venerdì 2 novembre 2007

Replica al Prof Pirro


Il prof. Federico Pirro non è un rampante manager privato ma un raffinato docente di storia dell’industria nell’università di Bari oltre che autorevole editorialista e opinion maker. Da decenni egli sostiene l’importanza delle grandi imprese nello sviluppo generale, non solo economico, della Puglia, nelle sue varie articolazioni territoriali. Da tale visione traggono origine molti suoi scritti a sostegno delle grandi imprese, pubbliche e private.
Molti dei cittadini del “Comitato per Taranto” lavorano o hanno lavorato in grandi imprese e non hanno difficoltà alcuna a riconoscere e condividere la visione del prof. Pirro: la grande impresa fa scuola, trasferisce conoscenze, fa ricerca, stimola iniziative e indotto, accompagna la cultura, vive nel territorio con “amicizia”, pur mantenendo la propria identità e curando i propri interessi che, alla lunga, non possono confliggere con quelli della comunità che la ospita. La grande impresa, insomma, sente (o dovrebbe sentire) anche la “responsabilità sociale” vera e partecipata nei confronti dei propri dipendenti e della cittadinanza intera, che è cosa ben diversa da prebende e favori.
In recenti interventi sulla stampa, il prof. Pirro, dopo avere ricordato il significato storico, economico e sociale dell’insediamento a Taranto dello stabilimento siderurgico, ha ripetutamente sottolineato l’impegno dell’Ilva di Taranto per il miglioramento dell’impatto ambientale. In particolare, sull’onda delle recenti dichiarazioni del Presidente della Repubblica sulle antiche “disattenzioni ambientali” dello Stato nei confronti della città di Taranto, il prof. Pirro ha sostenuto: “Prendendo atto di quanto sinora compiuto dall’Ilva per contenere l’impatto ambientale dello stabilimento, bisogna intensificare gli sforzi, gli interventi e gli investimenti per ridurlo ulteriormente, secondo quanto stabilito nel protocollo d’intesa sottoscritto a suo tempo fra Regione, Istituzioni locali, azienda e parti sociali e alla luce delle BAT – best available techniques, previste dall’Unione europea per gestire al meglio gli impianti e recepite dal Governo Italiano”.
Riteniamo che tali affermazioni derivino sia da insufficiente conoscenza di quello che realmente accade in Ilva, in piena contraddizione con la “visione” che Pirro ha della grande impresa, sia da una eccessiva fiducia posta negli “Atti di Intesa” che nei fatti si sono rivelati inutili, inefficaci e tutto sommato dilatori per l’impegno dell’azienda a ridurre effettivamente, non a parole o sulla carta, l’inquinamento ambientale.
Noi siamo conviti invece che l’Ilva finora ha fatto poco per ridurre l’impatto ambientale e che, per di più, ha presentato un piano di interventi e di investimenti che definiamo lacunoso con un eufemismo. Insieme a molte organizzazioni territoriali, noi cittadini del Comitato per Taranto abbiamo argomentato tali convincimenti attraverso tre documenti:
Ø la relazione “Atto di Intesa e risanamento ambientale - Prospettive”, Convegno di “TarantoViva” del 10 agosto a “Fata Morgana” (vedasi Internet e vari blog);
Ø le “Osservazioni” sulla domanda di AIA presentata da Ilva SpA per lo stabilimento di Taranto, documento reso pubblico sul sito ufficiale del Ministero dell’ambiente;
Ø la “Petizione” al Presidente della Repubblica sugli incredibili ritardi del Parlamento, del Governo e della Corte dei Conti che forniscono alle grandi aziende italiane, e quindi anche a Ilva SpA, una sorta di alibi che le potrebbe far assolvere dall’accusa di mancato rispetto delle leggi, ma che non salverebbe l’Italia dalle contestazioni della Corte di Giustizia europea per gravi inadempienze ( la Petizione è su Internet e blog vari).
Mettiamo a disposizione del prof. Pirro tali documenti e lo invitiamo ad un pubblico confronto, pronti a riconoscere eventuali errori commessi da noi ma sicuri, nel contempo, che di fronte a fatti ed omissioni di notevole gravità l’insigne studioso avrà l’onestà intellettuale di modificare il giudizio positivo finora espresso sull’impegno di Ilva “per contenere l’impatto ambientale dello stabilimento”.
Per un minimo di concretezza, qui anticipiamo alcuni stralci delle “Osservazioni”, dal significato inequivocabile.
1. Il Ministero dell’ambiente, a seguito di una nostra “diffida”, ha dato 30 giorni di tempo ad Ilva per mettere a disposizione del “pubblico”alcuni documenti “individuati quali riservati” e di fornire in particolare le informazioni riguardanti le emissioni dell’impianto nell’ambiente.
2. La Commissione ministeriale (sulla sicurezza in stabilimento), rilevato che le proprie “raccomandazioni” sono la ripetizione di quanto avevano già fatto, invano, due precedenti Commissioni, propone all’Autorità di controllo di convertirle in “prescrizioni”. L’ultima “Raccomandazione” rende bene come veri “terzi” giudicano il modo in cui viene realizzato in stabilimento il miglioramento dell’impatto ambientale: “Infine la Commissione ritiene opportuno che da parte della Società sia costantemente valutato l'impatto sulle persone e sull'ambiente delle emissioni in atmosfera derivanti dai cicli produttivi”.
3. Nell’area Stoccaggio materie prime, il piano di adeguamento alle BAT prevede 18 interventi per un importo totale di 50,6 Meuro. Tra essi c’è la installazione di due macchine bivalenti dal costo complessivo di 14,8 Meuro, quasi il 30% dell’intero importo. Le due macchine sono in piena attività produttiva dal II trimestre 2006.
4. I 3 interventi proposti come applicazione delle BAT in AGL, sono, in realtà, interventi di manutenzione per il recupero della situazione iniziale, uno dei quali addirittura ultimato e messo in marcia nel I trimestre 2006.
Inoltre, per una riduzione verso i migliori parametri ottenibili per le emissioni di PCDD/F tutto è ancora lasciato vago e rinviato a studi di fattibilità e verifica dei parametri emissivi. Lo stato dell’agglomerato è uno dei punti più deboli della documentazione Ilva/AIA, è lontanissimo dalle indicazioni delle BREF e sembra tornato indietro di oltre 15 anni.
Eppure in Europa ci sono stati grandi progressi, eppure ci risulta che lo stesso gruppo Riva ha contribuito alla stesura delle BREF, in cui è indicata chiaramente una robusta serie di misure per migliorare le prestazioni ambientali dell'industria metallurgica ed in particolare del processo di agglomerazione del minerale ferroso. Nel Cap. IV – 7.d dell’allegato B, a dimostrazione del disinteresse “politico” dell’Ilva nei confronti del problema agglomerato, citiamo i contenuti principali delle BREF e riproduciamo una panoramica delle migliori tecnologie innovative applicate, con ottimi risultati, in Europa e in USA ed applicabili all'impianto AGL/2 di Taranto.
5. Le attività previste in AFO non sono investimenti innovativi per l’ambiente, ma rifacimenti e manutenzioni straordinarie che potranno avere modesti effetti sull’ambiente. Nello specifico di alcuni interventi rileviamo che dei 15 interventi previsti, ben 8 sono destinati ad AFO/3, fermo, e posizionati nel 2012/2013.
6. Nell’area Laminazione a caldo, i 4 interventi sono tutti di adeguamento degli impianti di trattamento acque dei treni di laminazione, incluso quello del TLA/2 ultimato e messo in marcia a fine 2004, ulteriore inequivocabile conferma dei nostri dubbi sulla veridicità di elenchi e investimenti “da fare” per il miglioramento dell’impatto ambientale.
7. Nulla è previsto per le emissioni diffuse che, in caso di vento forte, provengono dagli accumuli di polveri sulle strutture degli impianti, dei capannoni, sui piani di lavoro, ecc. in particolare in Area GHI e ACC. Per non dire di piazzali e strade non asfaltate, dell'area GRF, di nastri trasportatori, ecc. In sostanza nell'AIA si parla un po’ di quanto attiene agli impianti/processi e per niente di quanto avviene al contorno.
8. Presentare una situazione immune da pecche come quella descritta nelle pagine finali del documento fa a pugni con la percezione dell’impatto ambientale che hanno i cittadini di Taranto che toccano con mano le polveri perenni e guardano con preoccupazione i fumi e la cappa che sovrasta ogni giorno la città, e fa a pugni anche con le impietose situazioni fotografate dalla stampa periodica nazionale (vedi i recenti servizi su Espresso e LEFT).
9. Il gruppo Riva nell’ultimo decennio ha conseguito fatturati ed utili imponenti, gran parte dei quali nel sito di Taranto, fino ai record storici del 2006 L’ing. Emilio Riva, orgoglioso fondatore del Gruppo, per rispettare fama e prestigio ottenuti in cinquanta anni di successi imprenditoriali, ora deve vincere la sfida di continuare a produrre acciaio a Taranto nel rispetto delle norme.
Il prof. Pirro, infine, afferma: “Ma lasciare l’acciaio, il ciclo integrale e il loro indotto sarebbe una scelta grave per Taranto e per l’intero Paese. Ma se questo è vero, allora è il Paese che deve porre risorse al servizio della città per abbattervi l’inquinamento ambientale”. Siamo d’accordo: anziché fare tanto “fumo senza arrosto” e arroccarsi in difesa di progetti inefficaci, sarebbe saggio da parte di Ilva imboccare la strada della collaborazione con la città nella ricerca degli aiuti necessari per rimediare a quello che noi abbiamo ripetutamente definito il “peccato mortale originario” che lo Stato, attraverso i tecnici di società direttamente controllate, ha commesso nei confronti della città di Taranto.
In conclusione, noi cittadini del “Comitato per Taranto” invitiamo il prof. Pirro a confrontarsi con noi, in un pubblico e civile confronto, da tenersi a Taranto nel Centro Universitario e Giovanile Ionico, nel giorno che egli stesso vorrà fissare.

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