Indotto Ilva, ritardi nella produzione. I riflessi anche a Genova, aziende sull’orlo del default
L’allarme arriva dai sindacati genovesi e viene rilanciato dai media liguri. A Genova ci sarebbe stato un rallentamento nella produzione della banda stagnata. Da Taranto gli arrivi sarebbero in ritardo e l’acciaio di Taranto che trovava nella qualità il suo fiore all’occhiello adesso sarebbe anche talvolta non eccellente. Così i giornali parlano di un incontro con i rappresentanti sindacali aziendali genovesi per discutere della rotazione dei contratti di solidarietà. I vertici dello stabilimento di Cornigliano-Genova non avrebbero nascosto i loro timori.Incertezze sulla fabbrica e produzione rallentata. Che si annuncia a Taranto ma che produce i suoi effetti in tutti gli stabilimenti del gruppo Ilva. Difficoltà che starebbero aumentando con il passare dei giorni. Perché il pianeta Ilva produce i suoi effetti, nel bene e nel male, su tutti i satelliti: in primis le altre sedi siderurgiche e poi le aziende dell’indotto. Cominciando da Genova. Con la chiusura dell’area a caldo sono finiti i problemi ambientali del capoluogo ligure ma si sono aperti quelli occupazionali. Dipendendo da Taranto per la produzione a freddo ora si rischia di avere un effetto domino che potrebbe far aumentare il ricorso agli ammortizzatori sociali.«Il gruppo sta perdendo commesse – ha detto il segretario genovese della Fiom Bruno Manganaro – perché è ritenuto inaffidabile. A Taranto c’è una situazione di incertezza per via dell’inchiesta e insieme la mancanza di investimenti. Per questo è urgente una risposta da parte del governo sul futuro del gruppo a livello nazionale». Da Genova come da Taranto il pressing si fa sempre più incisivo sul ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi alla quale le segreterie nazionali di Fim-Fiom e Uilm hanno chiesto un incontro sul futuro dell’Ilva. Di recente i sindacati metalmeccanici di Genova hanno raggiunto l’accordo con Ilva che prevede il ricorso al contratto di solidarietà a far data da domani per i dipendenti dello stabilimento di Cornigliano.
L’accordo vale per dodici mesi e va a interessare i circa 1700 lavoratori occupati a Genova, 700 dei quali oggi sono impegnati in lavori di pubblica utilità. A tutti oggi scadrà la cassa integrazione. Non va meglio alla aziende dell’indotto Ilva che registrano, a livello nazionale, come è noto un passivo di 250 milioni di euro. Di questi circa 150 riguardano Taranto e la sua provincia. Le cifre sono quelle che, soltanto la scorsa settimana, aveva diffuso un preoccupato presidente di Confindustria Taranto, nella relazione letta nell'ambito del Consiglio generale dell’associazione proprio a Taranto. «Senza queste aziende - aveva detto Cesareo - il sistema Ilva perde una parte importante della sua identità e la città rischia di perdere un pezzo fondamentale del suo tessuto produttivo. Non basta assicurare la produzione. Non basta far andare avanti le pur indispensabili, fondamentali opere di risanamento e di bonifica. È un intero sistema - aveva concluso - che va recuperato e di questo sistema le nostre aziende sono parte integrante e fondamentale».
Ora la situazione, se è possibile, sta peggiorando. I pagamenti che avrebbe dovuto fare l’Ilva per le fatture delle imprese d’appalto si starebbero facendo sempre più lenti. Non più trenta giorni ma almeno il doppio, due mesi. Ritardi e debiti che si accumulano e che starebbero nuovamente mandando le aziende joniche sull’orlo del default. (Quot)
L'Ilva pronta a ridurre la produzione da 17mila tonnellate al giorno a 14.500. Il dato sarà comunicato dall'azienda ai sindacati metalmeccanici in un incontro già previsto. La minore produzione si impatterà anche sul bilancio di fine anno dello stabilimento di Taranto, che dovrebbe chiudere il 2015 con 4,8 milioni di tonnellate e dunque un milione 200mila tonnellate in meno di quanto i commissari dell'Ilva dissero di poter raggiugere a fine anno nel corso della loro ultima audizione alla Camera (a fine luglio scorso davanti alla commissione Attività produttive).
L'Ilva renderà anche noto che le due acciaierie, 1 e 2, marceranno con un minor numero di colate continue in attività. Attualmente l'acciaieria 1 ha due colate continue e tre la 2. Nessuna ripercussione invece sugli altoforni. Il siderurgico di Taranto resta in produzione con i tre attuali altoforni: l'1, riavviato lo scorso 6 agosto dopo i lavori dell'Autorizzazione integrata ambientale, il 2 e il 4. E' fermo invece da metà marzo l'altoforno 5, il più grande d'Europa, che deve essere sottoposto a lavori di risanamento.
Resta da vedere se questa frenata dell'Ilva, dovuta essenzialmente alla congiuntura siderurgica, all'andamento del mercato dell'acciaio e alla mancanza di ordini di lavoro, si ripercuoterà anche sul personale con un maggior ricorso all'ammortizzatore sociale dei contratti di solidarietà. Confermata infine la ripartenza per il prossimo mese, probabilmente intorno alla metà del mese, del treno nastri 1, fermo da qualche tempo, e la fermata del treno nastri 2, ma in quest'ultimo caso solo per attività di manutenzione che dureranno alcuni giorni a novembre. Al termine dei lavori i due treni nastri dovrebbero restare entrambi in produzione. (RepBa)