lunedì 30 aprile 2012
Aiaiaia!
venerdì 27 aprile 2012
Ilva in musica
giovedì 26 aprile 2012
Ci voleva lo straniero per notarlo?
mercoledì 25 aprile 2012
Cozze al palo!
lunedì 23 aprile 2012
Taranto, nasce ArcheoTower e la cultura torna protagonista
sabato 21 aprile 2012
Tempi rapidi???
venerdì 20 aprile 2012
Sindacatini ini ini...
Una nuova promessa di manna dall'alto...
giovedì 19 aprile 2012
Candidati facciaffaccia
Legambiente vi invita a partecipare
Venerdì 27 aprile 2012
Sala della Biblioteca civica Pietro Acclavio
Piazza Dante, 8 - Taranto - ore 17.30
Il Circolo Legambiente di Taranto organizza un confronto pubblico tra i candidati alla carica di Sindaco per il Comune di Taranto il giorno 27 aprile alle ore 17.30 presso la Sala della Biblioteca civica Pietro Acclavio in Piazza Dante 8 a Taranto.
Al centro del confronto le questioni ambientali che Legambiente ritiene prioritarie per la città.
Hanno finora assicurato la loro presenza Angelo Bonelli, Dante Capriulo, Massimiliano Di Cuia, Alessandro Furnari, Patrizio Mazza, Ippazio Stefano.
Riteniamo il confronto di sicuro interesse per tutti i cittadini e vi invitiamo a partecipare.
mercoledì 18 aprile 2012
Norme scomode...
Pdl tutela salute in aree a rischio ambientale, audizioni in V commissione
“Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate ad elevato rischio ambientale” al centro delle audizioni questa mattina in V commissione consiliare. All’incontro, presieduto da Donato Pentassuglia, sono intervenuti i rappresentanti delle associazioni di categoria e dei sindacati per presentare osservazioni e integrazioni alla proposta di legge.
"Pur apprezzando il percorso di condivisione avviato dalla commissione su un tema importante come quello della regolamentazione e del contenimento delle emissioni nelle zone fortemente inquinate", il presidente di Confindustria Puglia Angelo Bozzetto, ha manifestato le preoccupazioni delle imprese in merito a misure “troppo restrittive, che potrebbero soffocare ulteriormente il settore produttivo, già indebolito dalle limitazioni per l’accesso al credito. C’è grande allarme - ha ribadito Bozzetto - tra le aziende che rischiano di chiudere per mancanza di competitività sul mercato”.
L’invito dunque alla classe dirigente politica “a coniugare la tutela della salute e dell’ambiente con il sostegno alle attività produttive per la salvaguardia dell’occupazione dei lavoratori, ma soprattutto ad evitare strumentalizzazioni ai fini della campagna elettorale in corso per le elezioni amministrative”.
Condivisione sullo spirito del provvedimento anche da parte dei segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil che pur riconoscendone l’importanza, non ravvisano “alcuna urgenza per l’approvazione della legge, che se non opportunamente corretta, potrebbe rischiare di essere impugnata per incostituzionalità”.
Tra gli aspetti più controversi, l’introduzione della Vis (Valutazione dell’impatto sanitario) che - secondo i sindacati - necessita della predisposizione, da parte della Giunta, di linee guida che ne definiscano il campo d’azione “per evitare che si riveli un ulteriore ostacolo per le imprese”. Critiche anche sulla percentuale di riduzione dei valori delle emissioni fissata al 10%, che “andrebbe invece calibrata in base alle singole emergenze”. Infine, data la necessità di un monitoraggio continuo delle emissioni più nocive da affidare all’Arpa, “andrebbe prima verificato se l’agenzia regionale sia nelle condizioni di svolgere questi compiti aggiuntivi”.
Presenti all’incontro anche i tecnici dell’assessorato all’Ambiente e i legali dell’Avvocatura regionale a cui la commissione ha chiesto di fare ulteriori approfondimenti sugli aspetti sollevati nel corso delle audizioni e di presentare eventuali modifiche al testo, il cui esame è stato rinviato alla prossima seduta.
Ufficio Stampa del Consiglio Regionale della Puglia, Agenzia nr. 1455
Tutti al "tavolo"!
Un tavolo interministeriale affronterà l'emergenza Taranto
Bonifiche, riqualificazione urbana, sviluppo, finanziamenti immediati per il porto al centro del vertice a Palazzo Chigi. Il premier e i ministri del governo Monti hanno incontrato la delegazione pugliese capeggiata da Vendola: chieste misure concrete per salvaguardare l'ambiente e la salute dei cittadini senza mettere a rischio le migliaia di posti di lavoro. A Clini il compito di coordinare i lavori
Un tavolo interministeriale affronterà l'emergenza Taranto
Gli insediamenti industriali di Taranto sono importanti per l'Italia e il governo si è fatto carico dei problemi della città, istituendo un tavolo interministeriale che affronti la questione ambientale, coordinato dal ministro dell'Ambiente Corrado Clini. Il premier Mario Monti risponde all'appello lanciato da enti e istituzioni e ha annunciato la decisione al termine dell'incontro che il presidente del consiglio e i ministri Corrado Passera, Corrado Clini e il sottosegretario alla presidenza del consiglio Antonio Catricalà hanno avuto con il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, il presidente della Provincia di Taranto Giovanni Florido, il sindaco di Taranto Stefano Ippazio e i parlamentari Raffaele Fitto, Nicola La Torre, Ludovico Vico e Antonio Nessa. Per ottenere - spiega una nota di palazzo Chigi - un quadro informativo completo sulla situazione ambientale e socio-economica di Taranto. Al centro della riunione, le questioni delle bonifiche, della riqualificazione urbana, dello sviluppo, dei finanziamenti immediati per il porto.
Il presidente del Consiglio - prosegue il comunicato di palazzo Chigi - ha espresso la volontà del governo di seguire con attenzione particolare le problematiche relative alla città di Taranto, riconoscendo l'importanza per il Paese degli insediamenti industriali del capoluogo ionico, anche costituendo un tavolo con le amministrazioni competenti (Ambiente, Coesione territoriale, Sviluppo economico, Infrastrutture, Salute e Difesa) sotto il coordinamento del ministro Clini. Monti - conclude la
nota - si è rallegrato per la sinergia tra le forze politiche locali, considerandole un auspicio favorevole all'individuazione e adozione delle misure necessarie a dare soluzione alla grave situazione ambientale di Taranto. "Questa è l'occasione per trasformare le sofferenze in opportunità", dice soddisfatto il sindaco Stefano, al termine del vertice a Palazzo Chigi.
"Chiediamo che lo Stato - ha detto il governatore Nichi Vendola - si faccia carico della lunga storia di inquinamento di Stato della città". L'obiettivo del governatore è di "coniugare industria e ambiente, lavoro e salute. Io mi batterò per costruire questo equilibrio". Non servono semplificazioni "che sono figlie di una cultura della sconfitta, mentre il dovere della modernità è quello di coniugare salute e lavoro". Chiudere l'Ilva, ha spiegato il presidente della Regione, "porterebbe cancro e disoccupazione. Lo stabilimento garantisce "12.400 posti di lavoro diretti e cinque o sei mila nell'indotto. Chiudere l'Ilva significherebbe inoltre chiudere un pezzo rilevante dell'industria meccanica italiana". "L'auspicio è che nell'incontro di oggi con il presidente Monti, i ministri Passera e Clini e il sottosegretario Catricalà il governo abbia colto il segnale che abbiamo lanciato. Nei prossimi giorni partirà un tavolo di lavoro tecnico per confezionare un pacchetto di misure concrete, tempestive, per un percorso di rilancio di Taranto".
"Il problema di Taranto diventa un problema nazionale - ha dichiarato a questo proprosito Stefano - il tavolo servirà per tradurre in interventi specifici e immediati misure per l'ambientalizzazione. Anche se quello dell'Ilva, non è più solo un problema ambientale ma si tratta delle mille sofferenze della nostra città. Taranto ha dato da 120 anni alla nazione, e ora chiediamo attenzione al governo". (Repubblica)
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Taranto tra Ilva e ambiente: il governo promette una soluzione
Sulla questione dell’Ilva di Taranto si aprirà un tavolo che coinvolgerà cinque ministeri, quelli dell’Economia, dell’Ambiente, della Difesa, della Coesione territoriale e della Salute, per dare risposte, per mettere in campo interventi, per la bonifica e la tutela dei posti di lavoro. E’ quanto hanno riferito l’assessore regionale all’Ambiente della Puglia Lorenzo Nicastro, il sindaco di Taranto Ippazio Stefano e il presidente della Provincia di Taranto Giovanni Florido, al termine dell’incontro tenutosi il 17 aprile a Palazzo Chigi con il premier Mario Monti, e i ministri dell’Ambiente Corrado Clini e dello Sviluppo economico Corrado Passera. All’incontro era presente anche il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola.
Il tavolo sarà coordinato da Clini: lo comunica Palazzo Chigi. Monti si è anche rallegrato per la “sinergia tra le forze politiche locali”, un “auspicio favorevole all’individuazione e adozione delle misure necessarie a dare soluzione alla grave situazione ambientale di Taranto”. Il premier “ha espresso la volontà del governo di seguire con attenzione particolare le problematiche relative alla città di Taranto, riconoscendo l’importanza per il Paese degli insediamenti industriali del capoluogo ionico”.
No alla chiusura dell’Ilva di Taranto ma diritto alla salute e al lavoro: questa la posizione espressa da Vendola al termine dell’incontro. Chiudere l’Ilva, ha spiegato il governatore pugliese, “porterebbe cancro e disoccupazione”. Vendola ha ricordato che lo stabilimento garantisce “12.400 posti di lavoro diretti e cinque o sei mila nell’indotto. Chiudere l’Ilva significherebbe inoltre chiudere un pezzo rilevante dell’industria meccanica italiana”. “Chiediamo che lo Stato - ha detto Vendola - si faccia carico della lunga storia di inquinamento di Stato della città”. L’obiettivo del governatore e’ di “coniugare industria e ambiente, lavoro e salute. Io mi batterò per costruire questo equilibrio”. Non servono semplificazioni “che sono figlie di una cultura della sconfitta - ha detto Vendola - mentre il dovere della modernità è quello di coniugare salute e lavoro”.
Evidente nelle parole di Vendola il riferimento alla posizione presa da alcune associazioni (Peacelink, Ail, Cittadinanzattiva), che hanno lamentato di “non poter partecipare” ai tavoli in cui si prenderanno le decisioni. In contemporanea alla riunione di governo, i Verdi hanno organizzato un sit-in a Piazza Montecitorio. Il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, ha chiesto al governo “impegni immediati e tangibili per far partire la bonifica, un processo di conversione ecologica di un’area dove, secondo la procura di Taranto, l’inquinamento provoca malattia e morte”.
“Il sindacato preme per un’assunzione di responsabilità delle istituzioni: dal governo ci aspettiamo impegni concreti”. A dirlo è il segretario generale della Cgil di Taranto, Luigi D’Isabella, sentito in mattinata da rassegna.it. “È importante che l’incontro sia stato convocato”, osserva D’Isabella. “Noi chiediamo un impegno per le bonifiche, sia dal punto di vista finanziario sia da quello normativo. Occorre riaprire la procedura ‘Aia’ (l’autorizzazione ambientale del ministero, ndr) per l’Ilva, nell’ottica di nuovi abbattimenti delle emissioni inquinanti, come ha detto anche il ministro Clini. Lo si può fare tenendo in marcia gli impianti, come è stato fatto con le nuove norme per limitare la diossina che hanno posto Taranto all’avanguardia”.
Per il sindacato, poi, è necessario un investimento sugli asset strategici: il porto, le aree demaniali e le infrastrutture: “Siamo convinti che Taranto sia una parte fondamentale per risolvere il problema del Mezzogiorno, non certo la causa. È una partita, quella dell’Ilva, per la quale le parti sociali hanno elaborato una piattaforma comune”.”Al di là di ogni strumentalizzazione elettorale (a Taranto si vota per le amministrative, ndr) - conclude D’Isabella -, siamo convinti che la coesione sociale si mantiene con l’ambientalizzazione delle fabbriche, non con la chiusura. Anche perché l’economia tarantina è vitale per tutto il paese. Per questo chiediamo al governo un’attenzione particolare. È una richiesta legittima, l’impatto ambientale non può pesare solamente sulle spalle di una città che ha già pagato”. (Rassegna.it)
La morte si colora di acciaio
Pollice verso per un dirigente e due capi reparto. Assolto il direttore dello stabilimento
Sono tre i responsabili di una morte bianca avvenuta all’Ilva circa sei anni fa. E’ quanto si evince dalla sentenza emessa ieri dal giudice monocratico del Tribunale di Taranto Fulvia Misseri a conclusione del processo sull’infortunio in cui perse la vita un operaio, Vito Antonio Rafanelli, 33 anni, di Molfetta.
Il giudice, accogliendo la richiesta del pm Remo Epifani, ha condannato a un anno e quattro mesi di reclusione (pena sospesa) per omicidio colposo tre imputati, il dirigente responsabile dell’area tubifici Ilva, Antonio Mignogna e i capi reparto del Tubificio 2, Angelo Raffaele Solito e Siro Cantiani.
Assolto “per non aver commesso il fatto”, invece, il direttore dello stabilimento, Luigi Capogrosso (gli imputati erano difesi, fra gli altri, dall’avvocato Egidio Albanese). Anche per lui il pm aveva chiesto la condanna.
Inoltre, il giudice ha disposto il pagamento di una provvisionale di oltre 10.000 euro e la trasmissione degli atti alla Procura per le valutazioni relative alla posizione di due persone.
La sentenza ha scritto la parola fine sulla triste vicenda dell’operaio Rafanelli, morto il 22 agosto 2006 nel reparto di rianimazione dell’ospedale Santissima Annunziata. Era stato ricoverato cinque giorni prima in seguito all’infortunio verificatosi nel Tubificio 2.
Da quanto emerso dalle indagini, il giovane aveva subito lo schiacciamento del torace mentre lavorava nei pressi della cianfrinatrice (una macchina che avvolge in cilindri le lamine di acciaio). Era impegnato nella smussatura dei bordi dei tubi mossi da appositi rulli sino all’imbocco della macchina. Da quanto si legge nel capo d’imputazione, “un truciolo, di scarto della lavorazione, posizionatosi dinanzi ad un sensore aveva determinato il rallentamento o l’arresto della fase di avanzamento dei tubi ed indotto il Rafanelli, rimasto solo nella posizione di comando ad intervenire personalmente e a frapporsi sulla traiettoria d’ingresso del tubo che, rimosso l’impedimento, veniva sospinto dai rulli della macchina smussatrice investendo l’operaio”.
Le condizioni dello sfortunato lavoratore furono giudicate subito gravissime e ogni tentativo di salvargli la vita si rivelò inutile. Anche il gesto generoso dei colleghi di lavoro della donazione del sangue non servì ad evitare il tragico epilogo.
L’infortunio costato la vita all’operaio fu uno di una lunga serie che in quel periodo inasprì i rapporti fra Ilva e sindacati.
In-Clini agli inceneritori di ogni tipo
«Entro fine mese il decreto per la trasformazione dei rifiuti in combustibile»
L’intervento del ministro dell’ambiente Clini al convegno Aitec - Nomisma
Clini a Napoli per Marevivo«Vareremo entro fine mese un decreto che prevede l’impiego di combustibili solidi secondari nei processi industriali, in particolare nel settore del cemento, che aiuterà anche molte regioni ad uscire dallo stato di emergenza».
A parlare è Corrado Clini, ministro dell’ambiente nell’ambito del suo intervento al convegno di presentazione dello studio Nomisma Energia sui Combustibili solidi secondari (Css), cioè combustibili ricavati dai rifiuti ma diversi dal Combustibile da rifiuti (Cdr).
«L’ uso come combustibile in centrali, cementifici o anche termovalorizzatori può essere una strada da seguire – spiega Clini – per risolvere il problema dei rifiuti, per valorizzare energicamente i rifiuti e per uscire fuori da un circuito nel quale la malavita organizzata ha avuto un ruolo molto importante. Il nostro obiettivo è quello di far uscire i rifiuti dal ciclo ordinario per portarli in un ciclo industriale, qualunque sia: raccolta differenziata, recupero di energia o recupero di materiali».
Quindi, il ministro sottolinea che è sua intenzione «favorire e promuovere un accordo di programma tra il ministero dell’Ambiente, alcune regioni italiane e Aitec (Associazione italiana tecnico economica del cemento, ndr) sulla valorizzazione energetica del Css nelle regioni italiane che sono maggiormente esposte e tutt' ora in una grave situazione di emergenza».
Quindi, affrontando il caso dell’emergenza Roma, chiarisce che la città «non entrerà in emergenza se avrà questa prospettiva, che poi e' quella delle direttive europee e delle leggi nazionali». (Minambiente)
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Due note:
per sapere gli effetti dei rifiuti nei cementifici come combustibili clicca su:
INCENERIMENTO DI RIFIUTI NEI CEMENTIFICI MITI E FATTI
Sui primi effetti di commistioni tra edilizia e rifiuti speciali:
Treviso. Abitazioni costruite con la cenere anzichè con il calcestruzzo
Usate ceneri nocive degli inceneritori. E’ successo in provincia di Treviso, e potrebbe accadere ancora….
Incredibile ma vero: a Musestre, in provincia di Treviso, qualche settimana fa è stata abbattuta una nuova abitazione per via del cemento che aveva una qualità scarsa, anzi scarsissima. E’ in infatti risultato insufficientemente robusto per reggere l’edificio della dottoressa Elisabetta Merloni, la farmacista del paese, che si stava facendo costruire la casa dall’impresa Cfr sas di Rizzo & C., che a sua volta aveva acquistato il cemento dalla Mac Beton spa... (per continuare a leggere clicca qui)
martedì 17 aprile 2012
Due morti al mese per i veleni dell'Ilva
«Ecco come risanare salvando i nostri operai»
«L’inquinamento dell’Ilva a Taranto pesa tre volte di più dei residenti. Circa 250 chilogrammi di inquinanti per ogni cittadino e due decessi al mese per inquinamento». A sostenerlo è il presidente di Peacelink, Alessandro Marescotti, che ha citato i dati delle perizie, chimica e medica, in mano alla procura nell’ambito dell’inchiesta a carico dei vertici e dei dirigenti dell’azienda per disastro ambientale. Ieri pomeriggio, alla vigilia del vertice tra i rappresentanti degli enti locali pugliesi e tarantini con il premier Mario Monti, i rappresentanti del mondo ambientalista tarantino, a Roma, nella sala stampa della Camera dei deputati, hanno parlato di «Ilva: emergenza ambientale e occupazionale a Taranto». Al centro il progetto di messa in sicurezza della falda acquifera che potrebbe rendere protagonisti del disinquinamento «gli stessi lavoratori Ilva che oggi rischiano la cassa integrazione in caso di sequestro, da parte della magistratura, di alcuni impianti dell’area a caldo». Con questa iniziativa «si potranno tenere insieme le diverse esigenze: combattere l’inquinamento, la salute dei cittadini e l’occupazione».
Oggi pomeriggio, intanto, Taranto avvia con il governo-Monti il confronto sul futuro della città. Al centro del dibattito la grande questione ambientale e il rapporto con la grande industria, ma il discorso non rimarrà confinato e ristretto a questo ambito. I rappresentanti degli enti locali vogliono introdurre il concetto del risarcimento come unica soluzione capace di restituire ai tarantini quanto hanno dato nei decenni all’Italia in termini di servitù militari e aree per l’industria, ricevendone in cambio stipendi e redditi, ma anche inquinamento e malattie. A fronte dei danni ambientali, oggi certificati, Taranto chiede con forza un sostegno al governo nazionale per portare avanti una complessiva azione di risarcimento ambientale da porre al servizio di una nuova stagione di sviluppo e di diversificazione produttiva. Il passaggio centrale è l’indispensabile e massiccio finanziamento delle bonifiche del suolo e dell’acqua avvelenati da decenni di presenza industriale senza controlli sulle emissioni. A Palazzo Chigi saranno presenti il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, l’assessore Lorenzo Nicastro, il sindaco di Taranto Ezio Stefàno, il presidente della Provincia Gianni Florido e una delegazione di parlamentari pugliesi. Assenti, perché non convocate, le organizzazioni sindacali, anche se Fim e Uilm hanno organizzato un presidio in piazza Montecitorio. I due sindacati di categoria intendono ribadire «l’esigenza di ottenere risposte idonee e concrete capaci di garantire il miglioramento della situazione ambientale attraverso la bonifica dei siti inquinati e programmi in grado di coniugare ambiente, lavoro e continuità produttiva». Saranno presenti anche i verdi e gli ecologisti insieme ai cittadini di Taranto. I Verdi chiedono «impegni immediati e tangibili per far partire la bonifica di un’area dove, secondo la procura di Taranto, inquinamento provoca malattia e morte». L’incontro con il premier Mario Monti è il frutto di un’iniziativa bipartisan.
Cesare Bechis (CdS)
IL SIT-IN - E’ previsto a partire dalle ore 15, in Piazza Montecitorio (dietro l’Obelisco), un sit-in dei Verdi e degli Ecologisti insieme ai cittadini di Taranto. “Chiediamo che la città più inquinata d’Europa torni a respirare”. Dichiara il Presidente dei Verdi Angelo Bonelli che chiede al Governo “impegni immediati e tangibili per far partire la bonifica di un’area dove, secondo la procura di Taranto, inquinamento provoca malattia e morte. Taranto, città che tanto ha sofferto in termini di vite umane, a causa dell’inquinamento va avviato un processo di conversione ecologica. Bisogna fare quello che è già stato fatto a Pittsburgh e a Bilbao, città che non solo hanno chiuso con l’inquinamento ma che sono diventate esempio di qualità della vita e di innovazione – conclude Bonelli -. I cittadini di Taranto hanno diritto ad un futuro diverso ed è un dovere del governo porre le basi per uscire, finalmente, da un’economia alla diossina che provoca ‘malattie e morte’”.(inchiostroverde)
Ilva, processo al disastro
di Antonietta Demurtas
Se i muri potessero parlare, quelli della procura di Taranto direbbero che sull'inchiesta che vede indagati cinque dirigenti dell’Ilva per disastro ambientale, il rinvio a giudizio è vicino. E che prima dell'estate dovrebbe aprirsi un processo penale che potrebbe stravolgere giurisprudenza e imprese italiane ben più del caso Eternit.
Questa volta, infatti, fra gli imputati non c'è un'azienda chiusa da 20 anni, ma un impianto siderurgico attivo che impiega 11.600 dipendenti diretti, più 2.500 dell'indotto.
DISASTRO AMBIENTALE. Una responsabilità che grava sulle spalle del piccolo tribunale di Taranto e del procuratore capo Franco Sebastio. Che ha avviato una complessa indagine nei confronti dei responsabili dell’impianto siderurgico in relazione alle gravissime ipotesi di reato (disastro doloso, avvelenamento di terreni e sostanze alimentari, danneggiamento aggravato e violazioni alla normativa in materia di inquinamento atmosferico) in danno alla comunità.
Sull'esito del procedimento, però, il procuratore non esclude alcuna possibilità, neppure l'archiviazione del caso. «Stiamo valutando. Il nostro compito è fare chiarezza», dice a Lettera43.it.
«La vita di una persona non può essere barattata con 10 mila posti di lavoro»
Franco Sebastio, procuratore capo di Taranto.
Franco Sebastio, procuratore capo di Taranto.
Per ora a parlare è una perizia medico-epidemiologica disposta dalla procura che ha rilevato una connessione tra le malattie, le morti causate da tumori e l'inquinamento prodotto dall'Ilva. Accertati 174 decessi per tumore in sette anni. In particolare, nei quartieri Tamburi e Borgo, a ridosso dell'acciaieria, sarebbe stato registrato il quadruplo di mortalità e il triplo di ricoveri per malattie cardiache rispetto al resto della città.
Quanto allo stato di salute degli operai della industria siderurgica, il quadro di compromissione, scrivono gli esperti, «è confermato dall'analisi dei ricoveri ospedalieri con diverse diagnosi di tumori, e malattie cardiovascolari e respiratorie».
LA SCELTA TRA DUE DIRITTI. Ma è proprio sul difficile rapporto tra ambiente e occupazione che la città rischia ancora una volta di dividersi. Ed è sulla difesa di due diritti costituzionali fondamentali come quello alla salute e al lavoro che la procura è chiamata a misurarsi.
Su quale scegliere, però, i dubbi sono subito archiviati: «Nella nostra Costituzione c'è un solo diritto che, non solo ha valore assoluto, ma non accetta il minimo contemperamento anche in presenza di altri diritti tutelati dalla Carta, ed è il diritto alla vita, ovvero alla salute», ribadisce Sebastio.
AL PRIMO POSTO LA VITA. Per il procuratore non esiste quindi un ragionamento del tipo: per 1.000 posti possiamo accettare tre o quattro morti. «Neppure la vita di una sola persona può essere barattata con 10 mila posti di lavoro, la nostra Costituzione è strutturata in questa maniera».
Eppure i tarantini convivono con questi problemi più o meno dal 1965, quando aprì il colosso siderurgico Italsider, l'azienda di Stato ribattezzata poi Ilva negli Anni 90 dal nuovo proprietario, l'imprenditore bresciano Emilio Riva.
LA GIUSTIZIA VIGILA DAL 1982. A chi però si domanda come mai si sia arrivati solo oggi a questo procedimento giudiziario, Sebastio risponde senza esitazioni: «La prima sentenza del tribunale di Taranto con la quale l'Italsider venne condannata per la diffusione delle polveri dei parchi minerari sul quartiere Tamburi la feci io da pretore nel luglio del 1982».
Da quella data in poi ci sono stati almeno altri cinque procedimenti penali dei quali l'attuale procuratore si è sempre interessato e «che si sono tutti conclusi con sentenza di condanna definitiva», sottolinea.
Ora quello che potrebbe aprirsi prima dell'estate è un processo che nasce da tre grossi procedimenti penali avviati circa due anni e mezzo fa, a cui se ne aggiungono altri due per l'esposizione all'amianto di alcuni operai.
Dopo l'indagine della procura a Roma si apre il tavolo Emergenza Taranto
Mario Monti durante il Consiglio dei ministri.
Mario Monti durante il Consiglio dei ministri.
La procura di Taranto non accetta quindi la critica che spesso le è stata mossa di aver chiuso un occhio davanti alle morti dell'Ilva. Il loro lento operare è giustificato dal fatto che le capacità operative e organizzative non sono le stesse di «altri tribunali più fortunati».
«Non è che ci siamo svegliati improvvisamente oggi dopo anni di silenzio, c'è stata una escalation di processi con numerosi di capi di imputazione quasi a voler dire: non fateci arrivare agli estremi, non fateci arrivare al disastro ambientale».
DIOSSINA: 1.000 ANIMALI ABBATTUTI. Poi però «quando si arriva al punto che si devono abbattere oltre 1.000 capi di bestiame perché le carni sono contaminate dalla diossina e si devono spostare le coltivazioni di mitili dal Mar Piccolo al Mar Grande allora le cose cambiano». Quando si arriva a questi estremi allora il capo di imputazione non può che essere altrettanto pesante.
LA CITTÀ PIÙ INQUINATA D'EUROPA. Ma quella di Taranto, la città più inquinata d'Europa, è una situazione nota a tutti. È stata però la procura a dover disporre la prima indagine epidemiologica. E visti gli esiti della perizia disposta dal gip Patrizia Todisco, è stato poi ancora una volta il procuratore Sebastio, con una lettera, a sollecitare le istituzioni (ministero dell'Ambiente, Regione, Provincia e Comune) a intervenire per tutelare la salute dei cittadini tarantini.
IL 17 APRILE IL TAVOLO A ROMA. Perché allora tutti gli organi pubblici preposti non hanno fatto niente? «Ho saputo che la risposta alla mia lettera è stata: apriamo un tavolo». Ed è infatti Emergenza Taranto il tema della riunione convocata alla presidenza del Consiglio dei ministri a Roma il 17 aprile.
Ma visto che «un magistrato non può aprire tavoli», ancora una volta il procuratore ricorda: «Noi accertiamo responsabilità penali, di reati. Non possiamo interessarci di quelle economiche, politiche e sociali». Perché, «la magistratura non fa la lotta all'inquinamento».
E sul lavoro: «È scorretto scaricare questi problemi sulla magistratura»
Franco Sebastio, procuratore capo di Taranto.
(© LaPresse) Franco Sebastio, procuratore capo di Taranto.
Altri sono infatti gli organi che dovrebbero lottare contro l'inquinamento. Così come sono altre le istituzioni che dovrebbero occuparsi della questione occupazionale, che grava come una spada di Damocle sulla testa degli operai in caso si aprisse il processo.
7 MILA OPERAI IN PIAZZA. La manifestazione dei lavoratori Ilva organizzata proprio il giorno della chiusura dell'incidente probatorio ha infatti creato una forte pressione sui magistrati. «Il problema qui è che parliamo di una fabbrica che occupa 15 mila persone», si rabbuia il procuratore al pensiero dei lavoratori in apprensione, «ma è scorretto scaricare questi problemi sulla magistratura».
Vedere 7 mila operai scendere in piazza non è da tutti i giorni, soprattutto in una città dove le manifestazioni, anche quando sono organizzate dai sindacati, non raggiungono mai numeri così alti. Se non altro perché per portare in piazza 7 mila operai Ilva si dovrebbe bloccare la produzione, a meno che l'azienda non organizzi la dovuta copertura dei turni.
UNA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE. E in questi mesi l'azienda si è adoperata non poco per mettere sotto i riflettori la vicenda. Non solo ha infatti permesso ai dipendenti di scioperare timbrando comunque il cartellino, ma ha avviato una campagna di comunicazione.
Ci sono i messaggi, come quello che conclude lo spot nei cinema e i passaggi televisivi nelle tivù locali: «Ilva c’è un mondo dentro», o «Non fermarti alle apparenze», come appare nella pubblicità sui quotidiani, spot radio e bus dell’azienda dei trasporti extraurbani Ctp.
Pressioni mediatiche che non preoccupano però la procura: «Decideremo con serenità nei tempi giusti perché queste sono decisioni che devono essere adeguatamente meditate».
In attesa di una decisione ufficiale è sintomatico che tutti i processi che la procura abbia fatto in materia di inquinamento si siano conclusi con sentenza di condanna definitiva. Eccetto uno, sull'inquinamento delle cokerie, che per una settimana è andato prescritto in Cassazione. Ma è stata comunque confermata la condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili che si erano costituite. (lettera43)
conferenza stampa su Ilva a Roma
Nella sala stampa della Camera del Deputati si e' svolta alle ore 16 la conferenza stampa sul tema "Ilva: emergenza ambientale e occupazionale a Taranto".
Hanno relazionato Alessandro Marescotti (PeaceLink), Biagio De Marzo (Altamarea), Nicola Massimo Tarquinio (Cittadinanzattiva e Tribunale dei Diritti del Malato Puglia), Francesco Ricciardi (esperto di progetti di riqualificazione e di finanziamenti europei), Paola D'Andria (Ail Taranto).
E' stato presentato un progetto di messa in sicurezza di emergenza della falda acquifera dell'Ilva di Taranto. Tale provvedimento e' obbligatorio per legge ma dal 2009, nonostante i ripetuti solleciti dell'Arpa Puglia, non e' mai stato attivato nonostante venisse sollecitato nel documento del Ministero dell'Ambiente prot.696/TRI/DI dell'11/1/2011.
"Si ribadisce la richiesta all'azienda di adottare, ad horas, i necessari interventi", vi si legge. La Conferenza dei servizi aggiungeva: "In mancanza, si richiede al Comune l'emanazione di apposita ordinanza di diffida per l'adozione dei citati interventi a salvaguardia della salute umana e dell'ambiente".
Cio' nonostante la messa in sicurezza d'emergenza della falda sotto l'Ilva non e' stata realizzata.
La conferenza alla Camera ha evidenziato come questa "grande opera" su un'area due volte la citta' di Taranto potrebbe rendere protagonisti del disinquinamento gli stessi lavoratori Ilva che oggi rischiano la cassa integrazione in caso di sequestro - da parte della magistratura - di alcuni impianti dell'area a caldo.
Il progetto presentato prevede la formazione dei lavoratori e il sostegno al reddito con il FSE (Fondo Sociale Europeo), ulteriori forme di integrazione del reddito dei cassintegrati e l'uso dei fondi europei FESR per la progettazione e i lavori di bonifiche.
A tali fondi derivanti dalla programmazione regionale, potrebbero essere affiancati quelli derivanti dalla programmazione nazionale (Pon) e da fondi ex-FAS (sviluppo e coesione).
Tali interventi non sono preclusivi dell'applicazione del principio europeo secondo il quale "chi inquina paga".
Il documento presentato si puo' scaricare www.peacelink.it
Alla conferenza hanno assistito parlamentari e giornalisti.
Per Peacelink
Alessandro Marescotti
25 Aprile: liberiamo Taranto!
La globalizzazione del debito pubblico ha fatto si che le misure restrittive come le abolizioni dei diritti, fossero viste come unica via di ripresa sociale, permettendo che si diffondesse la rassegnazione al sacrificio individuale. E così vengono approvate a raffica manovre di diminuzione del reddito, di eliminazione del diritto al lavoro, all’accessibilità della cultura, e di privatizzazioni dei beni comuni. La dittatura delle banche impone ai governi europei continui adeguamenti di diminuzione del debito pubblico, in modo da poter attuare sistemi finanziari volti ad un ulteriore accrescimento dei profitti. La politica nazionale, in tutto questo, gioca un vergognoso ruolo di accondiscendenza al governo tecnico, che ha permesso in alcune situazioni di svelare la reale tendenza di alcuni partiti politici. Come ad esempio le ultime vicende sulla TAV o sull’articolo 18, in cui senza poi troppe sorprese, sindacati e partiti di “sinistra” si sono piegati al potere.
La cittadinanza non sempre assiste passivamente a questi giochi di governo…Si respira tra la gente un’aria di sfiducia, che porta a pensare ad una necessità di cambiamento della politica, così come sono stati abituati ad intenderla. Le analisi che i movimenti cercano di portare avanti da anni sulle forme di dissenso e liberazione dalle istituzioni, di appropriazione dei diritti secondo una logica autogestita che parta da l basso, assumono oggi caratteri diversi nelle vite delle città.
A Taranto, come in molte altre, si sviluppa il desiderio di mettersi in prima persona a gestire le sorti del proprio territorio, determinando così un grosso accrescimento di liste civiche nelle campagne elettorali. Spinti collettivamente dall’idea di una politica diversa, quanto siamo sicuri che il concetto di delega istituzionale possa funzionare contro l’abbattimento di poteri forti, comandati e stabiliti dagli organi di stato? L’idea di lottare per sviluppare una coscienza di partecipazione attiva sarebbe forse un punto migliore di partenza per assicurare un futuro diverso in cui l’individuo autodetermina e gestisce i propri bisogni ed i propri diritti, ed in cui si stimola dal basso la creazione di meccanismi per affrontare la crisi e riprendersi il proprio futuro.
La liberazione non può essere solo una ricorrenza. Storicamente l'Italia non è mai stata completamente liberata dal fascismo, i vecchi fascisti mascherati da liberali continuavano ad essere presenti nei centri nevralgici del potere. È proprio questo che rende la necessità della liberazione sempre più attuale in quanto i vecchi fascismi diventano sempre più subdoli e pericolosi, questa compenetrazione ha favorito lo svuotamento della 'democrazia' alimentando le disuguaglianze sociali.
Taranto diventa uno degli esempi concreti di questa tendenza: i cittadini continuano a subire l'inquinamento della grande industria, le coste continuano ad essere colonizzate dalla marina militare, il degrado dei quartieri diventa oggetto di speculazioni e i diritti fondamentali (acqua, sanità ecc..) non vengono garantiti, anzi privatizzati, l'aumento del tasso di disoccupazione e precarietà continuano ad alimentare il ricatto occupazionale, viene marcata la flessibilità lavorativa con gli attacchi all'articolo 18 da parte dell'attuale governo nazionale già responsabile di una macelleria sociale senza precedenti.
Su questi elementi scenderemo in piazza il 25 Aprile per la costruzione di una manifestazione che esprima la necessità di coniugare il passato con il presente, per una nuova fase di coinvolgimento e partecipazione diretta, decisa dalle istanze popolari, rendendo il concetto di liberazione quanto più concreto ed attuale possibile.
IL CORTEO PARTIRÀ ALLE 9.00 DA PIAZZA EBALIA E FINIRÀ IN PIAZZA MARCONI
Assemblea per il 25 Aprile Taranto
Se i muri (della procura di Taranto) potessero parlare...
VERSO LA SENTENZA
Ilva, processo al disastro
Taranto fa i conti con l'emergenza ambientale e il lavoro.
di Antonietta Demurtas
da Taranto
Se i muri potessero parlare, quelli della procura di Taranto direbbero che sull'inchiesta che vede indagati cinque dirigenti dell’Ilva per disastro ambientale, il rinvio a giudizio è vicino. E che prima dell'estate dovrebbe aprirsi un processo penale che potrebbe stravolgere giurisprudenza e imprese italiane ben più del caso Eternit.
Questa volta, infatti, fra gli imputati non c'è un'azienda chiusa da 20 anni, ma un impianto siderurgico attivo che impiega 11.600 dipendenti diretti, più 2.500 dell'indotto.
DISASTRO AMBIENTALE. Una responsabilità che grava sulle spalle del piccolo tribunale di Taranto e del procuratore capo Franco Sebastio. Che ha avviato una complessa indagine nei confronti dei responsabili dell’impianto siderurgico in relazione alle gravissime ipotesi di reato (disastro doloso, avvelenamento di terreni e sostanze alimentari, danneggiamento aggravato e violazioni alla normativa in materia di inquinamento atmosferico) in danno alla comunità.
Sull'esito del procedimento, però, il procuratore non esclude alcuna possibilità, neppure l'archiviazione del caso. «Stiamo valutando. Il nostro compito è fare chiarezza», dice a Lettera43.it.
«La vita di una persona non può essere barattata con 10 mila posti di lavoro»
Per ora a parlare è una perizia medico-epidemiologica disposta dalla procura che ha rilevato una connessione tra le malattie, le morti causate da tumori e l'inquinamento prodotto dall'Ilva. Accertati 174 decessi per tumore in sette anni. In particolare, nei quartieri Tamburi e Borgo, a ridosso dell'acciaieria, sarebbe stato registrato il quadruplo di mortalità e il triplo di ricoveri per malattie cardiache rispetto al resto della città.
Quanto allo stato di salute degli operai della industria siderurgica, il quadro di compromissione, scrivono gli esperti, «è confermato dall'analisi dei ricoveri ospedalieri con diverse diagnosi di tumori, e malattie cardiovascolari e respiratorie».
LA SCELTA TRA DUE DIRITTI. Ma è proprio sul difficile rapporto tra ambiente e occupazione che la città rischia ancora una volta di dividersi. Ed è sulla difesa di due diritti costituzionali fondamentali come quello alla salute e al lavoro che la procura è chiamata a misurarsi.
Su quale scegliere, però, i dubbi sono subito archiviati: «Nella nostra Costituzione c'è un solo diritto che, non solo ha valore assoluto, ma non accetta il minimo contemperamento anche in presenza di altri diritti tutelati dalla Carta, ed è il diritto alla vita, ovvero alla salute», ribadisce Sebastio.
AL PRIMO POSTO LA VITA. Per il procuratore non esiste quindi un ragionamento del tipo: per 1.000 posti possiamo accettare tre o quattro morti. «Neppure la vita di una sola persona può essere barattata con 10 mila posti di lavoro, la nostra Costituzione è strutturata in questa maniera».
Eppure i tarantini convivono con questi problemi più o meno dal 1965, quando aprì il colosso siderurgico Italsider, l'azienda di Stato ribattezzata poi Ilva negli Anni 90 dal nuovo proprietario, l'imprenditore bresciano Emilio Riva.
LA GIUSTIZIA VIGILA DAL 1982. A chi però si domanda come mai si sia arrivati solo oggi a questo procedimento giudiziario, Sebastio risponde senza esitazioni: «La prima sentenza del tribunale di Taranto con la quale l'Italsider venne condannata per la diffusione delle polveri dei parchi minerari sul quartiere Tamburi la feci io da pretore nel luglio del 1982».
Da quella data in poi ci sono stati almeno altri cinque procedimenti penali dei quali l'attuale procuratore si è sempre interessato e «che si sono tutti conclusi con sentenza di condanna definitiva», sottolinea.
Ora quello che potrebbe aprirsi prima dell'estate è un processo che nasce da tre grossi procedimenti penali avviati circa due anni e mezzo fa, a cui se ne aggiungono altri due per l'esposizione all'amianto di alcuni operai.
Dopo l'indagine della procura a Roma si apre il tavolo Emergenza Taranto
La procura di Taranto non accetta quindi la critica che spesso le è stata mossa di aver chiuso un occhio davanti alle morti dell'Ilva. Il loro lento operare è giustificato dal fatto che le capacità operative e organizzative non sono le stesse di «altri tribunali più fortunati».
«Non è che ci siamo svegliati improvvisamente oggi dopo anni di silenzio, c'è stata una escalation di processi con numerosi di capi di imputazione quasi a voler dire: non fateci arrivare agli estremi, non fateci arrivare al disastro ambientale».
DIOSSINA: 1.000 ANIMALI ABBATTUTI. Poi però «quando si arriva al punto che si devono abbattere oltre 1.000 capi di bestiame perché le carni sono contaminate dalla diossina e si devono spostare le coltivazioni di mitili dal Mar Piccolo al Mar Grande allora le cose cambiano». Quando si arriva a questi estremi allora il capo di imputazione non può che essere altrettanto pesante.
LA CITTÀ PIÙ INQUINATA D'EUROPA. Ma quella di Taranto, la città più inquinata d'Europa, è una situazione nota a tutti. È stata però la procura a dover disporre la prima indagine epidemiologica. E visti gli esiti della perizia disposta dal gip Patrizia Todisco, è stato poi ancora una volta il procuratore Sebastio, con una lettera, a sollecitare le istituzioni (ministero dell'Ambiente, Regione, Provincia e Comune) a intervenire per tutelare la salute dei cittadini tarantini.
IL 17 APRILE IL TAVOLO A ROMA. Perché allora tutti gli organi pubblici preposti non hanno fatto niente? «Ho saputo che la risposta alla mia lettera è stata: apriamo un tavolo». Ed è infatti Emergenza Taranto il tema della riunione convocata alla presidenza del Consiglio dei ministri a Roma il 17 aprile.
Ma visto che «un magistrato non può aprire tavoli», ancora una volta il procuratore ricorda: «Noi accertiamo responsabilità penali, di reati. Non possiamo interessarci di quelle economiche, politiche e sociali». Perché, «la magistratura non fa la lotta all'inquinamento».
E sul lavoro: «È scorretto scaricare questi problemi sulla magistratura»
Altri sono infatti gli organi che dovrebbero lottare contro l'inquinamento. Così come sono altre le istituzioni che dovrebbero occuparsi della questione occupazionale, che grava come una spada di Damocle sulla testa degli operai in caso si aprisse il processo.
7 MILA OPERAI IN PIAZZA. La manifestazione dei lavoratori Ilva organizzata proprio il giorno della chiusura dell'incidente probatorio ha infatti creato una forte pressione sui magistrati. «Il problema qui è che parliamo di una fabbrica che occupa 15 mila persone», si rabbuia il procuratore al pensiero dei lavoratori in apprensione, «ma è scorretto scaricare questi problemi sulla magistratura».
Vedere 7 mila operai scendere in piazza non è da tutti i giorni, soprattutto in una città dove le manifestazioni, anche quando sono organizzate dai sindacati, non raggiungono mai numeri così alti. Se non altro perché per portare in piazza 7 mila operai Ilva si dovrebbe bloccare la produzione, a meno che l'azienda non organizzi la dovuta copertura dei turni.
UNA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE. E in questi mesi l'azienda si è adoperata non poco per mettere sotto i riflettori la vicenda. Non solo ha infatti permesso ai dipendenti di scioperare timbrando comunque il cartellino, ma ha avviato una campagna di comunicazione.
Ci sono i messaggi, come quello che conclude lo spot nei cinema e i passaggi televisivi nelle tivù locali: «Ilva c’è un mondo dentro», o «Non fermarti alle apparenze», come appare nella pubblicità sui quotidiani, spot radio e bus dell’azienda dei trasporti extraurbani Ctp.
Pressioni mediatiche che non preoccupano però la procura: «Decideremo con serenità nei tempi giusti perché queste sono decisioni che devono essere adeguatamente meditate».
In attesa di una decisione ufficiale è sintomatico che tutti i processi che la procura abbia fatto in materia di inquinamento si siano conclusi con sentenza di condanna definitiva. Eccetto uno, sull'inquinamento delle cokerie, che per una settimana è andato prescritto in Cassazione. Ma è stata comunque confermata la condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili che si erano costituite.
Martedì, 17 Aprile 2012
lunedì 16 aprile 2012
Piccolo spazio pubblicità...
TARANTO - Sotto processo per inquinamento, l’Ilva attacca con una campagna di comunicazione. E manda in campa Luca Basile, uno dei suoi migliori tecnici ambientali. È il protagonista dello spot di trenta secondi che l’azienda ha realizzato e manda da ieri in onda su tv private e nei cinema. Ma questo è solo un pezzo della campagna che coinvolge anche giornali e radio locali. L’ingegnere tipo scelto dall’Ilva non è a caso uno specialista di ambiente. L’inquinamento è il tema ormai da mesi accostato all’immagine del centro siderurgico. La campagna pubblicitaria avrà una durata di quattro settimane. Tre le sale cinematografiche interessate. L’Ilva vuole diffondere messaggi che mettano in evidenza il lavoro dei dipendenti, il rapporto con la città e l’ambiente in un momento delicato per lo stabilimento, sotto inchiesta della Procura di Taranto per le emissioni inquinanti e le morti procurate. Luca Basile nella realtà non esiste, ma rappresenta, nelle intenzioni dell’azienda, gli 11.500 dipendenti Ilva. I messaggi recitano, come quello che conclude lo spot nei cinema e i passaggi televisivi nelle tv locali: «Ilva c’è un mondo dentro», o «Non fermarti alle apparenze», come appare nella pubblicità sui quotidiani, spot radio e bus dell’azienda dei trasporti extraurbani Ctp.
Gli spot video sono realizzati dall’agenzia di comunicazione genovese Roense, che conta tra i suoi clienti grosse società, come le multinazionali di elettronica Sony Ericsson e Kenwood e la famiglia dei vini Fratelli Gancia. È la prima volta che le pubblicità dell’Ilva compaiono sugli schermi dei cinema o sulle fiancate degli autobus. «Sono in molti - spiega Andrea Rogazione, responsabile dell’ufficio comunicazione dell’Ilva - a giudicare il nostro stabilimento in modo superficiale e spesso frutto di pregiudizi. La nuova campagna, non vuole raccontare un’altra verità, ma è un forte invito per tutti a riflettere su ciò che difficilmente viene raccontato: un mondo di persone, di professionalità e di impegno». «Lo spot aziendale non può essere confuso con la manifestazione del 30 marzo che ha visto spontaneamente scendere in strada 7 mila lavoratori - racconta un ingegnere Ilva che vuole rimanere anonimo - anche se io, personalmente, come tarantino e tecnico dello stabilimento, mi riconosco nella figura di Luca Basile, l’ingegnere dello spot». In quella marcia, con tecnici e operai l’uno accanto all’altro, c’era anche Giuse Alemanno, operaio da dieci anni delle officine Ilva nonché scrittore e autore di «Invisibili», il racconto degli operai dentro la grande fabbrica. «Montavo di turno alle 15, ho visto la marea di lavoratori e mi sono accodato, perché sono sempre dalla parte degli operai - spiega Alemanno - che hanno diritto di conoscere la verità. Una verità su ambiente e salute a Taranto, che oggi nessuno conosce e nessuno è in grado di fornire, ma che deve essere l’unica strada per trovare un giusto equilibrio tra chi difende il proprio lavoro e chi non vuole morire. A partire da chi c’è dentro. La pubblicità dell'Ilva, al cinema e sui bus, non mi sorprende, ma mi trova indifferente come tutte le pubblicità commerciali che tentano di aggredire l’occhio del passante». La campagna pubblicitaria dell’Ilva fa parte di un’aperta strategia comunicativa dell’azienda, che va dall’informazione sui propri investimenti in campo ambientale e della sicurezza sul lavoro, alla pubblicazione di un trimestrale con una tiratura di 35 mila copie, chiamato «Il Ponte», come il ponte girevole simbolo della città e come il legame comunicativo che l’azienda cerca con i propri dipendenti ed ex dipendenti. Nella strategia rientra anche il monitoraggio di siti internet e gruppi Facebook. Inoltre, ogni anno viene presentato alla stampa il rapporto su sicurezza e lavoro e vengono organizzate le visite delle scuole nello stabilimento. Per i ragazzi è stata promossa, con l’Inail e l’Ufficio scolastico provinciale, una campagna di comunicazione sulla prevenzione degli incidenti con il concorso «Guidiamo la vita». Due anni fa, invece, era stato ideato un giochino via internet, accessibile attraverso il sito, dove un omino operaio era impegnato a raccogliere minerali che piovevano dal cielo provenienti da una nave attraccata al porto. Più minerale si raccoglieva più punti si ottenevano.
Gino Martina (CdM)