Salvare Taranto dall'eccidio ambientale si puo'
L’eccidio ambientale, che si sta
consumando a Taranto, deve essere portato a conoscenza di tutta
l’Europa. Patologie gravi e aumento dei decessi connessi
all’inquinamento ambientale continuano nel capoluogo jonico.
Inaccettabile risulta essere lo stallo delle decisioni operative ed
efficaci degli organismi comunitari e nazionali; irretiti, i primi,
nella comoda scusa degli abnormi tempi procedurali e, i secondi, nella
grande illusione del finanziamento privato alla ricapitalizzazione e
alle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale. Aia che Ilva
e gli altri stabilimenti del polo industriale tarantino avrebbero
dovuto avere, scontando già il ritardo, al massimo entro il 2004. La
direttiva istitutiva ne fissava i limiti di recepimento all’agosto del
1999. Giochetti di Palazzo e pressioni di lobby d’interesse hanno
determinato la concessione delle prime Aia nel 2007. La lettera di
messa in mora dello Stato italiano per l’Infrazione alla direttiva
sull’Aia ha il numero 2013/2177. Risale a 11 mesi fa, in una UE che
predica semplificazioni e repentinità di azioni! Messa in mora seguita
all’indagine “EU Pilot 3268/12/ENVI”, attivata dalla Commissione UE e
riguardante l’applicazione della direttiva IPCC a Ilva del 26 marzo
2012. Il ritardo decisionale della Commissione UE sul caso Ilva è di
palese evidenza atteso che la stessa è in possesso di tutti gli elementi
necessari all’azione per le inadempienze del Governo italiano. Assenza
totale di proposte da parte del Parlamento UE, repentino solo nelle
decisioni riguardanti parametri di bilancio e vincoli, di spesa pubblica
tanto cari ai dogmi del mainstream economico!
Ilva era uno degli impianti industriali
oggetto della procedura d’infrazione 2008/2071 riguardante impianti,
che funzionavano in assenza di Aia, e che ha determinato la condanna
dell’Italia da parte della Corte di Giustizia UE nel 2011. Dai
controlli svolti dalle autorità (gennaio e maggio 2013) sono inattuate
molte prescrizioni previste dall’AIA del 26 ottobre 2012, violando in
tal modo la legge 231/2012. Lo stabilimento siderurgico è gestito in
violazione dell'articolo 14, lettera a), della direttiva IPPC, a norma
del quale gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il
gestore rispetti, nel proprio impianto, le condizioni
dell'autorizzazione Questo è tanto più grave in quanto l'Aia, che ai
sensi della direttiva IPPC doveva essere emanata entro il 30 ottobre
2007, è stata rilasciata a ILVA nell'agosto 2011, e ciò malgrado la
procedura d'infrazione avviata dalla Commissione europea nel 2008 sia
culminata nella di condanna del marzo 2011 (C-50/10). Inoltre, ai
sensi della 426/1998, che ha individuato i Siti di Interesse Nazionale
ovvero, le aree che sono considerate altamente inquinate, e che devono
essere bonificate con la zona industriale che comprende lo stabilimento
siderurgico Ilva è inclusa nel SIN di Taranto.
Il sito di pertinenza è stato
caratterizzato, ed è risultato che il suolo, le acque superficiali e le
acque sotterranee del sito sono gravemente inquinati. Dalle informazioni
disponibili risulta, che le acque e il suolo inquinati non sono ancora
stati bonificati, che sono stati eseguiti solo alcuni interventi di
messa in sicurezza d’emergenza dei suoli, mentre non sono stati eseguiti
interventi di messa in sicurezza d’emergenza delle acque. La direttiva
2004/35/CE istituisce un quadro, per la responsabilità ambientale,
basato sul principio “chi inquina paga”, per la prevenzione e la
riparazione del danno ambientale. Ilva ha causato un inquinamento
significativo e, in particolare, ha causato un danno delle acque e del
terreno, come definito dall'articolo 2.1. lettera b) e c) della
direttiva sulla responsabilità ambientale. Ai sensi dell'articolo 6,
paragrafo 1, della direttiva quando si è verificato un danno ambientale,
il responsabile adotta “ a) tutte le iniziative praticabili per
controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con
effetto immediato, gli inquinanti in questione e/o qualsiasi altro
fattore di danno, allo scopo di limitare o prevenire ulteriori danni
ambientali ed effetti nocivi per la salute umana e b) le necessarie
misure di riparazione” . A norma dell'articolo 6, paragrafo 3,
l'Autorità competente dello Stato richiede che il responsabile adotti le
misure di riparazione e, se l'operatore non adempie, l'Autorità
competente ha facoltà di adottare essa stessa tali misure, qualora non
le rimangano altri mezzi.
Non risulta che le Autorità italiane
abbiano preso provvedimenti per far si che Ilva adotti le necessarie
misure di riparazione o, quantomeno, sopporti i costi di tale misure di
riparazione. L’Autorità italiana ha invece velocissimamente riconosciuto
un incredibile credito di imposta di mezzo miliardo di euro alla
autostrada pedemontana lombarda e si appresta a riconoscerne altrettanti
alla Pedemontana Veneta e alla Autostrada BreBeMi (
Brecia/Bergamo/Milano). Incredibile il riconoscimento di un credito
imposta di 1,9 mld di euro all’autostrada Orte/Mestre che sconta il
parere contrario della Corte dei Conti. I fruitori del credito ? Nella
sostanza Banca Intesa, che controlla il 49% di Autostrade Lombarda, che
controllano l’89% della BreBeMi e il 25% della Pedemontana Lombarda
mentre sulla Orte /Mestre troviamo la commissariata Banca Carige, la
Efibanca Spa e la Gefip Holding del pluricondannato Vito Bonsignore.
Quando è nato il credito d’imposta? Con
il Ministro delle Infrastrutture Passera e vice Ministro con delega
infrastrutture Ciaccia. Entrambi di Banca Intesa. Ciaccia ex
amministratore delegato di Banca Intesa Infrastrutture e Sviluppo (BIIS)
, consulente della Bre.Be.Mi (autostrada Bergamo-Brescia-Milano) .
Advisor delle 2 autostrade Pedemontane (Lombarda e Veneta). E ancora la
BIIS controlla la Cofergemi che sta realizzando la Tav Ge-Mi (quella
che ha avuto un miliardo al primo Cipe del Governo Monti) e che
rappresenta l’opera più scandalosa italiana. Infrastrutture che hanno
ottenuto copiosi finanziamenti pubblici e determinanti linee di credito
dalla Cassa Depositi e Prestiti! Bonifiche, dissesto idrogeologico e
riconversione economica della città di Taranto non sono nell’agenda
politica degli ultimi governi etero-diretti da interessi finanziarie e
industriali sconfitti nella competizione globale e vincenti nell’assalto
alla dissestata finanza pubblica italiana Nella lettera di messa in
mora la Commissione ha invitato il governo ai sensi dell'articolo 258
del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, a trasmetterle
osservazioni, entro due mesi dal ricevimento della lettera.
Ammettiamo che la Commissione, con
parere motivato condanni l’Italia. Visto il pregresso legislativo di
legge pro Ilva l’Italia potrebbe non conformarsi al parere motivato, e
la Commissione adire alla Corte di Giustizia. Mediamente, occorrono
due anni perché la Corte pronuncia la propria sentenza. Le sentenze
della Corte di giustizia non hanno lo stesso effetto di quelle dei
tribunali nazionali. Al termine del procedimento, nella sua sentenza la
Corte di giustizia costata, infatti, semplicemente l'esistenza (o la non
esistenza) di un'infrazione. Lo Stato condannato dalla Corte di
giustizia, può decidere di prendere le misure necessarie per conformarsi
alla sentenza. Se lo Stato non fa nulla, la Commissione europea può
soltanto adire di nuovo la Corte di giustizia e chiederle di infliggere
allo Stato membro una penalità da versare fino al momento, in cui avrà
messo fine all'infrazione, e/o una somma forfettaria. Io credo invece
che sia anche da valutare l’istituzione di una Commissione temporanea
d’inchiesta , che è disciplinata dall’art. 193 Trattato CE attraverso la
richiesta fatta dal 25% dei parlamentari europei. La Commissione
d’inchiesta temporanea esamina le denunce d’infrazione o di cattiva
amministrazione degli Stati o della Commissione UE, nell’applicazione
del DIRITTO COMUNITARIO. So che è complesso avere il 25% dei
parlamentari UE , ma sarebbe ad altissimo impatto politico e non
potrebbe non produrre in tempi rapidi un provvedimento significativo. E’
ora che la vicenda di Taranto fuoriesca dal compromesso ambientale e
politico-sindacale italiano e coinvolga associazioni, partiti e testate
giornalistiche indipendenti che hanno realmente assunto la questione
ambientale come questione di tutela della salute e settore su cui
innescare uno sviluppo. Una crescita che generi benessere e ricchezza
senza massacrare ambiente e vite umane. E’ una grande sfida. Io, assieme
a CosmoPolis e quanto vorranno accompagnarsi in questo lungo percorso, ci sono. (E. Venosi - Cosmopolis)
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