Ilva, maxi-furto di niobio: sott’accusa tre dipendenti
Sono stati incriminati ufficialmente in tre per la sottrazione di un ingente quantitativo di “niobio” dall’interno dell’area siderurgica.Si tratta di tre dipendenti della società Ilva, a carico dei quali il sostituto procuratore della Repubblica Lanfranco Marazia ha fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
I tre uomini sono accusati di furto con l’aggravante di aver commesso l’episodio con abuso della relazione di prestazione d’opera. Il sostituto procuratore della Repubblica, infatti, ha evidenziato in contestazione proprio la circostanza che gli indagati avessero facilità di movimento all’interno dello stabilimento per essere dipendenti della società siderurgica.
A suo tempo, ed esattamente alla fine del settembre dell’anno scorso, erano stati gli agenti della Squadra Mobile a stroncare l’attività illecita dei dipendenti-Ilva.
Due tarantini residenti nella provincia jonica, rispettivamente di 45 e 38 anni, e un 38enne originario della provincia barese, erano stati colti nella flagranza del reato, mentre stavano trafugando a bordo di un grosso camion ben tre tonnellate di “niobio”.
Come è noto, il niobio è un preziosissimo metallo usato come componente di leghe metalliche e di alcuni tipi di acciaio inossidabile. L’ingente quantità di metallo costituito da piccole pietre era contenuto in tre grosse sacche di tela di colore bianco, che a loro volta erano custodite all’interno di una cassa di legno.
Secondo quella che fu la ricostruzione dell’epoca, le indagini degli investigatori della Squadra Mobile erano partite nei giorni precedenti al blitz, dopo la segnalazione di un addetto alla vigilanza dell’Ilva di Taranto che aveva notato, in un piazzale all’interno dello stabilimento siderurgico, l’inusuale presenza di una grossa cassa di legno.
Analizzando il contenuto e presumendo che lo stesso potesse essere oggetto di un imminente furto, gli agenti avevano così predisposto una serie di servizi di appostamento, supportati anche dalle moderne tecnologie di rilevamento satellitare, per risalire agli eventuali autori dell’illecito trafugamento.
Dopo alcuni giorni, i poliziotti avevano notato che la grossa cassa era stata caricata a bordo di un camion che appena uscito dallo stabilimento aveva imboccato la strada statale 106.
Alcuni chilometri dopo gli agenti avevano così fermato il grosso mezzo e avevano recuperato il prezioso carico che era nascosto sul fondo del camion sotto numerosi rottami di zinco.
Le successive indagini avevano permesso di accertare le responsabilità di due dipendenti dell’Ilva: un capo squadra ed un addetto al magazzino che avevano insieme architettato il furto del prezioso minerale. Era stato pure incriminato il camionista, di origini baresi, dipendente di una ditta di trasporti, che aveva accettato dietro compenso di trasportarlo.
Dopo quanto accertato le tre tonnellate di “niobio”, per un valore commerciale di circa 90mila euro, erano state riconsegnate ai legittimi proprietari.
Noto con il nome di columbio, poichè scoperto nel minerale columbite, il niobio è usato particolarmente nell’industria automobilistica. (Quot)
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