Risulta che il primo ottobre Lorenzo Semeraro ex-coordinatore provinciale USB sia stato aggredito da tre ignoti e picchiato.
Queste le sue parole.
E la risposta del sindacato.
Aggiungiamo un articolo con le parole di Semeraro, ancora nei ranghi, sulla questione di Zanframundo e del MOF.
L’operaio dell’Ilva aggredito a calci e pugni
L’esecutivo nazionale dell’Usb (Unione sindacale di base) in una nota
fa presente di essere venuto a conoscenza, attraverso Facebook, di
un’aggressione subita l’1 ottobre scorso da Lorenzo Semeraro, ex operaio
dell’Ilva, affrontato da tre persone (altre due facevano da palo) che
lo avrebbero picchiato con calci e pugni.
IL SINDACATO - Il sindacato di base, nel condannare
l’aggressione, comunica di ”aver interrotto ogni rapporto sindacale con
Semeraro gia’ dal mese di agosto per insanabili contrasti sul piano
comportamentale prima che politico”. L’Esecutivo Usb ”respinge ogni
tentativo di mettere in relazione tale vicenda con l’attivita’ sindacale
da lui svolta con la nostra organizzazione”. In un altro comunicato
l’Usb Puglia precisa che ”Semeraro non rappresenta piu’ ad alcun titolo
l’organizzazione e che qualunque sua presa di posizione esprime
esclusivamente il proprio convincimento personale”. L’Usb esprime ”tutta
la solidarieta’ umana e la propria vicinanza per questo grave e
inqualificabile episodio. Nel contempo, respinge ogni tentativo di
accostamento del nome del sindacato ad eventi criminosi che non potranno
essere in alcun modo tollerati”. Infine, la segreteria della Uilm di
Taranto ”condanna con fermezza il vile agguato” nei confronti di
Semeraro. ”Lo considera un atto squadristico, i cui responsabili devono
essere subito individuati e perseguiti con la massima severita’. Episodi
del genere – conclude l’organizzazione sindacale – non possono e non
devono appartenere alla cultura del sindacato e della citta’. La Uilm
biasima ogni forma di violenza, soprattutto nel difficile momento che
l’intera area jonica sta attraversando”. (ANSA)
Oltre la barricata
“Ragazzi, io non scendo. Da qui non mi muovo. Finché non sarà fatta giustizia, io sto qui”.
Marco Zanframundo non si muove da quel tetto. Ci è salito ieri, insieme a lui colleghi operai iscritti all’Usb. È stato licenziato dall’Ilva per aver accumulato dieci sanzioni nell’arco di tre mesi circa. Un record amaro. Provvedimento contestato e impugnato ma su quel tetto si va oltre cavilli legali e giuridici.
Ci sono dei ragazzi che sono dall’altra parte della barricata. L’hanno scavalcata grazie – ironicamente – a quei cancelli che la proprietà ha fatto installare di fronte alle vetrate della portineria A.
Dalle 7 di ieri mattina, Marco e i ragazzi dell’Unione sindacale di base sono arrampicati lì. Il licenziamento è arrivato venerdì, il giorno successivo allo scandalo che ha colpito i fiduciari dell’Ilva. Proprio l’Usb aveva denunciato la presenza di una struttura ombra che operava e comandava all’interno dell’azienda.
«Noi avevamo denunciato questo apparato parallelo, la Gladio dei Riva, ora si sta tentando di colpire l’Usb perché non siamo allineati – denuncia il coordinatore provinciale Lorenzo Semeraro – l’azienda ha consolidato i rapporti con gli altri sindacati ma con noi questo giochetto non riesce. Marco è un dirigente dell’Usb ed era un bersaglio da colpire. È arrivato un licenziamento a causa di dieci sanzioni nell’arco di tre mesi, un’anomalia. Il nostro ufficio legale è già al lavoro per contestare questi provvedimenti pretestuosi. Tra l’altro, la legge prevede che in attesa di giudizio non può esserci un licenziamento».
L’ultima sanzione che ha provocato il provvedimento recita: “gravissima condotta che, a causa della sua negligenza, avrebbe potuto nuocere gravemente alla sua stessa incolumità fisica e a quella altrui”. L’amarezza si acuisce, però, nel vedere la poca compattezza dei lavoratori del Mof, colleghi di Marco. Molti di loro non hanno aderito allo sciopero.
«La cosa che fa più male – prosegue Semeraro – è che proprio dagli operai del Mof sia venuto a mancare l’appoggio. Nel novembre scorso erano in tanti a battersi per Claudio, l’operaio che perse la vita. Bisognava proseguire su quella strada, adesso sembra che si siano dimenticati di Marco».
Certamente a non abbandonare Marco e i ragazzi dell’Usb sono i famigliari di Claudio Marsella, l’ex operaio dell’Ilva deceduto quel maledetto 30 ottobre in un incidente sul lavoro avvenuto proprio nel reparto Mof. Esprimono solidarietà mostrandosi “vicini al lavoratore Marco Zanframundo che tanto si è prodigato dopo la morte di Claudio per rendere il proprio reparto più sicuro al fine di prevenire gli incidenti sul lavoro. Marco, infatti, a seguito dell’infortunio mortale avvenuto a Claudio, partecipò attivamente allo sciopero indetto dall’Usb al fine di sensibilizzare le istituzioni e l’azienda stessa ai problemi di sicurezza presenti in alcune aree di lavoro. La famiglia Marsella spera che la dirigenza Ilva possa rivedere la sua posizione al fine di reinserirlo al lavoro”.
Infine, anche da Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista, e Luca Occhionero, segretario provinciale Taranto di Rifondazione comunista, arrivano messaggi di solidarietà per il lavoratore licenziato: «Rifondazione comunista ritiene inaccettabile l’atteggiamento dell’Ilva che licenzia un lavoratore, un militante del sindacato di base, collega di Claudio Marsella, quest’ultimo ucciso mentre svolgeva il suo lavoro presso il reparto Mof (movimento ferroviario), per il semplice fatto di aver denunciato situazioni di pericolo per la sua incolumità. Esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà a Marco Zanframundo e ai lavoratori in lotta che rivendicano il sacrosanto diritto di lavorare per vivere».
A. Pignatelli, Segnourbano
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