Uso di acqua potabile all'Ilva, tariffe quintuplicate per lo spreco
Scatta la linea dura dopo i tentativi falliti con l'acciaieria di Taranto per l'utilizzo di fonti di approvvigionamento alternative. Sconto per i contadini
Uso di acqua potabile all'Ilva tariffe quintuplicate per lo spreco Lo stabilimento Ilva di Taranto
Ilva con le spalle al muro. Sarà costretta a pagare di più, molto di più, per l'acqua potabile che da sempre continua a consumare perché l'acciaio sia raffreddato. La "revisione del modello tariffario" stabilita dall'assessore della giunta Vendola Fabiano Amati d'intesa col governatore della Basilicata Vito De Filippo, scatterà a partire dal 2012, quando l'aumento sarà del 250 per cento; per il 2013, del 400 per cento; il rialzo del 2014, toccherà quota 500 per cento. A conti fatti, la più grande azienda siderurgica d'Europa dovrà tirare fuori dalla tasca nei prossimi tre anni tra i 6 e i 12 milioni di euro. Come stanno le cose, invece, versa nelle casse lucane per il prelievo di 250 litri al secondo dall'invaso del Sinni, circa 2 milioni 500mila euro.
Amati spiega così il pugno di ferro: "La mia priorità è dare da bere ai pugliesi. Ecco perché recuperare 250 litri al secondo non è come svuotare il mare con un cucchiaio. Parliamo piuttosto, di una vera e propria valanga d'acqua che sarebbe custodita all'interno della diga Pappadai tirata su nel Tarantino e per la cui realizzazione abbiamo investito diversi miliardi, ma che rischia di diventare la classica cattedrale nel deserto". Sì, insomma, ancora non funziona perché il negoziato con il gruppo Riva segna il passo e, alla fine, si arena.
Era da un paio d'anni che Amati tentava di fare scendere a patti il colosso della siderurgia. Tutto inutile. Dal quartier generale dei Riva
a Taranto, avevano fatto sapere che si trattava di una buona idea. Ma niente di più. L'assessore racconta: "Avevamo proposto ad Ilva di utilizzare il GennariniBellavista, un depuratore che avremmo realizzato a spese della collettività nel capoluogo ionico e che sarebbe stato affidato alle cure di Acquedotto pugliese. La stessa Ilva tuttavia, si sarebbe fatta carico di provvedere ai costi di gestione dell'impianto adoperato per il "riciclo" dell'acqua. In questo caso avrebbero sostenuto un esborso di poco superiore al milione di euro".
Fra lettere formali e chiacchiericci, la trattativa va avanti dal mese di ottobre del 2010. Ieri, la spallata: il comitato di coordinamento per l'accordo PugliaBasilicata, a Potenza decide il giro di vite. Risultato: s'impenna alle stelle il prezzo dell'oro blu, ma solo quello destinato all'uso industriale; cala quello per l'uso agricolo, meno 25 per cento.
Amati non ha dubbi: "Andiamo verso un governo più sostenibile delle risorse idriche soprattutto attraverso azioni di riduzione degli sprechi e dei consumi, senza dimenticare le questioni legate al recupero e al riuso. Quanto alla componente industriale che appare penalizzata, speriamo che il ritocco di questo tributo stimoli il ricorso a fonti di approvvigionamento alternative quali il riutilizzo delle acque reflue affinate". (Repubblica Bari)
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