7 tonnellate. Di ciascun impianto è indicata la marca, si può visionare lo stato attraverso una foto ed è indicato soprattutto se è funzionante o non funzionante ripristinabile.
L'Ilva nel sito specifica che le macchine in vendita sono tutte nello stabilimento di Taranto, indica la procedura da seguire per conoscerne il prezzo, per fissare un appuntamento per vederle direttamente e puntualizza che la vendita può avvenire solo a imprese specializzate nella riparazione o demolizione. «Non è certo un bell'annuncio e domani mattina (oggi per chi legge, ndr) cercheremo di capire dall'Ilva quello che sta avvenendo», dice Vincenzo Castronuovo della Fim Cisl di Taranto.
«A due giorni dal mancato pagamento della festività del 25 Aprile, slittato a gennaio per motivi di liquidità - prosegue il sindacalista - i lavoratori si stanno chiedendo cosa stia davvero accadendo. L'incertezza è grande e se l'Ilva, come temiamo, ricorre anche a queste vendite per fare un po’ di cassa vuol dire che sta messa male. E allora che succederà più avanti? Lo stipendio di aprile il 12 maggio ci sarà pagato?». (GdM)

I rischi dell'alternatività. Resistete!

1° Maggio, Riondino denuncia: «la città non collabora. A rischio le prossime edizioni»

Taranto sarà protagonista di un evento di portata nazionale, «nonostante il disinteresse dei tarantini». Il Comitato Cittadini Liberi e Pensanti, che da anni si spende per una riconversione industriale e mentale del territorio, ancora una volta denuncia la scarsa partecipazione della città ad un evento che è parte della storia di Taranto. “Io non delego, partecipo”, è infatti sempre stato lo slogan del Comitato, convinto del fatto che solo partendo dalla buona volontà di ognuno di noi, e senza assoggettarsi alle imposizioni calate dell'alto, sia possibile il cambiamento. Eppure, si è ancora costretti ad assistere, con enorme dispiacere, all'inerzia di molti tarantini. «Diversi commercianti ci hanno sbattuto le porte in faccia quando abbiamo chiesto di sostenerci ed abbiamo avuto parecchie difficoltà a reperire risorse per la buona riuscita dell'evento. - dichiara Michele Riondino- A Roma ci temono, ormai il confronto è inevitabile considerata la forte attenzione che ci viene riservata dai media nazionali, eppure la città è distante. Il concerto del Primo maggio tarantino, è più sentito in altre zone d'Italia che qui a Taranto. Per noi questa è una sconfitta».
Nei giorni scorsi, l'Apecar del Comitato ha girato per le vie della città, e chiesto un contributo ai negozianti, molti dei quali hanno rifiutato di sostenere l'iniziativa del Comitato, «adducendo anche scuse molto banali». Alla stessa maniera, «gran parte degli alberghi non ci ha dato una mano per ospitare gli artisti». Ma a fronte di commercianti e albergatori indisposti nei confronti dell'iniziativa, fortunatamente ce ne sono tanti altri che non hanno fatto mancare il loro forte appoggio. (Tra questi: Artigli, abbigliamento, Bar Woodstock, Bar Plateja, Bazar di Carletto, Caramello, Clima Servizi, Equilibrio, abbigliamento, Meu Pai pub, Nadir cancelleria, Parrucchiere per Uomo by Ivan Tursi, Physio Medical Center, Salumi e Formaggi di Grazia e Mimmo, Shopping Vogue, Stazione di servizio Erg sulla SS106, Tarallucci e Vino, Seven Cafè. Ed ancora Park Hotel, Ristorante Amici miei, Al canale, Hotel Akropolis, Associazione b&b terra di Sparta, Castello spagnolo, ristorante Chiacchiere & straccetti, Conte ristorante, Fratelli pesce, Giando, Hotel Europa, il Braciere, il Ghiribizzo, la Pignata, Pizza town, Royal bar, Santa Caterina, e Sud food & Music. Infine si ringrazia Antonio Genga per la strumentazione musicale messa a disposizione dal suo negozio a Crispiano).
Il Primo Maggio, come più volte ripetuto, è un evento autofinanziato ed indipendente, senza alcun sostegno di istituzioni o privati. Il comitato fa infatti leva sulla vendita di vino e magliette e sulle libere offerte dei cittadini. «A differenza del concertone del Primo Maggio romano che gode del finanziamento delle tre sigle sindacali e di aziende quali l'Eni, noi non accettiamo sponsor perché vogliamo dimostrare alla città che i soldi dell'industria non sono indispensabili. - dicono i Liberi e Pensanti- Rifiutare i soldi Eni ci da la possibilità di reinventarci e proporre nuove soluzioni per Taranto. Il concerto del Primo maggio, che riesce a far giungere in città centinaia di migliaia di turisti, provenienti da tutta Italia (persino da Roma!!), ne è un esempio. Vogliamo che la città cominci a pensare a questa festa come ad una possibilità di rinascita».
Il direttore artistico del concerto di Roma ha proposto a Riondino un gemellaggio tra i due eventi. Proposta gentilmente declinata «perchè non possiamo permetterci di affiancare il nostro nome a quello delle tre sigle sindacali che organizzano la festa dell'1 maggio senza porre l'accento sul problema lavoro. - spiega- Gli artisti che si esibiranno a Taranto e hanno scelto di non essere a Roma a promuovere dischi, (perchè di questo si tratta), condividono la linea politica del Comitato».
A proposito dell'esclusione del gruppo Nobraino, Michele Riondino precisa che «per un post infelice e mal scritto sulla strage dei migranti non ci può andare di mezzo il Comitato, non possiamo essere noi i responsabili delle scelte altrui. Accettiamo le scuse del gruppo, ma la nostra decisione è ferma. Non si esibiranno sul palco del 1° maggio tarantino».
Anche quest'anno l'Ente Nazionale Sordi (sezione provinciale di Taranto) si farà carico del servizio di interpretariato LIS, tramite interpreti professionisti che renderanno l'‪#‎unomaggiotaranto‬ accessibile anche alle persone sorde. Hanno offerto il proprio contributo anche l'Associazione Volontari 2 Mari Taranto- Protezione civile e il 118. Sarà realizzata un'area disabili festita dall'associazione P.G. Melanie Klein (per informazioni scrivere all'indirizzo info@pgmelanieklein.it), e l'unità mobile “Metrolend” in Piazza Federico Fellini garantirà la possobilità di effettuare alcool test a chiunque ne farà richiesta. Come punto d'approdo dei pullman che giungeranno in città, il comune ha attrezzato un area presso il mercatino delle pulci nel rione Salinella. Tutte le aziende che forniranno servizi il giorno del 1° maggio operano a Taranto e provincia.(CT)

venerdì 24 aprile 2015

Patti chiari?

L'Ilva ammette il disastro ambientale: "Pronti a patteggiare"

L'Ilva in amministrazione controllata ed affidata ai commissari del governo vuole patteggiare al processo "Ambiente svenduto" sul disastro ambientale consumato ai piedi del siderurgico più grande d'Europa. Una decisione clamorosa che tuttavia è coerente con le decisioni dei governi degli ultimi anni, che per far fronte alla situazione ambientale emersa dall'inchiesta, hanno fatto ricorso per sette volte a decreti d'urgenza e aggiornato l'Aia, l'autorizzazione integrata ambientale.
Questa mattina all'udienza preliminare a carico di 52 imputati, di cui 3 società, per il disastro ambientale di Taranto, il professor Filippo Sgubbi e l'avvocato Angelo Loreto hanno chiesto al gup Vilma Gilli un rinvio in attesa che il ministero per lo Sviluppo economico autorizzi il patteggiamento della pena. Ilva spa, ora Ilva as, è accusata in base alla legge 321 sulla responsabilità delle aziende di associazione per delinquere, reati ambientali come inquinamento, reati contro la pubblica amministrazione come corruzione in atti giudiziari e due omicidi colposi per la morte di due lavoratori nel 2012.
Nel caso in cui il Mise autorizzi i legali a patteggiare, nelle prossime udienze accusa e difesa definiranno l'entità della sanzione amministrativa e pecuniaria da sottoporre al giudice. La richiesta di patteggiamento conferma la tesi che la procura sostiene dall'inizio dell'inchiesta: l'Ilva ha inquinato per anni risparmiando sugli investimenti ambientali e sulla manutenzione degli impianti.
Chiedendo il patteggiamento per la società Ilva, per la quale la Procura ha chiesto al gup il rinvio a giudizio, i commissari - si apprende da fonti vicine all'azienda - da un lato riconoscono le responsabilità della pregressa gestione dell'azienda e dall'altro evitano il processo. E' una opportunità che l'Ilva vuole cogliere, si afferma, anche per distinguere meglio la "vecchia" Ilva, per intendersi quella gestita dai Riva, Fabio e Nicola, coinvolti in questo processo insieme ad altri con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, dalla "nuova" Ilva, quella affidata dal Governo ai commissari pubblici, ovvero Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi. Una mossa di discontinuità, dunque, ma anche di non conflitto verso la Procura di Taranto, visto che, si sottolinea, sia pure in ambiti e con ruoli diversi, i magistrati e i commissari rappresentano lo Stato.
L'evoluzione del patteggiamento prevede ora - questa almeno la traccia su cui si sta lavorando - che Ilva da un lato e vertici della Procura dall'altro (segnatamente il procuratore Franco Sebastio e l'aggiunto Pietro Argentino) presentino al gup in una delle prossime udienze un pacchetto concordato. Essendo l'Ilva una società, risponde in base alla legge 231 del 2011 sulla responsabilità delle imprese, e quindi la pena prevista in questi casi è una sanzione pecuniaria commisurata al capitale della società. Pena la cui entità non sarà comunque modesta. Previste anche sanzioni accessorie come la sospensione dell'esercizio dell'impresa, ma su quest'aspetto specifico si sta lavorando per trasformare quest'aspetto nella nomina di figure tecniche che controllino la situazione per conto dell'autorità giudiziaria. (Rep)

Patteggiamento Ilva, un punto di svolta

La richiesta avanzata dai legali dell’Ilva Spa, di patteggiare la pena nell’ambito dell’udienza preliminare per l’inchiesta “Ambiente svenduto”, può tracciare uno spartiacque. Se la richiesta presentata al Ministero per lo sviluppo economico venisse accolta anche dalla procura jonica, ciò potrebbe portare a una sanzione pecuniaria di alcuni miliardi di euro da destinare alla trasformazione del siderurgico e alla realizzazione delle misure contenute nell’Aia. Per questo, la richiesta dell’Ilva non costituisce solo un’ammissione di responsabilità di fronte a reati molto gravi quali disastro ambientale, omissione dolosa di cautele sul luogo di lavoro e, soprattutto, avvelenamento di sostanze alimentari. Non costituisce solo un decisivo passo avanti nell’accertamento delle condotte penali. Potrebbe portare anche allo stanziamento di fondi concreti per intervenire sul siderurgico. Il tutto, ovviamente, dipende dall’entità della somma che nel caso verrà sancita quale pena.
Da un punto di vista più strettamente penale, la richiesta di patteggiamento avanzata dalla struttura commissariale che ora controlla l’Ilva segna anche un passaggio rilevante nella storia del procedimento “Ambiente svenduto”. Con tale mossa, che riguarda solo la società imputata in quanto azienda, si separano i percorsi tra quella che vorrebbe essere la nuova Ilva e le responsabilità individuali dei dirigenti del Gruppo Riva. Per loro (i figli del patron dell’acciaio, i dirigenti ufficiali e quelli “ombra” dello stabilimento, così come per gli altri imputati) il procedimento continua in attesa del pronunciamento del gup.
Tale bivio rischia di aprire una forbice processuale. I reati contestati nel procedimento “Ambiente svenduto” sono molto gravi. Lo è in particolare l’avvelenamento di sostanze alimentari, che se associato a un comportamento coscientemente doloso, e alla morte di più persone, quale conseguenza di una propria attività inquinante, può arrivare addirittura alla richiesta dell’ergastolo. Tuttavia, nei grandi processi ambientali degli ultimi anni non si è mai arrivati a una sentenza del genere. Il rischio invece è che di fronte a processi lunghissimi, che coinvolgono molti imputati, e pool di avvocati con diverse strategie, i tre gradi di giudizio oltrepassino i tempi della prescrizione.
Alla lunga, anche il processo “Ambiente svenduto” potrebbe risolversi in un nulla di fatto. Per questo, la richiesta di patteggiamento avanzata dalla struttura commissariale che attualmente controlla il siderurgico rappresenta una pagina importante. Comunque la si voglia interpretare, pone un punto fermo in una città in cui, fino a pochi anni fa, veniva deliberatamente negata anche la minima possibilità di inquinamento. (CdM)

mercoledì 22 aprile 2015

Il dramma mediatico per addolcire la cronaca al lettore

L'Ilva e la paura di Taranto: 
i soldi non bastano

Dentro un pensionato Ilva sorseggia un caffè circondato da foto e bandiere del Taranto Calcio, che domenica 12 aprile ha battuto il Potenza nella sfida al vertice del campionato di serie D. Fuori, in cortile, tre giovani si affaccendano intorno al generatore che servirà per dare energia alle casse del Primo Maggio, il mega-evento che dal 2013 raduna decine di migliaia di persone nel parco archeologico di Taranto. Il concertone - che quest’anno vedrà sul palco per la prima volta i Marlene Kuntz e Nina Zilli - è organizzato dal Ccllp, il “Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti” della città jonica, che con i supporter della squadra rossoblù condivide i locali di un edificio nel quartiere Solito-Corvisea. Il Ccllp è la più nota delle associazioni locali schierate sul fronte anti-Ilva. E il suo portavoce, Cataldo Ranieri, operaio della fabbrica, riassume così il pensiero dei compagni: «Se cade Taranto cade l’Italia. Questa città s’è immolata per la nazione e ha ricevuto zero».
L’Ilva e il suo indotto valevano, quando l’impianto siderurgico marciava a regime, il 70 per cento del Pil provinciale. La fabbrica ha segnato la storia della città e seguita a farlo, anche se gli oltre 20 mila addetti del 1980 sono scesi sotto le 12 mila unità. L’Ilva è la più rischiosa delle scommesse di Matteo Renzi: il premier ha promesso che la farà ripartire e che il Mezzogiorno non perderà uno dei suoi ultimi baluardi industriali. Ma il futuro è appeso a un filo.
Come a Taranto sanno benissimo: essere dipendenti Ilva - traguardo ambito da quasi tutti, per lunghi anni - non basta nemmeno per farsi concedere un piccolo prestito. Alessio, 33 anni, fa il macchinista nell’impianto dal 2004. Lo incontriamo a Talsano, quartiere dormitorio a una decina di chilometri dalla fabbrica. Di fronte all’ufficio dell’Usb (il sindacato che ha scavalcato a sinistra la Fiom e l’ha scalzata dal terzo posto per numero di voti in fabbrica) un gruppetto di ragazzi tira calci al pallone e fuma sigarette rollate a mano. Alessio, sposato e padre di un figlio, racconta: «Nel 2011 ho comprato un appartamento a San Vito, in riva al mare. La banca mi ha dato il mutuo senza problemi. L’anno scorso ho chiesto 3.500 euro per un’auto usata e mi hanno detto che avevo bisogno di un garante». La porta in faccia se l’è beccata pure un dirigente del gruppo. Mentre viaggiamo su un pullmino all’interno dello stabilimento, affiancati al treno della laminazione, con la bramma incandescente che scivola sui rulli del trasportatore, il manager racconta che pochi mesi fa voleva un mutuo per comprar casa ma gli hanno risposto picche: la banca era «preoccupata del futuro della fabbrica». Il prestito alla fine l’ha avuto la moglie: il suo impiego nel settore pubblico è stato considerato più sicuro.
I CINESI FUGGONO DAL PORTO
Ilva, raffineria Eni, porto e cementificio del gruppo Caltagirone. Erano le quattro ruote della macchina industriale tarantina, una delle più ricche del Sud. Ora, a parte la raffineria, le altre hanno le gomme a terra. E fanno sbandare tutto. «La città ha preso atto della crisi quando ha visto i negozi chiudere a raffica. È sempre più facile incontrare per strada gli accattoni, che non c’erano mai stati», dice Vincenzo Cesareo, presidente della locale Confindustria. E Mario, sorridente caposala della Trattoria del Pescatore di piazza Fontana, a due passi dal ponte girevole che collega la città vecchia con la parte moderna, rimpiange il tempo che fu. «Dirigenti, impiegati, fornitori, camionisti: i ristoranti della zona erano belli pieni quando c’era tutto quel via vai. Adesso tanti sono spariti».
Fuori gironzola un gran numero di cani randagi, mentre un uomo chiede «qualcosa per guardare la macchina». Non è l’unico, a saltar fuori da un angolo quando vede avvicinarsi qualcuno. Il centro storico nasconde rovine greche che farebbero gola ai turisti di mezzo mondo, ma è il degrado a balzare agli occhi. Saracinesche abbassate in pieno pomeriggio si notano pure nella centralissima via Di Palma, prosecuzione di via D’Aquino, l’elegante strada dello struscio. Da quando nel 2012 il tribunale cittadino ha imposto il sequestro degli impianti Ilva, tutto è cambiato. La fabbrica ha sempre continuato a produrre e gli stipendi sono stati pagati. Ma un terzo dei dipendenti sta a casa a turno e nell’indotto hanno perso il posto in migliaia. Molti fornitori sono falliti. In zona l’Ilva ha debiti per 200 milioni, su un totale di 1,5 miliardi: tanta roba, per un’azienda che dice di perdere 20 milioni al mese.
Anche al porto la preoccupazione è palpabile. «I lavori per rifare la banchina, dragare il fondale, la diga foranea e bonificare il terminal sono previsti da anni. I soldi sono stati stanziati ma tutto s’inceppa per contenziosi e ricorsi al Tar. I miei manager, che non parlano italiano, sono isterici: ogni volta che li incontro, mi dicono «What a fucking country is this?”, e hanno ragione», dice Carmelo Sasso, segretario della Uil Trasporti e dipendente di Tct, Taranto Container Terminal, di proprietà dei cinesi di Hutchison Whampoa e dei taiwanesi di Evergreen. La società ha spostato tutta l’attività al Pireo, in Grecia, e i 547 lavoratori sono in cassa integrazione a zero ore. Piero Prete è uno di questi. Tira avanti da tre anni con 745 euro, con moglie e due figli da mantenere: «Ho la casa di proprietà ma tra Tasi, Imu e altre spese non riesco ad arrivare a fine mese. Vado avanti grazie all’aiuto dei genitori. Spero che il ministro Delrio riesca a convincere Tct a restare qui, anche perché lo sviluppo del porto può essere un’alternativa». Ha pensato a emigrare, Prete: «Ma ho 40 anni, chi mi assume, con la terza media?».
«FACCIAMONE UN MUSEO»
Anche sull’Ilva, in città, il dibattito è tutto concentrato su cosa fare adesso. Di mezzo c’è la salute dei cittadini. Lo ha certificato più volte anche l’istituto superiore di sanità, secondo cui nella città dei due mari è molto più facile ammalarsi rispetto al resto d’italia. Basti dire che, nell’ultimo rapporto pubblicato a luglio, la mortalità infantile è maggiore del 21 per cento rispetto alla media regionale. Il comitato lavoratori liberi e pensanti teorizza una soluzione radicale: chiudere tutto, bonificare il sito e riconvertire l’economia puntando su turismo, agricoltura e sul porto. La pensa così anche la candidata del movimento 5 stelle alla presidenza della regione puglia, antonella laricchia, studentessa d’architettura fuori corso, che il 31 maggio sfiderà il litigioso centrodestra e la corazzata di michele emiliano del pd, ex magistrato e già sindaco di bari. Laricchia ha un’idea spiazzante per il dopo ilva: «su quell’enorme terreno, dopo la bonifica, si potrebbe fare un museo. La gente potrebbe visitarlo come fa per gli ex campi di concentramento nazisti, per rendersi conto dei disastri dell’industrializzazione selvaggia»
In via Bettolo, nella sede dei tre storici sindacati metalmeccanici, non la pensano così. Al primo piano c’è la Fim. Per il segretario Mimmo Panarelli, «il terremoto è alle spalle, dopo aver perso tempo per un anno ora confidiamo che i nuovi commissari facciano sul serio, rilanciando una società che sul mercato ha perso terreno. E comunque l’amministrazione straordinaria deve essere di breve durata». Panarelli considera ineludibile l’adempimento di tutte le prescrizioni ambientali e srotola con un certo entusiasmo una piantina con il rendering dei due grandi capannoni che copriranno i parchi minerali. «Per noi sono l’opera più importante, per far capire anche agli sfortunati abitanti di Tamburi che si sta voltando pagina sul serio». Il segretario Fim crede che la stragrande maggioranza dei cittadini «non voglia affatto chiudere l’Ilva, come ha dimostrato il referendum del 2013, quando andò a votare il 19 per cento degli aventi diritto, e solo il 9 per cento nel rione Tamburi, il più colpito dall’inquinamento».
Sull’atteggiamento dei tarantini è più crudo Antonio Talò, che al terzo piano dello stesso palazzotto guida la Uilm, l’organizzazione che ha vinto le elezioni del 2013 per la Rsu: «Sa che dicono in città? Glielo dico in dialetto: “Che me ne futte a me”? C’è distacco. La borghesia se ne sta a casa, la Confindustria non è mai stata all’altezza e la politica è rimasta in un angolo senza prendersi responsabilità». Talò non è ottimista: «Siamo nel periodo peggiore dell’Ilva, servono tanti soldi per far tornare in carreggiata la società e ho forti dubbi sui nuovi manager. Il direttore generale, Massimo Rosini, viene dagli elettrodomestici bianchi e s’è portato altri dirigenti di quel settore. Spero di sbagliarmi, ma avrei preferito un esperto di acciaio».
Fondamentale per una città che conta 192 mila abitanti (erano 242 mila qualche anno fa), il più grande impianto siderurgico d’Europa, che fino al 2008 produceva 9 milioni di tonnellate di acciaio l’anno, secondo parecchi osservatori è strategico per l’industria manifatturiera. «Sì, se non ci fosse l’Ilva il prezzo dei prodotti “piani” (che servono per costruire auto, lavatrici, lattine), aumenterebbe tra il 12 e il 20 per cento. Perché ci sarebbe meno acciaio disponibile e il settore manifatturiero italiano, ora indipendente, dipenderebbe dall’estero», sostiene Carlo Mapelli, professore di siderurgia al Politecnico di Milano. Negli ultimi 45 giorni, aggiunge il docente milanese, «c’è stato un boom dell’import dalla Cina: 250 mila tonnellate, pari a un terzo della produzione Ilva a regime nello stesso arco di tempo». E i prezzi, per i trasformatori dell’acciaio, sono immediatamente saliti. «Nessuno è mai stato in grado di praticare prezzi competitivi come l’Ilva, che a Taranto ha una capacità produttiva enorme ed è la più efficiente d’Europa, quando funziona a regime. Ecco perché i concorrenti nord-europei sarebbero felici se chiudesse, soluzione che rappresenterebbe davvero una sconfitta per l’Italia. Confido tuttavia nel governo Renzi che, pur avendo perso sei mesi preziosi nel tentativo senza speranza di vendere l’Ilva, ora ci ha messo la faccia», sostiene Massimo Mucchetti, presidente della commissione Attività produttive del Senato.
«HO LE PALLE PER CHIUDERE TUTTO»
Per comprendere cosa significa il dibattito salute-lavoro, bisogna superare i cancelli di un parco che di romantico non ha nulla. Il “parco minerali” è una distesa gibbosa grande come 53 campi di calcio, le cui polveri hanno provocato lutti e rovinato la salute a tanti abitanti dei rioni vicini, tamburi e paolo vi. Appena ci saranno i soldi, dovrebbe essere chiuso in due immensi capannoni. Li costruirà la friulana cimolai, la stessa che ha realizzato il sarcofago della centrale nucleare di chernobyl, e costeranno 250 milioni. Un’opera mastodontica, che coprirà le otto collinette di carbone e minerale di ferro, cioè la materia prima che alimenta i cinque altoforni (di cui tre oggi spenti). Secondo l’ilva e i sindacati, la copertura è il punto fondamentale delle 94 “prescrizioni” dell’aia, l’autorizzazione integrata ambientale, gli obblighi che il governo ha imposto per adeguarsi agli standard europei sull’inquinamento. Misure da completare entro agosto 2016, pena la chiusura. Invita alla cautela, però, michele emiliano, candidato governatore. Secondo lui rispettare l’aia non basta: «le stime fatte dall’arpa regionale dicono che i rischi sanitari non saranno azzerati, e se sarà così io non potrò che battermi per chiudere l’ilva, ho le palle per farlo. Se invece questi rischi verranno azzerati, appoggerò il piano del governo».
Il piano di cui parla Emiliano è quello affidato ai tre uomini chiamati a gestire l’amministrazione straordinaria. Piero Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba hanno il compito di risanare l’azienda, creando una nuova società da capitalizare attraverso l’intervento di soggetti privati, tipo i fondi specializzati in risanamenti. Per poi venderla in blocco o quotarla in Borsa. Missione difficile, il cui fallimento vorrebbe dire la morte del più grande produttore d’acciaio italiano. I commissari puntano a riportare in pareggio il bilancio entro due anni, obiettivo raggiungibile solo se riusciranno a produrre 8 milioni di tonnellate l’anno, il doppio di oggi. Tra risanamento ambientale, ammodernamento e gestione ordinaria, dicono di aver bisogno di 2,5 miliardi (ma per Mapelli e i sindacati sarebbero molti di più). E stimano in 1,2 miliardi i quattrini necessari per rispettare le sole norme ambientali. La cifra equivale al tesoro accumulato in Svizzera dalla famiglia Riva e messo sotto sequestro. Soldi che potrebbero finire nelle mani dei commissari tra poco, se così deciderà il tribunale di Milano. Per completare il risanamento e riportare la produzione in alto, i quattrini dei Riva non bastano. E neppure i 400 milioni di prestito obbligazionario che il governo farà stanziare dalla Cassa depositi e prestiti, magari col contributo delle banche.
La vera svolta può arrivare solo con i soldi degli investitori privati. Come i fondi specializzati, che prendono in affitto un gruppo, lo rimettono in sesto e poi lo mettono sul mercato. Strada lunga e piena di insidie, che passa per il riavvio di due altoforni, i possibili contenziosi con l’Ue per aiuti di Stato, il mercato dell’acciaio invaso dai cinesi, le incognite politiche. Intanto, dentro, pure le piccole cose sono difficili. «Mi occupo di manutenzione della mensa e sto chiedendo invano delle guarnizioni da pochi centesimi», dice Giuseppe, che sta con l’Usb e all’Ilva c’è entrato da raccomandato come quasi tutti, sostiene sorseggiando un cocktail al “Sud-Food and Music”, locale trendy del Borgo. Vive coi genitori e di tornare a lavorare al Nord, come fece da giovane, non ha intenzione: «Perché qua, dopo tutto, si sta troppo bene». Intanto il dj ha messo su i Deep Purple, “Smoke on the water”. Fumo sull’acqua. Un’istantanea di Taranto, con i due mari e le sue ciminiere. (L'Espresso)

martedì 21 aprile 2015

Se fosse stato in Città Vecchia li avrebbero chiamati vandali...

Oltre il ponte, invece sono solo dei banali ladri che fanno pulizia nel solito cantiere eterno, eternamente trascurato!

Palazzo degli Uffici depredato, indagano i Carabinieri

Diverse plafoniere in alluminio e due campane in bronzo installate nella aule del liceo Archita. E’ quanto è stato portato via da Palazzo degli Uffici la scorsa notte.
Non si conosce l’identità di coloro che si sono introdotti nello storico edificio tarantino, oggetto da anni di lavori di ristrutturazione e riqualificazione. I malfattori hanno approfittato della mancanza di vigilanza all’interno del cantiere.
Sull’episodio indagano i Carabinieri della stazione di via Giovanazzi. (TaBuonaSera)

Anche per l'amico Pirro nulla sarà più come prima!


Difficile immaginare Pirro senza i Riva.
Bei tempi quelli...

Cosa (non) si fa a Taranto. Lettera aperta del prof. Pirro


E’ stato giustamente sottolineato da alcuni autorevoli osservatori come il governo, dopo la conversione in legge del decreto per Taranto, stia continuando a seguire con attenzione ed impegni operativi le vicende economiche di Taranto come dimostrano fra l’altro l’incontro al ministero dello Sviluppo economico fra il ministro Guidi, i Commissari dell’Ilva e la Confindustria ionica per individuare i modi migliori per saldare i crediti delle aziende dell’indotto, e la lettera del sottosegretario De Vincenti all’Evergreen perché non abbandoni il porto ionico e concordi con l’Esecutivo un nuovo cronoprogramma per i lavori attesi da anni sul molo polisettoriale e sui fondali dello scalo tarantino.
Ma a questo forte impegno dell’Esecutivo ne corrisponde uno di eguale intensità degli stakeholder locali, capace di accompagnare con fervore operoso l’azione del governo? A Roma a molti decisori politici di ministeri impegnati in prima linea sulla città e le sue problematiche non sembra affatto, avvertendosi invece uno scollamento rilevante fra l’azione governativa e le risposte del territorio.
A Roma i sindacati confederali di Taranto appaiono ancora deboli, scontando forse l’ancor giovane età di alcuni loro dirigenti. La Confindustria – peraltro comprensibilmente impegnata a tutelare le cogenti esigenze di cassa delle imprese dell’indotto Ilva – non sembra al momento capace di dare corso e robustezza progettuale al progetto di smart area presentato nella scorsa estate. Comune e Provincia, nell’ambito delle rispettive competenze, non sono in grado (purtroppo) di svolgere un’azione concorde di partecipazione attiva e tecnicamente qualificata a quanto disposto a livello governativo.
Anche le due sedi universitarie – al di là degli sforzi pur apprezzabili di rettori e docenti – dovrebbero ancora lavorare a lungo per colmare un distacco tuttora percepito nei confronti della città e dei suoi settori produttivi. Più in particolare il Politecnico, a molti anni ormai dall’insediamento della sua sede distaccata da Bari, non pare aver sprigionato ancora tutto il pur rilevante potenziale di ricerca e di collaborazione con l’industria manifatturiera insediata in loco, anche per determinate scelte compiute in passato nella definizione della sua offerta formativa al territorio. I partiti – si rileva a Roma – stanno attraversando una fase di grande difficoltà nell’esercitare la loro funzione di rappresentanza degli orientamenti della cittadinanza soprattutto in materia di crescita del capoluogo e sono avviluppati in poleniche interne anche in vista della definizione delle liste per le prossime elezioni regionali.
Consorzio Asi e Camera di Commercio – nonostante la rilevanza del loro ruolo nell’economia dell’area – mantengono un profilo abbastanza defilato dalle vicende in corso, anche perché l’organo camerale è impegnato nel dibattito in corso circa il suo stesso futuro. L’Autorità portuale appare l’unico ente attivo e impegnato a realizzare quanto definito negli accordi con la Tct e l’Evergreen, ma poco o nulla ha potuto per fermare le vere e proprie faide amministrative fra imprese, quando si è trattato di aggiudicare lavori di rilevante importo per banchine e dragaggi.
Se questo a grandi linee è il quadro tarantino che appare agli occhi di autorevoli decisori politici che stanno seguendo quotidianamente e da vicino le vicende del capoluogo, allora sarà bene dire con estrema chiarezza all’intera comunità locale che se qualcuno coltivasse l’illusione che tutto alla fine di questo grave periodo di incertezza possa tornare come prima, è bene che tale illusione si dissolva rapidamente, perché Taranto non avrà alcun futuro se per primi i suoi abitanti con i loro rappresentanti nelle Istituzioni non saranno capaci di imprimere una svolta profonda, radicale e prolungata nel tempo nei loro comportamenti collettivi per un duraturo rilancio della città che – lo si ripete ancora una volta – è e deve restare un pilastro del sistema produttivo nazionale. Ma questa fin troppo ovvia considerazione non può esentare in alcun modo il territorio dall’assumersi sino in fondo le sue responsabilità.
Istituzioni, Partiti e Sindacati – ciascuno per quanto di propria competenza –  dovranno mettere a punto e in fretta proposte sperabilmente condivise e ben articolate sotto il profilo tecnico per il rilancio della città, sintonizzandosi sino in fondo con gli sforzi e i disegni del governo. Le Pmi dei vari indotti industriali, da quello siderurgico a quello petrolchimico e navalmeccanico, dovranno comprendere – pena una loro ineluttabile decimazione di massa – che dovranno avviarsi celermente lungo il sentiero delle aggregazioni di rete, della diversificazione dei mercati, dei viaggi all’estero per acquisirne di nuovi come hanno già fatto alcune imprese locali di medie dimensioni che hanno assunto commesse in Brasile, India e Russia. Le due Università dovranno interrogarsi a fondo sulla loro offerta formativa, da legarsi realmente alle esigenze del territorio, non essendo sufficiente da sola l’istituzione di un corso triennale di ingegneria aeronautica per rispondere alle esigenze dell’industria tarantina, quando continuano ad essere assenti da anni specializzazioni ad esempio in ingegneria siderurgica, chimica e navalmeccanica.
Ed anche tutte la altre Istituzioni elettive e non dovranno trovare (anch’esse rapidamente) sintonie e raccordi operativi sui temi del rilancio della crescita e dell’occupazione, raccogliendo in tal senso l’accorato e prolungato appello dell’Arcivescovo Monsignor Santoro al recupero di una nuova visione e tutela del bene comune.
Amici di Taranto, nulla nei prossimi anni sarà più come prima. Piaccia o meno tale fin troppo ovvia considerazione, è giunto il momento per un vero colpo di reni verso il futuro che dovrà essere produttivo, solidale ed ecosostenibile. Taranto ha bisogno del governo, ma anche il governo ha bisogno che Taranto si rimetta in moto con le proprie gambe: ma se queste resteranno paralizzate, non ci saranno provvedimenti di Palazzo Chigi o del ministero dello sviluppo che tengano.
Federico Pirro (Università di Bari, Centro Studi Confindustria Puglia)

lunedì 20 aprile 2015

Quando una discarica è satura se ne cerca un'altra

Il destino delle città monnezza: unite dallo scambio dei rifiuti per il bene degli altri!

Augusta protesta: «Dall’Ilva una nave carica di veleni» 

Da Taranto sarebbero in arrivo ad Augusta migliaia di tonnellate di rifiuti speciali prodotti dalla famigerata acciaieria “Ilva”. A fare scattare l’allarme delle associazioni ambientaliste e della popolazione, l’arrivo del primo carico di circa 10.000 tonnellate che ieri mattina è giunto al porto commerciale con la nave “Rita Br”. La motonave di 6.699 tonnellate di stazza lorda, battente bandiera italiana ed iscritta al compartimento marittimo di Napoli, è entrata nella rada del porto megarese alle 13,50. I rifiuti, si tratta del polverino che gli elettrofiltri trattengono dai fumi dell’altoforno, verranno sbarcati e smaltiti nella discarica Cisma, a metà strada tra i territori di Augusta e Melilli.
A lanciare l’allarme è Legambiente Augusta che si dice fortemente preoccupata per questa situazione.
«Ci chiediamo – dice Enzo Parisi responsabile della locale sezione e dirigente di Legambiente Sicilia - con quale criterio le autorità competenti hanno autorizzato il trasferimento di questi rifiuti dalla Puglia alla Sicilia per poi smaltirli in un’area ad alto rischio ambientale che ha invece impellente e vitale bisogno di bonificare e di eliminare i propri rifiuti industriali piuttosto che accogliere quelli di altri. Chi ha pensato di bonificare le discariche interne dell’Ilva spedendo i rifiuti ad Augusta ha valutato che questa operazione toglierà impatti da Taranto per caricarli però sulla martoriata zona di Augusta, Priolo e Melilli? ».
 Legambiente Augusta chiede alle amministrazioni locali, al governo Crocetta, ai deputati regionali e nazionali di attivarsi subito in difesa della salute dei cittadini dell’area. (Lasicilia.it)

Quale solidarietà?

«Protesta all'Ilva» Operai contro contratti di solidarietà

Diversi lavoratori dell’Acciaieria 1 e 2 dell’Ilva di Taranto si sono radunati davanti ai cancelli della direzione dello stabilimento per protestare contro l'applicazione dei contratti di solidarietà. Lo rende noto l’Usb (Unione sindacale di base), che ha chiesto un incontro all’azienda per “discutere di una serie di gravi anomalie” nell’applicazione dell’ammortizzatore sociale nei reparti Acciaieria 1-Colata continua 1 e 5 e Gestione rottami ferrosi (Grf) esercizi e manutenzione “che vanno in spregio – si sostiene – alle normative vigenti agli accordi in essere”.
Il sindacato di base segnala “decine di casi in cui i lavoratori posti in contratto di solidarietà (Cds) vengono sostituiti dai capi, come nel caso delle manutenzioni CCo-Co8 o dei gruisti, locomotoristi e preparatori siviere di Acciaieria 1” e altre anomalie sono relative a “sostituzioni di lavoratori in contratto di solidarietà con responsabili, turnistiche modificate di giorno in giorno, lavoratori con periodi lunghi di contratto di solidarietà e altri che non sono interessati pur lavorando nello stesso gruppo”.
In diversi casi, secondo l’Usb, che sollecita il principio della rotazione per l’individuazione degli esuberi, “il giorno di contratto di solidarietà settimanale obbligatorio per una serie di figure sembra più basato su una logica di risparmio economico per le casse aziendali che per vera esigenza tecnica”. (GdM)

Ilva: tensione tra i lavoratori su contratti solidarietà

All'Ilva di Taranto i contratti di solidarieta' sono entrati da quasi due mesi nel terzo anno di attuazione, coinvolgono poco piu' di 3mila addetti a fronte di un accordo sottoscritto, per il 2015, per un numero massimo di 4.074, "ma la loro applicazione si sta rivelando fonte crescente di proteste e di disagi". Lo dichiarano i sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm di Taranto annunciando che per fine mese l'azienda ha convocato un incontro per discutere di contratti di solidarieta' e formazione.
  "Non passa giorno che non ci giunga una segnalazione dalla fabbrica in merito all'organizzazione di lavoro o alle procedure di sicurezza sul lavoro" dicono ancora i sindacati a proposito dell'attuazione "spinta" dei contratti di solidarieta' nell'Ilva di Taranto. "Il fatto che ci sia meno gente al lavoro - sottolineano - spesso porta a rivedere assetti organizzativi consolidati e questo provoca malumori, disagi, insofferenze". "Ma l'elemento piu' significativo - rilevano i sindacalisti - e' che tanti lavoratori chiedono di lavorare e di fare meno ore di solidarieta' perche' non ce la fanno piu' economicamente. Arrivare a fine mese sta diventando problematico per tantissimi. I contratti di solidarieta' hanno infatti notevolmente inciso su buste paga che gia' non sono elevate. E se a questo poi si aggiunge il fatto - proseguono - che nell'Ilva si percepisce ancora una copertura salariale al 60 per cento perche' la solidarieta' non e' stata ancora adeguata di quell'altro 10 per cento reintegrato dal decreto Milleproroghe, si capisce come il disagio economico sia al massimo. Certo - rilevano ancora gli esponenti di Fim, Fiom e Uilm - ci e' stato assicurato che l'Inps dara' all'Ilva la direttiva per l'adeguamento della solidarieta' al disposto del Parlamento, e quindi copertura al 70 per cento, ma sinora i lavoratori hanno percepito una busta paga piu' leggera rispetto al 2014 e questo non va bene". Altro elemento di preoccupazione e' che i tagli allo stipendio si aggiungono alle incertezze generali che continua a vivere l'Ilva. "E' fermo mezzo stabilimento, due altiforni su quattro, un'acciaieria su due, parte dei tubifici - osservano i sindacalisti -. Si vedessero i cantieri dell'Autorizzazione integrata ambientale all'opera, sarebbe gia' diverso. I lavoratori potrebbero almeno dire che si', stanno facendo dei sacrifici economici ma almeno finalizzati a qualcosa, ad un miglioramento, e invece di lavori non se ne vedono perche' e' tutto fermo. Un mese fa e' stato spento l'altoforno cinque, il piu' grande d'Europa, ma ancora - sottolineano - non sappiamo quando partiranno gli interventi di adeguamento, ne' chi li effettuera'". "C'e' la nuova legge sull'Ilva, tutti dicono che e' lo strumento che ci voleva, ma i soldi promessi non sono ancora arrivati e la situazione dell'azienda purtroppo continua a restare stagnante. Non si vedono prospettive, non c'e' lavoro e si prendono in busta paga sempre meno soldi. Una situazione - osservano i sindacalisti - che per noi e' davvero difficile governare". E intanto partiranno nella prossima settimana circa 16mila lettere raccomandate dell'Ilva ad altrettanti dipendenti dell'azienda - 11 mila solo a Taranto - affinche' possano rivendicare i loro crediti precedenti all'avvio dell'amministrazione straordinaria con la legge Marzano (21 gennaio scorso). Ogni lettera conterra' un documento illustrativo ed una password con la quale i dipendenti, collegandosi al sito dell'Ilva, potranno accedere ai loro dati.
  Il tutto in vista dell'udienza del 29 giugno prossimo al Tribunale di Milano nella quale il giudice delegato alla procedura dell'amministrazione straordinaria, Caterina Macchi, effettuera' la verifica dello stato passivo della societa'. I crediti dei dipendenti riguardano trattamento di fine rapporto, ferie, premi, riposi e quant'altro maturato dal singolo dipendente sino al 20 gennaio scorso. Predisposto un modulo specifico intestato al Tribunale di Milano, sezione fallimentare, che andra' spedito al sito dell'Ilva solo via posta elettronica certificata. La spedizione da parte degli interessati dovra' avvenire un mese prima del 29 giugno ma, si apprende da fonti sindacali, siccome le lettere ai dipendenti dovevano gia' essere spedite nelle scorse settimane, l'Ilva, causa lo slittamento, non esclude di chiedere un rinvio dei termini. Anche perche', osservano i sindacati, ciascun dipendente dovra' controllare i propri dati, verificarne la veridicita', e questo richiedera' tempo. Inoltre, l'operazione coincide anche con quella dei modelli 730. Sono 15, in totale, le "voci" dove l'Ilva dira' a ciascun dipendente quanto deve ancora avere dall'azienda, la quale indichera' anche il totale complessivo. Per il tfr, i dati sono calcolati sino al 2006 perche' dall'anno successivo sono scattate le norme sulla previdenza complementare e quasi tutti i lavoratori, con la modifica del sistema, hanno chiesto la liquidazione di quanto era stato accantonato in azienda. Molti, infine, coloro che hanno chiesto anticipi parziali per cui il monte tfr ancora presente in Ilva si e' ridimensionato. Infine, per il tfr che e' nel fondo previdenziale metalmeccanici, precisano i sindacati, non andra' fatta alcuna domanda perche' non e' toccato dall'amministrazione straordinaria dell'Ilva. (AGI).

sabato 18 aprile 2015

Caro operaio ti scrivo...

Ilva, in partenza 16mila raccomandate ai dipendenti sui crediti da rivendicare

Partiranno nella prossima settimana circa 16mila lettere raccomandate dell’Ilva ad altrettanti dipendenti dell’azienda - 11 mila solo a Taranto - affinchè possano rivendicare i loro crediti precedenti all’avvio dell’amministrazione straordinaria con la legge Marzano (21 gennaio scorso). Ogni lettera conterrà un documento illustrativo ed una password con la quale i dipendenti, collegandosi al sito dell’Ilva, potranno accedere ai loro dati. Il tutto in vista dell’udienza del 29 giugno prossimo al Tribunale di Milano nella quale il giudice delegato alla procedura dell’amministrazione straordinaria, Caterina Macchi, effettuerà la verifica dello stato passivo della società. I crediti dei dipendenti riguardano trattamento di fine rapporto, ferie, premi, riposi e quant’altro maturato dal singolo dipendente sino al 20 gennaio scorso. Predisposto un modulo specifico, intestato al Tribunale di Milano, sezione fallimentare, che andrà spedito al sito dell’Ilva solo via posta elettronica certificata. La spedizione dovrà avvenire un mese prima del 29 giugno ma, si apprende da fonti sindacali, siccome le lettere ai dipendenti dovevano già essere spedite nelle scorse settimane, l’Ilva, causa lo slittamento, ora non esclude di chiedere un rinvio dei termini. Anche perchè, osservano i sindacati, ciascun dipendente dovrà controllare i propri dati, verificarne la veridicità, e questo richiederà tempo. Inoltre, l’operazione coincide anche con quella dei modelli 730.
«Il decreto di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria - afferma l’Ilva nella sua comunicazione - determina, a partire dalla data del decreto di ammissione, e quindi dal 21 gennaio 2015, l’apertura del concorso dei creditori sul patrimonio dell’impresa insolvente, con la conseguenza che tutti i crediti sorti nei confronti della società prima della data del 21 gennaio 2015 dovranno essere accertati secondo le forme e con le modalità del procedimento di accertamento del passivo». Il riferimento è alla legge fallimentare.
Ai dipendenti, quindi, l’Ilva invierà un prospetto analitico in cui specificherà la posizione in ordine a Tfr maturato in azienda prima del 2007, ferie residue al 20 gennaio scorso, ore permessi annui retribuiti alla stessa data, rateo della 13esima maturato a gennaio. Verranno specificate anche le somme che ciascun dipendente avanza per quanto concerne altre «voci» della busta paga come il premio di risultato del quarto trimestre 2014 sommato all’importo dei primi 20 giorni di gennaio scorso, il premio di risultato infortuni del 2014, quello di anzianità aziendale, quello di produzione maturato solo a gennaio scorso, l’elemento variabile del 2014. In totale, sono 15 «voci» per le quali l’Ilva dirà a ciascun dipendente quanto deve ancora avere dall’azienda e indicherà anche il totale complessivo. Tutti gli oneri andranno considerati al lordo degli oneri fiscali e al netto degli oneri contributivi a carico del dipendente.(Sole24h)

giovedì 16 aprile 2015

Quali sindacati?

Non a Roma, il nuovo primo maggio è a Taranto: dagli operai Ilva ai parenti delle vittime di amianto 

Più che un concerto, vuol essere un’adunata di tutte le comunità che hanno visto il loro habitat - e spesso le loro vite - sacrificato in nome del profitto. Dalla gente di Taranto alle mamme della Terra dei Fuochi, dai comitati antiracket di Brindisi ai movimenti ambientalisti di Crotone e Siracusa. Fino alle delegazioni lucane che si oppongono alle trivellazioni, ai parenti delle vittime di Casale Monferrato e ai movimenti che, nel giorno dell’inaugurazione dell’Esposizione Universale a Milano, novecento chilometri più a Sud rialzeranno il volume della protesta contro le grandi opere.

Se l’anno scorso il successo fu decretato con il passare delle ore, questa volta il concerto del primo maggio di Taranto - sarà trasmesso in diretta su Radio1 e Radio Farfalla - parte con i favori del pronostico rispetto al più datato appuntamento romano. Per la terza edizione dell’evento coordinato dal Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, un gruppo di operai e cittadini formatosi a seguito del sequestro degli impianti inquinanti dell’Ilva nel 2012, ci si aspetta di accogliere oltre centomila spettatori. A fare da cornice alla giornata il parco archeologico delle mura greche, un emblema dell’accidia che da vent’anni regna tra la classe politica locale. Inaugurata e abbandonata a inizio secolo dal sindaco forzista Rossana Di Bello, responsabile del dissesto dichiarato dal Comune nel 2006, l’area si snoda lungo otto ettari che nascono le origini greche della città. Storia e natura da riportare alla luce.

È su di essa che, in occasione della Festa dei Lavoratori, si accalcheranno attivisti, politici e appassionati di musica per vivere una giornata che «non potrebbe che celebrarsi in questa città, oggi rappresentante della vera emergenza italiana», afferma Samuel Romano, il cantante dei Subsonica, per la prima volta pronti a trascorrere il loro primo maggio in riva allo Ionio. «Sarà una manifestazione più reale rispetto a quella di Roma, più vera e meno legata all’idea di esporsi». Della stessa opinione sono stati altri artisti: dagli Afterhours ai Marlene Kuntz, da Mannarino ai Velvet. La loro giornata dedicata ai lavoratori si snoderà nella città in cui il 40% dei giovani è a spasso. Ad affiancarli alcune gradite conferme: da Caparezza a Brunori Sas, dai prodotti “locali” Diodato e Fido Guido ai Nobraino, dagli Officina Zoé a Le Bestie Rare.

La selezione è stata fatta dal direttore artistico dell’evento, l’attore tarantino Michele Riondino, e dal suo fido collaboratore Roy Paci, da tre anni coinvolto nell’iniziativa. «Le novità sono attese fino all’ultimo istante», fanno sapere gli organizzatori, che puntano ancora a strappare i “sì” di Vinicio Capossela, Luca Barbarossa e Fiorella Mannoia, sensibili alla causa tarantina. Ad aprire il concerto saranno artisti emergenti scelti attraverso le audizioni in corso in diverse città di Puglia e Campania. Quattro i presentatori della giornata: la giornalista Valentina Petrini, la conduttrice Valentina Correani, l’attore Andrea Rivera e la cantante Mietta. Il via è fissato per le 14.

Fino a quell’ora, a partire dalle 9, si parlerà invece di legalità e giustizia, temi della terza edizione del “concertone”. A stilare un resoconto dei sette decreti salva Ilva sarà Marco Travaglio, direttore de Il Fatto Quotidiano. Salirà sul palco e interverrà al dibattito anche il sindaco di Messina Renato Accorinti, tra i primi oppositori del ponte sullo Stretto. Ci sarà pure don Palmiro Prisutto a esporre la battaglia in corso contro l’industria petrolchimica nel “triangolo della morte” della Sicilia: composto da Gela, Augusta e Priolo. Raffaella Ottaviano racconterà la lotta in prima linea contro la camorra, combattuta da Ercolano. «Al dibattito abbiamo invitato il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, che però ha già declinato l’invito», fanno sapere i Liberi e Pensanti. Musica, ma soprattutto politica e giustizia sociale. Il nuovo primo maggio dei lavoratori si celebra a Taranto.(Lastampa)

Primo Maggio a Taranto: "Siamo sempre più combattivi"

Oggi allo spazio Fandango Incontro di Roma si è tenuta la conferenza stampa di presentazione dell'evento "Primo Maggio Taranto 2015". L'evento, come nelle due scorse edizioni, è interamente autofinanziato. Creato dal "Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e pensanti", gruppo di operai e cittadini che si è formato a seguito del sequestro degli impianti inquinanti dell'Ilva nel 2012. Obiettivo principale della manifestazione: "Legalità, quale giustizia?". Il direttore artistico della kermesse musicale sarà Michele Riondino con il contributo di Roy Paci mentre la conduzione sarà affidata a Valentina Petrini, Valentina Correani, Andrea Rivera e Mietta. Numerosi gli artisti che hanno aderito al progetto a titolo gratuito: Officina Zoè, Bestierare, Iosonouncane, Velvet, Ilaria Graziano & Francesco Forni, Diodato, Francesco Baccini, Subsonica, Marlene Kuntz, Caparezza, Andrea Rivera, Roy Paci & Aretuska, LNRipley, Fido Guido, Bud Spencer Blues Explosion, NoBraino, Brunori Sas
Arrivato alla terza edizione, il concerto del Primo Maggio a Taranto si presenta anche quest’anno come il concorrente più credibile del concerto del Primo Maggio organizzato dai sindacati confederali a Roma. Ci saranno di sicuro, tra gli altri, i Subsonica e Caparezza, i Marlene Kuntz e Brunori Sas, Diodato e gli LNRipley. Ma sul palco dovrebbero salire anche Nina Zilli e Mannarino, ormai sembra fatta. Una competizione sentita e segnata anche da qualche colpo basso: l’anno scorso un esponente dei sindacati definì l’appuntamento di Taranto “una sagra paesana”, quest’anno il cast del "Concertone" di piazza San Giovanni è stato diffuso ieri, proprio nel giorno della conferenza stampa di presentazione dell’appuntamento di Taranto. Un caso?
«Io lo prendo come un segno del nostro successo» dice l’attore Michele Riondino, del Comitato organizzatore del concerto di Taranto. «Così come lo fu l’anno scorso ricevere dal sindacalista della Cisl la provocazione di essere una sagra di paese: sono questi i momenti belli che stiamo vivendo, perché il nostro successo è basato sull’insuccesso degli altri, e quando gli altri riconoscono il nostro successo, vuol dire che in parte riconoscono i loro errori. Noi continueremo a gridare a voce alta gli errori dei sindacati nella questione tarantina e nella questione dell’Ilva. E anche quest’anno la grande differenza tra i due palchi sarà che in uno ci saranno le tematiche del lavoro e la musica, nell’altro ci sarà la musica e chissà cosa ne sarà del dibattito politico».
Al terzo anno e dopo due edizioni di successo possiamo dare l’appuntamento con il Primo Maggio di Taranto come un dato acquisito, indietro non si torna.
«Tranquilli non lo si è mai, la manifestazione continua ad essere autoprodotta, indipendente e autofinanziata, i problemi non mancano nel trovare tutti i finanziamenti per accogliere gli ospiti che aumentano di anno in anno, perché se c’è un dato certo è che tra gli artisti c’è grande voglia di partecipare al nostro evento. Dobbiamo per questo ringraziare la Confcommercio di Taranto e tutti i commercianti che hanno capito che questa manifestazione serve a rilanciare la città e a non farci ricordare solo per il problema ambientale, puntiamo insomma all’accoglienza».
Cosa è cambiato in questi tre anni nello spirito della manifestazione?
«Rispetto allo spirito combattivo che avevamo nel primo anno, non è cambiato nulla. Anche perché nel corso degli anni la situazione a Taranto non è affatto migliorata, è anzi anche peggiorata: è sufficiente considerare che per l’ennesima volta è stato partorito dal Governo un decreto che il presidente del Consiglio definisce “salva-Ilva” ma noi chiamiamo con il suo vero nome, che è “ammazza-Taranto”».
Qual è il vostro tema per quest’anno?
«Quest’anno metteremo l’accento sui paradossi con i quali il Governo ci costringe a convivere. A cominciare da quello legato alla giustizia: che giustizia si può avere da un governo che stabilisce nuove regole e attraverso queste nuove leggi permette a un’azienda di continuare ad inquinare? L’Ilva continua ad inquinare e a produrre secondo i parametri che sono stati stabiliti prima dai Riva e oggi dal governo che è ne è a tutti gli effetti l’attuale proprietario. Dunque il tema non è la legalità ma capire quale giustizia. Io mi rifaccio a una canzone di Guccini che dice: “Cercavamo giustizia e invece abbiamo trovato una legge”. Il governo e il presidente del Consiglio con le leggi tutelano un’industria che produce veleni e che ci ammazza uno a uno».
Quali i punti più criticabili del decreto Salva-Ilva?
«Gli investimenti decisi dal governo non riguarderanno la copertura dei parchi minerari, ovvero la fonte più inquinante che abbiamo nel nostro territorio; restano esclusi anche i lavori di sistemazione e ammodernamento degli altiforni; non sarà realizzato il promesso registro tumori; infine, la divisione in “bad” e “new company” renderà impossibili i risarcimenti chiesti attraverso le vertenze avviate dagli operai. I sindacati affrontano il tema solo dal punto di vista occupazionale dei 5 mila lavoratori dell’Ilva, noi invece poniamo l’attenzione su come i 130 mila tarantini che non hanno nulla a che fare con l’Ilva subiscono queste decisioni e si ammalano».
A proposito del concerto, arrivano i Subsonica, torna Caparezza.
«Siamo soddisfatti, anche perché tutti gli artisti oltre a venire gratuitamente aderiscono al nostro manifesto politico. Noi ospitiamo ma non paghiamo i musicisti, paghiamo invece tutti i tecnici e i lavoratori che rendono possibile questa giornata di spettacolo. E questo contrariamente a quanto fanno altri, ma ogni riferimento a manifestazioni concorrenti non è affatto casuale. Siamo anche molto felici di ospitare Marco Travaglio che dal palco ci spiegherà stati partoriti i vari decreti Salva Ilva, avremo Don Palmiro Prisutto che una volta al mese a Gela denuncia i morti di tumore a causa del petrolchimico, e il sindaco di Messina Renato Accorinti, primo oppositore del ponte sullo Stretto. Presenze significative soprattutto se paragonate al nostro sindaco Stefàno e alla Curia tarantina, tutti parte del processo “Ambiente svenduto”». (Repubblica)

Ai posteri la sentenza

Ilva, Corte Ue rigetta ricorso su presunta leucemia da emissioni


La Corte europea per i diritti umani ha dichiarato oggi inammissibile il ricorso di una donna di Taranto, morta nel 2012, che aveva attribuito la propria leucemia alle emissioni inquinanti dell'impianto siderurgico Ilva.
Secondo la Corte di Strasburgo non c'è stata infrazione dell'articolo 2 della Convenzione europea sui diritti umani, quello relativo al diritto alla vita, dice un comunicato.
La vicenda risale al 2006, quando a Giuseppina Smaltini fu diagnosticato una leucemia mieloide acuta. Subito dopo la donna denunciò un manager di Ilva, accusando l'azienda di aver provocato il suo tumore a causa delle emissioni inquinanti. Nel 2008 il gip che si occupava del caso ordinò un'inchiesta epidemiologica, da cui però risultò che l'incidenza della leucemia nel campione di età in cui rientrava la donna non era più elevata a Taranto rispetto ad altre zone italiane.
Dunque, dice il comunicato, pur riconoscendo che le emissioni dell'Ilva potevano avere conseguenze per la salute, gli esperti, sulla base dei dati scientifici disponibili, esclusero l'esistenza di un rapporto di causa-effetto col caso Smaltini.
Nel 2009 il caso approdò a Strasburgo, perché la donna contestava che la giustizia italiana non avesse provato il rapporto di causa tra le emissioni e la leucemia. La donna morì poi nel 2012 di meningite, che non potè essere curata a causa dell'immunodeficienza provocato dal tumore.
Secondo i giudici, che hanno votato all'unanimità il rigetto del ricorso perché "manifestamente infondato", alla luce dei dati scientifici disponibili all'epoca, non è stato dimostrato che le autorità italiane siano venute meno all'obbligo di proteggere la vita della donna, come impone la Convenzione europea. (Reuters)

Cercasi soldi disperatamente

Ilva, tavolo al ministero per attivare linee credito


Il ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi ha ricevuto questo pomeriggio una delegazione di Confindustria Taranto e degli istituti di credito che con loro intrattengono rapporti per sbloccare la situazione delle linee di credito per l'Ilva.
Lo rende noto un comunicato del Mise.
"Il ministro ha dato rassicurazioni quanto all'impegno per una celere attuazione degli strumenti normativi previsti dall'ultimo decreto legge sull'Ilva e ha annunciato l'avvio, già dalla prossima settimana, di un Tavolo Tecnico allargato a tutti gli attori interessati che focalizzi i problemi e individui le soluzioni praticabili", si legge nella nota.
I commissari straordinari "hanno garantito i tempi più celeri negli adempimenti di loro competenza necessari all'accesso delle imprese agli strumenti di finanziamento a disposizione, in particolare l'accesso al Fondo centrale di garanzia".
Il 27 marzo il consiglio dei ministri ha approvato un decreto ministeriale per l'attivazione del fondo turn around che serve fra l'altro alla costituzione del veicolo per permettere il finanziamento dell'Ilva di Taranto. (Reuters)

mercoledì 15 aprile 2015

Qualcuno ha visto un piano?

Un piano per rilanciare la città vecchia di Taranto

A poco più di un mese dal varo dalle legge (la numero 20 del 4 marzo scorso) sull’Ilva e su Taranto, il Comune stringe sul piano per il recupero e la valorizzazione della Città vecchia da presentare al ministero dei Beni culturali. Piano che dovrà essere portato nella prima seduta del Tavolo istituzionale di Palazzo Chigi di cui si attende a breve la convocazione. Accanto al rilancio dell’Ilva, infatti, la legge fa leva su sviluppo del porto, bonifica ambientale, Città vecchia e trasformazione di una parte dell’Arsenale della Marina come museo di archeologia industriale come percorsi nuovi per Taranto. Il tutto da inserire in un Contratto istituzionale di sviluppo, di qui il tavolo di Palazzo Chigi.
«La valorizzazione culturale dovrà caratterizzare il piano per la Città vecchia – osserva il sindaco Ezio Stefàno -, ma noi abbiamo anzitutto bisogno di ricreare in questa parte di Taranto condizioni di vivibilità». I problem i più stringenti riguardano fognature e rete idrica. E ancora – dice il sindaco –, «se vogliamo che la Città vecchia riparta e attragga nuove attività, è indispensabile anche la banda larga».
Il comune ha stimato che costerà circa 3 milioni rifare le condotte idriche e fognanti. E se i fondi non verranno dal governo, sarà il comune a reperirli nel suo bilancio. Così come se il governo non reputerà coerenti con gli obiettivi della legge le scelte progettuali del comune, scatterà da parte di quest'ultimo un'altra proposta: il restauro dei palazzi storici Carducci e Troylo e dell'ex complesso Monteoliveto messo all'asta dall'Agenzia del Demanio.
Intervenire su ciascun palazzo (si parla solo di Carducci e Troylo) costa circa 7 milioni e il comune sta ora completando l’adeguamento dei vecchi progetti. Il Comune vuole farne centri per le associazioni e luoghi di cultura in modo che ci sia fruzione pubblica. Agli interventi del Comune si affiancherebbero quelli dei privati (ma Confindustria Taranto sollecita un piano unico per la Città vecchia), dell'Autorità portuale che, con fondi propri, sistemerebbe la zona a mare che va dal molo San Cataldo al Castello aragonese (lo studio di fattibilità sarà pronto il 5 maggio) e dell'Arcidiocesi, che ha presentato al ministro Dario Franceschini un progetto per il recupero della chiesa della Madonna della Salute. (Sole24h)

martedì 14 aprile 2015

L'eroe per ogni situazione

Ilva, Vendola: «Sul siderurgico la Regione non si è tirata indietro». A novembre una delegazione Ue visiterà la città

"Non ci siamo tirati indietro di fronte a quella che sin dall'inizio appariva la battaglia piu' dura: il grande siderurgico, l'Ilva di Taranto. Li', abbiamo evitato di fare quello che hanno fatto in tutte le altre Regioni, perche' le diossine, il benzo(a)pirene, i veleni dell'Ilva non sono una specialita' pugliese. Sono una specialita' di tutti i Paesi industrializzati". Cosi' il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, nel corso della conferenza stampa con cui ha tracciato un bilancio dei suoi dieci anni di governo. Vendola ha ricordato "la legge" regionale "sulla diossina: il primo strumento innovativo che prova a scoperchiare quella pentola.


Mentre il governo Berlusconi, nell'agosto del 2010, era impegnato con il decreto di ferragosto a spostare di tre anni l'entrata in vigore della direttiva europea sulla qualita' dell'aria, noi abbiamo voluto qui una legge regionale che dicesse che quei limiti erano immediatamente cogenti". "Abbiamo usato - ha proseguito - la nostra competenza legata alla salute dei cittadini e, per quello che e' stata la nostra esperienza, abbiamo voluto fare la legge sulla valutazione di danno sanitario".
"Una rivoluzione - ha rilevato Vendola - perche' in quella legge c'e' scritto che i limiti alle emissioni inquinanti sono un fatto convenzionale. E che, se anche un'emissione e' a regola ma reca pregiudizio alla salute dei cittadini, per noi bisogna fermare la macchina". "Per noi - ha concluso - la salute dei cittadini e' un valore prioritario rispetto a quello delle compatibilita' e delle necessita' economiche. E abbiamo cercato a tutto campo, per la prima volta, di andare nei siti inquinati di interesse nazionale, proponendo ai governi che si sono succeduti, un'opera di bonifica globale e strutturale".
La visita dell'Unione Europea - Dal 3 al 6 novembre prossimi una delegazione di eurodeputati della Commissione per l'ambiente, la sanita' pubblica e la sicurezza alimentare visitera' lo stabilimento Ilva di Taranto. Lo rende noto l'eurodeputata Eleonora Forenza, eletta nella lista 'L'Altra Europa con Tsipras' (gruppo Gue-Ngl), che fa parte della stessa commissione e aveva avanzato la proposta. "Penso sia importante che il Parlamento europeo, che rappresenta i cittadini - dichiara Forenza in una nota - si faccia carico di verificare la situazione, affinche' non si ripetano mai piu' disastri ambientali e per la salute dei cittadini come quello dell'Ilva". La visita "sara' un ulteriore passo, dal punto di vista europeo - conclude Forenza - per valutare come l'Europa potra' e dovra' garantire, e chiedere al governo italiano di farlo, la tutela dell'ambiente, del territorio e dei lavoratori di Taranto".(Quot)