sabato 22 ottobre 2011

Crisi d'acciaio!

Cig all’Ilva? Si attende il 2012
Dal 30 ottobre si ferma il Treno nastri 1. Marcia ridotta per i due Tubifici

«La situazione è molto delicata. I vertici Ilva per qualche giorno resteranno ancora in stand by per capire quale sarà il quadro degli ordini del primo trimestre del 2012. Se la situazione si normalizzerà non ci saranno ripercussioni sull’occupazione; se invece il trend peggiorerà ancora, si aprirà nuovamente la possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali».
Così Rocco Palombella, segretario generale della Uilm nazionale tratteggia la situazione nel più grande centro siderurgico d’Italia. Già lo scorso 7 ottobre il “Corriere” aveva anticipato la possibilità che lo stabilimento ionico nei prossimi mesi potesse fare ricorso alla cassa integrazione e questo scenario, purtroppo, sembra farsi concreto.
«L’apertura di una nuova procedura per la richiesta di cig in uno stabilimento delle dimensioni dell’Ilva – spiega Palombella – è una procedura molto complessa. L’azienda prima di avanzare qualsiasi richiesta vuole essere certa dello scenario futuro. Purtroppo siamo ripiombati in una fase di incertezza. La ripresa che sembrava essersi avviata almeno nel settore industriale, si è rivelata solo un sussulto che ora rischi di cadere in una nuova fase di recessione e le aziende rischiano di vanificare gli elementi postivi dei mesi scorsi».
Una situazione che non vale solo per l’Ilva e per l’Italia ma che riguarda tutte le nazioni. «Torno da due giorni di incontri a Bruxelles e in tutta l’area euro c’è una situazione analoga. Francia, Spagna, Germania hanno gli stessi nostri problemi. E’ urgente definire un patto per lo sviluppo ma non solo per l’Italia, serve un’iniziativa congiunta di tutti i Paesi europei altrimenti sarà difficile uscire dalla crisi».
Nel nostro Paese alla difficile situazione congiunturale si aggiungono le divisioni all’interno del movimento sindacale. A fine mese la Fiom chiederà ai lavoratori di esprimersi su una piattaforma per il nuovo contratto dei metalmeccanici. Una questione che Palombella liquida con una battuta: «Federmeccanica ha detto alla Fiom che la scadenza naturale del contratto è il 2012, è valido quello firmato da Fim, Uilm e Ugl. Il referendum per noi non ha alcun senso, non servirà ad aprire alcuna trattativa con le organizzazioni datoriali».
I primi segnali dell’incertezza del mercato si fanno già sentire sullo stabilimento siderurgico di Taranto. Dal prossimo 30 ottobre l’azienda ha annunciato la fermata, per ora a tempo indeterminato del Treno nastri 1.
«Per il personale – spiega Antonio Talò, segretario generale della Uilm ionica – per ora non ci saranno ripercussioni. I circa trecento addetti, compreso il personale per le manutenzioni, sarà spostato in altri reparti dell’area laminazione (rivestimenti, tubifici e Treno nastri 2). Il Tubificio 1 già marciava a dieci turni e continuerà con questo regime, mentre il Tubificio 2 passerà da 21 a 15 turni. Non è prevista alcuna mobilità. La procedura aperta, anzi rinnovata per circa 200 unità è una consuetudine che si ripete da circa dieci anni. Uno strumento che viene utilizzato per gli esodi incentivati e per chi è prossimo al pensionamento. In ogni caso, la situazione presenta margini di incertezza per i quali siamo molto preoccupati. Entro la prima metà di novembre dovremmo avere indicazioni più chiare». (CdG)
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All'Ilva venti di crisi. 200 operai in mobilità

Le fiamme della crisi tornano a divampare proprio quando sembrava spento l’incendio. E la scintilla è ancora al treno nastri. L’Ilva ha comunicato due sera fa alle segreterie generali dei sindacati metalmeccanici, Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm, l’apertura della mobilità per 200 lavoratori su base volontaria. Di più, dal 29 ottobre si fermerà, a tempo indeterminato, il treno nastri 1. Sembra il replay dei primi fuochi della recessione nel 2008. Anche allora, era fine anno, si cominciò con le ferie forzate e la chiusura del treno nastri 1.
Occorre ricordare che l’impianto è stato il primo impianto a fermarsi quando esplose la crisi e l’ultimo a ripartire quando, a fine 2010, sembrava che il Gruppo Riva si fosse scrollato di dosso ogni affanno derivante dall’ondata recessiva del biennio precedente. Lo stop del treno nastri 1 è durato due anni, il periodo caldo della crisi.
Oltre a questo impianto si fermerà anche il reparto zincatura: dieci giorni ufficialmente per manutenzione. Così per il treno lamiere, anche sei i timori sindacali crescono. La crisi non è galoppante come nel 2008-2009, ma potrebbe diventare strutturale. L’altra novità importante è una sensibile riduzione dei turni, da 20 a 15 per i lavoratori del tubificio 2.
L’Ilva ha comunicato ai sindacati che i 180 operai del treno nastri 1 non andranno in cassa integrazione ma saranno impiegati in altri reparti. Lo stesso accadrà ai lavoratori del tubificio 2 che sono soggetti alla riduzione dei turni. Lo stabilimento siderurgico marcerà con quattro altoforni e due acciaierie che, per il momento, restano tutti a pieno regime. Le decisioni aziendali tendono a ridiemnsionare la produzione di coils, i rotoli di acciaio indispensabili alla produzione di elettrodomestici, e di tubi. Evidentemente nei magazzini il Gruppo Riva ha accumulato ingenti scorte per un mercato che langue. Ecco spiegato lo stop a tempo indeterminato, fino a quando la domanda sul mercato non riprenderà quota. «È un segnale preoccupante - ha commentato Mimmo Panarelli della segreteria Fim Cisl - e da domani (oggi, ndr) nelle assemblee sul tempo tuta avremo questo argomento come priroità. Ci preoccupano i timori aziendali su questo calo costante che potrebbe diventare strutturale e, senza una ripartenza del mercato, con i magazzini che si riempiono, potrebbero essere adottate decisioni ancor più drastiche. (GdM)

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