sabato 14 aprile 2012

L'Ilva? Una fabbrica di profumi e caramelle! Stefano ancora figuraccia!

Ovviamente una fine prevedibile per un'ordinanza scritta male (per caso?)... quasi che fosse sicuro che venisse rigettata! Complimenti al nostro sindaco (inutile)!

Lo stop dal Tar «Inquinamento all’Ilva Stefàno ha esagerato»

di MIMMO MAZZA
TARANTO - «Le misure individuate dal sindaco Stefàno sono ulteriori rispetto a quelle previste dall’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata all’Ilva e non appaiono finalizzate a fronteggiare nell’immediato una emergenza sanitaria». Il Tribunale amministrativo di Lecce prolunga il congelamento dell’ordinanza firmata dal primo cittadino di Taranto lo scorso 25 febbraio, dopo gli esiti della perizia disposta dalla magistratura, per imporre all’Ilva limiti più stringenti sulle emissioni inquinanti e rinvia al 11 luglio per la discussione nel merito.

I giudici amministrativi avevano d’urgenza disposto la sospensione degli effetti dell’ordinanza lo scorso 20 marzo, decisione ribadita ieri con un nuovo provvedimento, assunto dopo aver ascoltato in camera di consiglio i legali di Comune, Provincia e Ministero dell’Ambiente. Il sindaco Stefàno, in particolare, dopo aver ricevuto una lettera da parte del procuratore capo Franco Sebastio con la quale si segnalavano i primi esiti dell’inda gine penale nei confronti dei responsabili dello stabilimento siderurgico e si sollecitava una iniziativa per la tutela della salute della popolazione tarantina, aveva ordinato all'Ilva di procedere entro e non oltre 30 giorni dalla notifica dell’ordinanza, alla installazione sul camino E312 dell'impianto di agglomerazione di un sistema di campionamento di lungo periodo; di adottare idonee ed efficienti modalità di contenimento del sistema di scarico delle polveri abbattute dagli elettrofiltri Esp e Meep a servizio del camino E312; di realizzare un adeguato sistema di abbattimento polveri relativo alle acciaierie; di evitare o minimizzare le emissioni fuggitive; di limitare la produzione effettiva e non oltre 10 milioni di tonnellate annue.

Secondo i giudici del Tar, però, tali misure rientrano nella revisione dell’Autorizzazione integrata rilasciata all’Ilva disposta dal Ministero dell’Ambiente lo scorso 15 marzo e che dunque non sussistevano le condizioni «per l’esercizio da parte del sindaco del potere di ordinanza contingibile ed urgente». Non manca una stilettata diretta proprio al primo cittadino in quanto secondo il Tar a tali conclusioni - cioè che le misure imposte all’Ilva tramite ordinanza erano in realtà misure adottabili solo tramite riesame dell’Aia - era giunto lo stesso sindaco di Taranto che «in data 7 febbraio, cioè dopo aver ricevuto il 2 febbraio la perizia inviatagli dal procuratore della repubblica - ha richiesto al Ministero che in sede di successiva rivalutazione dell’Aia, si preveda l’inserimento dei nuovi adempimenti». Resta sullo sfondo una domanda: a Taranto c’è una emergenza sanitaria che dunque meritava una ordinanza, al di là del merito, urgente? Domanda al momento inspiegabilmente senza risposte. (GdM)

Mentre qualche giorno fa la Gazzetta scriveva


I periti Ilva: a Taranto? «Non c'è inquinamento»
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TARANTO - «A Taranto non c’è nessuna emergenza sanitaria e ambientale; la perizia redatta dai consulenti del giudice Todisco è errata e fuorviante; il quadro ambientale è molto più rassicurante di quello che si registra in molte città italiane come Roma, Firenze, Padova, Napoli e pressoché nell’intera pianura padana ed anche all’estero (Siviglia, Tel Aviv, etc); i fenomeni tumorali a Taranto sono inferiori alla media nazionale, alla media regionale ed anche ai dati della provincia di Lecce; i tumori ai polmoni che si registrano nella popolazione maschia sono dovuti sia al pregresso utilizzo dell’amianto nei cantieri navali che ad una maggiore propensione al fumo della popolazione maschile nelle città portuali».

L’Ilva, tramite i suoi avvocati Francesco Perli e Roberto Marra, adotta la linea del muro contro muro per chiedere al Tribunale amministrativo regionale di Lecce di congelare l'ordinanza firmata dal sindaco di Taranto Ezio Stefàno lo scorso 25 febbraio, i cui effetti erano stati già sospesi dai giudici amministrativi il 20 marzo in attesa dell’udienza in camera di consiglio di ieri mattina.

Il primo cittadino, alla luce degli esiti della perizia disposta dal gip Patrizia Todisco sulle emissioni dell'Ilva, aveva ordinato al gruppo Riva interventi urgenti sul fronte dell'inquinamento allo scopo di prevenire problemi alla salute dei tarantini. Il sindaco Stefàno, in particolare, aveva ordinato all'Ilva di procedere entro e non oltre 30 giorni, alla installazione sul camino E312 dell'impianto di agglomerazione di un sistema di campionamento di lungo periodo; di adottare idonee ed efficienti modalità di contenimento del sistema di scarico delle polveri abbattute dagli elettrofiltri Esp e Meep a servizio del camino E312; di realizzare un adeguato sistema di abbattimento polveri relativo alle acciaierie; di evitare o minimizzare le emissioni fuggitive; di limitare la produzione effettiva e non oltre 10 milioni di tonnellate annue. Sottolineando che in caso di mancata osservanza di quanto disposto, gli impianti interessati dal provvedimento dovranno sospendere la loro attività. Il Comune, poi, l'8 marzo scorso con una nota ha interpretato il termine di efficacia entro e non oltre 30 giorni posto nell'ordinanza e poi il 13 marzo ha formalmente diffidato l'Ilva a procedere con immediatezza a dar seguito alla presentazione dei cronoprogrammi indicati nell'ordinanza.

A costituirsi nel procedimento sono stati la Provincia di Taranto (con l’avvocato Cesare Semeraro), il Comune di Taranto (con l’avvocato Massimo Moretti) e il ministero dell’Ambiente (tramite l’avvocatura dello Stato).

Ieri mattina l’udienza è durata 45 minuti, nel corso dei quali i legali delle parti hanno illustrato le rispettive ragioni. Detto dell’Ilva, per la quale «le perizia hanno volutamente descritto una situazione ambientale e sanitaria che fortunatamente a Taranto non esiste», va rilevato che invece sia il Comune che la Provincia hanno invece chiesto al Tar di revocare la sospensiva e di rigettare il ricorso dei legali del gruppo Riva.

Secondo l’avvocato Massimo Moretti, «va sottolineata l’assoluta falsità della affermazione dell’Ilva secondo cui la perizia attesterebbe non l’esistenza di una emergenza sanitaria ed ambientale ma un mondo roseo in cui Ilva rispetta tutti i limiti di emissioni ad essa imposti da ogni norma del globo. Prova della falsità di tale affermazione è evidentemente contenuta nella stessa perizia che da conto delle violazioni di legge in cui incorre l’Ilva e sottolinea il superamento del rilevamento del dato relativo alla emissione di diossine in esubero rispetto ai limiti stabiliti nell’Aia. La seconda perizia non fa altro che avvalorare quanto già emerso con la prima perizia circa l’esistenza, all’attualità, di una emergenza sanitaria ed ambientale nella città di Taranto». Per il legale del Comune, d’altronde, «le prescrizioni contenute nell’ordinanza del sindaco sono idonee a contrastare immediatamente una situazione di emergenza sanitaria».

Secondo l’avvocato Cesare Semeraro, legale della Provincia, l’Ilva distorce la realtà, «manipolando i dati accertati dai periti, allorchè sostiene che la relazione darebbe “atto che Ilva osserva tutti i vigenti limiti di legge nella propria attività industriale”. Ciò non è vero. Ilva dimentica poi di riportare che i periti affermano che i valori alle emissioni nello stabilimento son quelli misurati con gli autocontrolli effettuati dal gestore e che le emissioni medesime derivano da impianti dove son svolte attività di recupero che avrebbero dovuto essere presidiati sin dal 1999 di sistemi di controllo automatico in continuo dei parametri inquinanti. La tesi esposta dall’Ilva sul punto non solo è priva di fondamento, ma è smentita dalla medesima fonte invocata (la perizia), una volta che in perfetta trasparenza e senza letture monche se ne completi la lettura, appunto». Duro è l’avvocato Semeraro, poi, sulla tesi che vuole Taranto una delle città meno inquinate d’Italia. Semeraro parla di «deliranti affermazioni», sostenendo che si tratta di una tesi, oltre che cinica, inutile ed illogica. «Quel che viene in considerazione, infatti, non è una classifica tra poveri, ovvero tra le peggiori situazioni ambientali, per cui c’è sempre chi sta peggio di qualcun altro, quanto piuttosto l’esistenza o meno di una situazione compromessa dal punto di vista ambientale e fonte di pericolo per la salute e l’incolumità pubblica». Per il legale della Provincia «occorre considerare che se alternativa vi è tra lavoro e salute, non può che essere posta tra la salute della popolazione e delle maestranze (minata dalle modalità dell’attuale assetto produttivo di Ilva) da un lato, e l’adozione di misure degne di un Paese civile da parte della grande industria, dall’altro».
La decisione dei giudici del Tar di Lecce è attesa nelle prossime ore. (Mimmo Mazza GdM)

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