sabato 30 luglio 2011

INQUINAMENTO DIOSSINA: PERCHE' TARANTO E' UNA QUESTIONE DI TUTTI / Taranto prima produttrice di diossina del continente

Fonte: UNoNotizie.it

PERCHE' TARANTO E' UNA QUESTIONE DI TUTTI. la città pugliese è prima produttrice di diossina del continente. Ultime notizie - Perché con la sua acciaieria oltre a detenere il primato della prima d’Europa per capacità produttiva e quello più inquietante di prima produttrice di diossina del continente con il suo 90%, rappresenta la concreta volontaria incapacità del sistema di risolvere il problematico rapporto ambiente /sviluppo ambiente/lavoro, con la giustificazione che in un periodo di grave crisi economica ed occupazionale non ci si può permettere di adottare modi di produzione e consumo ecosostenibile.

L’affermazione che la crescita economica sia indispensabile per incrementare l’occupazione viene ripetuta fino alla nausea dagli economisti, politici, industriali e sindacalisti con l’ausilio dei mass media, focalizzando come nucleo essenziale del PIL il centro della produzione, a cui contribuisce significativamente il peso economico dell’Ilva di Taranto; ma, se dal 1960 in poi in Italia il prodotto interno lordo si è più che triplicato, escludendo gli anni 2008-2009, come si spiega con una crescita così apprezzabile la riduzione dell’occupazione ? la risposta più evidente ci viene data dall’impostazione del sistema economico che spinge verso la crescita indipendentemente dall’utilità effettiva dei prodotti, si continua ad investire in tecnologie avanzate a discapito della forza lavoro, generando così iperproduzione e disoccupazione, un’iperproduzione che si innesta pericolosamente con la crisi ambientale generata e alimentata dallo stesso apparato che ha mercificato settori sempre più ampi della vita individuale e sociale.

Per risollevarsi dal precipizio della crisi economica e contemporaneamente tutelare i settori di produzione industriale e le lobby finanziarie, la classe dirigente non trova di meglio che dare il via a deroghe alle norme urbanistiche per incentivare la ripresa dell’attività edilizia; concedere incentivi all’acquisto di beni durevoli: automobili, mobili, elettrodomestici; coprire i debiti delle banche con denaro pubblico, progettare grandiosi piani di opere pubbliche. Tutte operazioni, queste, che fanno crescere i debiti pubblici al limite del’insolvenza per poi ritornare indietro strangolando le persone adottando drastiche misure di contenimento (vedi eliminazione welfare, sanità, scuola, pensioni ecc);un cane che si morde la coda tra l’altro un cane cieco e sordo e autodistruttivo perché non considera che le risorse sono finite e la crescita infinita non è possibile e magari le innovazioni tecnologiche, dovrebbero essere direzionate verso un nuovo ciclo economico.

Né influenzano le decisioni governative gli incoraggianti risultati economici di paesi che hanno investito nei settori verdi, al contrario l’Italia continua ad importare mezzi di produzione di grande peso economico e ambientale e contemporaneamente viene incentivata la proliferazione di megaimpianti di produzione di energia pulita, legati alle lobby internazionali, che oltre a produrre un impatto ambientale devastante, non garantiscono la continuità nell’erogazione dell’energia, problema che si potrebbe risolvere con piccoli impianti per autoconsumo messi in rete per scambiare le eventuali eccedenze.

Ritornando alla questione Taranto l’ipotesi più logica sarebbe quella di procedere verso una graduale diversificazione del sistema produttivo locale, considerando che le produzioni “verdi” sono ad elevata intensità di lavoro, per cui sarebbe possibile conservare i livelli occupazionali correnti anche con un significativo ridimensionamento delle capacità produttive del siderurgico. essendo in contrazione la principale fruitrice del siderurgico cioè la produzione automobilistica.


Un’operazione questa che, se correttamente condotta potrebbe consentire, l’aumento dell’occupazione e il superamento della crisi. Si tratta di lasciarsi alle spalle le logiche del medioevo neocapitalista in cui siamo precipitati, coniugando il sapere scientifico-tecnologico con un equilibrato consumo di risorse ma soprattutto liberandoci della schiavitù del PIL come indicatore di benessere sociale,che al contrario è solo un indicatore monetario, quindi può solo misurare tutto ciò che può essere scambiato con denaro, certamente non la qualità della vita.

Ma per arrivare a questa modifica radicale si deve procedere partendo dalla trasformazione dei rapporti di forza tra i lavoratori e il sistema padronale, una lotta quindi che non è più economica e locale ma politica e quindi generale, perchè deve far intervenire lo Stato, tramite i suoi strumenti, per poter operare una trasformazione radicale.

In quest’ottica risulta riduttivo e controproducente continuare a fare lotte parziali e localistiche, che sono utilissime e determinanti nella prima fase per la sensibilizzazione dei cittadini e la denuncia, ma devono evolversi in una forma di dissenso condiviso e allargato contro lo straripante potere che opprime la società civile: le proteste circoscritte a un territorio o a un tema vanno collegate in modo da assumere un’unica direzione e questo vale per Taranto come più in generale per la difesa del territorio, o contro la costruzione delle grandi opere.




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