giovedì 5 dicembre 2013

Pasticciaccio 3

Governo obbliga i Riva a finanziare bonifica Ilva

Sono i proprietari dell’acciaieria a dover pagare il risanamento ambientale dell’Ilva di Taranto, cioè i Riva, anche se l’azienda è commissariata ed i beni della famiglia sono posti sotto sequestro. È questa il principale provvedimento dell’ultimo decreto sull’Ilva, il quarto, approvato ieri dal Consiglio dei ministri nell’ambito del provvedimento per la Terra dei fuochi in Campania, come «Ulteriori disposizioni urgenti a tutela dell’ambiente, della salute, del lavoro e per l’esercizio di imprese di interesse strategico nazionale».«Si prevede che il risanamento vada ulteriormente finanziato attingendo alle risorse finanziarie personali del proprietario dell'impresa commissariata e che in caso di inadempimento possano essere utilizzate somme di quel soggetto che siano sottoposte a sequestro penale per reati anche diversi da quelli di tipo ambientale», spiega il comunicato di Palazzo Chigi. Un riferimento non solo ai beni sequestrati dal gip Todisco nell’ambito dell’inchiesta per disastro ambientale, ma soprattutto ai quasi due miliardi sequestrati dalla Guardia di Finanza ai Riva nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Milano su presunti reati fiscali commessi dalla famiglia nel far rientrare i capitali detenuti all’estero.

L’ennesimo intervento legislativo si è reso necessario per i contrasti interpretativi sui decreti precedenti, in particolare sulla «progressiva attuazione» dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) da parte del Commissario e sull’approvazione del Piano Ambientale (già in ritardo) e del Piano Industriale, che discenderanno non più da decreti interministeriali (Ambiente e Sviluppo Economico), ma da decreti della Presidenza del Consiglio, rimodulati nei termini, comunque da emanare entro il 28 febbraio 2014. Appurato che non si può seguire il crono programma originario dell’Aia, visto che il commissariamento nasce dalla sua mancata attuazione da parte dell’azienda, il decreto specifica che la sua progressiva attuazione sussiste qualora le emissioni nell’aria misurate dalle centraline di monitoraggio gestite dall’Arpa siano conformi alle norme vigenti e comunque non siano peggiorate da quando è intervenuto il commissario «e risultino avviati gli interventi necessari ad ottemperare almeno il 70% delle prescrizioni dell’Aia». Inoltre «il dovere di progressiva attuazione vale fino all’approvazione del piano ambientale», che precede quello industriale. Sarà poi la Conferenza dei servizi convocata dal Ministro dell’Ambiente a coordinare i vari pareri e assensi al piano, che costituisce modifica o integrazione dell’Aia. La Conferenza dei servizi è uno degli strumenti per la semplificazione delle procedure di bonifica prescritte dall’Aia, rallentate da numerose autorizzazioni edilizie (se ne calcolano 40) e procedure di Valutazione d’impatto ambientale che stanno facendo scorrere velocemente i 36 mesi previsti per completare i lavori.

L’altro obiettivo, non dichiarato nel comunicato, è quello di sottrarre la gestione commissariale alle sanzioni penali ed amministrative previste dal decreto salva Ilva (il 207/ 2012 trasformato nella legge 231/2012) al comma tre dell’articolo 1, che parla di sanzione pecuniaria pari al 10% del fatturato in caso di mancata osservanza delle prescrizioni Aia, fatti salvi gli articoli 29 decies e quattuordecies del decreo 152/2006 che disciplinano le ulteriori sanzioni penali e amministrative nell’ambito delle Aia. Durante la gestione commissariale, qualora vengano rispettate le prescrizioni dei piani, non si applicano le sanzioni per atti o comportamenti imputabili alla gestione commissariale. «Dette sanzioni, ove riferite a atti o comportamenti imputabili alla gestione precedente al commissariamento, si irrogano alle persone fisiche - si chiarisce - che abbiano posto in essere gli atti o comportamenti, e non possono essere poste a carico dell’impresa commissariata». Vi sono, infine, delle misure di salvaguardia della continuità aziendale con la proroga dei termini del potere dei commissari, nel caso in cui le vendite di aziende in amministrazione straordinaria siano oggetto di controversie giudiziali e misure di salvaguardia della salute nel campionamento dei suoli contaminati nell’area del Sin Taranto. (gdm)

Decreto Ilva nel mirino. I Riva potrebbero porre l'incostituzionalità

Per ora è sotto attacco solo degli ambientalisti il decreto legge sull'Ilva che obbliga i Riva a finanziare la bonifica dello stabilimento di Taranto prevedendo, in caso di loro rifiuto, la possibilitá di utilizzare i soldi che agli stessi Riva sono stati sequestrati per reati diversi da quelli ambientali (il riferimento é all'inchiesta di Milano con 1,9 miliardi bloccati all'estero da Procura e Guardia di Finanza). Ma certo i Riva non staranno affatto a guardare rispetto al provvedimento approvato il 3 dicembre dal Consiglio dei ministri. C'é anche l'ipotesi, riferiscono fonti legali, che alla prima occasione utile possano sollevare una questione di incostituzionalità delle nuove norme.

Ieri a Milano c'é stata una prima riunione degli avvocati del gruppo per leggere il decreto, analizzarlo, e vedere che tipo di strategia impostare. Il punto che si intende porre in modo forte é: come possono essere utilizzati i soldi sequestrati se il processo per i relativi capi di imputazione non é nemmeno cominciato? Come si possa violare un principio costituzionale chiave come quello della presunzione di innocenza e, per di piú, senza una sentenza passata in giudicato? A questo - osservano fonti legali - si aggiunga il fatto che si vogliono usare nella bonifica soldi bloccati per questioni fiscali e valutarie, e non si ritiene possibile sovrapporre vicende molto diverse tra loro, e che alla fine per il risanamento dello stabilimento di Taranto i Riva pagherebbero due volte: col sequestro di Milano e con quello di Taranto. Quest'ultimo é un sequestro preventivo per equivalente ordinato dal gip Patrizia Todisco e per ora svluppatosi in due tranche: fine maggio e inizio di settembre. Il gip ha chiesto i sigilli su 8 miliardi di euro tra conti, titoli, partecipazioni e beni del gruppo Riva, escluso l'Ilva di Taranto, affermando che 8 miliardi sono la somma stimata dai periti per bonificare il territorio dal disastro dell'inquinamento provocato dal siderurgico. In realtá, su 8 miliardi, la Finanza sinora ne ha sequestrati circa 2 e in larga prevalenza si tratta di immobili. Tra l'altro proprio contro questo sequestro gli avvocati di Riva daranno battaglia in Corte di Cassazione il 20 dicembre.

Di altro tipo, invece, l'opposizione che fanno gli ambientalisti. Loro non entrano nel merito tecnico-giuridico del decreto legge, ma osservano invece che ancora una volta la necessità di tutelare la produzione dell'acciaio é anteposta alla salute dei tarantini e che i tempi di attuazione delle prescrizioni dell'Autorizzazione integrata ambientale vengono dilazionati. E cosí il portavoce nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, che é anche consigliere comunale di Taranto, dichiara che porterà direttamente il testo del provvedimento al commissario europeo per l'Ambiente mentre Alessandro Marescotti di Peacelink e Fabio Matacchiera del Fondo antidiossina annunciano che segnaleranno i contenuti del decreto alla Procura di Taranto. E intanto hanno già investito del caso il presidente del Parlamento europeo.

Dal canto suo, il sub commissario dell'Ilva, Edo Ronchi, dichiara sul decreto: "Penso che Riva non ci darà i soldi necessari ai lavori da fare a Taranto avendo anche gran parte del patrimonio sequestrato, e peró noi useremo questa norma del decreto per trattare con le banche da una posizione di maggiore solidità. Il provvedimento prevede infatti due strade: la prima é che i Riva, a fronte della richiesta-diffida del commissario, assicurino le risorse che servono; la seconda é che al commissario siano messe a disposizione le risorse sequestrate dalla Magistratura anche per reati diversi da quelli ambientali nel caso in cui, come é molto probabile, dai Riva non venisse nulla. Quest'altra possibilità mi pare costituisca una garanzia molto importante per le banche che devono finanziarci. Queste ora sanno che possono accedere anche a risorse ulteriori e che non ci sono solo quelle generate dall'attività industriale dello stabilimento". (Sole24h)

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