martedì 13 novembre 2007

Il caso diossina a Taranto arriva a Bruxelles


Riportiamo le lettere che il Dott. Fracasso ci ha inviato e che lui stesso ha ricevuto da due parlamentari europei che hanno presentato un'interrogazione scritta alla Commissione Europea sul Record diossina a Taranto.

Record diossina all'Ilva di Taranto - Risposta dell'On. Marcello Vernola


Egr. Dott. Fracasso, ritengo di far cosa gradita inviandoLe l'interrogazione che ho presentato qualche mese fa alla Commissione europea sul caso ILVA, unitamente alla risposta del Commissario. Sulla base delle Sue preziose informazioni, mi sembra ci siano gli estremi per presentare una nuova interrogazione. Sarà mi cura tenerLa al corrente. La ringrazio e saluto cordialmente. Marcello Vernola

INTERROGAZIONE SCRITTA P-3371/07 di Marcello Vernola (PPE-DE) alla Commissione Oggetto: Stabilimento ILVA a Taranto (Italia) Lo stabilimento dell'ILVA SpA a Taranto per la trasformazione dell'acciaio è da anni al centro di vicende giudiziarie: recentemente il tribunale penale di Taranto ha emesso l'ennesima sentenza di condanna, rilevando che gli impianti non erano dotati delle misure necessarie per impedire la dispersione nell'atmosfera di fumi, gas, vapori e polveri minerali di lpa e di benzene, e quindi esponevano i dipendenti a un pericolo più elevato di infortuni e malattie, cagionavano problemi di salute ai cittadini e determinavano il deterioramento degli edifici pubblici e arredi urbani (strade e cimiteri). Lo scorso maggio, un gruppo di cittadini ha adito il tribunale civile di Taranto per chiedere un provvedimento inibitorio e l'imposizione di accorgimenti tecnici atti ad eliminare o a ricondurre entro una soglia di liceità le emissioni nocive: il non intervento potrebbe, infatti, provocare ulteriori contaminazioni dei siti e una progressiva perdita di biodiversità, causando rischi significativi per la salute. Già nel 2001 l'incidenza delle emissioni dell'ILVA sull'insorgenza di tumori (25 decessi per cancro in otto anni e un altissimo tasso di neoplasie polmonari nei residenti della provincia) aveva indotto il sindaco di Taranto a ordinare la sostituzione delle batterie coke 3/6 con nuovi impianti meno inquinanti. Il 31 maggio l'agenzia telematica Peacelink ha presentato un dossier da cui risulta che l'ILVA riversa nell'atmosfera e nel mare di Taranto (l'unica baia naturale italiana) 1.385 kg di mercurio all'anno, pari al 49% di tutto il mercurio rilevato in Italia. Sono ben noti i danni all'organismo (modificazioni del dna) che possono derivare da elevate concentrazioni di mercurio che si veicola attraverso la catena alimentare. Ricordando che il danno ambientale, come definito dalla direttiva 2004/35/CE, comprende anche il danno causato da elementi aereodispersi, nella misura in cui essi possano causare danni all'acqua, al terreno o alle specie e agli habitat naturali protetti, non ritiene la Commissione che la persistente, mancata adozione, da parte dell'ILVA SpA, di dispositivi per il controllo delle emissioni nocive sia in contrasto con la suddetta direttiva, nonché con la direttiva 96/62/CE sulla qualità dell'aria (e le direttive da essa derivate 1999/30/CE, 2000/69/CE, 2002/3/CE), le direttive sulle emissioni industriali (84/360/CEE, 96/61/CE, 99/13/CE, 2003/87/CE) e quelle sulla tutela dell'ambiente marino e delle acque di balneazione (76/464/CEE, 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 88/347/CEE, 90/415/CEE, 2000/60/CE, 76/160/CEE, 2006/07/CE)? Può indicare la Commissione le sanzioni da applicare allo Stato italiano e all'impresa in caso di accertata responsabilità ambientale, in applicazione del principio "chi inquina, paga", per contrastare o ridurre i comportamenti industriali illeciti e al fine di limitare la perdita di biodiversità? P-3371/07IT Risposta di Stavros Dimas a nome della Commissione
7 agosto 2007
P-3371/2007
Risposta data da Stavros Dimas a nome della Commissione

L'allegato I della direttiva 96/61/CE(1) sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC) elenca le categorie di attività industriali che rientrano nel campo di applicazione della direttiva. Sono contemplati gli impianti di produzione e trasformazione dei metalli, quali gli impianti di arrostimento o sinterizzazione di minerali metallici (compresi i minerali solforati) (attività 2.1), gli impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 tonnellate all'ora (attività 2.2) e gli impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi (attività 2.3). La direttiva IPPC trova applicazione anche ali impianti di gassificazione e liquefazione del carbone (Allegato I, attività 1.3).

In base alle informazioni tratte dal sito Internet della società, lo stabilimento ILVA SpA Taranto opera in tutti i citati settori di attività.

La direttiva IPPC dispone che gli impianti che rientrano nel suo campo di applicazione devono essere gestiti in conformità delle autorizzazioni rilasciate, anche con riferimento alle soglie di emissione sulla base delle migliori tecniche disponibili (BAT) intese a evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni e l'impatto ambientale in genere. La prevenzione o la riduzione delle emissioni nell'aria, nell'acqua e nel terreno dovrebbe, pertanto, avvenire in conformità delle autorizzazioni ambientali rilasciate ai sensi della direttiva IPPC. Gli impianti attuali, gli stessi che erano in esercizio prima del 30 ottobre 1999, devono conformarsi integralmente ai criteri stabiliti nella direttiva IPPC entro il 30 ottobre 2007.

La Commissione ha adottato un documento di riferimento sulle migliori tecniche disponibili (BREF) applicabili alla produzione siderurgica, che le autorità competenti devono tenere in considerazione all'atto della definizione delle soglie di emissione basate sulle BAT, di parametri equivalenti o di misure tecniche per i suddetti impianti.

Stando ai dati concernenti una stima delle emissioni comunicati al Registro europeo delle emissioni inquinanti EPER (European Pollutant Emission Register), le emissioni 2004 di diossina, furani, piombo, benzene e mercurio nell'atmosfera provenienti dagli impianti in parola erano di gran lunga le più elevate di tutti gli impianti soggetti alla direttiva IPPC esistenti sul territorio italiano.

Conseguentemente, la Commissione chiederà alle autorità italiane di comunicarle quali provvedimenti sono stati o saranno adottati per conformarsi agli obblighi posti dalla direttiva IPPC.

La direttiva 96/62/CE(2) concerne la valutazione e la gestione della qualità dell'aria ambiente e le quattro direttive che ne sono derivate stabiliscono le soglie e i valori fissati come obiettivo per diverse sostanze inquinanti. Negli ultimi anni, a Taranto, si è registrato il superamento dei valori limiti giornalieri di PM10(3) entrati in vigore nel 2005 e dei valori limite annui per il biossido di azoto (NO2)(4) che entreranno in vigore nel 2010. Come disposto dall'articolo 8, paragrafo 3 della direttiva 96/62/CE, le autorità italiane avevano elaborato il piano contenente le misure atte a raggiungere il valore limite entro il periodo di tempo stabilito, ma i provvedimenti volti a ridurre il particolato PM10 erano insufficienti. Non si tratta comunque di un caso isolato, giacché 23 Stati membri hanno segnalato un superamento dei valori limiti giornalieri di PM10 nel 40 % delle zone e degli agglomerati dell'Unione europea. Il problema è stato anticipato e affrontato dalla Commissione nella sua proposta per una nuova direttiva sulla qualità dell'aria(5), sottoposta attualmente alla procedura di co-decisione del Parlamento europeo e del Consiglio. Nel frattempo la Commissione chiede agli Stati membri informazioni sui provvedimenti adottati per migliorare la situazione e soddisfare i criteri di qualità dell'aria stabiliti dalle pertinenti direttive. Le informazioni comunicate dagli Stati membri consentiranno alla Commissione di valutare con maggiore cognizione di causa la portata del problema e gli interventi necessari, che siano di natura trasversale o specifici a talune località.

La direttive 2004/107/CE(6) verte sui metalli pesanti quali il mercurio. Le autorità italiane hanno provveduto a recepire la direttiva posteriormente alla scadenza prevista (15 febbraio 2007). Gli Stati membri devono effettuare un esame preliminare delle concentrazioni nell'aria ambiente. La Commissione sta prendendo le misure appropriate per rammentare all'Italia tale obbligazione. Il monitoraggio ai sensi della direttiva avrà luogo a decorrere dal 1° gennaio 2008.

Per quanto concerne il rispetto della direttiva 2000/60/CE(7) e delle connesse direttive sull'inquinamento provocato da sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico, una misura fondamentale «di base» per il controllo dell'inquinamento delle acque superficiali e sotterranee è la corretta attuazione della direttiva IPPC. Tuttavia, qualora ciò si rivelasse insufficiente per conseguire gli obiettivi della direttiva 2000/60/CE gli Stati membri sono anche tenuti ad attuare misure «supplementari», all'occorrenza di portata superiore a quelle previste dalla direttiva IPPC. Le informazioni in materia devono essere incluse nei piani di gestione dei bacini idrografici che devono essere elaborati entro il 22 dicembre 2009.

Un procedimento di infrazione(8) è attualmente pendente nei confronti dell'Italia a motivo dell'incorretto recepimento della direttiva 2000/60/CE. Nel giugno 2007, le autorità italiane hanno ricevuto un ultimo avvertimento (parere motivato) ai sensi dell'articolo 228 del trattato CE affinché provvedessero a conformarsi integralmente alla sentenza pronunciata dalla Corte (12 gennaio 2006). La prima relazione della Commissione sull'attuazione della direttiva(9) rileva gravi carenze e l'incompletezza degli esami ambientali e dell'analisi economica nelle relazioni (ai sensi dell'articolo 5) da parte dell'Italia. Un procedimento di infrazione avente per oggetto l'obbligo di presentazione di relazioni(10) rimane tuttora pendente.

(1)GU L 257 del 10.10.1996.
(2)GU L 296 del 21.11.1996.
(3)PM10 = una categoria di sostanza inquinanti prodotte dal traffico e costituite da particolato con dimensione pari o inferiore a 10 μm.
(4)Stabiliti dalla direttiva 1999/30/CE, GU L 163 del 29.6.1999.
(5)COM(2005)447 def.
(6)Direttiva 2004/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria ambiente. GU L 23, 26.1.2005.
(7)Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque. GU L 327 del 22.12.2000.
(8)Procedimento n. A2004/0059.
(9)COM(2007)128 def. 21 marzo 2007
(10)Procedimento n. A2005/2317.

Record di diossina all'Ilva di Taranto - Risposta dell'On. Luciana Sbarbati



Egregio dott. Fracasso,
nella speranza di farLe cosa gradita, Le inoltro il testo dell'interrogazione scritta inviata ieri alla Commissione europea in merito allo Stabilimento ILVA di Taranto.
Cordiali saluti.

On. Luciana Sbarbati (Parlamentare europeo e Segretario nazionale MRE)


Interrogazione scritta presentata dall'on. Luciana Sbarbati alla Commissione europea, in data 11/10/2007

EMISSIONE DI DIOSSINE NELLO STABILIMENTO ILVA

Si apprende da notizie di stampa (settimanale l'Espresso del 5 aprile 2007) che lo stabilimento ILVA di Taranto – violando gli standard europei sulle emissioni di diossina (dati EPER European Pollution Emission Register) produceva già nel 2002 da solo, 71.4 grammi di diossina pari al 32,1% della produzione industriale italiana complessiva di policlorodibenzene-p-diossine (PCDD) e policlorodibenzene-p-furani (PCDF).
Se è vero che tali diossine sono molto pericolose per la salute e che se veicolate dal vento possono percorrere anche significative distanze dal luogo di emissione ed entrare nella catena alimentare, provocando anche tumori e malformazioni nei feti, può la Commissione spiegare:
- quali sono i limiti massimi di tollerabilità di queste diossine e se ne è a conoscenza, quali danni possono provocare all'ambiente oltre che alla salute;
- se l'EPER ha segnalato che, mentre dal 2002 al 2005 si è quasi dimezzata la produzione di queste diossine in Italia, l'ILVA nello stesso periodo ha prodotto circa il 90% di tutto l'inquinamento industriale italiano;
- se è a conoscenza e come intende procedere e intervenire di fronte al fatto che una nube si è sprigionata a Taranto nell'impianto di agglomerazione dell'ILVA, e a distanza di mesi nessuno ne ha attestato la composizione chimica, ciò in netto contrasto con le normative che istituiscono standard europei in materia di salute pubblica e industriale.

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