Prot. AIL/PEC 032/2011 Taranto 7 agosto 2011
Al Ministro dell’interno Roberto MARONI
Fax 06 4741717
e, p.c. Ministro dell’ambiente Stefania PRESTIGIACOMO
Fax 06 57288490
Presidente della Regione Puglia Nichi VENDOLA
Fax 080 5406260
Presidente della Provincia di Taranto Gianni FLORIDO
Fax 099 4587214
Sindaco di Taranto Ippazio STEFÀNO
Fax 099 4760019
Dir. Gen. ARPA Puglia Giorgio ASSENNATO
Fax 080 5460150
Prefetto di Taranto Carmela PAGANO
Fax 099 4545666
Procuratore della Repubblica di Taranto Franco SEBASTIO
Fax 099 7343417.
Redazioni di stampa e TV
OGGETTO: Gravi inadempienze su Certificato Prevenzione Incendi e nulla osta sull’analisi di rischio di incidente rilevante di Ilva SpA stabilimento di Taranto.
L’Ilva di Taranto è un centro siderurgico a ciclo integrale che impiega più di 13.000 lavoratori diretti oltre alcune migliaia di terzi e si estende su un’area di oltre 1200 ettari piena di impianti complessi e pericolosi. Tale area è attaccata, senza soluzione di continuità, ad un quartiere di 17.000 abitanti di una città di circa 180.000 abitanti. Lo stabilimento produce l’80% dell’acciaio italiano ed è il principale responsabile dell’inquinamento di origine industriale che fa di Taranto la città più inquinata d’Europa.
Per ridurre l’inquinamento di origine industriale in Europa fu emessa la Direttiva 61/96/CE, la cosiddetta Direttiva IPPC (Integrated Prevention Pollution Control) che stabiliva che tutte le aziende dovessero essere in possesso di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) entro il 30 ottobre 2007. Al contrario che nel resto d’Europa, in Italia quella data non è stata rispettata ed in particolare l’Ilva di Taranto, ai primi di agosto 2011, è priva di AIA idonea a ridurre l’inquinamento. Quello stabilimento continuerà, così, a produrre e ad inquinare “a norma” di un’AIA indecente ed abnorme quale è quella che dicono che sia stata firmata dal Ministro dell’ambiente e che dovrebbe diventare operativa al termine del percorso amministrativo non ancora completato. A Taranto altrettanto male vanno le cose rispetto alle cosiddette “Direttive Seveso” in materia di prevenzione dei grandi rischi industriali e di sicurezza delle cittadinanze coinvolte, in cui il Ministero dell’interno ha una primaria responsabilità tramite il Corpo dei Vigili del Fuoco e le Prefetture.
Nel procedimento per l’AIA di Ilva Taranto, "AltaMarea” ha prodotto, come "pubblico interessato", osservazioni ed argomentazioni finalizzate ad inserire precise prescrizioni contro l’inquinamento, a tutela della salute e sicurezza dei cittadini e dei lavoratori. Tali indicazioni sono state pervicacemente bocciate dalla Commissione IPPC, preposta all’istruttoria del procedimento, con la implicita connivenza delle strutture ministeriali, incapaci di opporsi alla determinazione di chi vuole "chiudere la partita" a tutti i costi e che agisce sotto il “mantello” della nomina ricevuta direttamente dal Ministro dell’ambiente. Abbiamo stigmatizzato invano l’inqualificabile operato della Commissione e delle sue continue modifiche a vantaggio dell’azienda. Tale operato illegittimo e non sanzionato permetterà ad Ilva di gestire gli impianti “a norma di AIA”, senza riduzioni effettive dell'enorme carico inquinante che grava sulla città a danno della salute.
L’azienda, inoltre, in tema di sicurezza dei lavoratori stessi e della città che la ospita, ha beneficiato del comportamento debole, accondiscendente e indulgente degli organismi e delle autorità centrali e periferiche competenti, incluso quelle gravitanti sul Ministero dell’interno.
È per questo, quindi, che ci rivolgiamo direttamente al Ministro Roberto MARONI per sottolineare che il Ministero che dirige è stato in disparte nell’intero procedimento e forse non ha conosciuto a fondo le pesanti denunce di AltaMarea sui temi della sicurezza. Il Ministero dell’interno è stato del tutto assente nelle conferenze dei Servizi presso il Ministero dell’ambiente del 22 febbraio 2011 e del 5 luglio 2011 per valutare il Parere Istruttorio Conclusivo (PIC) espresso dalla commissione IPPC sul rilascio dell’AIA dell’Ilva di Taranto. La Conferenza dei Servizi del 5 luglio 2011 ha dato parere favorevole al PIC nonostante che le associazioni, coerentemente con le inascoltate rigorose contestazioni tecniche, scientifiche e normative, avessero definito quel PIC inaccettabile, illegittimo, iniquo, inadeguato a ridurre l’inquinamento industriale. Dopo anni di traccheggiamenti, ora l’Ilva sta per ottenere un’AIA annacquata e inefficace ai fini della riduzione dell’inquinamento con gravissime conseguenze negative per la salute e sicurezza della cittadinanza e dei lavoratori, utile solo a permettere all’azienda di ottenere dalla BEI (Banca Europea di Investimenti) un prestito legato alla presentazione dell’AIA, comunque ottenuta.
Il procedimento per il rilascio dell’AIA ad Ilva Taranto è iniziato solo il 28 febbraio 2007 mentre la già citata Direttiva 61/96/CEE, con un preavviso di ben 11 anni, aveva fissato il 30 ottobre 2007 come termine ultimo entro il quale tutte le aziende europee dovessero essere in possesso dell’AIA per poter mantenere in esercizio i propri impianti. Secondo la Direttiva europea era possibile una sola proroga di 6 mesi, assolutamente non prorogabile ulteriormente. Quei paletti non hanno subito modifiche nei successivi aggiornamenti comunitari per cui l’Ilva per l’Europa è stata “fuorilegge” per anni senza che nessuna Autorità sia intervenuta.
L’associazionismo di Taranto, presente nel procedimento fin dall’inizio, ha prodotto tanti documenti acquisiti agli atti del Ministero dell’ambiente ma respinti dalla commissione IPPC con argomentazioni inconsistenti, sostenute con l’arroganza e la protervia di chi gode della massima “copertura politica”, alla faccia della salute e della sicurezza di cittadini e di lavoratori. Di tutto questo abbiamo relazionato ovunque, senza successo alcuno, e anche in sede di Conferenza dei Servizi. Ora ci dicono che il Ministro dell’ambiente ha firmato l’AIA e noi attendiamo di conoscerne i contenuti specifici per intraprendere ogni possibile azione giuridica.
Nel frattempo, però, chiediamo al Ministro dell’interno di intervenire immediatamente su aspetti importantissimi che rientrano sotto la responsabilità del suo Ministero e che anche l’AIA avrebbe dovuto fare propri perché addirittura preliminari all’AIA stessa. .
Se i rappresentanti del Ministero dell’interno fossero stati presenti nel procedimento o almeno ne avessero esaminato la documentazione, avrebbero colto, a meno di cecità e sordità assolute, il senso profondo delle obiezioni/osservazioni presentate da “AltaMarea” e da altre associazioni. In particolare la loro sensibilità di funzionari del Ministero dell’interno sarebbe stata turbata dalla gravità dei fatti segnalati in merito alle vicende del CPI e del nulla osta analisi RIR, questioni che istituzionalmente ricadono sotto la responsabilità, non esclusiva ma sicuramente primaria, del Ministero dell’interno (Corpo Vigili del Fuoco e Prefetti).
Mettiamo da parte i cavilli e i formalismi dilatori più o meno leciti che pretenderebbero di giustificare l’ingiustificabile; da cittadini di questo Paese rileviamo che l’inadeguatezza generale del sistema normativo – giuridico - amministrativo dell’Italia, accompagnata dal lassismo o dall’insufficiente senso civico di tante donne e uomini coinvolti in qualità di servitori dello Stato su temi di grande impatto, fa sì che l’Ilva di Taranto possa continuare impunemente ad inquinare acqua, aria e suolo. Con l’aggravante che da una decina di anni risulta essere priva di Certificato Prevenzione Incendi (CPI) e di nulla osta sull’analisi di rischio di incidente rilevante, pilastri della sicurezza generale.
La gravità eccezionale della situazione di Taranto è testimoniata dagli innumerevoli procedimenti giudiziari in corso contro proprietà e dirigenza Ilva. Essa è parzialmente illustrata nei seguenti allegati: I) Denuncia dei Carabinieri del NOE di Lecce prot. 41/10 del 2 luglio 2011; II) Delibera n. 207/X del 21/7/2011 del Consiglio Intermedio di Rappresentanza (COIR) della Marina Militare – Corpo della Capitaneria di Porto; III) Nota prot. AIL/PEC/04/10 del 15/10/2010 di AltaMarea alla Prefettura di Taranto sul Piano di Emergenza Esterno, rimasta inesitata. Inoltre, per informazione diretta del Ministro dell’interno, si allega copia degli ultimi tre documenti specifici sulla vicenda AIA inviati da AltaMarea a Minambiente ed altre Autorità interessate: IV) Nota prot. 016/2011 del 3/4/2011; V) Nota prot. 020/2011 del 15/6/2011; VI) Nota prot. 030/2011 del 4 luglio 2011.
In conclusione, diffidiamo il Ministro dell’interno ad intervenire e verificare le responsabilità che noi intravvediamo soprattutto nelle strutture decentrate e nelle persone, inclusi i Prefetti ed i Comandanti regionali e provinciali dei VVF che si sono succeduti nel tempo a Taranto, persone o timorose di affrontare poteri forti o comunque acquiescenti verso cavilli e dilazioni messi in campo dalle aziende. Preghiamo il Ministro di voler esercitare il suo potere per rimettere tutto sui binari della legalità e del rispetto delle norme. Guai a Dio se si dovesse verificare un incidente, anche meno grave di quello occorso alla ThyssenKrupp di Torino, ed accertare in tale dannata occasione che tante iniquità sono state commesse nel campo della sicurezza dei lavoratori e dei cittadini, con la consapevolezza delle Autorità competenti. Le Istituzioni centrali, regionali e locali comunque coinvolte nelle vicende industriali tarantine hanno la responsabilità storica di decidere il presente ed il futuro del territorio ionico e della salute dei suoi abitanti e dei lavoratori impegnati.
Con osservanza
Il Presidente di “AltaMarea”, Biagio De Marzo
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