Enipower, Pelillo sfida Stefàno: spieghi perchè ha cambiato idea
«Noto con stupore il radicale cambiamento d’opinione del sindaco di Taranto sulla nuova centrale Enipower. Sarei curioso di conoscere l’argomento di persuasione che ha fatto cambiare completamente idea a Stefàno».
Così Michele Pelillo, assessore regionale al Bilancio ed esponente del Pd ionico commenta l’inversione di marcia del primo cittadino su un argomento che sta dividendo l’opinione pubblica e che sta creando tensioni e malumori anche all’interno della stessa giunta comunale.
Assessore Pelillo ha cambiato idea anche lei?
«Per niente. Questo progetto punta a triplicare l’energia prodotta all’interno della raffineria. Le ragioni del no che furono espresse tempo addietro rimangano intatte. La Regione ha sempre giudicato negativamente questo progetto ed è stata l’unica istituzione che si è opposta in maniera concreta. Il ragionamento è semplice: la Puglia produce il doppio dell’energia che utilizza ed ha puntato decisamente sulle fonti rinnovabili. Nel Pear (Piano energetico ambientale regionale), non è prevista una nuova grande centrale perchè il territorio non ne ha bisogno ed esporta circa il 50% dell’energia che produce. Un ulteriore incremento rischierebbe di intasare le linee elettriche».
Tutto qui, non ci sono altri motivi?
«La nuova centrale aumenterebbe le emissioni di CO2 e la Puglia è concretamente impegnata in direzione del protocollo di Kyoto per l’abbattimento dei gas serra. Per queste ragioni lo scorso anno, la giunta regionale ha impugnato la valutazione positiva espressa dal ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo».
I sostenitori del progetto affermano, però, che il nuovo impianto andrebbe a sostituire quello attualmente in funzione obsoleto e altamente inquinante.
«Su questo abbiamo discusso. Enipower per prima ammette che la centrale in funzione inquina e che anche la raffineria presenta problemi impiantistici. Per passare davanti all’Eni, ormai, bisogna trattenere il respiro e spesso quest’aria maleodorante arriva in città. Per inquinare di meno Eni ed Enipower pongono una condizione: se devo inquinare di meno, voglio affiancare al business della raffinazione quello della produzione di energia. E’ questo il ragionamento che riteniamo inamissibile. Se parlassimo soltanto di migliorare le condizioni di chi lavora nell’azienda e di contenere l’impatto ambientale, tutti faremmo l’applauso all’Eni. Invece la questione è posta in un modo quasi ricattatorio: se vuoi che inquini di meno mi devi far costruire un nuovo impianto per triplicare la produzione di energia».
Una nuova centrale di potenza pari a quella attuale, sarebbe un’opzione praticabile?
«Certamente sì. Ma non è stata mai presa in considerazione perchè a mio avviso non c’è il giusto approccio. Avremmo accettato anche un aumento contenuto della produzione di energia per fronteggiare le esigenze della raffineria, ma la questione non è stata mai posta in questi termini. Inoltre, da un punto di vista occupazionale per il territorio la ricaduta è vicina allo zero, questo voglio sottolinearlo con chiarezza».
A proposito di occupazione, ha suscitato grande clamore una sua affermazione secondo la quale non le importerebbe dei posti di lavoro che si perderebbero in caso di mancata costruzione della nuova centrale. E’ davvero così?
«Non ho mai pronunciato una frase del genere ed in quei termini. Il mio ragionamento è più ampio. La classe dirigente che ci ha preceduto ci ha lasciato diverse ipoteche. Ce n’è una grandissima con quale dobbiamo convivere necessariamente e mi riferisco allo stabilimento siderurgico e ci sono ipoteche un più piccole come quella della raffineria. Secondo gli stessi dati dell’Eni, gli occupati, tra diretti e diretti, non sono più di 500. Non so quanti di questi risiedano sul territorio. Parliamo, comunque, di numeri abbastanza ridotti che non giustificano un ricatto occupazionale. Fermo restando la volontà, soprattutto in questa fase di crisi, di difendere ogni singolo posto di lavoro, penso che l’Eni non possa esercitare una pressione così forte. Se amministrassi questa città direi all’Eni: parliamo, voglio venire incontro alle tue esigenze, voglio che i lavoratori non si ammalino e che si migliorino le condizioni di vita in città. Troviamo le soluzioni, le tecnologie, ma non sono d’accordo a triplicare la produzione di energia. Non bisogna dimenticare, inoltre, che l’Eni ha ipotecato un’ampia porzione di questo territorio come il porto e l’ampia fascia di rispetto imposta dal rischio di incidente rilevante. Tutto ciò con una ricaduta occupazionale relativamente modesta. Questa azienda preleva petrolio in Basilicata e lo raffina a Taranto. In Basilicata paga delle royalties al territorio, qui non lo fa. Perchè? Perchè si fa questa discrimazione? Eppure, forse, è più impattante l’attività di raffinazione rispetto all’estrazione»
Sull’Eni, quindi, un giudizio negativo su tutti i fronti?
«Le rispondo con un paragone. Negli ultimi tempi l’atteggiamento dell’Ilva è stato incentrato sul buon senso. E’ stato avviato un confronto con gli Enti locali, a cominciare dalla Regione. C’è ancora tanto da fare, ma c’è stata un’inversione di tendenza. Non mi pare che la stessa cosa sia avvenuta ad opera dell’Eni, un’azienda a partecipazione pubblica, che conserva un atteggiamento di conquista nei confronti del territorio. Manca ogni tipo di rapporto».
Eppure il consenso intorno alla nuova centrale sembra aumentare. Recentemente anche il sindaco ha cambiato idea.
«Su questa vicenda i sindacati sono sempre stati favorevoli con una posizione che rispetto ma che puzza di passato. Hanno una loro coerenza come anche Confindustria ed il presidente Florido. Invece, mi stupisce il dietro front del sindaco. Un anno e mezzo fa eravamo nel Salone degli Specchi a confrontarci con Enipower e con gli ambientalisti e Stefàno non la pensava come oggi. Era sulle posizioni della Regione che sono le stesse da me espresse. Sarei curioso di conoscere l’argomento di persuasione che gli ha fatto cambiare completamente idea. Come mai è stato fulminato sulla via di Dmasco? Prendo atto anche di questo… cambiamento».
E ora la Regione che farà?
«Non lo so. Forse nel rispetto della volontà del territorio, la Regione dovrebbe seriamente pensare di fare un passo indietro. Ne parleremo con il presidente e in giunta e decideremo in maniera collegiale. Per conto mio ribadisco le mie ragioni e pongo un chiaro distinguo a fronte alta, pronto ad affrontare qualsiasi contraddittorio anche se, finora, non ne ho avuto il piacere. Forse perchè ai dibattiti si invitano persone che la pensano allo stesso modo. Purtroppo su Eni ed Enipower ho notato uno strano silenzio delle associazioni ambientaliste, tranne una che ha organizzato una protesta (Legamjonici, ndr). Altamarea non parla e, sinceramente, non comprendo la ragione di questo silenzio assordante».
Il Corriere del Giorno ha lanciato un nuovo sondaggio: “Scegli il futuro di Taranto”, lei come immagina il nostro territorio nei prossimi anni?
«Le direttrici di sviluppo sono la riduzione dell’impatto ambientale della grande industria della quale, per ora, non possiamo fare a meno. L’attivazione degli investimenti per le bonifiche, l’avvio del polo tecnologico per mitigare l’impatto ambientale e trasformare le criticità in opportunità. Penso anche che un’altra grave carenza della nostra area, come quella legata alle strutture sanitarie, possa trasformarsi in grande opportunità di cura, di ricerca e di didattica. Qualcosa che questo territorio non ha mai visto e forse neanche sognathttp://www.blogger.com/img/blank.gifo di avere. La terza opzione è quella di accelerare su porto, retroporto e aeroporto. Ci sono i soldi per gli investimenti, anche per il distripark ma mancano i progetti».
La sua dichiarazione di voto per il nostro sondaggio?
«No alla nuova centrale Enipower; ecocompatibilità per l’Ilva; Sì al raddoppio Cementir anche se con qualche riserva perchè il progetto prevede un finanziamento della Regione e deve passare all’esame della giunta per l’approvazione definitiva». (Corgiorno)
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