Lui tende la mano, Renzi la ritira. Emiliano freddato su Ilva e Tap
Quando prende la parola, durante la direzione nazionale monotematica sul Sud convocata da Matteo Renzi, Michele Emiliano ha perso parecchia della baldanza della vigilia. «Sono tutti molto preoccupati di quel che dirò – spiega rivolgendosi direttamente al premier segretario durante il suo intervento – chi ti è più vicino mi ha invitato a essere positivo». Ma quello più preoccupato, in realtà, sembra lui stesso, il presidente della Puglia. Che si esibisce in un intervento piuttosto breve e sottotono, accorato e tutto in difesa. Ancora, evidentemente, sotto l’effetto del durissimo trattamento che Renzi gli ha riservato.
Nella sua relazione introduttiva, il
presidente del Consiglio cita più volte Marcello Pittella, il presidente
della Basilicata, e Vincenzo De Luca, governatore della Campania. Ne
loda i risultati, da Matera capitale a Melfi, dalla raccolta
differenziata di Salerno agli sforzi per Bagnoli. Per Emiliano (così
come per il presidente della Sicilia, Rosario Crocetta, alle prese però
con difficoltà politiche oggettive), non una parola. E, invece,
moltissime bacchettate: su Ilva, su Tap, sulle trivellazioni. Eppure
l’ex sindaco di Bari si era avvicinato al banco della segreteria per
stringere la mano a Renzi, che non sentiva né vedeva da prima che
iniziasse la campagna elettorale, per tentare di recuperare posizioni.
Ricavandone una freddezza ostentata, che non gli era sfuggita. Anche il
parlamentare barese Dario Ginefra ne aveva perorato la causa invitando
il segretario nazionale e il segretario regionale a scambiarsi un gesto
che desse «plastica rappresentazione di una relazione diversa da quella
delle romanzesche interpretazioni» dei giornalisti. Appello caduto nel
silenzio gelido di Renzi.
Emiliano, è noto, prima e dopo il voto del
31 maggio aveva criticato aspramente il governo sulla riforma della
scuola, aveva annunciato opposizione alla decisione di far approdare il
gasdotto Tap sulla spiaggia di Melendugno, aveva giudicato mal scritto
il penultimo e l’ultimo decreto Ilva (che consente il funzionamento di
uno stabilimento per il quale non esclude la chiusura, posizione opposta
a quella del governo), infine aveva annunciato ricorso contro le
trivellazioni in Adriatico. Renzi non deve aver dimenticato nulla. Così
come non deve aver gradito quell’ultima promessa – «scateneremo
l’inferno del cambiamento» – con cui Emiliano aveva accolto l’annuncio
di una direzione nazionale dedicata alla questione meridionale,
intestandosi una sorta di battaglia da Sud (con il plauso di tantissimi
amministratori meridionali che lo incitavano anche ieri alla pugna).
A dimostrare tutta l’insofferenza del premier, è appunto il suo discorso dal Nazareno. Parla della Puglia più volte.
Ne cita i successi, dalla Mermec dell’amico Vito Pertosa alla sfida per
Taranto annunciata dal ministro per i Beni culturali Franceschini.
Rivendica gli sforzi del governo nel suo territorio. Cita perfino i
«ragazzi di Proforma», l’agenzia barese di comunicazione alla quale egli
stesso si affida, per «la bellissima campagna sul Tap con cui si
dimostra che un gasdotto non pregiudica le potenzialità turistiche del
territorio». Emiliano, che del Pd pugliese è segretario e che è stato
eletto solo due mesi fa governatore, no, non merita incoraggiamento né
considerazione. Per lui solo staffilate. Su Ilva. «Noi a Taranto ci
siamo andati – rivendica Renzi – il decreto legge che tiene aperta
quell’industria, con una battaglia quotidiana del tutto sottovalutata, è
il numero 1 del 2015. Ma tutta l’attenzione è stata riservata alle
interpretazioni normative». Su Tap. «So che ci sono opinioni diverse, ma
si dovrebbe osservare che il gasdotto convive perfettamente con la
spiaggia a Ibiza dove il turismo non è affatto crollato». Sulle
trivellazioni. «Lo sblocca Italia non ha autorizzato alcuna trivella. Ma
è possibile che dalla parte croata dell’Adriatico si intervenga e da
quella italiana non si possa fare neppure ricerca?».
Ed Emiliano? Parla per quarto, poco dopo un
galvanizzato De Luca, e sceglie il registro – non tanto consueto, per
lui, ma fa parte della mutazione in corso - della prudenza. «Noi
possiamo essere per te, presidente, uno strumento per risolvere la crisi
economica italiana. Siamo a tua disposizione, delle questioni
correntizie non ci frega niente. Se qualche volta osservo, da giurista,
un’incongruenza non devi prendertela: sono un giurista. Noi siamo il
frutto di sangue e sudore versato, non solo metaforicamente. In luoghi
difficilissimi dove abbiamo portato la bandiera della civiltà attraverso
il centrosinistra e il Pd, non possiamo essere convocati a bacchetta.
Dobbiamo condividere strategia e visione. Poi vedrai di cosa siamo
capaci». Chi, nella platea del Nazareno, si aspettava un Emiliano che
«scassasse» tutto, forse è deluso. «Non sono pazzo – concede al termine
della direzione – abbiamo incassato l’impegno a discutere di questione
meridionale e a farlo prima di stabilire la spesa con la legge di
stabilità. È molto. Andiamo avanti». (CdM)
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