martedì 1 ottobre 2013

Che onore!

Ilva può usare le navi solo per Taranto

Ilva Servizi Marittimi presenta alla Magistratura di Taranto un'istanza per il dissequestro totale delle navi che però la respinge. Concesso l'uso delle unità solo per le esigenze necessarie alla produzione del siderurgico di Taranto: il trasporto delle materie prime. Le navi, insieme agli immobili, ai conti correnti e alle partecipazioni azionarie, rientrano infatti nell'ordinanza di sequestro preventivo per equivalente firmata dal gip di Taranto, Patrizia Todisco, nell'ambito dell'inchiesta sull'inquinamento dell'Ilva con relativo risarcimento ambientale. Il sequestro, partito a maggio, si è esteso il mese scorso anche alle altre attività del gruppo Riva attraverso l'articolo numero 2359 del Codice civile che riguarda il coordinamento e il controllo delle società. E così sono finiti nella rete della Guardia di Finanza altri beni del gruppo Riva per un ammontare, ha precisato di recente il procuratore di Taranto, Franco Sebastio, di quasi 600 milioni di euro (la stima preventiva, invece, era di 950 milioni sulla base delle poste patrimoniali indicate nei bilanci delle società colpite). Di questi circa 60 milioni, come è emerso in seguito, costituiscono liquidità dei conti correnti. Ora, se per quest'ultimi c'è stata una schiarita grazie all'accordo intervenuto venerdì scorso tra ministero dello Sviluppo economico, custode-amministratore giudiziario, banche e Riva Acciaio, rimane invece aperto il capitolo di tutti gli altri beni oggetto di sequestro e che fanno capo alle società controllate dall'Ilva. Per questo, nei giorni scorsi, il ministro Flavio Zanonato aveva pensato ad un decreto legge che estendesse il commissariamento dell'Ilva sulle controllate. Ma nel tesissimo clima politico di fine-inizio settimana, il decreto è naufragato - anche perchè l'accordo ha spento l'emergenza Riva Acciaio - ed è difficile che veda la luce adesso.
La mossa di Ilva Servizi Marittimi verso l'autorità giudiziaria è quindi finalizzata a riavere beni che servono a garantire l'approvvigionamento di materie prime a Taranto, ma anche a tutelare la controllante Ilva. La quale, ovviamente, deve «giocarsi» la carta del patrimonio per ottenere dalle banche il credito che serve a finanziare i costosi lavori di ambientalizzazione del siderurgico pugliese (il commissario Enrico Bondi vuole stringere con le banche un accordo da 2,450 miliardi di euro). Va comunque detto che il sequestro fatto nei confronti di Ilva Servizi Marittimi, così come verso le altre società, sinora non aveva impedito che i beni venissero utilizzati così come puntualizzato anche dal procuratore. Nei giorni scorsi, intanto, la Procura aveva già disposto il dissequestro delle «materie sussidiarie e di consumo necessarie all'attività produttiva di Taranto Energia», la controllata dell'Ilva che gestisce la centrale di 1100 Mw che nel siderurgico di Taranto alimenta l'area a caldo. In tal senso era stata accolta l'istanza della società confermando così il collegamento funzionale che unisce «Taranto Energia» all'Ilva di Taranto, quest'ultima salvaguardata nella sua continuità produttiva dalla legge 231 del 2012, meglio conosciuta col nome di «Salva Ilva». (sole24h)

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