Cozze ai veleni, via dal Mar Piccolo
Vertice in Regione, emergenza a Taranto: allevamenti trasferiti. Quarantuno imprese, per un totale di 270 operatori, dovranno spostarsi
TARANTO - I campi di cozze del Mar Piccolo vanno smantellati. E posizionati da un'altra parte. Diventa sempre più duro il prezzo che Taranto deve pagare agli elevanti livelli di inquinamento. L'ultimo allarme riguarda le cozze, il caratteristico prodotto ionico, che ora risultano contaminate da pcb. Da sempre vengono allevate sui pali, che in larga parte si trovano nel Mar Piccolo, nel tratto che costeggia l'Arsenale militare della Marina e il ponte Punta Penna. In quello specchio d'acqua, però, si sono concentrati elementi inquinanti derivati dall'apirolio che alla fine hanno compromesso anche le cozze. Ed ora a farne le spese sono quarantuno tra ditte e cooperative di mitilicoltura sulle quali aleggia l'incubo dell'obbligo di trasferire i lori campi da un'altra parte, mentre il prodotto già pronto per la commercializzazione sarà distrutto.
Le drastiche determinazioni sono arrivate dopo il tavolo tecnico che si è tenuto ieri mattina in Regione a Bari. Sul piatto della bilancia gli esiti delle ultime analisi effettuate sulle cozze allevate nel primo seno del Mar Piccolo. Un primo verdetto positivo sulla contaminazione dei mitili da pcb e diossine era arrivato il 13 giugno, con cinque campioni su sei che avevano sforato i limiti di legge. Dopo quell'allarme era scattato il divieto di prelievo e commercializzazione per le cozze allevate in quel braccio di mare. Questa volta il responso è stato ancora più
impietoso. Nove campioni su nove sono risultati compromessi. In alcuni casi il livello è risultato doppio rispetto al limite di legge di otto picogrammi. Numeri inquietanti che hanno comportato provvedimenti più radicali. Il prodotto già pronto per la commercializzazione proveniente da quei campi sarà conferito all'Amiu, l'azienda di igiene urbana, che provvederà a distruggerlo.
Il seme attualmente nei campi delle cozze sarà salvato. Quarantuno imprese, per un totale di 270 operatori, dovranno trasferirsi e per consentire la transumanza occorrerà individuare aree per quasi un milione di metri quadri. Ma sulla misura soffia già vento di protesta. "Non abbandoneremo mai il mar Piccolo" - dice Egidio D'Ippolito, presidente della Pemios, associazione che racchiude mitilicoltori e pescatori tarantini. "La contaminazione riguarda il fondale e il mar piccolo è profondo undici metri. Possiamo allevare le cozze sui pali a pochi metri e garantirne la qualità. In attesa di un progetto serio di bonifica". (Repubblica Bari)
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