sabato 30 agosto 2014

Proposta d'estate

Salvare Taranto dall'eccidio ambientale si puo'

L’eccidio ambientale,  che si sta consumando a Taranto, deve essere portato a conoscenza di tutta l’Europa. Patologie gravi e aumento dei decessi connessi all’inquinamento ambientale continuano nel capoluogo jonico. Inaccettabile risulta essere lo stallo delle decisioni operative ed efficaci degli organismi comunitari e nazionali; irretiti, i primi, nella comoda scusa degli abnormi tempi procedurali e, i secondi, nella grande illusione del finanziamento privato alla ricapitalizzazione e alle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale. Aia che Ilva e gli altri stabilimenti del polo industriale tarantino avrebbero dovuto avere, scontando già il ritardo, al massimo entro il 2004. La direttiva istitutiva ne fissava i limiti di recepimento all’agosto del 1999. Giochetti di Palazzo e pressioni di lobby d’interesse hanno determinato la concessione delle prime Aia nel 2007.  La lettera di messa in mora dello Stato italiano per l’Infrazione alla direttiva sull’Aia ha il numero 2013/2177. Risale a 11 mesi fa,  in una UE che predica semplificazioni e repentinità di azioni! Messa in mora  seguita  all’indagine “EU Pilot 3268/12/ENVI”,  attivata dalla Commissione UE e riguardante l’applicazione della direttiva IPCC a Ilva del 26 marzo 2012. Il ritardo decisionale della Commissione UE sul caso Ilva è di palese evidenza atteso che la stessa è in possesso di tutti gli elementi necessari all’azione per le inadempienze del Governo italiano. Assenza totale di proposte da parte del Parlamento UE, repentino solo nelle decisioni riguardanti parametri di bilancio e vincoli, di spesa pubblica tanto cari ai dogmi del mainstream economico!   
Ilva era uno degli impianti industriali oggetto della procedura d’infrazione 2008/2071 riguardante impianti,  che funzionavano in assenza di Aia, e che ha determinato la condanna dell’Italia da parte della Corte di Giustizia UE nel 2011.  Dai controlli svolti dalle autorità (gennaio e maggio 2013) sono inattuate molte prescrizioni previste dall’AIA del 26 ottobre 2012, violando in tal modo la legge 231/2012.  Lo stabilimento siderurgico è gestito in violazione dell'articolo 14, lettera a), della direttiva IPPC, a norma del quale gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il gestore rispetti, nel proprio impianto, le condizioni dell'autorizzazione Questo è tanto più grave in quanto l'Aia, che ai sensi della direttiva IPPC doveva essere emanata entro il 30 ottobre 2007, è stata rilasciata a ILVA nell'agosto 2011, e ciò malgrado la procedura d'infrazione avviata dalla Commissione europea nel 2008 sia  culminata nella di condanna  del marzo 2011 (C-50/10). Inoltre, ai sensi della 426/1998, che ha individuato i Siti di Interesse Nazionale ovvero, le aree che sono considerate altamente inquinate, e che devono essere bonificate con la zona industriale che comprende lo stabilimento siderurgico Ilva è inclusa nel SIN di Taranto.  
Il sito di pertinenza è stato caratterizzato, ed è risultato che il suolo, le acque superficiali e le acque sotterranee del sito sono gravemente inquinati. Dalle informazioni disponibili risulta,  che le acque e il suolo inquinati non sono ancora stati bonificati, che sono stati eseguiti solo alcuni interventi di messa in sicurezza d’emergenza dei suoli, mentre non sono stati eseguiti interventi di messa in sicurezza d’emergenza delle acque. La direttiva 2004/35/CE istituisce un quadro, per la responsabilità ambientale, basato sul principio “chi inquina paga”, per la prevenzione e la riparazione del danno ambientale. Ilva ha causato un inquinamento significativo e, in particolare, ha causato un danno delle acque e del terreno, come definito dall'articolo 2.1. lettera b) e c) della direttiva sulla responsabilità ambientale. Ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva quando si è verificato un danno ambientale, il responsabile adotta “ a) tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, gli inquinanti in questione e/o qualsiasi altro fattore di danno, allo scopo di limitare o prevenire ulteriori danni ambientali ed effetti nocivi per la salute umana e b) le necessarie misure di riparazione” . A norma dell'articolo 6, paragrafo 3, l'Autorità competente dello Stato richiede che il responsabile adotti le misure di riparazione e, se l'operatore non adempie, l'Autorità competente ha facoltà di adottare essa stessa tali misure, qualora non le rimangano altri mezzi. 
Non risulta che le Autorità italiane abbiano preso provvedimenti per far si che Ilva adotti le necessarie misure di riparazione o, quantomeno, sopporti i costi di tale misure di riparazione. L’Autorità italiana ha invece velocissimamente riconosciuto un incredibile credito di imposta di mezzo miliardo di euro alla autostrada pedemontana lombarda e si appresta a riconoscerne altrettanti alla Pedemontana Veneta e alla Autostrada BreBeMi ( Brecia/Bergamo/Milano). Incredibile il riconoscimento di un credito imposta di 1,9 mld di euro all’autostrada Orte/Mestre che sconta il parere contrario della Corte dei Conti. I fruitori del credito ? Nella sostanza Banca Intesa, che controlla il 49% di Autostrade Lombarda, che controllano l’89% della BreBeMi  e il 25% della Pedemontana Lombarda mentre sulla Orte /Mestre troviamo la commissariata Banca Carige, la Efibanca Spa e la Gefip Holding del pluricondannato Vito Bonsignore.
Quando è nato il credito d’imposta? Con il Ministro delle Infrastrutture Passera e vice Ministro con delega infrastrutture Ciaccia. Entrambi di Banca Intesa. Ciaccia  ex amministratore delegato di Banca Intesa Infrastrutture e Sviluppo (BIIS) ,  consulente della Bre.Be.Mi (autostrada Bergamo-Brescia-Milano) . Advisor delle 2 autostrade Pedemontane (Lombarda e Veneta). E ancora la BIIS controlla la Cofergemi che sta realizzando la Tav  Ge-Mi (quella che ha avuto un miliardo al primo Cipe del Governo Monti) e che rappresenta l’opera più scandalosa italiana. Infrastrutture che hanno ottenuto copiosi finanziamenti pubblici e determinanti linee di credito dalla Cassa Depositi e Prestiti!  Bonifiche, dissesto idrogeologico e riconversione economica della città di Taranto non sono nell’agenda politica degli ultimi governi etero-diretti da interessi finanziarie e industriali sconfitti nella competizione globale e vincenti nell’assalto alla dissestata  finanza pubblica italiana Nella lettera di messa in mora la Commissione ha invitato il governo ai sensi dell'articolo 258 del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, a trasmetterle osservazioni,  entro due mesi dal ricevimento della  lettera.  
Ammettiamo che la Commissione,  con parere motivato condanni l’Italia. Visto il pregresso legislativo di legge pro Ilva l’Italia potrebbe non conformarsi al parere motivato, e la Commissione  adire alla  Corte di Giustizia. Mediamente, occorrono due anni perché la Corte pronuncia la propria sentenza. Le sentenze della Corte di giustizia non hanno lo stesso effetto di quelle dei tribunali nazionali. Al termine del procedimento, nella sua sentenza la Corte di giustizia costata, infatti, semplicemente l'esistenza (o la non esistenza) di un'infrazione. Lo Stato condannato dalla Corte di giustizia, può decidere di prendere le misure necessarie per conformarsi alla sentenza. Se lo Stato non fa nulla, la Commissione europea può soltanto adire di nuovo la Corte di giustizia e chiederle di infliggere allo Stato membro una penalità da versare fino al momento,  in cui avrà messo fine all'infrazione, e/o una somma forfettaria. Io credo invece che sia anche da valutare l’istituzione di una Commissione temporanea d’inchiesta , che è disciplinata dall’art. 193 Trattato CE attraverso la richiesta fatta dal 25% dei parlamentari europei. La Commissione d’inchiesta temporanea esamina le denunce d’infrazione o di cattiva amministrazione degli Stati o della Commissione UE, nell’applicazione del DIRITTO COMUNITARIO. So che è complesso avere il 25% dei parlamentari UE , ma sarebbe ad altissimo impatto politico e non potrebbe non produrre in tempi rapidi un provvedimento significativo. E’ ora che la vicenda di Taranto fuoriesca dal compromesso ambientale e politico-sindacale italiano e coinvolga associazioni, partiti e testate giornalistiche indipendenti che hanno realmente assunto la questione ambientale come questione di tutela della salute e settore su cui innescare uno sviluppo. Una crescita che generi benessere e ricchezza senza massacrare ambiente e vite umane. E’ una grande sfida. Io, assieme a CosmoPolis e quanto vorranno accompagnarsi in questo lungo percorso, ci sono. (E. Venosi - Cosmopolis)

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