lunedì 22 luglio 2013

Nella rete dei Riva

La bufera infinita sul cielo di Taranto “Ilva, il più grande disastro europeo”

Taranto non è una questione di sigarette né tantomeno di alcol, come dice il commissario del Governo, Enrico Bondi.
Secondo i magistrati di Taranto l’inquinamento della città - il più grande sfregio avvenuto negli ultimi 30 anni in una città europea dicono - è colpa dello stabilimento siderurgico Ilva. E’ responsabilità dei suoi proprietari, dei suoi dirigenti e anche del management che la famiglia Riva ha scelto quando si è fatta, «fittiziamente», da parte. Ma sarebbe responsabilità anche di chi - nella politica, nei sindacati, nel mondo dei media e della chiesa - avrebbe assicurato coperture per anni alla famiglia Riva e alla sua azienda. È per questo che anche l’autunno prossimo per Taranto continuerà a essere una stagione difficile, con la Procura che proseguirà le indagini sull’azienda e sulla sua storia. A fine luglio i componenti della famiglia Riva oggi agli arresti (Emilio, Nicola e Fabio, in attesa quest’ultimo di estradizione dal Regno Unito) saranno liberi per scadenza termini.
La magistratura aveva in mente di chiudere le indagini prima della fine dell’estate ma invece hanno scelto una strategia diversa: sul tavolo del procuratore Franco Sebastio sono finiti agli inizi di giugno gli ultimi esiti di un’inchiesta parallela, e apparentemente minore, condotta dalla Guardia di Finanza sui modelli organizzativi interni all’azienda. Sembrava un problema secondario, da approfondire soltanto per verificare qual era il ruolo di alcuni dipendenti. E invece si sta rivelando una questione ben più complessa e preoccupante. L’ipotesi è che ci fosse un gruppo di dipendenti, quadri e dirigenti, che saltando tutte le regole interne ed esterne all’azienda, ignorando i modelli organizzativi, rispondessero direttamente alla proprietà e seguissero le varie fasi della produzione. Per questo è stato acquisito ’elenco del personale operante all’interno del complesso industriale, completo della generalità dei dipendenti, della loro qualifica, dell’area di appartenenza, nonché la mansione ricoperta nel periodo che va tra il 2006 e il 2013.
«Si tratta - scrivono i giudici del Riesame - di una sorta di governo aziendale occulto (non ufficiale) operante all'interno dello stabilimento di Taranto, una struttura ombra costituita da soggetti denominati 'fiduciari', che di fatto governavano il siderurgico'' Accanto a questo, rimane la questione delle coperture.
Al momento sono una sessantina gli indagati tra imprenditori, politici, dirigenti pubblici, giornalisti, sindacalisti, preti. «L' azienda - si legge nel campo di imputazione - cercava di individuare le problematiche che non avrebbero consentito l' emissione di provvedimenti autorizzativi nei confronti dello stabilimento Ilva». E ancora: «Concordando così le possibili soluzioni e individuando i soggetti di vari livelli (politico-istituzionale, mass media, organizzazioni sindacali, settore scientifico, clero) da contattare, provvedendo anche a concordare in anticipo il contenuto di documenti ufficiali che dovevano essere emanati ed indirizzati allo stesso stabilimento Ilva».
In sostanza, secondo quanto ricostruisce l’accusa, la famiglia Riva controllava i controllori: sia quelli istituzionali, che avrebbero dovuto coordinare e imporre i rilievi. Sia quelli paralleli, come appunto i giornali. Infine, esiste il problema del denaro. E’ stata confermata dal Riesame il sequestro di otto miliardi di euro, a carico di Riva Fire (la cassaforte del gruppo Riva), contro il quale si era appellato anche il commissario Bondi. Il problema è che la Guardia di Finanza è riuscita a recuperare soltanto una piccola parte di quella cifra: come ha testimoniato un’indagine della Procura di Milano, parte dei fondi Ilva erano stati fatti transitare dalla famiglia Riva all’estero su otto trust. Nella foto accanto, i camini dell’Ilva Il gigante della siderurgia è sorvegliato speciale per quanto riguarda le emissioni. (Rep)

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