giovedì 17 ottobre 2013

E adesso prendetevela con la Procura di Milano...

Non solo la Procura di Taranto indaga sul "sistema Riva" ma anche, a quanto pare, la Procura di Milano. A  seguito di una serie di perquisizioni effettuate due giorni fa dalla Gdf , la Procura di Milano ha avviato una serie di indagini sui "rapporti tra la società Rive Fire di Emilio Riva e la controllata Ilva" da cui emergerebbe "un' appropriazione indebita ai danni dei soci di minoranza del colosso siderurgico". Si potrebbe pensare che questa indagine sia  il proseguimento dell'inchiesta avviata dalla Procura di Taranto "ambiente venduto" ed invece non è così: trattasi di una "tranche distinta dalle indagini che lo scorso maggio hanno portato al sequestro di 1,2 miliardi di euro a carico dei Riva".
Chissà se i dipendenti Riva del Nord Italia, ultimamente visti a manifestare con tanto di striscioni e manifesti contro il gip Todisco, chissà se se la prenderanno anche stavolta con la Procura... ma di Milano!


 

Riportiamo qui di seguito alcuni articoli sull'indagine in corso da parte della Procura di Milano:

da GdM
MILANO – La Procura di Milano sta indagando sui rapporti tra la società Rive Fire di Emilio Riva e la controllata Ilva con l’ipotesi di appropriazione indebita ai danni dei soci di minoranza del colosso siderurgico. E’ emerso a seguito di una serie di perquisizioni effettuate due giorni fa dalla Gdf. Si tratta di una nuova tranche dell’inchiesta sui Riva, che ipotizza anche il reato di frode fiscale. Tranche distinta dalle indagini che lo scorso maggio hanno portato al sequestro di 1,2 miliardi di euro a carico dei Riva.

Da quanto si è saputo, infatti, il sospetto è che Riva Fire, la controllante dell’Ilva di Taranto, abbia incassato utili a scapito della controllata e a danno dei soci di minoranza che avrebbero così ottenuto meno dividendi rispetto al dovuto dal colosso siderurgico. Da quanto si è appreso, gli investigatori del nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano, coordinati dai pm Stefano Civardi e Mauro Clerici, starebbero vagliando oltre alla posizione del 'patriarcà Emilio Riva, rimasto al vertice di Rive Fire, anche quelle degli ex amministratori della controllante, tra cui una serie di familiari di Emilio Riva.

La Gdf, che lunedì scorso ha effettuato una serie di perquisizioni nelle società del gruppo Riva, sta analizzando i bilanci dal 2008 in poi di Riva Fire, dell’Ilva e di Riva Forni Elettrici, la nuova denominazione del gruppo Riva. Secondo l'accusa, infatti, Riva Fire attraverso una serie di contratti di servizi stipulati con l’Ilva avrebbe incassato utili da quest’ultima, che invece a bilancio avrebbe iscritto costi maggiori legati a quei contratti e distribuito quindi meno dividendi. Un altro sistema, secondo l’accusa, per svuotare le casse dell’Ilva a danno dei soci di minoranza e trasferire gli utili in Riva Fire, la holding familiare. Da qui l’accusa di appropriazione indebita, a cui sono legate anche ipotesi di frode fiscale.

Una tranche di inchiesta, quella su cui stanno lavorando gli inquirenti, del tutto distinta, dunque, rispetto al procedimento che lo scorso maggio ha portato al sequestro di 1,9 miliardi di euro (e non 1,2 come scritto in precedenza) per i reati di truffa ai danni dello Stato e trasferimento fittizio di beni. In relazione a quel sequestro, i pm hanno ipotizzato che Emilio e il fratello Adriano Riva (quest’ultimo non risulta coinvolto nella nuova tranche) assieme ad alcuni professionisti abbiano sottratto soldi alle casse dell’Ilva, nascondendoli in paradisi fiscali e facendoli poi rientrare in Italia attraverso lo scudo fiscale.



Il Sole 24 ore
Nuove perquisizioni e nuovi reati fiscali e societari contestati dai magistrati. L'inchiesta della procura di Milano sui quasi due miliardi di euro portati all'estero della famiglia Riva fa un nuovo passo avanti. Ieri i militari del Nucleo tributario della Guardia di Finanza di Milano hanno perquisito le sedi di alcune società del gruppo siderurgico che controlla l'Ilva di Taranto alla ricerca di carte e documentazione utile alle indagini. I sostituti procuratori Stefano Civardi e Mauro Clerici - titolari dell'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco - avrebbero invece contestato nuovi reati fiscali legati alla sovrastima di rapporti intercompany nelle operazioni che hanno avuto per oggetto alcuni passaggi societari in Lussemburgo che hanno permesso alla famiglia Riva di accumulare i quasi due miliardi di euro sequestrati nei mesi scorsi. I pm ipotizzerebbero anche eventuali reati societari legati alle infrazioni fiscali.

Emilio e Adriano Riva sono indagati per truffa ai danni dello Stato e trasferimento fraudolento di valori. Con i due industriali sono stati iscritti nel registro degli indagati anche due professionisti dello studio legale-tributario Biscozzi Nobili di Milano: Franco Pozzi ed Emilio Gnech, entrambi accusati di riciclaggio.
Il "tesoretto" dei Riva è stato sequestrato lo scorso maggio dalla Guardia di Finanza perché – scrive il gip di Fabrizio D'Arcangelo nel decreto di sequestro – i soldi «costituiscono il provento dei delitti di appropriazione indebita continuata e aggravata» da parte degli indagati «ai danni della Fire Finanziara spa (oggi Riva Fire, ndr), di truffa aggravata, di infedeltà patrimoniale e di false comunicazioni sociali, oltre che di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e di trasferimento fraudolento di valori».

Nel mirino della procura di Milano ci sono tre operazioni societarie passate al setaccio in questi mesi dagli uomini della Gdf. La prima, del dicembre 1995, riguarda la cessione di quote della società olandese Oak. La seconda è relativa alla vendita di una holding lussemburghese, la Stahlbeteiligungen Holding Sa, avvenuta nel maggio 1997. La terza riguarda invece la cessione dell'11,75% dell'Ilva Spa nel luglio 2003. Le tre operazioni hanno permesso ai due fratelli di generare una provvista complessiva di 1,39 miliardi di euro, dei quali 1,18 sono stati "rimpatriati giuridicamente" (il patrimonio è stato cioè regolarizzato, ma è rimasto all'estero) con lo scudo fiscale del 2009.
I soldi erano raccolti in alcuni trust di Jersey. Lo scorso agosto l'indagine ha portato al sequestro di altri 700 milioni di euro appartenenti alle famiglie di Emilio e Adriano Riva, facendo così salire il totale a circa 1,9 miliardi di euro. I finanzieri hanno anche scoperto altri trust in Nuova Zelanda e alle Bahamas più altri trust domiciliati a Jersey e i cui beneficiari sono i figli dei due Riva. I soldi sono stati investiti dalla Ubs Trustee di Jersey in gran parte in titoli di Stato altamente liquidi e sono stati parzialmente rimpatriati e depositati nel Fondo unico della giustizia.


 

 

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