lunedì 4 luglio 2011

Aia Ilva, in attesa dell'ennesimo pasticcio ministeriale...

DUE COMUNICATI STAMPA:
LE POSIZIONI DELLA CITTADINANZA ASSOCIATA SULL'AIA ILVA ALLA VIGILIA DELLA PRONUNCIA DEFINITIVA DELLA COMMISSIONE IPPC


Altamarea

Prot.030/2011, Taranto 4 luglio 2011

Al Ministero dell’ambiente – RUP dr. Giuseppe Lo Presti
Presidente della Regione Puglia e Assessore ambiente
Presidente della Provincia di Taranto e Assessore ambiente
Sindaco di Taranto e Assessore ambiente
Sindaco di Statte e Assessore ambiente
Direttore Generale ARPA Puglia e Direttore Dpt di Taranto
Redazioni di stampa e TV


AIA per Ilva Taranto – Punti irrinunciabili per l’AIA di Ilva di Taranto

Le Istituzioni centrali, regionali e locali comunque presenti nella Conferenza dei Servizi del 5 luglio 2011 presso il Ministero dell'ambiente, decisoria per il rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale per lo stabilimento Ilva di Taranto, hanno la responsabilità storica di decidere sul futuro del territorio ionico e sulla salute dei suoi abitanti e dei lavoratori coinvolti direttamente o indirettamente.
A partire dall'agosto 2007 fino ad oggi, "AltaMarea", comunque denominatasi nel tempo ma sempre in qualità di "pubblico interessato", ha prodotto argomentazioni che rischiano di essere travolte dalla volontà di chi vuole a tutti i costi "chiudere la partita". Noi facciamo appello in particolare a Regione Puglia, Provincia di Taranto, Comune di Taranto, Comune di Statte e ARPA Puglia perchè si presentino a Roma con un fronte unico a sostegno di una Delibera di Giunta Regionale finalizzata ad ottenere che l'AIA venga rilasciata solo se conterrà prescrizioni severe e precise sui seguenti 10 punti irrinunciabili.
1. La massima capacità produttiva da autorizzare non può essere molto diversa dal massimo storico ottenuto in 50 anni di esercizio dello stabilimento e dal dato di 10,5 milioni di tonn/anno universalmente attribuito al centro siderurgico di Taranto dall'epoca del raddoppio negli anni '70. Recentemente il prof. Federico Pirro, noto "storico" dell'Ilva di Taranto, tra l'altro autore di oltre 120 pagine su "La siderurgia europea e mondiale dal secondo dopoguerra ad oggi" del patinato ed elegantissimo volume "La civiltà del ferro. Dalla preistoria al III millennio", edito da Olivares in occasione del cinquantenario della fondazione del Gruppo Riva, scrive a pag. 20 del settimanale WEMAG del 16 giugno 2011: "Taranto vede in esercizio il gigantesco Siderurgico del Gruppo Riva che, con i suoi 11.695 addetti diretti e una capacità installata di 11,5 milioni di tonnellate di acciaio grezzo, è la più grande fabbrica manifatturiera d'Italia e il maggior centro siderurgico a ciclo integrale d'Europa". La massima capacità produttiva di 15 milioni di tonnellate indicata da Ilva è inaccettabile.
2. La durata dell'AIA può essere di 5 anni e non 6 perchè il Certificato di qualità presentato non copre le attività dell'area a caldo che provoca il 90% dell'inquinamento ma copre solo le attività del ciclo integrale dalle bramme di colata continua in poi. Deve contare la realtà delle cose, non gli arzigogoli e le ambiguità di qualche manipolatore.
3. Lo stabilimento non può essere autorizzato a esercire impianti privi di Certificato Prevenzione Incendi e di nulla osta di analisi di rischio di incidenti rilevanti, di chiunque sia la responsabilità del mancato rinnovo o rilascio. Sarebbe da irresponsabili, forse penalmente perseguibili, continuare a mantenere in esercizio impianti privi di CPI e di nulla osta, che sono i pilastri su cui si basa la sicurezza nei confronti dei cittadini e dei lavoratori.
4. Le emissioni della diossina vanno controllate in continuo e non solo al camino E312 ma anche intorno a elettrofiltri, raffreddatori, ecc.. Le emissioni vanno assoggettate non al rispetto dell'assurda media annuale calcolata sulla base di campagne di poche decine di ore sulle 8760 ore di un anno di esercizio, ma, come per il PM10, va fissato il numero massimo di splafonamenti della concentrazione fissata, superato il quale scatta immediatamente l'arresto dell'impianto per il tempo necessario ad attivare provvedimenti tecnici ed operativi che evitino gli splafonamenti.
5. Va fissato anche il limite quantitativo annuo delle emissioni complessive degli inquinanti indicati nella dichiarazione INES, fissando un programma di progressiva ma drastica riduzione nel tempo..
6. Il controllo del B(a)P va fatto non solo sul perimetro esterno ma anche sugli impianti all'interno dello stabilimento, fissando un limite emissivo di 150 ng/mc sul piano coperchi della cokeria (limite adottato in Francia). I lavoratori addetti sono i più esposti a quel micidiale inquinante definito cancerogeno di 1° livello dall'OMS. Sui parametri da rispettare vale lo stesso concetto indicato per la diossina, cioè non solo valori medi ma anche numero di splafonamenti e quantità annue in assoluto emesse. In parallelo va prescritta la delocalizzazione del 50% della cokeria nel corso della durata dell'AIA e del restante 50% nella prossima tornata.
7. Il controllo e monitoraggio degli inquinanti nei reflui idrici non va effettuato sugli sbocchi a mare, dove tutto è diluito, ma sulle acque di processo degli impianti non diluite da acque di raffreddamento, piovane, ecc. e prima che confluiscano nelle condutture che poi arrivano agli scarichi a mare. Inoltre vanno fissati i quantitativi massimi di inquinanti scaricati, in funzione delle concentrazioni fissate e dei flussi totali finali.
8. Deve essere prescritta la copertura dei parchi primari senza il balletto degli studi di fattibilità a babbo morto. Le tecnologie esistono già, si tratta di deciderne l'impiego come ci risulta che stiano facendo per coprire i carbonili di ENEL Brindisi.
9. La bonifica dei siti inquinati deve essere prescritta alla luce delle recenti determinazioni assunte dalla Regione Puglia.
10. In caso di inosservanza delle prescrizioni dell’AIA, il gestore deve essere fortemente sanzionato. Non sono accettabili provvedimenti di tipo dilatorio ma si devono pretendere provvedimenti risolutivi, fino al fermo dell’impianto che all’interno dello stabilimento dovesse violare le prescrizioni dell’AIA.

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SAVE TARANTO-Federazione per l’Ecotutela jonica


L’AIA NON VA CONCESSA
COMUNICATO STAMPA 4 LUGLIO 2011

L’llva resta la maggiore responsabile delle emissioni di IPA e continua ad emettere diossine superando i limiti imposti dalla Legge Regionale. Oggi siamo giunti al valore medio di 0.70 ng/m3, una ulteriore conferma della inefficienza dei sistemi applicati per ridurre le emissioni di diossine e della totale inadeguatezza della Legge Regionale a garantire giustizia in caso di superamento dei limiti imposti. La Commissione europea ha intimato a 12 Stati membri, fra cui l’Italia, di recepire entro due mesi le norme Ue che stabiliscono sanzioni penali contro i responsabili di reati ambientali in generale, e quelle specifiche sull’inquinamento marino. L’Esecutivo comunitario potrà ricorrere in Corte Ue di giustizia contro gli Stati inadempienti. Il termine per il recepimento da parte degli stati membri della direttiva (2008/99/Ce) è scaduto il 26 dicembre 2010. A Taranto, invece, mentre è in corso una perizia nell’ambito dell’incidente probatorio che vede indagati i vertici Ilva per disastro doloso e colposo, i sindacati e Confindustria premono affinché venga rilasciata l’AIA, immaginando che i nuovi finanziamenti impiegati dall’azienda potranno renderla finalmente ecocompatibile. Ma nessuna cifra può garantire l’ambientalizzazione di impianti sui quali non è possibile alcun tipo di controllo delle emissioni di fumi e polveri. Dunque, in base a quali requisiti il Ministero dell’Ambiente potrebbe decidere di rilasciare l’Autorizzazione Integrata Ambientale? Di fronte ad una evidente impossibilità ad ottemperare a tutte le prescrizioni imposte, peraltro difficoltà espressa dalla stessa Ilva, concedere l’AIA equivarrebbe a soddisfare le richieste di modifica avanzate dal Gestore, quali, ad esempio, la rimozione delle seguenti prescrizioni: 1.Frequenza di monitoraggio delle emissioni più restrittiva; 2.Valori di emissioni più restrittivi rispetto alla riduzione del 20% dell’attuale limite autorizzato; 3. Studio di fattibilità per la copertura totale o parziale dell’area dei parchi minerali. 4. L’adozione di una procedura operativa atta a definire in accordo con gli Enti locali soglie di allarme per la prevenzione di fenomeni acuti di inquinamento del territorio circostante l’impianto.

Chiediamo quindi che non sia accordata l’Autorizzazione Integrata Ambientale, che le Istituzioni locali si oppongano compatte e con fermezza. E’un’azione dovuta alla città che soffre da mezzo secolo, un segnale forte di cambiamento della politica che, supportata da dati scientifici inconfutabili, e dalla cittadinanza che realmente vuole e pretende un cambio di rotta, programmi il futuro della città, indipendente dalla grande industria pesante. In caso contrario, vorrà dire che si è toccato il fondo, che incapacità, incompetenza irresponsabilità sono proprie della classe politica attuale, che la democrazia partecipata è solo una parola sulle labbra delle istituzioni. Sarà allora legittimo da parte dei cittadini agire di conseguenza anche con forti azioni civili.

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