mercoledì 31 agosto 2011
Genova: Ilva 2.0!
Cornigliano. Dopo la prima demolizione, oggi verrà fatta saltare in aria la seconda palazzina all’interno dell’area industriale Ilva di Cornigliano. Ieri pomeriggio una sirena è risuonata nell’aria e subito dopo il botto dell’esplosione, infine, la palazzina di quattro piani in una nube di polvere si è accartocciata su se stessa. Oggi toccherà al secondo edificio.
Come ha spiegato l’azienda, “la demolizione fa parte del progetto di conversione industriale avviato nel 2005 con la chiusura dell’area a caldo e l’insediamento di nuove attività”. Al posto dei due edifici saranno costruiti nuovi magazzini di prodotto zincato che sarà prodotto dalla nuova linea (zincatura 4). L’operazione di demolizione, secondo la tecnica del collasso su se stesso, è stata effettuata dalla Siag di Parma.(genova24)
venerdì 26 agosto 2011
La giunta Stefano: un'opera buffa cancerogena!
Stefàno ha tradito i cittadini ionici
Nell’agosto 2007 partirono da Taranto, caso unico in Italia, le “osservazioni del pubblico” nel procedimento del Ministero dell’ambiente per l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) di Ilva SpA stabilimento di Taranto. Con un documento di 87 pagine (tuttora presente sul sito di Minambiente) i cittadini dimostrarono che la documentazione presentata da Ilva era irricevibile. «Le criticità e le omissioni nella documentazione configurano un monumento alla supponenza di un’Azienda di rilievo internazionale consapevole di avere “buoni argomenti” per andare avanti per la sua strada, potendo trascurare impunemente norme, prescrizioni, raccomandazioni e impegni sottoscritti ed operare nel territorio con il piglio e l’indifferenza del “Colonizzatore”. In definitiva, la documentazione della domanda di Autorizzazione Integrata Ambientale è incompleta, omissiva e non rispondente ai requisiti fissati dai D. Lgs. 59/2005 e 152/2006, ulteriormente specificati nella “Guida alla compilazione della domanda di Autorizzazione integrata ambientale” emanata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.»
Qualsiasi organismo pubblico avrebbe dovuto respingere al mittente quella documentazione ed avrebbe dovuto mettere subito in mora l’azienda. Questo non avvenne ma si firmò, in piena campagna elettorale, un inconcludente Accordo di Programma per l’area di Taranto e Statte di cui si sono perse le tracce. Poi ci fu il cambio del Governo ed iniziò un balletto di richieste di chiarimenti, integrazioni, approfondimenti e modifiche che si è protratto per 4 anni. Non è mai cessato il “pressing” dei cittadini sulle Istituzioni per ottenere dall’azienda la vera riduzione degli inquinanti emessi come è prescritto dalle norme italiane ed europee spesso recepite scorrettamente in Italia.
Nell’autunno del 2008, quel primo nucleo di “pubblico interessato” divenne “AltaMarea contro l’inquinamento”, che ha continuato ad operare su quella linea originaria, ormai apprezzata e sostenuta dall’opinione pubblica. Si ottenne la convergenza tra le amministrazioni comunali di Taranto e di Statte ed il movimento cittadino. Furono scritte le ineludibili prescrizioni che l’AIA di Ilva avrebbe dovuto contenere. Il relativo documento fu inviato al Ministero dell’ambiente a mezzo lettera/fax del Comune di Taranto prot. 709 del 29 gennaio 2009.
Quella lettera/fax fu firmata dai Sindaci di Taranto e di Statte e dai rappresentanti di 15 associazioni e comitati e fu sottoscritta da 45 Associazioni e Comitati, 5 Associazioni di categoria, 12 Ordini e Collegi professionali e 3 Sindacati che lo riconobbero come vademecum per gli interventi per la riduzione degli inquinanti emessi dallo stabilimento Ilva di Taranto. Queste cose vanno sottolineate anche come risposta alle meschinità del cosiddetto “fuoco amico”.
«I sindaci di Taranto e Statte – in virtù delle responsabilità e dei poteri ad essi attribuiti dalla vigente normativa di tutela della salute dei cittadini – ed il “pubblico ionico interessato” (associazioni ambientaliste e culturali, comitati, sindacati, ordini professionali, associazioni di categoria ed altri organismi ionici) PRESENTANO, al Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Marea, indicazioni ed osservazioni integrative sulla emananda AIA di Ilva Taranto.»
Tra le 29 indicazioni dei Sindaci citiamo:
- Incidere sui processi e sui livelli produttivi, in aggiunta ai sistemi di depurazione, in applicazione del principio di precauzione:
- Adottare per gli impianti maggiormente inquinanti misure di risanamento ambientale più incisive e supplementari rispetto alle MTD, come da art. 8 D. Lgs 59/2005;
- Imporre limiti di emissione molto più rigorosi e mirare a “ridurre al minimo l’inquinamento”;
- Adottare le migliori tecniche disponibili in assoluto, prescindendo da logiche di “compatibilità economica”;
- Applicare ad ACC/1 gli interventi di adeguamento previsti per ACC/2;
- Valutare la copertura dei parchi minerali e l’adozione di ambienti confinati per lo stoccaggio;
- Ristrutturare gli schemi idraulici prima degli scarichi a mare con monitoraggio degli inquinanti all’uscita delle singole unità;
- Non introdurre nel ciclo siderurgico l’uso del pet-coke.
Nel decreto del 4 agosto 2011 del ministro Prestigiacomo, con il quale viene rilasciata l’AIA all’Ilva, mancano anche le “Indicazioni dei Sindaci”. Di contro, il ministro sottolinea di rilasciare l’AIA avendo “rilevato che il Sindaco del Comune di Taranto non ha formulato per l’impianto specifiche prescrizioni ai sensi degli articoli 216 e 217 del Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265”.
Il sindaco Stefàno deve chiedere scusa pubblicamente sia a quanti hanno firmato con lui o sottoscritto quei documenti che egli ha poi abbandonato, sia ai cittadini ionici che ritengono che le sofferenze ed i lutti dei loro parenti ed amici hanno molto a che fare con le emissioni in aria, acqua e suolo che provengono dagli impianti di Ilva Taranto.
L’ultima perla di questa Amministrazione comunale ce la offre il vicesindaco Cataldino. In un’intervista rilasciata il 25 agosto su un quotidiano dichiara: «Intravedo in loro (NdR: in Ilva) disponibilità a fare qualcosa di positivo per la città ma, intanto, chiedo al Gruppo Riva di accelerare gli investimenti per la sua ambientalizzazione spendendo i 400 milioni di euro previsti dall’autorizzazione integrata ambientale (AIA)». Ma da dove arrivano in Comune “bufale” come questa? Ma in Comune l’hanno letta l’AIA? In quale delle oltre mille pagine dell’AIA è scritto che Ilva farà investimenti per 400 milioni di euro per la sua ambientalizzazione? Il fatto è che forse hanno trasformato un “sono stati spesi 400 milioni” (dato che, per inciso, noi contestiamo da anni) in un “spenderanno 400 milioni”.
AltaMarea, battuta con ogni sorta di soprusi e illegittimità nella battaglia dell’AIA, non abbandonerà il campo. Intraprenderemo ogni azione giuridica ed amministrativa atta ad accertare e punire comportamenti ampiamente scorretti e illegittimi, ben sapendo che abbiamo davanti tempi lunghi ed incerti, per la presenza in ogni dove di fortissimi conflitti di interessi.
In più, ci adopreremo perché gli elettori ionici si ricordino e tengano conto del comportamento omissivo, ambiguo ed ondivago dei politici locali e nazionali di ogni schieramento e delle forze sindacali e datoriali che di fatto hanno lasciato carta bianca al ministro Prestigiacomo e alla sua inqualificabile commissione IPPC.
Quella di Altamarea è una battaglia di civiltà che potrà avere successo se sarà sostenuta da un popolo che si batte sul serio perché le “porcate” contro Taranto cessino una buona volta e perché al governo di questa città arrivino persone rigorose, preparate ed affidabili.
Taranto 26 agosto 2011
giovedì 25 agosto 2011
Bau, BAU!!! Florido abbaia... ma poi non morde mai!
"Era ed è del tutto evidente, infatti, che la centenaria presenza di opifici industriali nella città - continua - abbia determinato una sedimentazione dei fattori inquinanti, fino ad un certo periodo storico incontrollata. Tale sedimentazione e i danni da essa provocati sono la diretta conseguenza di un uso subalterno e senza scrupoli del nostro mare, della nostra terra, della nostra aria. Ecco perché la richiesta di risarcimento per disastro ambientale al Governo, così come nelle previsioni della normativa europea e dello stesso Codice dell'ambiente italiano, risulta assolutamente motivata".
"Nello specifico, non è superfluo ricordare - sottolinea Florido - che nel primo seno del mar Piccolo di Taranto vi è stata e ancora vi è una rilevante presenza industriale, militare e civile, il cui apice si è verificato negli anni di punta dell'arsenale e degli ex cantieri navali Tosi, prima privati, al servizio del ministero della Difesa e poi, a partire dal 1962, a gestione pubblica. Per altro verso, a produrre rilevanti danni per l'aria sono state le ingombranti presenze, tutte pubbliche, della vecchia Italsider, dell'Eni e della Cementir".
Florido, offensivo che di fondi pubblici ci arrivino solo briciole Florido auspica che ''nell'incidente probatorio per la verifica dei danni correlati alla salute e all'ambiente nel procedimento penale riguardante il gruppo siderurgico Ilva, si aggiungessero anche i danni correlati prodotti nel primo seno del mar piccolo, in coerenza alla nostra richiesta di risarcimento danni allo Stato.
Nella prossima riunione della Consulta per lo Sviluppo, già fissata per il 29 agosto, proporrò a tutti i soggetti istituzionali e sociali di unirsi a sostegno di questa procedura, anche con iniziative di mobilitazione. D'altra parte, appare del tutto offensivo che ogni volta che si procede alla ripartizione di fondi pubblici nazionali ed europei, la città e la provincia di Taranto, così pesantemente colpiti da questi storici pesi ambientali, debbano sempre accontentarsi delle briciole.
A beneficio di chi ha la memoria corta - prosegue Florido - desidero inoltre ricordare che la Provincia di Taranto, insieme ai mitilicoltori e alle università di Siena, La Sapienza di Roma e Cagliari, realizzò uno studio assai dettagliato sulle possibili modalità di disinquinamento del mar Piccolo. Nel mentre procedevamo con i lavori di approfondimento e di studio, coordinati dal professore Focardi, allora rettore dell'ateneo di Siena e di cui naturalmente conserviamo gli atti, con un colpo di spugna furono disimpegnati dagli organi regionali e nazionali i 26 milioni a sostegno di tale operazione. Di qui l'invito a tenere alta la guardia nell'interesse della nostra comunità e a difesa della salute e dell'ambiente", conclude il presidente della Provincia. (Adnkronos)
martedì 23 agosto 2011
giovedì 18 agosto 2011
E il pcb delle cozze? Nei polmoni dei tarantini!!!
Grazie e complimenti per l'idea!
Avvisateci quando le cozze andranno al macero, apriremo le finestre, apriremo i polmoni e respireremo l'ultimo saluto all'economia buona e sana della nostra città!
Cozze, il novellame salvo fino a febbraio Poi sarà trasferito in acque più sicure
La comunicazione arriva dal sindaco Stefàno. Ma quelle oltre i tre centimetri saranno smaltite
Le cozze adulte saranno distrutte nel più breve tempo possibile, metà nell’inceneritore dell’Amiu e metà in discarica, e il novellame rimarrà in mar Piccolo almeno fino a febbraio. Quindi non c’e’ fretta di sgomberare i vivai per trasferirli in mar Grande e le nuove aree possono essere valutate con calma e attenzione. È uno dei passaggi più tranquillizzanti dell’incontro del sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, con i mitilicoltori del mar Piccolo. A Palazzo di città il Comune ha fatto il punto sulla situazione determinatasi dall’ordinanza della Asl che a luglio ha vietato la vendita delle cozze del primo seno del mar Piccolo per eccesso di inquinamento da pcb.
LE MISURE - Il sindaco ha elencato le iniziative avviate e il coinvolgimehttp://www.blogger.com/img/blank.gifnto delle altre istituzioni confermando il sostegno economico agli allevatori danneggiati dal fermo vendita e l’intenzione di guardare a un rimedio definitivo. Il sindaco ha garantito il massimo appoggio ai mitilicoltori confermando che le spese per la distruzione delle cozze e per le eventuali azioni legali contro gli inquinatori sarà a carico del Comune che effettuerà nuovi campionamenti autonomamente per dare una conferma ai risultati della Asl. Chiederà alla Regione finanziamenti per i nuovi impianti e, nel frattempo, avanzerà la richiesta per il riconoscimento dello stato di calamità naturale. L’onorevole Ludovico Vico é apparso perplesso perché mancano due presupposti, la quantificazione del danno economico e la fonte dell’inquinamento. Egidio D’Ippolito, rappresentante dei mitilicoltori, ha suggerito di utilizzare i mesi fino a febbraio per regolarizzare gli allevatori ancora privi di autorizzazione e ha auspicato la bonifica. (CdM)
mercoledì 17 agosto 2011
10 centesimi al kilo per eliminare le cozze alla diossina!
Lo smaltimento in media costerà 100 euro a tonnellata. I miticoltori dovranno trasferirsi nel mar Grande
Andranno al macero migliaia di tonnellate di cozze e i mitilicoltori tarantini perderanno almeno cinquecentomila euro di reddito. È la conseguenza immediata dell’avvelenamento da pcb (picogrammi di policlorobifenili), soprattutto, e da diossinesimili dei mitili prodotti nel primo seno del mar Piccolo di Taranto.
Una campana che suona a morte su un simbolo della città, una carta d’identità storica che imbocca una strada pericolosa se il rimedio non viene trovato subito. Occorre anche una spiegazione veloce e convincente sul perché dopo sei mesi di valori conformi, all’improvviso giugno e luglio abbiano registrato un innalzamento dei picogrammi di policlorobifenili che ha messo fuori legge le cozze del primo seno. Gli esperti dicono che tutto si spiega proprio con il ciclo biologico della cozza. In questo periodo diventa adulta, si ingrossa e di conseguenza aumenta l’assorbimento delle sostanze che trova attorno. Ed è anche per questa ragione che il seme, che l’anno venturo fornirà le nuove cozze nere, va salvaguardato. L’assorbimento cresce quando il frutto raggiunge i tre centimetri di grandezza. Sarà monitorato costantemente ora che si trova ancora nel primo seno ed è indenne da inquinamento, se ci saranno segnali di pericolo sarà trasferito nei nuovi impianti in Mar Grande. Si tratta di un altro mezzo milione di euro che rischia di andare in fumo se le soluzioni ideate non troveranno veloce applicazione. Sulla mitilicoltura tarantina, che produce circa trentamila tonnellate di cozze all’anno in prevalenza nei due seni del Mar Piccolo, vivono almeno tremila persone.
Rappresenta una fetta importante dell’economia locale e perdere uno dei principali luoghi di allevamento è un rischio che i mitilicoltori vorrebbero evitare. Non si sono ancora del tutto rassegnati a sgomberare per trasferirsi in Mar Grande, ma sono consapevoli che dovranno accettare lo spostamento se sarà l’unica soluzione che possa salvare il fallimento delle loro attività. L’eventuale bonifica dei fondali del mar Piccolo è operazione lunga e complicata che richiede anni; il sostegno finanziario già deciso dal sindaco Ezio Stefàno non può essere un risarcimento perenne ai guai procurati da altri nei decenni passati e di cui gli allevatori sono vittime incolpevoli e il Comune pure. Individuare i responsabili dell’inquinamento del mar Piccolo può non essere difficile, occorrono volontà politica e voglia di andare fino in fondo. Ieri mattina, intanto, Massimo Giusto il presidente del Centro ittico, la società del Comune di Taranto incaricata del demanio e delle concessioni, ha consegnato al sindaco la mappa disegnata con il gps dei possibili nuovi insediamenti, nella rada del mar Grande, dei vivai che si dovranno smantellare in mar Piccolo. Si tratta di due aree, una di fronte al Lungomare della città nuova e l’altra in faccia alla Ringhiera della città vecchia, per un totale di un milione e duecentomila metri quadrati. La prima va dal cantiere Santa Lucia fino alla Rotonda, a cinquecento metri dalla costa per una larghezza di 400 metri. Occupa una superficie prossima al milione di metri quadrati; l’altra si estende all’interno dei due frangiflutti di fronte alla Ringhiera, a 150 metri da riva, per poco meno di 200 mila metri quadrati.
Le mappe sono state trasmesse ieri mattina a tutti i componenti del «tavolo tecnico» che domani alle 11 tornerà a riunirsi per decidere due cose: se le aree individuate sono compatibili con la coltivazione delle cozze, non solo dal punto di vishttp://www.blogger.com/img/blank.gifta biologico, ma soprattutto con le linee di navigazione. La risposta arriverà da Marina militare da Capitaneria di porto. Poi, quale sistema scegliere per distruggere le cozze contaminate che gli allevatori conferiranno all’Amiu. Queste sono state classificate dalla Regione come rifiuti speciali non pericolosi e vanno smaltite. La scelta è tra il conferimento in discarica o l’inceneritore dell’azienda di igiene urbana. Il costo dello smaltimento se lo accollerà, in base a un impegno preso con i produttori sin dal primo momento, l’amministrazione comunale che sta calcolando la spesa su una media di 100 euro a tonnellata. Domani, infine, il sindaco Ezio Stefàno riferirà in un incontro con i giornalisti convocato mezz’ora prima della riunione del tavolo tecnico le iniziative prese e le decisioni assunte per avviare a soluzione questa emergenza capitata sulle spalle dei mitilicoltori e del Comune messo sotto accusa come se fosse il responsabile degli alti valori di pcb. (Corriere del Mezzogiorno)
martedì 16 agosto 2011
L'Isola dei rumori
Ma quali sono gli sviluppi, quali scenari disegniamo per un quartiere che, in vero, vuoto non è?
Forse l'incipit non basta... forse, se una riga ci sentiamo di aggiungere a questo videopanorama, è la colpevolezza tracotante dell'amministrazione pubblica, soprattutto del Comune di Taranto.
Della sua pagliacciata di quattro questionari ridicoli e quattro foglietti appiccicati al muro di fronte all'ufficio risanamento dai soliti quattro raccomandati per sbandierare nientepocodimenochè: la rigenerazione urbana partecipata della Città Vecchia!!!
Il comune comunista che svende ai privati.
Il comune che condanna i pescatori all'emigrazione.
Il comune che regala fior di soldi ai soliti studi professionali per disegnare le facciate marce e cadenti con il laser scanner, invece che scendere per le strade e lavorare con la gente costretta a vivere nelle immondizie...
Il comune dei figli e nipoti...
Attenzione alle passerelle!
Ogni giovedì mattina d'agosto la Città Vecchia torna a morire.
Quando poi arriva il mercoledì, il volume è troppo alto per sentire il lamento centenario delle pietre e della gente della nostra memoria!
Stefàno: un altro regalo alle industrie
Così riduciamo al minimo le "seccature" della cittadinanza, visto che la gran parte saranno in ferie durante i 30 giorni di tempo consentiti per presentare le osservazioni...
E così le industrie (non i cittadini), ancora una volta, saranno contente di questo sindaco "amico" loro!
Invitiamo chi potesse a leggere e correggere questi documenti.
COMUNE DI TARANTO, DIREZIONE AFFARI GENERALI ED ISTITUZIONALI, Gabinetto Sindaco
AVVISO PUBBLICO
In ottemperanza alle disposizioni normative di cui al Decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare n.139 del 24 luglio 2009 - che disciplina le forme di consultazione della popolazione sui piani di emergenza esterni alle industrie a rischio di incidente rilevante - ed ai contenuti della nota della Prefettura di Taranto, datata 10 agosto 2011 sull'argomento in parola, si porta a conoscenza che è in corso l' “Aggiornamento del Piano di emergenza esterno alle industrie a rischio di incidente rilevante ex art.20 D. Lgs 17.8.1999 n.334, e sue modificazioni ed integrazioni “.
Tale aggiornamento comporta l'espletamento di una campagna informativa preventiva per la popolazione e le attività produttive prossime alle aree a rischio di incidente rilevante.
Nella provincia di Taranto gli stabilimenti ricadenti nel regime di applicazione dell'art.8 del citato D. Lgs. n. 334/99, sono:
1. ENI s.p.a. Divisione Refining & Marketing – Raffineria di Taranto – S.S.106 Jonica Taranto
2. ILVA s.p.a. - Stabilimento Siderurgico di Taranto – S.S. Appia km. 68 – Taranto.
Per gli stabilimenti innnazi citati,essendo limitrofi, la Pianificazione di Emergenza Esterna, soggetta a periodica revisione, è stata redatta in maniera unitaria per le due attività, come da documento dell'Ufficio Territoriale del Governo – Area protezione civile, difesa civile e coordinamento del soccorso pubblico, allegato alla predetta nota prefettizia del 10 agosto 2011.
Gli atti sopra riportati potranno essere visionati, per la durata di trenta giorni, dagli interessati presso la Segreteria del Comando di Polizia Municipale del Comune di Taranto ubicato nel Piazzale Pedonale Dante - zona Bestat - dal lunedì al venerdì dei giorni feriali dalle ore 9,00 alle ore 12,00 e dalle ore 16,00 alle ore 18,00.
Il presente avviso sarà pubblicato sul sito web del Comune di Taranto per un periodo di 30 giorni: nella sezione Bandi Concorsi Avvisi e nell'Albo Pretorio Informatico nel quale sarà pubblicato, come allegato, anche il Piano di Emergenza Esterno della Prefettura di Taranto .
Le eventuali osservazioni, richieste e proposte dovranno essere prodotte, dai cittadini e dalle associazioni interessate, in forma scritta e presentate mediante consegna a mano o con lettera raccomandata con avviso di ricevimento al Comune di Taranto – Palazzo di Città - o avvalendosi di posta elettronica certificata al sottonotato indirizzo di posta elettronica certificata:
protocollo.comunetaranto@pec.rupar.puglia
Delle osservazioni ricevute si terrà conto ai fini della revisione e dell'aggiornamento del testo definitivo del citato Piano di Emergenza Esterno.
Taranto,11 agosto 2011
IL SINDACO dott. Ippazio Stefano
Informativa Piano di emergenza esterno per Ilva ed Eni di Taranto
E questa è una proposta di mail di osservazioni tratta dalla pagina facebook "piano di emergenza esterno -area industriale di TARANTO"
IL SOTTOSCRITTO __________-- RESIDENTE A ________-- C.F. _______-
IN RELAZIONE AL PIANO DI EMERGENZA ESTERNO E A QUANTO PREVISTO DALL'ART 20 DEL dL: 334 DEL 1999, DICHIARA CHE NECESSITA DI ULTERIORI INFORMAZIONI IN QUANTO IL SUDDETTO RISULTA POCO CHIARO, IN PARTICOLARE RELATIVAMENTE ALL'INDICAZIONE DEI TERRITORI OGGETTO DELLE POSSIBILI EMERGENZE RELATIVAMENTE A DANNI A COSE PERSONE E AMBIENTE COSI' COME PREVISTO PER LEGGE ...
INOLTRE NON SONO ELENCATI TUTTI GLI ELEMENTI DI RISCHIO PRESENTI NELLE ARRE INDUSTRIALI CONSIDERATE ...
IL SOTTOSCRITTO ___________-
E MAIL______-@______--
Diossina in mar piccolo? Che scoperta!!!
Da due anni al Comune era noto che in Mar Grande e Mar Piccolo occorreva tenere sotto controllo la situazione dell'inquinamento. A rivelarlo è il comitato «Taranto futura» in una nota del presidente Nicola Russo in cui si cita una relazione dell'Arpa datata settembre 2009 e in cui si chiede all'Amministrazione civica quali azioni ha intrapreso, chiedendo anche di individuare i responsabili del degrado ambientale.
«Il Dipartimento di prevenzione dell’Asl - ricorda Russo - ha diramato la mappa sulla distribuzione del Pcb (Policlorobifenili) nei sedimenti di Mar Grande e Mar Piccolo elaborata dal Cnr. E allora, ricapitolando: in Mar Piccolo il Pcb si trova in prossimità dell’Arsenale Marina Militare, degli ex Cantieri navali e di una parte di Buffoluto (sotto il ponte Punta Penna). In Mar Grande, invece, i punti critici sono davanti alla base militare di Chiapparo e nei pressi dello stabilimento Ilva ed altre attività industriali. Così dice - ricorda il leader di Taranto futura - il Dipartimento di prevenzione dell’Asl. Ma, se noi andiamo a leggere la relazione dell’Arpa (sui dati ambientali dell’area di Taranto) trasmessa al sindaco di Taranto l'8 settembre del 2009 leggiamo che: «Riassumendo, al 31 gennaio 2008 la situazione dei Policlorobifenili (Pcb) nella città di Taranto risulta la seguente: Ilva detiene oramai solo 11 trasformatori, Enel uno, l'Arsenale della Marina Militare 38».
Stando alla relazione dell’Arpa - spiega Russo - il quadro di riferimento è chiaro se associamo tale situazione all’inquinamento delle cozze nel primo seno del Mar Piccolo. Nella relazione l’Arpa afferma che «la contaminazione delle aree a mare da inquinanti organici (idrocarburi Ipa e Pcb) è significativa; nei sedimenti le eccedenze riscontrate sono frequentemente di diversi ordini di grandezze superiori al relativo valore soglia di riferimento a testimoniare l’importanza dei fenomeno di contaminazione. Sono state osservate eccedenze massime pari ad oltre il 3000 per cento (oltre 30 volte) per rame, zinco e piombo, presenti tra l’altro in gran parte dei campioni analizzati» .
«In considerazione dell’importanza economica e sociale della mitilicoltura nei mari di Taranto, risulta dunque fondamentale - dichiara ancora Russo citando la relazione dell'Arpa - il controllo e monitoraggio continuo di tale categoria di acque, nonché della matrice “biota” (mitili), con il principale obiettivo di mantenere e migliorare la qualità del prodotto attraverso misure che minimizzino le pressioni e gli impianti sulle aree di riferimento».
«Il sindaco - chiede Russo - quando ha ricevuto la relazione dell’Arpa l’8 settembre del 2009 cosa ha fatto? Ha disposto il controllo e monitoraggio continuo del primo e secondo seno del Mar Piccolo? In base al decreto legislativo 209 del 1999, la Regione Puglia aveva adottato un programma per la decontaminazione e lo smaltimento degli apparecchi contenenti Pcb, così come individuati, da realizzare ed attuare entro il 31 dicembre 2005? Va da sé che, se le cozze del primo seno del Mar Piccolo sono risultate ultimamente inquinate da Pcb, evidentemente - si legge ancora nella nota degli ambientalisti - i trasformatori esistenti sul territorio di Taranto (contenenti Pcb) non potevano essere utilizzati in quanto in cattivo stato funzionale, fermo restandola decontaminazione e smaltimento da effettuare sempre entro il 31 dicembre 2005 (in base al decreto del ministero dell’Ambiente dell’11 ottobre 2001). Questi accertamenti di funzionalità sono stati effettuati dal 2001 alla scadenza del 31 dicembre 2005? E se tutto ciò che bisognava fare - conclude Russo - non è stato fatto, vogliamo individuare i responsabili, per permettere poi ai miticoltori tarantini di chiedere il risarcimento di tutto il danno subito, oltre all’accertamento di eventuali ipotesi di reato?» (GdM)
sabato 13 agosto 2011
Ilva: Incidente d'agosto
Sfiorata la tragedia ieri all’interno dello stabilimento Ilva di Taranto, a causa di un’esplosione al treno lamiere. Nell’incidente, avvenuto intorno alle 8.15 nel reparto tornerie cilindri 4, è rimasto ferito il 32enne Leonzio D’Alessano di Oria. In quel reparto c’è una macchina, munita di una mola d’acciaio gigantesca, che ha la funzione di rettificare i cilindri, cioè di eliminare le imperfezioni della lavorazione. Al suo interno, si trova un motore che regola i giri della mola. Insomma, un meccanismo di precisione che riesce a mantenere l’equilibrio necessario al perfetto funzionamento della macchina.
Stando ad una prima ricostruzione dei fatti, la cosiddetta “rettifica cilindri” avrebbe iniziato a manifestare i primi segnali di non totale affidabilità già nella giornata di giovedì.
I tecnici avrebbero, infatti, deciso di farla provvisoriamente funzionare a basso regime, per evitare ulteriori problemi. Ed in effetti così sarebbe stato. La macchina, infatti, avrebbe ripreso a funzionare senza mostrare alcun segnale di criticità.
Ieri mattina, stando sempre ad una prima ricostruzione della dinamica dell’incidente, ci sarebbe stato il tentativo di riportare la “rettifica cilindri” al suo regime ordinario, per verificare se il problema fosse rientrato o meno. Ma, appena sarebbe aumentata la velocità, la mola sarebbe andata fuori giro, esplodendo in tanti pezzi.
I pesanti frammenti, che possono raggiungere anche i 5-6-7 chili, sono schizzati in tutte le direzioni.
Uno di questi “pezzi volanti” sarebbe andato a sbattere contro i pannelli del quadro elettrico, dove stava lavorando, ad una certa altezza, il 32enne.
I pannelli, aprendosi, avrebbero colpito il giovane al volto. L’operaihttp://www.blogger.com/img/blank.gifo, subito dopo il colpo, spaventato, sarebbe saltato a terra.
Nel reparto si sono vissuti attimi di paura, non solo a causa della violenta esplosione, ma anche per il pericolo di essere colpiti dai pezzi in acciaio.
La richiesta di soccorso è scattata immediatamente e sul posto è arrivato subito il medico dell’Ilva che ha prestato al ferito le prime cure. Il giovane, successivamente, è stato accompagnato all’ospedale “Santissima Annunziata” dove è stato sottoposto ad una visita accurata e ad accertamenti. L’operaio ha riportato una ferita lacero-contusa all’altezza di un sopracciglio e la slogatura del piede destro. I medici gli hanno riconosciuto una prognosi di dieci giorni.
Dalla prima ricostruzione della dinamica dell’incidente si deduce che non c’è stata la tragedia per vero miracolo. Grande, però, al momento dell’esplosione, è stata la paura nel reparto, in cui stavano lavorando diverse persone. (Quotidiano)
mercoledì 10 agosto 2011
Dopo 4000 anni di pesca, si chiude il Mar Piccolo!
Vertice in Regione, emergenza a Taranto: allevamenti trasferiti. Quarantuno imprese, per un totale di 270 operatori, dovranno spostarsi
TARANTO - I campi di cozze del Mar Piccolo vanno smantellati. E posizionati da un'altra parte. Diventa sempre più duro il prezzo che Taranto deve pagare agli elevanti livelli di inquinamento. L'ultimo allarme riguarda le cozze, il caratteristico prodotto ionico, che ora risultano contaminate da pcb. Da sempre vengono allevate sui pali, che in larga parte si trovano nel Mar Piccolo, nel tratto che costeggia l'Arsenale militare della Marina e il ponte Punta Penna. In quello specchio d'acqua, però, si sono concentrati elementi inquinanti derivati dall'apirolio che alla fine hanno compromesso anche le cozze. Ed ora a farne le spese sono quarantuno tra ditte e cooperative di mitilicoltura sulle quali aleggia l'incubo dell'obbligo di trasferire i lori campi da un'altra parte, mentre il prodotto già pronto per la commercializzazione sarà distrutto.
Le drastiche determinazioni sono arrivate dopo il tavolo tecnico che si è tenuto ieri mattina in Regione a Bari. Sul piatto della bilancia gli esiti delle ultime analisi effettuate sulle cozze allevate nel primo seno del Mar Piccolo. Un primo verdetto positivo sulla contaminazione dei mitili da pcb e diossine era arrivato il 13 giugno, con cinque campioni su sei che avevano sforato i limiti di legge. Dopo quell'allarme era scattato il divieto di prelievo e commercializzazione per le cozze allevate in quel braccio di mare. Questa volta il responso è stato ancora più
impietoso. Nove campioni su nove sono risultati compromessi. In alcuni casi il livello è risultato doppio rispetto al limite di legge di otto picogrammi. Numeri inquietanti che hanno comportato provvedimenti più radicali. Il prodotto già pronto per la commercializzazione proveniente da quei campi sarà conferito all'Amiu, l'azienda di igiene urbana, che provvederà a distruggerlo.
Il seme attualmente nei campi delle cozze sarà salvato. Quarantuno imprese, per un totale di 270 operatori, dovranno trasferirsi e per consentire la transumanza occorrerà individuare aree per quasi un milione di metri quadri. Ma sulla misura soffia già vento di protesta. "Non abbandoneremo mai il mar Piccolo" - dice Egidio D'Ippolito, presidente della Pemios, associazione che racchiude mitilicoltori e pescatori tarantini. "La contaminazione riguarda il fondale e il mar piccolo è profondo undici metri. Possiamo allevare le cozze sui pali a pochi metri e garantirne la qualità. In attesa di un progetto serio di bonifica". (Repubblica Bari)
martedì 9 agosto 2011
Schizofrenia ambientale? Un paio di informazioni utili.
L’uomo “dell’Ilva di Taranto, ha una probabilità altissima di ammalarsi di cancro, e quindi, di morire. Per lui, sarebbe il male minore, ma per i suoi cari, una vera tragedia. Un uomo, può donare la sua vita per nobili ideali, ma non per gli sporchi interessi di quattro papponi ignoranti e inquinatori. L’uomo “dell’Ilva di Taranto, spesso non sà..
E sarebbe il caso possa morire.. ma prima “SAPERE”. Il male e il bene.. l’ambientalismo la “TUTELA AMBIENTALE” eccola qui snocciolata in poche righe:
Sul sito del Senato si legge: “Il Senatore DELLA SETA (PD) rileva che, in considerazione della correttezza formale del recepimento della direttiva 2008/50/CE, l’atto del Governo in esame non presenta rilievi critici”. E alla Camera dei Deputati come è andata a finire? Il Decreto salva-Ilva è passato in soli 10 minuti in Commissione Ambiente, dove siede l’ex PRESIDENTE DI LEGAMBIENTE, attualmente PRESIDENTE ONORARIO l’On. ERMETE REALACCI. “Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con condizioni e con osservazioni presentata dal relatore”, si legge nel resoconto del sito della Camera dei Deputati. Ecco.. LEGAMBIENTE manifesta contro..: “Ci siamo rotti i polmoni”. E se io fossi un Tarantino, non mi indignerei per l’ILVA, neanche per la diossina, forse neanche per la morte. Io ci resterei veramente male con questi che fanno i cortei.. financo i BLIZ:
“Ci siamo rotti i polmoni”. Blitz di Legambiente all’Ilva …abbiamo lanciato un chiaro messaggio al Governo affinché modifichi profondamente il decreto del 13 agosto introducendo nuovamente le norme ben più rigorose vigenti in precedenza – ha dichiarato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente..
Un CHIARO MESSAGGIO se lo saranno mandati da soli ? Magari anche a ERMETE REALACCI loro presidente onorario? Eccolo qua il Presidente onorario: La bella politica unisce il paese. Oltre 2000 piazze in festa per Voler bene all’Italia
Eccolo qua il Presidente Onorario di LEGAMBIENTE: .. un gruppo di dirigenti ed ex dirigenti di Legambiente che hanno messo in atto un SISTEMA in grado di condizionare non solo la politica ma anche l’economia italiana nel settore delle energie alternative.
La città avvelenata – L’Ilva immette nell’atmosfera un quantitativo pari al 90% di tutte le diossine italiane di origine industriale e all’8,8% del totale europeo. MA L’ ILVA di Taranto “E’” SALUBRE!.. Sono i “CAMINETTI“!!!!! l’Europa, sanziona i caminetti di Torchiarolo!!!!!!!!!!! La mortalità per tumori aumenta a Tochiarolo , la causa è il Pm 10 non certo prodotto dall’impianto di Cerano, della Montedison o dall’incenertore di rifiuti speciali di Surbo, la causa, quella vera , per cui l’Europa sanziona il Comune del brindisino…..sono i caminetti? Un altro art. No al Carbone su Arpa e i caminetti di Torchiarolo giustamente leggo: potremmo forse pensare che 30 anni fa i camini non inquinavano ed oggi invece si, perché a rigor di logica sicuramente trent’anni fa l’uso dei camini era di gran lunga superiore ad oggi. Polveri sottili, a Torchiarolo Comune vieta di accendere stufe a legna e caminetti
Questo è l’ AMBIENTALISMO?.. Ecco ora l’UOMO di Taranto sà. Non cambia nulla, muore lo stesso ma almeno muore senza i tamburelli, i girotondi e le parole belle, i “CHIARI MESSAGGI AL GOVERNO”.. Muore senza le “nacchere” ambientaliste e col caminetto acceso. . Nacchere che a questo punto spaventano più di un cancro..
lunedì 8 agosto 2011
Stefano, continua a chiudere "due" occhi per l'Eni!!
Taranto, gasolio in mare incidente alla condotta Eni
Lo sversamento da un impianto a 20 metri di profondità ieri in tarda mattinata: subito i centralini dei vigili del fuoco in tilt
I tecnici sono rimasti al lavoro per ore per circoscrivere la macchia. Nuove polemiche sull'inquinamento in città
Carburante in mare e nella rada di Taranto: scatta subito l'allarme. Lo sversamento di prodotto petrolifero è avvenuto nella tarda mattina di ieri da una delle condutture sottomarine utilizzate dalla raffineria Eni. L'incidente è stato segnalato da parte della stessa azienda che ha rilevato il "trasudamento" di uno degli impianti situati a venti metri di profondità. In sostanza si tratta di una perdita dovuta ad un cattivo funzionamento e non ad una vera e propria falla. Fatto sta che il carburante, probabilmente gasolio, è tracimato in acqua.
Dopo la segnalazione da parte di Eni sul posto sono intervenuti gli uomini della capitaneria di porto. Il braccio di mare in cui è affiorata una filmatura oleosa è stata subito circoscritta con dei galleggianti. La prima relazione redatta sull'incidente, parla dello sversamento di una quantità poco significativa di prodotto petrolifero. "Non è neanche il caso di parlare di uno sversamento nel senso proprio del termine" fanno sapere dalla Capitaneria di porto.
L'episodio in ogni caso non è stato assolutamente trascurato. L'intervento per tamponare l'emergenza, infatti, è durato diverse ore ed è stato monitorato dagli uomini della capitaneria di porto e dai tecnici dell'Arpa. In mare sono intervenuti gli uomini della cooperativa sommozzatori e i tecnici della "Ecotaras", la ditta che si occupa del disinquinamento, con la supervisione del personale della stessa Eni.
Gli esperti hanno inquadrato il tratto di mare interessato dall'incidente, localizzato all'altezza delle boe della rada di mar Grande. Ed è lì che sono subito intervenuti in primo luogo per delimitare lo specchio d'acqua interessato. Si è lavorato per ore proprio intorno al campo boe, ancorato ad una profondità adeguata a consentire l'ormeggio delle petroliere dal pescaggio troppo elevato per giungere sino alle banchine del porto industriale sul quale si affaccia la gigantesca raffineria.
L'episodio, ancorché di portata contenuta, rilancia la polemica sulla convivenza tra la città e la imponente zona industriale che si allunga sino a pochi metri dall'abitato. Una polemica che investe il grande impianto Eni che con l'Ilva costituisce buona parte della zona industriale a ridosso del capoluogo ionico. E la rinfocola proprio nei giorni in cui la città è ancora una volta in fermento. Nell'ultima settimana Taranto è stata investita a ripetizione da cattivi odori. Anche ieri i centralini dei vigili del fuoco sono andati letteralmente in tilt per la pioggia di chiamate. Tutte segnalavano una intensa puzza di gas. L'indice accusatore è puntato ovviamente verso ciminiere e torri torce che incombono sulle case dei tarantini. L'emergenza due giorni fa è stata al centro di un summit in prefettura. Allo studio nuove rilevazioni che consentano di individuare la sostanza e quindi la fonte del nauseante tanfo. (Repubblica-Bari)
Donatori di incidenti tossici!
In fiamme tir per i rifiuti speciali. Scongiurato disastro ambientale
L'intervento di vigili del fuoco, Arpa e protezione civile ha evitato il peggio. Solo rallentamenti per il traffico
Poteva causare un grave inquinamento ambientale e invece l'incendio scoppiato ieri su un camion in viaggio sull'A13, nella zona di San Pietro in Casale si è risolto con alcuni disagi alla circolazione. L'incidente, si legge in una nota diffusa dall'Unione di Comuni Reno Galliera, è stato evitato col pronto intervento di tutte le forze di soccorso, dai vigili del fuoco, alla protezione civile, dalla polizia municipale all'Arpa. Il camion di rifiuti speciali proveniente dalle fonderie Ilva di Taranto e diretto ad una ditta del nord Italia per lo smaltimento ha preso fuoco ieri pomeriggio sull'autostrada Bologna-Padova.
Il camion di rifiuti speciali proveniente dalle fonderie Ilva di Taranto e diretto ad una ditta del nord Italia per lo smaltimento ha preso fuoco ieri pomeriggio sull'autostrada Bologna-Padova. L'autista, che si è accorto del fumo, per non creare disagi in autostrada è uscito al casello di Altedo e ha trovato un piazzale in via Cà Bianca nel Comune di San Pietro in Casale. Gli altri due camion di colleghi carichi degli stessi rifiuti lo hanno seguito. Due squadre dei Vigili del fuoco del distaccamento di San Pietro in Casale sono intervenute per spegnere il fuoco, operazione che si è rivelata lunga e difficoltosa. Con loro hanno collaborato diverse pattuglie della Polizia municipale Reno-Galliera che hanno circoscritto la zona assieme al personale dell'Arpa e della Protezione civile. Le squadre hanno lavorato fino a notte inoltrata per trasferire il materiale pericoloso e bonificare la zona. (corrieredibologna)
Stefàno: tutta Italia aspetta che tu faccia il sindaco!!
Di Maurizio Bolognetti, Direzione Nazionale Radicali Italiani
Mentre cittadini e associazioni ambientaliste continuano a segnalare l’emissione in atmosfera di sostanze tossiche, provenienti dalle raffinerie Eni di Taranto, il primo cittadino Stefano sembra essere stato colto da un grave attacco di afasia. Gioverà ricordare al Sindaco Stefano che in base a quanto previsto dall’art.50 comma 5(Competenze del sindaco e del Presidente della Provincia) e dall’art.54 comma 2(attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale) del Decreto legislativo 267/2000, il Sindaco ha l’onere di garantire la tutela della salute pubblica. La persistente condizione di inadeguatezza degli impianti Eni, denunciata dal Comitato Legamjonici, oltre a comportare l’emissione incontrollata di sostanze nocive, si traduce in un’esposizione della popolazione al rischio connesso ad un “incidente rilevante”. Le raffinerie Eni, così come gli stabilimenti Ilva, non a caso sono soggetti alla normativa “Seveso bis/ter”.
Con sgomento apprendiamo che la città di Taranto non dispone di un piano di emergenza esterno aggiornato che tuteli la popolazione da eventuali incidenti e che, in spregio a quanto previsto dall’art.20 della “Seveso bis”, non è mai stata avviata una seria campagna informativa.
A quanto pare a Taranto, come nella val d’Agri, anziché applicare le leggi si preferisce interpretarle o peggio violarle. Eppure, i commi b e c dell’art. 20 della 334/99 parlano chiaro e non possono essere soggetti a interpretazioni di sorta. In essi si afferma che occorre “mettere in atto le misure necessarie per proteggere l’uomo e l’ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti” e che occorre “informare adeguatamente la popolazione e le autorità competenti.”
Evidentemente quanto avvenuto presso lo stabilimento ICMESA di Seveso nel luglio del 1976 non ha insegnato nulla, e per mantenere intatta la nostra reputazione di “Stato Canaglia” sul fronte della tutela ambientale preferiamo continuare a disattendere direttive europee recepite con il consueto ritardo dalla nostra legislazione.
Alla luce delle violazioni che vanno emergendo in queste ore, riteniamo di dover sottoscrivere la richiesta di chiusura degli impianti Eni di Taranto, formulata dal Comitato Legamjonici.
Le nuvole nere che in queste ore sono andate ad arricchire il cocktail di veleni, che quotidianamente viene messo a disposizione dei tarantini, sono figlie di un sistema che nega legalità, giustizia, democrazia e diritto alla conoscenza. E come sempre, per dirla con Marco Pannella: “La strage di legalità ha per inevitabile corollario la strage di popoli”.
Ironia della sorte è proprio l’Eni ad intrattenersi sui tassi di mortalità a Taranto e dintorni in uno studio di impatto ambientale redatto nel gennaio del 2011.
Nel sopra citato documento è dato leggere: “Considerando la mortalità come indicatore dello stato di salute della popolazione emerge che la popolazione residente nella città di Taranto, incluso anche il comune di Statte, mostra già all’inizio degli anni settanta, evidenti eccessi di mortalità per tutte le cause, per tutti i tumori e per specifiche patologie, verosimilmente associabili ad esposizioni lavorative, quali tumore al polmone, alla pleura, alla vescica, o associabili a particolari stili di vita quali la cirrosi. La mortalità per le altre patologie quali tutte le malattie dell’apparato respiratorio e la polmonite, associabili sia all’abitudine al fumo sia ai livelli elevati di inquinamento atmosferico, erano invece nel passato a livelli più bassi e stanno rapidamente aumentando”.
Premesso che le valutazioni dell’Eni sono basate su dati Istat 2004, verrebbe da chiedere a Scaroni e Riva se tra i “particolari stili di vita” occorra annoverare anche l’assuefazione a respirare e a ingerire diossine, Ipa, Nox, Benzene,So2, NMVOC(composti organici), cadmio, arsenico, nichel e chi più ne ha più ne metta. Di pecore e cozze dedite a bacco e a tabacco ne abbiamo viste davvero poche, ma con certezza possiamo affermare che a Taranto l’unica legge antifumo applicabile dovrebbe prevedere il divieto di respirare. (Radicali.it)
Ilva: Altamarea diffida Maroni
Al Ministro dell’interno Roberto MARONI
Fax 06 4741717
e, p.c. Ministro dell’ambiente Stefania PRESTIGIACOMO
Fax 06 57288490
Presidente della Regione Puglia Nichi VENDOLA
Fax 080 5406260
Presidente della Provincia di Taranto Gianni FLORIDO
Fax 099 4587214
Sindaco di Taranto Ippazio STEFÀNO
Fax 099 4760019
Dir. Gen. ARPA Puglia Giorgio ASSENNATO
Fax 080 5460150
Prefetto di Taranto Carmela PAGANO
Fax 099 4545666
Procuratore della Repubblica di Taranto Franco SEBASTIO
Fax 099 7343417.
Redazioni di stampa e TV
OGGETTO: Gravi inadempienze su Certificato Prevenzione Incendi e nulla osta sull’analisi di rischio di incidente rilevante di Ilva SpA stabilimento di Taranto.
L’Ilva di Taranto è un centro siderurgico a ciclo integrale che impiega più di 13.000 lavoratori diretti oltre alcune migliaia di terzi e si estende su un’area di oltre 1200 ettari piena di impianti complessi e pericolosi. Tale area è attaccata, senza soluzione di continuità, ad un quartiere di 17.000 abitanti di una città di circa 180.000 abitanti. Lo stabilimento produce l’80% dell’acciaio italiano ed è il principale responsabile dell’inquinamento di origine industriale che fa di Taranto la città più inquinata d’Europa.
Per ridurre l’inquinamento di origine industriale in Europa fu emessa la Direttiva 61/96/CE, la cosiddetta Direttiva IPPC (Integrated Prevention Pollution Control) che stabiliva che tutte le aziende dovessero essere in possesso di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) entro il 30 ottobre 2007. Al contrario che nel resto d’Europa, in Italia quella data non è stata rispettata ed in particolare l’Ilva di Taranto, ai primi di agosto 2011, è priva di AIA idonea a ridurre l’inquinamento. Quello stabilimento continuerà, così, a produrre e ad inquinare “a norma” di un’AIA indecente ed abnorme quale è quella che dicono che sia stata firmata dal Ministro dell’ambiente e che dovrebbe diventare operativa al termine del percorso amministrativo non ancora completato. A Taranto altrettanto male vanno le cose rispetto alle cosiddette “Direttive Seveso” in materia di prevenzione dei grandi rischi industriali e di sicurezza delle cittadinanze coinvolte, in cui il Ministero dell’interno ha una primaria responsabilità tramite il Corpo dei Vigili del Fuoco e le Prefetture.
Nel procedimento per l’AIA di Ilva Taranto, "AltaMarea” ha prodotto, come "pubblico interessato", osservazioni ed argomentazioni finalizzate ad inserire precise prescrizioni contro l’inquinamento, a tutela della salute e sicurezza dei cittadini e dei lavoratori. Tali indicazioni sono state pervicacemente bocciate dalla Commissione IPPC, preposta all’istruttoria del procedimento, con la implicita connivenza delle strutture ministeriali, incapaci di opporsi alla determinazione di chi vuole "chiudere la partita" a tutti i costi e che agisce sotto il “mantello” della nomina ricevuta direttamente dal Ministro dell’ambiente. Abbiamo stigmatizzato invano l’inqualificabile operato della Commissione e delle sue continue modifiche a vantaggio dell’azienda. Tale operato illegittimo e non sanzionato permetterà ad Ilva di gestire gli impianti “a norma di AIA”, senza riduzioni effettive dell'enorme carico inquinante che grava sulla città a danno della salute.
L’azienda, inoltre, in tema di sicurezza dei lavoratori stessi e della città che la ospita, ha beneficiato del comportamento debole, accondiscendente e indulgente degli organismi e delle autorità centrali e periferiche competenti, incluso quelle gravitanti sul Ministero dell’interno.
È per questo, quindi, che ci rivolgiamo direttamente al Ministro Roberto MARONI per sottolineare che il Ministero che dirige è stato in disparte nell’intero procedimento e forse non ha conosciuto a fondo le pesanti denunce di AltaMarea sui temi della sicurezza. Il Ministero dell’interno è stato del tutto assente nelle conferenze dei Servizi presso il Ministero dell’ambiente del 22 febbraio 2011 e del 5 luglio 2011 per valutare il Parere Istruttorio Conclusivo (PIC) espresso dalla commissione IPPC sul rilascio dell’AIA dell’Ilva di Taranto. La Conferenza dei Servizi del 5 luglio 2011 ha dato parere favorevole al PIC nonostante che le associazioni, coerentemente con le inascoltate rigorose contestazioni tecniche, scientifiche e normative, avessero definito quel PIC inaccettabile, illegittimo, iniquo, inadeguato a ridurre l’inquinamento industriale. Dopo anni di traccheggiamenti, ora l’Ilva sta per ottenere un’AIA annacquata e inefficace ai fini della riduzione dell’inquinamento con gravissime conseguenze negative per la salute e sicurezza della cittadinanza e dei lavoratori, utile solo a permettere all’azienda di ottenere dalla BEI (Banca Europea di Investimenti) un prestito legato alla presentazione dell’AIA, comunque ottenuta.
Il procedimento per il rilascio dell’AIA ad Ilva Taranto è iniziato solo il 28 febbraio 2007 mentre la già citata Direttiva 61/96/CEE, con un preavviso di ben 11 anni, aveva fissato il 30 ottobre 2007 come termine ultimo entro il quale tutte le aziende europee dovessero essere in possesso dell’AIA per poter mantenere in esercizio i propri impianti. Secondo la Direttiva europea era possibile una sola proroga di 6 mesi, assolutamente non prorogabile ulteriormente. Quei paletti non hanno subito modifiche nei successivi aggiornamenti comunitari per cui l’Ilva per l’Europa è stata “fuorilegge” per anni senza che nessuna Autorità sia intervenuta.
L’associazionismo di Taranto, presente nel procedimento fin dall’inizio, ha prodotto tanti documenti acquisiti agli atti del Ministero dell’ambiente ma respinti dalla commissione IPPC con argomentazioni inconsistenti, sostenute con l’arroganza e la protervia di chi gode della massima “copertura politica”, alla faccia della salute e della sicurezza di cittadini e di lavoratori. Di tutto questo abbiamo relazionato ovunque, senza successo alcuno, e anche in sede di Conferenza dei Servizi. Ora ci dicono che il Ministro dell’ambiente ha firmato l’AIA e noi attendiamo di conoscerne i contenuti specifici per intraprendere ogni possibile azione giuridica.
Nel frattempo, però, chiediamo al Ministro dell’interno di intervenire immediatamente su aspetti importantissimi che rientrano sotto la responsabilità del suo Ministero e che anche l’AIA avrebbe dovuto fare propri perché addirittura preliminari all’AIA stessa. .
Se i rappresentanti del Ministero dell’interno fossero stati presenti nel procedimento o almeno ne avessero esaminato la documentazione, avrebbero colto, a meno di cecità e sordità assolute, il senso profondo delle obiezioni/osservazioni presentate da “AltaMarea” e da altre associazioni. In particolare la loro sensibilità di funzionari del Ministero dell’interno sarebbe stata turbata dalla gravità dei fatti segnalati in merito alle vicende del CPI e del nulla osta analisi RIR, questioni che istituzionalmente ricadono sotto la responsabilità, non esclusiva ma sicuramente primaria, del Ministero dell’interno (Corpo Vigili del Fuoco e Prefetti).
Mettiamo da parte i cavilli e i formalismi dilatori più o meno leciti che pretenderebbero di giustificare l’ingiustificabile; da cittadini di questo Paese rileviamo che l’inadeguatezza generale del sistema normativo – giuridico - amministrativo dell’Italia, accompagnata dal lassismo o dall’insufficiente senso civico di tante donne e uomini coinvolti in qualità di servitori dello Stato su temi di grande impatto, fa sì che l’Ilva di Taranto possa continuare impunemente ad inquinare acqua, aria e suolo. Con l’aggravante che da una decina di anni risulta essere priva di Certificato Prevenzione Incendi (CPI) e di nulla osta sull’analisi di rischio di incidente rilevante, pilastri della sicurezza generale.
La gravità eccezionale della situazione di Taranto è testimoniata dagli innumerevoli procedimenti giudiziari in corso contro proprietà e dirigenza Ilva. Essa è parzialmente illustrata nei seguenti allegati: I) Denuncia dei Carabinieri del NOE di Lecce prot. 41/10 del 2 luglio 2011; II) Delibera n. 207/X del 21/7/2011 del Consiglio Intermedio di Rappresentanza (COIR) della Marina Militare – Corpo della Capitaneria di Porto; III) Nota prot. AIL/PEC/04/10 del 15/10/2010 di AltaMarea alla Prefettura di Taranto sul Piano di Emergenza Esterno, rimasta inesitata. Inoltre, per informazione diretta del Ministro dell’interno, si allega copia degli ultimi tre documenti specifici sulla vicenda AIA inviati da AltaMarea a Minambiente ed altre Autorità interessate: IV) Nota prot. 016/2011 del 3/4/2011; V) Nota prot. 020/2011 del 15/6/2011; VI) Nota prot. 030/2011 del 4 luglio 2011.
In conclusione, diffidiamo il Ministro dell’interno ad intervenire e verificare le responsabilità che noi intravvediamo soprattutto nelle strutture decentrate e nelle persone, inclusi i Prefetti ed i Comandanti regionali e provinciali dei VVF che si sono succeduti nel tempo a Taranto, persone o timorose di affrontare poteri forti o comunque acquiescenti verso cavilli e dilazioni messi in campo dalle aziende. Preghiamo il Ministro di voler esercitare il suo potere per rimettere tutto sui binari della legalità e del rispetto delle norme. Guai a Dio se si dovesse verificare un incidente, anche meno grave di quello occorso alla ThyssenKrupp di Torino, ed accertare in tale dannata occasione che tante iniquità sono state commesse nel campo della sicurezza dei lavoratori e dei cittadini, con la consapevolezza delle Autorità competenti. Le Istituzioni centrali, regionali e locali comunque coinvolte nelle vicende industriali tarantine hanno la responsabilità storica di decidere il presente ed il futuro del territorio ionico e della salute dei suoi abitanti e dei lavoratori impegnati.
Con osservanza
Il Presidente di “AltaMarea”, Biagio De Marzo
Trivelle nell'Adriatico: ecco come reagire!
Le località interessate sono individuate nei progetti e negli Studi di Impatto Ambientale come “zona F”, ben nove concessioni sono in giacenza
presso il Ministero dell'Ambiente e dei Beni Culturali per l'approvazione di ispezioni sismiche e successiva perforazione di pozzi esplorativi, allo scopo di estrarre petrolio per decenni. L'area interessata si estende per circa 6,600 chilometri quadrati a circa venticinque chilometri da riva, da Bari fino a Santa Maria di Leuca.
In particolare le Istanze di Permesso di Ricerca per idrocarburi denominate “d71 F.R-. NP” e ““d149 D.R-. NP” prevedono indagini esplorative con la tecnica dell'air-gun e l'installazione, nella seconda fase di tale operazione, di pozzi estrattivi a poche decine di miglia dalla costa, in zone altamente turistiche e naturalistiche con ben nove aree protette: Bari, Monopoli, Polignano a mare, Brindisi, Fasano, Cisternino, Ostuni, Carovigno, Meledugno, Otranto, Giurdignano, Uggiano La Chiesa, Torre Guaceto, Macchia San Giovanni, Punta della Contessa, Foce Canale Giancola, Rauccio, Aquatina Frigole, Torre Veneri, Le Cenesi, Torre dell’Orso, Palude dei Tamari, Laghi Alimini, Santa Marina di Leuca, Posidonieto Capo San Gregorio, Punta Ristola.
Tali attività, avanzate da numerose ditte straniere, hanno già visto la Comunità Abruzzese e di Capitanata impegnate nella lotta contro la petrolizzazione dell’Adriatico attraverso campagne di informazione e petizioni per coinvolgere i cittadini nelle osservazioni ai SIA e nei ricorsi al TAR per fermare tali attività. La risposta è stata positiva e si sono raggiunti ottimi risultati. Le attività petrolifere oltre a danneggiare l’ecosistema e la Biodivesità locale e più in generale Adriatica (già fortemente minacciate su più fronti dall’inquinamento antropogenico al sovrasfruttamento delle risorse ittiche) risultano incompatibili con l’attuale assetto della costa pugliese e con la politica pugliese leader in Italia che tutela e promuove l’uso delle energie pulite e rinnovabili.
Inoltre c’è da sottolineare che tali operazioni costituiscono una forte minaccia all’economia basata sul turismo, fiore all’occhiello d’Italia apprezzato in tutto il Mondo, alla salute dei residenti, e anche dei turisti, e non garantirebbero nessun guadagno e vantaggio all’economia locale ed Italiana (solo il 4% delle royalties è destinato alla comunità mentre il restante può essere deliberatamente venduto al miglior offerente).
Come riferisce la Prof.ssa Maria Rita D’Orsogna, Fisico docente al Dipartimento di Matematica della California State University da sempre in prima linea nella difesa dell’ambiente attraverso campagne di inchiesta e interventi di denuncia contro l’inquinamento che ha gentilmente messo a disposizione del pubblico la sua esperienza e le sue conoscenze: “ Le estrazioni di petrolio non hanno portato ricchezza a nessuna comunità estrattiva, in nessuna parte del Mondo!”
Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare deve ancora rilasciare il suo nulla osta per autorizzare queste attività petrolifere e c'è la possibilità per enti, comuni e cittadini di far sentire la propria voce relativamente alle concessioni “d149” e “d71” secondo quanto previsto da leggi italiane ed europee. Ogni cittadino ai sensi dell’articolo 6, comma 9 della legge 8 Luglio 1986 n.349, può presentare le proprie osservazioni sui progetti sottoposti a Valutazione d'Impatto Ambientale (VIA) e ai sensi del trattato di Aarhus. Quest’ultimo, recepito anche dall’Italia, afferma che le popolazioni hanno il diritto di esprimere la propria opinione su proposte ad alto impatto ambientale e che l’opinione dei cittadini deve essere vincolante. Per cui maggiore sarà la partecipazione maggiore sarà l’influenza!
Il Ministero assicura, in via non ufficiale, di ricevere le osservazioni ad oltranza nonostante la scadenza fosse stabilita il 2-3 Agosto. Sarebbe importante contribuire anche con una semplice lettera di dissenso a nome della vostra Associazione, dunque da parte di chi “ha le mani in pasta” oltre che da cittadino. Ricevere numerose osservazioni richiama all’attenzione ottenendo validi risultati, come già successo in precedenza. Sicuramente prevenire è meglio che curare e questa occasione costituisce inoltre un diritto costituzionale e una forma di democrazia partecipata e attiva!
Qui l’indirizzo del blog della Prof.ssa D’Orsogna con tutti i dettagli sulla questione:
http://dorsogna.blogspot.com/
http://dorsogna.blogspot.com/
Qui l’indirizzo web del Ministero relativo ai nuovi permessi:
http://www.dsa.minambiente.it/
Qui l’indirizzo per le osservazioni:
http://www.dsa.minambiente.it/
Qui l’indirizzo della raccolta delle osservazioni pervenute finora alla Prof.ssa D’Orsogna (che continua ad offrire i propri mezzi nella speranza di diffondere tali informazioni e di renderli trasparenti e accessibili a tutti) dove troverete la mia osservazione, quella tecnico-scientifica della stessa Prof.ssa D’Orsogna e quelle di altre Associazioni e comuni cittadini:
http://www.csun.edu/~dorsogna/
Ad ogni modo è a disposizione l’indirizzo di posta elettronica certificata mio e della Prof.ssa D’Orsogna, inoltrando la propria osservazione a noi si provvederà ad inoltrarla per tempo senza nessun costo. Per qualsiasi altra richiesta o informazione la Prof.ssa D’Orsogna è sempre lieta e disponibile a essere contattata all’indirizzo e-mail: dorsogna@csun.edu
La “Rete di Associazioni per la Difesa e Valorizzazione del Mar Adriatico e Mar Jonio” si è già attivata costruendo un ponte con il Salento ed offrendo la propria esperienza reduce di altri permessi, osservazioni e ricorsi al Tar. Purtroppo trovandoci nella stagione estiva l’attenzione e la risposta attiva non è ancora sufficiente specialmente da parte della Puglia, che dovrebbe essere la più attenta perché toccata in prima persona. Nella speranza di una continua e propizia collaborazione in relazione ai propri e importantissimi impegni lavorativi ringrazio per il prezioso e indispensabile contributo.
Guido Pietroluongo, +39 320 4753594 (wind), docdolittle@hotmail.itTrivelle, fish and chips...
La società inglese Northern Petroleum ha iniziato il suo iter autorizzativo per trivellare i mari del Salento e del Barese. Ben nove concessioni sono in giacenza presso il Ministero dell'Ambiente e dei Beni Culturali per l'approvazione di ispezioni sismiche e successiva perforazione di pozzi esplorativi, allo scopo di estrarre petrolio per decenni. L'area interessata si estende per circa 6,600 chilometri quadrati a circa venticinque chilometri da riva, da Bari fino a Santa Maria di Leuca.
Secondo comunicati agli investitori del 28 Luglio 2011, la Northern Petroleum ha ottenuto di recente il permesso di eseguire ispezioni sismiche con la tecnica dell'air-gun nell'area di Monopoli-Ostuni-Brindisi in due proposti campi di petrolio chiamati Rovesti e Giove. Si afferma di volere iniziare i lavori a partire da Ottobre 2011.
Il direttore responsabile della Northern Petroleum, Derek Musgrove, aggiunge che : "l'esplorazione dell'Adriatico Meridionale è una priorità per la Northern Petroleum" e che la ditta intende procedere velocemente con l'air-gun in modo da identificare i siti da trivellare già all'inizio del 2012. Simili permessi sono in giacenza, ma ad uno stadio meno avanzato, per la provincia di Lecce.
Le ispezioni sismiche sono violente esplosioni di aria compressa in mare che permettono di dare stime sui giacimenti delle riserve di petrolio grazie ai segnali riflessi. Sono dannosi al pescato, al delicato equilibrio marino, alla vita dei Cetacei che spesso ne rimangono vittima e possono spiaggiare (dall’inizio dell’anno è stato registrato in numero maggiore rispetto ai passati) e da popolazioni ittiche fondamentali per il mercato della pesca. Soprattutto sono il primo passo verso la petrolizzazione dei mari del Salento e del Barese, che si concluderà, secondo le intenzioni della Northern Petroleum, con l'installazione di almeno nove piattaforme a mare. Inevitabilmente, queste porteranno con sé perdite di petrolio e rilasci di materiale inquinante, dannoso a pesci e all'uomo, e la possibilità di disastrosi scoppi e incidenti.
Si stima che i campi Roveste e Giove contengano circa 53 milioni di barili di petrolio di bassa qualità. In Italia il consumo giornaliero e' di circa 1 milione e mezzo di barili per cui il totale di petrolio estratto sarebbe sufficiente al nostro Paese per poco più di un mese.
In più, nulla vieta alla Northern Petroleum di vendere il suo petrolio sul libero mercato.
La legislazione italiana prevede l'interdizione alle trivelle a nove chilometri da riva, mentre nei pressi di aree protette il limite arriva a 22 chilometri dalla costa. Per contro, su tutto il litorale di California e Florida il limite è rispettivamente di 160 e 200 chilometri, per proteggere turismo, pesca ed ecosistema.
Infine, le royalties per le estrazioni dai mari italiani sono solo il 4% del ricavato, a fronte di tassi che in Norvegia ad esempio, arrivano all'80% del totale.
Le estrazioni di petrolio nel basso Adriatico da parte della Northern Petroleum e nelle Tremiti da parte dell'
irlandese Petroceltic porteranno al deterioramento della salute del mare, del turismo, dell'economia e in ultima analisi della qualità di vita dei cittadini.
Invitiamo le comunità costiere della Puglia a prendere conoscenza della problematica e ad attivarsi presso il Ministero dell'Ambiente per opporsi in maniera ufficiale ai propositi della Northern Petroleum. E' possibile
inviare osservazioni di contrarietà come previsto dalle norme europee e secondo le quali per progetti di così forte impatto ambientale, l'opinione del pubblico e di enti locali è vincolante.
Sconfiggere i petrolieri e' possibile, come dimostrano diverse vittorie in altre comunità italiane. L'ingrediente più importante è di gran lunga l'informazione e la partecipazione popolare!
** Qui maggiori info, immagini e link rilevanti **
http://dorsogna.blogspot.com/2011/08/la-northern-petroleum-nei-mari-di.html
** Qui sull'autore di questo comunicato stampa **
http://www.csun.edu/~dorsogna
http://www.ambienteambienti.com/lintervista/2010/08/news/petrolio-in-adriatico-2256.html
Maria R D'Orsogna, PhD Associate Professor, Department of Mathematics, Institute for Sustainability, California State University at Northridge, 18111 Nordhoff Street
Los Angeles, CA 91330, www.csun.edu/~dorsogna, 818 677 2703
domenica 7 agosto 2011
La città della libertà (d'inquinare)
Quella di ieri è stata una nuova giornata di aggressioni ambientali per il territorio ionico. In mattinata lo sversamento di un modesto quantitativo di greggio nel tratto di mare occupato dal parco boe della Raffineria Eni. Nel tardo pomeriggio, una nuova ondata di puzza di gas ha investito soprattutto la Città Vecchia e la zona del Borgo che si affaccia sul Canale Navigabile.
Il primo problema si è presentato intorno alle 10.30. quando l’Eni ha segnalato alla Capitaneria di Porto un trasudamento alle giunture delle tubazioni sottomarine. L’imprevisto ha originato in superficie un fenomeno tecnicamente definito “iridescenza”. Il tutto sarebbe avvenuto durante le operazioni di scarico del greggio.
Sul posto sono intervenuti, oltre alla Capitaneria di Porto, l’azienda Ecotaras, che ha posto delle boe galleggianti di contenimento per delimitare l’area interessata, la cooperativa Sommozzatori e una squadra di Vigili del Fuoco. L’intervento per fronteggiare l’emergenza è proseguito per tutta la giornata.
Come se non bastasse, poco prima delle 19, in città è tornato l’allarme legato alla puzza di gas. Un film che i tarantini hanno già vissuto sia domenica che lunedì scorsi. Il centralino dei Vigili del Fuoco è andato ancora una volta in tilt. Tante le chiamate di cittadini spaventati dall’odore nauseabondo che ha ammorbato l’aria per oltre mezz’ora.
Contattata dal Corriere, la dottoressa Maria Spartera di Arpa Puglia, ha spiegato che la puzza è stata sicuramente causata da idrocarburi.
Due le ipotesi indicate dall’esperta: «Il degasaggio delle stive effettuato da una petroliera, oppure il cattivo odore potrebbe essere legato ai vapori del greggio sversato in mare durante la mattinata. Può essere, infatti, che tali vapori siano stati trasportati dal vento verso la città durante le ore successive alla perdita».
Dubbi che si spera vengano sciolti al più presto perchè la cittadinanza abbia gli opportuni chiarimenti. Infine, una notizia che viene da San Pietro in Casale, in provincia di Bologna. Venerdì scorso, sull’autostrada Bologna-Padova, è stato scongiurato un disastro ambientale per l’incendio scoppiato su un camion di rifiuti speciali provenienti dall’Ilva di Taranto e diretto ad una ditta del Nord Italia per lo smaltimento. I Vigili del Fuoco, accorsi sul posto insieme agli uomini dell’Arpa e della Protezione Civile hanno lavorato fino a notte inoltrata per spegnere il fuoco, trasferire il materiale pericoloso e bonificare la zona.
(Alessandra Congedo CdG)
giovedì 4 agosto 2011
Le donne, i bambini, il sindaco!
COMUNICATO STAMPA
Il comitato “Donne per Taranto” il 21 giugno scorso indirizzava al Sindaco una lettera, pubblicata anche sui quotidiani. Era trascorso un anno dall’Ordinanza Contingibile ed Urgente n. 45 del 23/06/2010 (mai applicata, mai revocata), con la quale il Sindaco sanciva espressamente il divieto di accedere nelle aree a verde del quartiere Tamburi perché gravemente contaminate da sostanze pericolose, sostanze cancerogene (“….rischio sanitario non accettabile,…per ingestione o contatto dermico”, recita l’ordinanza). In quella lettera chiedevamo chiarimenti circa lo stato dell’ordinanza, stanti le ragioni che avevano costretto il Sindaco ad emanarla.
Ancora una volta ci scontriamo con il silenzio delle nostre Istituzioni, immancabilmente assenti dinanzi ai problemi reali che attanagliano il nostro territorio e probabilmente già impegnate per la prossima campagna elettorale. Ma il problema persiste, un problema che mette in serio pericolo la salute di tutti i bambini che continuano a giocare nella terra. Quanti bambini, tra questi, domani saranno bambini malati? E quanto questo può lasciare la coscienza dei nostri “amministratori” libera di ogni responsabilità?
Vogliamo ricordare, qualora le Istituzioni l’avessero dimenticato, che dalla relazione tecnica descrittiva dei suoli redatta a giugno 2010, si evidenziava che il suolo profondo è contaminato non solo da Berillio, ma anche da Antimonio, Idrocarburi, Arsenico, Cromo, Nichel, Cobalto e il suolo superficiale (per intenderci quello che i bambini toccano, ingeriscono, respirano..) da Berillio, Piombo, Antimonio, Zinco, PCB, Idrocarburi, tutti con valori che vanno ben oltre quelli tabellari previsti dal D.lgs 152/06, tanto da configurarsi come rischio sanitario non accettabile.
Dai dati Arpa e dal Registro Ines risulta inoltre che Taranto con il suo Polo Industriale (e in modo particolare le Acciaierie Ilva) contribuisce in modo sostanziale alle emissioni sia regionali che nazionali di metalli quali il CADMIO, CROMO, MERCURIO, NICHEL e in primis il PIOMBO e composti organoalogenati quali PCDD e PCDF (Diossine e Furani) e PCB (policlorobifenili). Dagli stessi dati risulta che gli scarichi in mare da parte dell’Ilva presentano i livelli più elevati di As a livello Nazionale: 1116 Kg/anno. Ci chiediamo se sia necessario ricorrere al “sillogismo aristotelico” per riconoscere la “fonte inquinante” e procedere alle soluzioni previste per legge oltre che dal buon senso! Per questo ci rivolgeremo alla Magistratura. Intanto sollecitiamo, per l’ultima volta, il nostro Sindaco a dare risposte celeri e concrete per garantire la salute dei bambini, a tutt’oggi a rischio.
Sabato 6 agosto si conclude il Progetto “Mani nel colore, mani nella terra”, che ha visto i bambini del Quartiere impegnati per 4 settimane alla realizzazione di “pannelli artistici”, attraverso i quali hanno espresso tutta la loro voglia di VIVERE in un mondo PULITO e COLORATO.
E’ stata per noi l’occasione di conoscere gli abitanti del Quartiere, parlare con loro, informarli e ascoltarli.
Alle 19,30 di sabato ci ritroveremo in Piazza Caduti sul Lavoro (piazza Masaccio) per una esposizione dei lavori realizzati. Sarà l’ultimo giorno utile per i nostri amministratori per dare a noi e soprattutto agli abitanti del Quartiere Tamburi risposte alla domanda da noi espresse in data 21/06/2011:
1. “Vista la natura “contingibile ed urgente” dell’ordinanza in esame, se la stessa sia mai stata applicata e quali misure siano state adottate da questo Comune per far si’ che fosse resa esecutiva.
2. Se l’ordinanza sia tutt’ora vigente, non essendo stata ufficialmente revocata;
3. Quali azioni precauzionali siano state adottate fino ad oggi dal Sindaco di Taranto autorità sanitaria locale, al fine di tutelare la Salute e la Vita dei bambini del Quartiere Tamburi, maggiormente esposti a fattori cancerogeni presenti sul terreno e che a tutt’oggi , continuando inconsapevolemente a giocare in esso, entrano inesorabilmente in contatto (come da foto allegate scattate nei giorni 18-19 c.m.)
4. Quale tipo d’impegno il Comune intenda assumere per la Bonifica dei terreni contaminati, come da relazione tecnica del comune stesso “Progetto esecutivo di Bonifica dei suoli e piano d’indagini integrative sulla falda sotteranea” (ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006) e da successiva comunicazione ad Arpa Puglia del 5.10.2010 nella quale si evidenziava la correttezza tecnico-scientifica e legale della relazione precedente e se ne confermavano i risultati.
Dopo tale data inizieremo al nostra battaglia oltre i confini di Taranto, così come preannunciato già da tempo: l’ora dell’ATTESA è terminata!
mercoledì 3 agosto 2011
Vendola-Travaglio, catfight sul Fatto
Dopo Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema tocca a Nichi Vendola incrociare le spade con Marco Travaglio. Il punto di scontro è un editoriale pubblicato ieri sul Fatto Quotidiano, nel quale il vicedirettore del quotidiano parlava della relazione tra il governatore della Puglia e Don Verzé, di recente finito nell’occhio del ciclone per il fallimento del San Raffaele. Scrive oggi Vendola:
Gentile Direttore, nel 2005 Taranto era una città agonizzante, con una classe dirigente impresentabile, con apparati burocratici spesso corrotti e incompetenti, con sistemi di potere diffusamente infiltrati dalla malavita. Il Comune, la Asl, lo Iacp (Istituto autonomo case popolari) erano autentici “buchi neri” e non solo dei rispettivi bilanci. Il più inquinato capoluogo del Sud era passato dalle gesta populiste di Giancarlo Cito alla finta modernità aziendale di Rossana Di Bello. Un disastro che porta Taranto al record del più importante dissesto finanziario dell’intera storia italiana. Sullo sfondo di queste miserie altre miserie, la povertà esplosiva di periferie in totale abbandono, l’ingorgo di ciminiere industriali mai monitorate e, per aria e nel mare, tonnellate di inquinanti di ogni tipo. Ecco Taranto. Una città appesa alle millanterie della peggiore destra italiana, ma anche una città malata, oppressa dai veleni e dalla paura, prigioniera della propria disperazione. Io ho impegnato l’azione della mia amministrazione su molti fronti: innanzitutto quello ambientale, imponendo all’Ilva una normativa drastica di riduzione delle diossine e dei furani, e poi una normativa anti-benzoapirene, portando i controlli a tappeto su tutto il territorio ionico.
Vendola va nel merito, parlando dell’accusa di “regalare soldi a Don Verzé”:
Noi non regaliamo un euro a nessuno. La struttura è pubblica, noi non abbiamo alcuna cointeressenza finanziaria col San Raffaele di Milano, il fatto che don Verzé sia amico di Berlusconi non cambia la classifica della qualità scientifica del polo milanese della salute. A me sta a cuore solo Taranto. Il San Raffaele è partner di una fondazione in cui la Regione Puglia è l’a t t o re centrale e controlla la cabina di regia di questo progetto: questa fondazione ha la gestione sperimentale dello start up e dei primi 3 anni di vita del futuro complesso sanitario. Finita la fase sperimentale la Regione decide come proseguire. NEL NUOVO ospedale ci sono gli stessi identici posti letto previsti dal piano di rientro per i due nosocomi attualmente funzionanti. I contratti che medici e infermieri stipuleranno saranno quelli del pubblico impiego.
E racconta di aver fermato il progetto dopo i fatti degli ultimi giorni:
Ovviamente noi, di fronte all’attuale crisi del San Raffaele di Milano, abbiamo sospeso la pubblicazione del bando per la progettazione, in attesa che la situazione si chiarisca. Se il San Raffaele fallisce noi cercheremo un nuovo partner e andremo avanti. Comunque andrà Taranto avrà il suo polo ospedaliero nuovo e sarà una grande opera pubblica. Lo dico ai miei critici in buona fede: le scelte sono tutte opinabili, chi ha responsabilità pubbliche deve ogni giorno assumere decisioni. Spesso si può sbagliare. Don Verzé è un diavolo di prete e non è lui il mio riferimento spirituale né intendo fare affari con lui (anche perché io non faccio affari). STO SOLO tentando di dare una grande chance a una città che ha troppo sofferto. Caro Direttore, approfitto della tua generosa ospitalità per una nota a margine. Da circa 30 mesi rispondo, quasi tutti i giorni, sulle brutte storie della sanità pugliese. Non mi sono mai nascosto dietro a un dito, non ho mai minimizzato la portata della “que – stione morale” anche nel centrosinistra. Ho sempre riconosciuto il mio errore di presunzione (chi lavora con me non può farsi neppure sfiorare da tentazioni diaboliche). Tuttavia, ho anche rivendicato la radicalità e la tempestività con cui ho reagito alle prime avvisaglie delle inchieste. Anzi, ho cercato di fare di più. Ho voluto una legge, l’unica che c’è in Italia, che scolpisce un percorso di formazione e selezione del management sanitario, lo affida a selezionatori indipendenti e di grande autorevolezza scientifica, lo sottrae al negoziato con i partiti. Se Dio vuole, abbiamo sfidato la cattiva politica.
Travaglio replica:
1. Non ho mai pensato, né dunque scritto, che Lei “faccia affari” con chicchessia. Temo però che faccia fare dei pessimi affari alla Regione che Lei presiede. Per esempio, regalando l’intero ciclo dello smaltimento rifiuti al gruppo Marcegaglia, ricambiato con giudizi più che lusinghieri sul quotidiano di Confindustr ia, il Sole 24 Ore. Per esempio, affidando ad Alberto Tedesco, titolare di un mostruoso conflitto d’interessi familiare, la Sanità regionale. E, per esempio, scegliendo a trattativa privata, senza gara, il San Raffaele di don Verzé come partner privato della Regione per costruire e gestire il nuovo mega-ospedale di Taranto. Le mie, dunque, sono critiche politiche, non penali, anche se sconfinano quasi tutte nella questione morale: anzi, meglio, nell’irrisolto problema dei rapporti fra politica e affari.
2. Vedo che Lei accenna a un Suo “errore di presunzione”, ma non nomina mai il senatore Tedesco, suo ex assessore alla Sanità, indagato (con richiesta d’ar resti domiciliari respinta dal Senato) per gravi reati che avrebbe commesso proprio nei due anni di presenza nella Sua prima giunta. Ancora non è chiaro perché Lei l’avesse nominato proprio alla Sanità quando Tedesco – ci ha raccontato lui stesso – Le aveva fatto presente che la sua famiglia possedeva aziende fornitrici della Sanità pugliese. Se è a quel caso che allude quando ammette l’“errore di presunzione”, Le fa onore l’autocritica, ma che c’entra la “p re s u n z i o n e ”? In quel caso Lei ha dato prova di una preoccupante insensibilità ai conflitti d’in – teressi, mettendosene in casa uno di proporzioni gigantesche, perfettamente in linea col suo ex partito (Rifondazione) che se n’è sempre bellamente infischiato del conflitto d’interessi di Berlusconi (e dunque di tutti gli altri). Poi, quando è scattata l’indagine per corruzione, Lei si vanta di aver “reagito con radicalità e tempestività”, caldeggiando e/o accettando le dimissioni dell’assessore inquisito (e ci mancherebbe altro). Ma Le pare normale mettere la volpe a guardia del pollaio e poi cacciarla quando – sai che sorpresa – viene beccata a mangiarsi le galline?
3. Anche sulla decisione di costruire un nuovo ospedale a Taranto, e per giunta di affidarlo al San Raffaele, le mie critiche sono squisitamente politiche, e anche un po’ morali, visti i rapporti di don Verzé prima con Craxi, poi con Berlusconi, e visto lo stato prefallimentare del San Raffaele. E vedo che, un po’ t a rd i va m e n t e , dopo le contestazioni dell’Idv, ora le obiezioni cominciano a muovergliele anche i Suoi alleati del Pd. Anzitutto, se il San Raffaele del Mediterraneo è una struttura pubblica (e, almeno per il finanziamento lo è, visto che la Regione spenderà 200 milioni di cui 60 già versati), s’imponeva una gara internazionale, visto l’importo dell’opera. Lei dice di aver scelto quasi due anni fa l’affidamento privato perché il San Raffaele è molto prestigioso e preferiva “un processo accelerato”: e allora perché del nuovo ospedale non è stata ancora neppure posta la prima pietra?
4. Apprendo che Lei considera don Verzé un “d i avo l o di prete”. L’ha scoperto di recente o lo pensava già l’an – no scorso quando, in piena campagna elettorale per la Sua rielezione a governatore, presentando assieme a Lei il mega-progetto San Raffaele del Mediterraneo, quel diavolo di prete ebbe a definirla pubblicamente dinanzi a molti pugliesi in trasferta a Milano “un uomo di grandissimo valore, di grandissima cultura, in grado di trasmettere idee e calore”, “dotato di un fondo di santità come Berlusconi” e invitò tutti a “eleggerlo ancora presidente della Regione Puglia almeno per altri 5-10 anni”, impegnandosi in caso di mancata elezione a “nominarlo comunque presidente del San Raffaele del Mediterraneo”?
5. L’utilità o meno del nuovo ospedale – ne convengo con Lei – è “opina bile” come ogni scelta politica. Ma continuo a domandarmi come spera, Lei, di ridurre il turismo sanitario dei malati tarantini fuori città o fuori regione sostituendo due vecchi ospedali da 680 posti letto in tutto con uno nuovo da 580 (come risulta a me) o dotato degli “identici posti letto” (come mi scrive Lei). Oltre ai due ospedali tarantini esistenti, il Suo piano prevede di chiuderne altri tre nella provincia di Taranto, 18 in tutto nell’intera regione. Forse la sanità pugliese, una delle più indebitate d’Italia, dovrebbe risparmiare quattrini, rinunciando al faraonico San Raffaele per ammodernare le strutture esistenti e migliorare i servizi: sbaglio o in Puglia il tempo di attesa medio per una mammografia o un esame cardiologico oscilla fra i due e i tre anni? Oltretutto la Sua giunta, presidente Vendola, ha appena alzato l’aliquota dell’addizionale Irpef fino al tetto massimo per coprire il buco sanitario: non era meglio colmarlo con i 200 milioni destinati a don Verzé, invece di tassare un’altra volta i pugliesi?
6. L’unica risposta in prosa della Sua poetica lettera, è l’annuncio di sospensione del bando per la progettazione del nuovo nosocomio alla luce del mega-buco di 1 miliardo di euro che ha portato il San Raffaele sull’orlo del fallimento. Perché – scrive Lei – “se il San Raffaele fallisce, cercheremo un nuovo partner”. Monsieur de Lapalisse, quello che un quarto d’o ra prima di morire era ancora vivo, non avrebbe potuto dire meglio. Il guaio è che lo stato di decozione del San Raffaele non è una scoperta dell’ultim’ora. Forse una gara pubblica avrebbe fatto emergere i buchi neri della fondazione di don Verzé & Berlusconi fin dall’inizio. Tantopiù che gli affari pugliesi del San Raffaele sono racchiusi in una fantomatica società “13 ma ggio”, che associa don Verzé a due imprenditori già finiti sotto inchiesta (quelli della nota cooperativa ciellina La Cascina) e che era presieduta fino a un mese fa da Mario Cal, il braccio destro di quel diavolo di prete, ora prematuramente scomparso perché si è sparato quando la Procura di Milano ha messo il naso nei conti. Ecco, invece di attendere l’eventuale fallimento della Fondazione per cercare un nuovo partner, non sarebbe il caso di fermare le bocce e rimettere tutto il progetto in discussione? Magari un sostenitore come Lei delle primarie potrebbe promuovere un bel referendum tra i pugliesi, per sapere direttamente da loro quale soluzione preferiscono.
7. Taccio sull’incredibile speculazione edilizia che si cela dietro il progetto del nuovo ospedale, con la Fintecna Immobiliare (ministero del Tesoro, Tremonti- Berlusconi) che baratta la variante urbanistica necessaria per costruirlo sulle sue aree in cambio della destinazione a edilizia residenziale, uffici e centri commerciali di terreni riservati a verde, parcheggi, ospedali. Ma pure questo è un problema, non trova?
8. A proposito dell’Ilva di Taranto: il 26 giugno l’Arpa Puglia (controllata dalla Regione) vi ha riscontrato il doppio delle emissioni consentite dalla legge regionale. Il picco è stato registrato a maggio con la presenza di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino del siderurgico, con un valore medio di 0,70 nanogrammi al metro cubo (contro 0,40 consentiti). Dove sarebbe dunque il mirabolante miglioramento ambientale da Lei vantato? È fantascienza o prosa amministrativa? Narrazione, poesia o che altro? (Giornalettismo)