Eva Degl’Innocenti, un manager per il MARTA di Taranto
Toscana, 39 anni, archeologa. Da ieri è Eva Degl’Innocenti il manager del Museo Archeologico Nazionale MARTA di Taranto.Scelta insieme agli altri 19 nuovi dirigenti museali dal Ministero per i Beni culturali, Eva Degl’Innocenti può vantare un solido curriculum, non solo accademico: dopo essere stata project manager del museo nazionale del Medioevo a Parigi, oggi è pronta ad affrontare questa nuova sfida italiana.
Il ministro Franceschini l’ha nominata per guidare il nuovo corso del Museo Archeologico di Taranto sulla base di una laurea, conseguita a Pisa, in Conservazione dei Beni Culturali, con indirizzo archeologico, e di una Specializzazione in Archeologia.
Eva Degl’Innocenti ha poi conseguito il dottorato di ricerca europeo presso l’Università degli studi di Siena in Storia, archeologia e archivi del Medioevo e dal 2013 dirige il Servizio dei beni culturali e del museo Coriosolis della Comunità dei Comuni Plancoët Plèlan in Bretagna. Dal 1995 al 2008 ha condotto scavi archeologici in Italia e in Tunisia ed è autrice di numerose pubblicazioni, oltre ad aver insegnato in diverse università italiane e francesi.
L’abbiamo contattata per conoscere meglio quale sarà il ruolo dei manager all’interno dei musei italiani e quali progetti abbia in mente per il MARTA.
Non più direttori ma manager. Cosa cambia davvero per i Musei?
Un direttore deve assicurare sicuramente la politica scientifica di ricerca e la conservazione, ma deve anche riuscire a valorizzare il museo mettendo in atto una vera e propria strategia di marketing.
Deve quindi avere competenze di tipo manageriale e una capacità di gestione non soltanto delle risorse umane, ma del museo come struttura e come sistema, anche economico, per far sì che il museo diventi un volano di sviluppo economico e turistico del territorio in cui si inserisce, in questo caso Taranto e la regione pugliese.
Il patrimonio artistico italiano è davvero enorme, eppure mai adeguatamente valorizzato come risorsa economica. Dal confronto con l’estero, secondo la sua esperienza, cosa manca ancora?
Manca questo approccio manageriale. Bisogna capire che un museo non può essere soltanto una struttura di tutela e conservazione, elementi che sono fondamentali, perché se non c’è la conservazione e la tutela non c’è ovviamente valorizzazione.
Ma l’aspetto della valorizzazione è altrettanto basilare: ci sono innanzitutto gli elementi legati alla fruizione di un museo, specie quando è pubblico e dunque è necessario assicurare la divulgazione e una democrazia culturale, un’accessibilità a un largo pubblico.
Ci deve essere, poi, anche un elemento pedagogico, quindi è necessario rendere comprensibile quello che si vuole comunicare.
Il museo deve diventare un luogo di legame sociale e di produzione culturale , quindi anche di creazione di eventi altri rispetto all’elemento caratterizzante – nel caso del MARTA l’archeologia – e soprattutto deve riuscire ad attirare pubblico. Un museo ha anche come principio quello di poter creare dei ricavi e non solo delle spese, deve quindi diventare un elemento di sviluppo territoriale ed economico.
Ecco perché un manager deve assicurare una gestione finanziaria e fare anche delle scelte di marketing, privilegiando alcune azioni rispetto ad altre. Per fare questo è necessario evidentemente una conoscenza approfondita anche delle tecniche di marketing, quindi ad esempio capire il pubblico di un museo e riuscire a conquistare il non-pubblico, che è una categoria importante in una strategia di marketing. Non-pubblico può essere ad esempio anche la popolazione locale, gli abitanti di una città.
In Italia per anni si è identificato il museo con la sola conservazione e tutela, pensando che l’elemento valorizzazione e marketing, così come la parte finanziaria, che prevede anche l’eventuale ricerca di fondi privati, fosse in realtà una negazione dell’elemento culturale.
Valorizzazione e tutela fanno invece parte di un tutt’uno, sono un elemento unico basato due aspetti fondamentali: conoscenza e ricerca. Se l’aspetto scientifico non è garantito, non si può parlare neanche di marketing.
Non si parla di trasformare un museo in un McDonald, ma di gestire una struttura culturale .
La mia esperienza francese me lo dimostra. In Francia non si è avuta difficoltà a capire che questi due aspetti non sono in contrasto tra loro, ma sono elementi che devono assolutamente unirsi in un connubio per assicurare una buona gestione di una struttura museale. Ci sono decenni e decenni di esperienza da questo punto di vista che permettono al Louvre, ad esempio, di essere il museo con più visitatori del mondo intero.
I musei italiani sembrano essere rimasti indietro quanto a tecnologia e innovazione. Quali novità pensa di introdurre a Taranto?
In un museo come quello di Taranto si potrebbero introdurre, per esempio, progetti di interattività, quindi utilizzare nuove tecnologie come gli schermi tattili, che permetterebbero di acquisire un altro pubblico molto importante come quello dei portatori di handicap, che spesso è completamente sconosciuto ai musei italiani e che invece è un pubblico molto attento e consistente. Non solo da un punto di vista di dovere morale, ma anche da un punto di vista di marketing, perché si tratta di un pubblico molto esigente, che trovando una struttura in grado di accoglierlo in modo adeguato, con un’offerta culturale soddisfacente, può creare itinerari turistici che generano poi sviluppo territoriale anche al di là del museo.I musei hanno ricadute di guadagni anche indirette infatti, tramite le strutture alberghiere, le strutture di ristorazione, le strutture economiche della città e della regione.
Altro elemento importante può essere l’idea di creare percorsi per smartphone. Ci sono app interessantissime che si possono semplicemente scaricare e rendere accessibili a tutti, permettendo una buona pubblicità per il museo, dato che il visitatore può prepararsi alla visita già da casa e poi scegliere tra le opere che preferisce una volta giunto nella struttura.
Sempre attraverso questo strumento si potrebbe anche coinvolgere il territorio, dato che grazie alle tecnologie mobili si può arrivare a creare dei veri e propri itinerari culturali, che comprendano non solo il museo ma anche il suo territorio. Nel caso di Taranto, ad esempio, si potrebbero includere tutti i siti archeologici a cui i singoli reperti sono legati o un percorso attraverso l’intera città.
La terza idea potrebbe essere quella delle ricostruzioni 3D, che in archeologia sono fondamentali perché il pubblico ha difficoltà – come del resto gli stessi archeologici – a immaginare come fossero le strutture, conservate solo in parte. Dunque un approccio che potenzia la conoscenza anche visiva e permette al grande pubblico di capire quelle strutture architettoniche che altrimenti avrebbe difficoltà ad immaginare.
Una medievista per un museo archeologico che ospita per lo più reperti magno-greci e romani. Ci racconta il viaggio che l’ha portata a questo incarico prestigioso?
Già attraverso i miei studi universitari e attraverso la mia formazione di laurea e post-lauream, durante il dottorato, ho frequentato corsi di archeologia classica, anche di levatura internazionale. Tra l’altro nei miei scavi, ad esempio in Tunisia, abbiamo trovato una città anche romana, mentre ho partecipato a scavi anche a Roma, quindi ho come esperienza anche quella dell’archeologia classica.
In Francia dirigo un museo del territorio in cui l’archeologia gallo-romana è l’elemento più importante e me ne occupo ormai da cinque anni.
Inoltre, io non sarò una ricercatrice del museo di Taranto, quindi non dovrò fare questo tipo di lavoro. Anzi, quello che intendo fare è riuscire a creare una task force di ricercatori e di specialisti anche dei singoli materiali e dei singoli contesti che permettano di avere un avanzamento negli studi e un aggiornamento scientifico delle varie classi di materiali e dei vari contesti.
Questo è un approccio molto archeologico, perché nell’archeologia oggi ci sono i vari specialisti e non c’è più un unico archeologo onnisciente, ma si circonda dei professionisti e delle figure giuste per le varie tematiche e problematiche.
Under 40 e donna. Si sente il simbolo di una nuova generazione che riesce finalmente a trovare spazi auterovoli?
Sono molto fiera del fatto che il nostro Paese permetta di avere incarichi manageriali molto importanti alle donne, prima destinati quasi esclusivamente agli uomini. Anche guardando alle statistiche nella riuscita universitaria, in effetti le donne ottengono anche più risultati dei colleghi uomini.
Penso che questa sia stata una possibilità che il Ministro ci ha dato e quindi lo ringrazio, perché mi sembra importante che anche le donne possano dimostrare il loro valore.
Per quanto riguarda la mia generazione, poi, credo che sia un messaggio di speranza. In questi giorni ho ricevuto chiamate da molti amici archeologi, anche pugliesi, per cui è stato un po’ un messaggio per una generazione che purtroppo, a causa della congiuntura economica non molto favorevole, si è demoralizzata, riducendosi a una ad una visione davvero pessimista.
Credo, invece, che questo segnale possa contribuire a ridare una prospettiva positiva e di rinascita della cultura e dell’archeologia in Italia.
Cosa risponde alle polemiche nate circa l’esterofila nella scelta di sette dei nuovi dirigenti museali?
Per quanto riguarda le polemiche non mi sento di entrare nel merito delle scelte della commissione, che rispetto perché formata da membri di grande levatura.
Non parlerei neanche di esterofilia, perché per me è più uno spirito internazionale e cosmopolita che per fortuna c’è.
Del resto, come amante dell’archeologia anche classica e direttrice del Museo di Taranto, la cultura greca ci insegna che il concetto di cosmopolitismo non è qualcosa di cui doversi vergognare, ma c’era anche nel mondo classico e fa parte della cultura italiana e che semmai va riconosciuto come elemento di sviluppo e non di arretratezza.
In più, io come italiana residente da sette anni in Francia, in un Paese straniero che mi ha accolta a braccia aperte e mi ha permesso di realizzare un bel progetto di valorizzazione museale, non potrei certo criticare una apertura verso dei cittadini stranieri che vengono a ricoprire una carica di questo tipo in Italia. (pinguinomag)
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