Si apre in Puglia il processo alle fabbriche di Vendola
Il sociologo Romano scrive un libro in cui accusa Nichi di sfruttare questi luoghi per praticare la più classica delle lottizzazioni. Franco Cassano ne scrive la prefazione e invita il governatore a non arroccarsi. Gli uomini di Vendola non ci stanno e difendono il leader che Bill Emmott paragonò a Obama.
BARI - Tutto il mondo parla di Nichi. Ha più di 513mila sostenitori su Facebook e 71mila follower su Twitter. È su Flickr e ha un canale Youtube in cui parla per video-lettere. E un itinerario politico ormai noto: Terlizzi, Bari, Puglia, Italia. Poi Bill Emmott, l’ex direttore dell’Economist, un giorno ha detto: «Vendola è un mobilizzatore in stile Obama delle masse pugliesi, con l’oratoria e il carisma per creare sogni». Lo stesso Emmott, peraltro, alcuni mesi dopo, spiegherà di essersi parzialmente ricreduto sull’efficacia di Nichi. Da lì tutti a studiarne e a esaltarne biografia e linguaggio, vizi e tic. Cronisti, cineasti e poeti di ogni latitudine. Tranne qualche intellettuale fuori dal coro. Della sua terra e non lontano dalle idee del suo partito, Sinistra, ecologia e libertà.
È Onofrio Romano, sociologo dell’Università di Bari «Aldo Moro », sui banchi a Parigi con Latouche, che nel suo ultimo saggio “Le Fabbriche di Nichi. Comunità e politica nella postdemocrazia” (edito da Laterza) lancia l’allarme sulla personalizzazione della politica a sinistra e su due aspetti finora mai indagati a fondo e messi in atto dal presidente con l’orecchino: lo spoil system e la metamorfosi del nuovo progetto elettorale per riconquistare la Puglia nel 2010.
Nel libro, già anticipato da “Democrazia e diritto” (nota rivista di sinistra), il giovane docente mette nero su bianco il “giochetto” del leader di Sel: prima fa nascere le Fabbriche facendole passare come esperienze di partecipazione “indipendenti” dalle istituzioni; e poi, rieletto governatore, ne ribalta l’ideologia di fondo, mantenendo aperte le porte e le casse della Regione al think tank del quartier generale di Bari, la cosiddetta “Fabbrica Zero” di attivisti, blogger e creativi.
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«È da sette anni che in Puglia c’è questo laboratorio politico e la situazione dell’inquinamento a Taranto è tale e quale a quando governava il centrodestra»
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