martedì 15 novembre 2011

Un po' di letteratura...

... Erano volati i minuti e i sensi sbandavano con tutta la loro forza. Arrivata. Welcome to Taranto. Presi il mio valigione e salutai tutti: «Arrivederci» dissi, ma non ci credeva nessuno, perché in verità era un addio a quelle persone sempre diverse, che accompagnavano i miei viaggi.
L’odore acre di Taranto aveva inondato tutte le carrozze e i fumi dell’Ilva non si nascondevano nel buio, anzi distinguevano il cielo dal mare con gli altiforni, che silenziosamente brillavano come fiaccole giganti.
Scesi dal treno, lo guardai per l’ultima volta e mi voltai in cerca di qualcuno di familiare che potesse aiutare le mie braccia a sorreggere quel peso.
Tra incredulità e smarrimento, mi accorsi che non tremavo; le mie gambe toccavano terra e accesi la mia Camel per respirarne il sapore con le nuvole della mia città. Occhi rivolti al nulla, in cerca della mia sagoma, profumo borotalcato, messo in dose spropositata per l’occasione e maglione verde acceso, come le pianure di una terra fiabesca. Eccolo il mio uomo. Mi prese e mi abbracciò, così forte da non riuscire a distinguere i miei battiti dai suoi. Con voce tenue e vibrante, mi sussurrò un ti amo, mentre la presa si smorzò e cominciai a riprendere la regolarità dei miei respiri, ribattendo:
«Anch’io, amore. Hai tagliato la barba. Sei dimagrito, questo perché lavori troppo, te ne rendi conto?».
Nel risentirmi, fossi stata in lui, avrei fatto ripartire quel treno, ma, forse, fece finta di non sentire le mie parole strazianti e continuò a sorridermi e a guardarmi come se fossi un sogno. Sì, un sogno stanco e ombrato, fatto di routine e sicurezza, di apprensione e protezione, ma quella malsana e dolorante, che non è concessa più neppure a una vecchia mamma.
In macchina tutto sembrò più chiaro, perché i miei punti di vista cambiavano in relazione ai discorsi.
«Hanno aperto un po’ di negozi, che bello! E quel bar da quanto tempo è lì? Non lo ricordo affatto, eppure sono trascorsi pochi mesi dall’ultima partenza… però questo lungo mare è sempre meraviglioso e la gente non si stanca proprio di vederlo e rivederlo. Le sirene nel mare stanno cambiando il loro colore. Che spettacolo! Sembrano vive…».
Così senza filtro, uscivano i pensieri dalla mia testa e non fui neppure in grado di assediarli per non annoiare, per non annoiarmi.
Ma Lorenzo non si annoiava nel sentire la voce della propria donna, anzi guidava e osservava i movimenti della sua amata, cambiava le marce e non perdeva di vista i suoi occhi e le sue mani e, nel frattempo, disse:
«Amore, qui non è cambiato proprio niente, tutto è la stessa cosa di prima. Si apre un locale e se ne chiude un altro. I soldi sono sempre gli stessi, così come i ricchi e i poveri. Il comune è fallito e neanche la nettezza urbana è in grado di lavorare». Freddata con un colpo di pistola, come sempre, quando il mio idealismo scende dal treno e tocca terra. La mia terra.
...

Tratto da “Che cosa c’è di mare in me”, di Elisa Mauro, edito da Il Filo Editore (pag. 144, 15.00 euro).
Elisa Mauro è nata a Taranto il 7 marzo del 1983. Ha compiuto gli studi universitari e si è laureata in Scienze della Comunicazione alla “Sapienza” di Roma, città dove attualmente abita, studia e lavora per diverse riviste di settore. “Cosa c’è di mare in me” è il suo primo romanzo.

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