venerdì 22 agosto 2014

Braghe calate per legge. Altro che partecipazione: zitti e sotto!

Petrolio di «Tempa Rossa» a Taranto: già deciso a Roma

Porta la data del 16 aprile del 2010 l’avvio delle procedure per la valutazione di impatto ambientale del progetto di adeguamento delle strutture della raffineria Eni di Taranto per lo stoccaggio e la movimentazione del greggio proveniente dal giacimento lucano denominato «Tempa Rossa». Più, insomma, di quattro anni, trascorsi tra riunioni, conferenze, verifiche, azioni di lobby, concluse il 17 luglio scorso - come rivelato dalla Gazzetta - con il sostanziale via libera ai lavori, così come deciso da due ministeri (Ambiente e Sviluppo Economico) e dalla Regione Puglia (il Comune di Taranto non è stato invitato).
Due i provvedimenti governativi che fanno da supporto a tutta l’operazione che vede coinvolta la Total (proprietaria dello stabilimento lucano assieme a Shell e Mitsui) e l’Eni (proprietaria delle aree nelle quali saranno realizzati i due maxi serbatoi destinati ad accogliere il greggio poi destinato a prendere la via del mare tramite un pontile appositamente attrezzato). Il primo porta la firma degli allori ministri Stefania Prestigiacomo (Ambiente) e Giancarlo Galan (Beni culturali) che il 27 ottobre 2011 decretarono la compatibilità ambientale del progetto presentato dall’Eni, progetto che prevede opere a valle di quello - è bene tenerlo a mente - che è considerata una infrastruttura strategica (delibera del Cipe del 23 marzo 2012), ovvero il giacimento di idrocarburi denominato «Tempa Rossa», nell’ambito della concessione di coltivazione di idrocarburi denominata «Gorgoglione». Secondo il Cipe, lo sviluppo del giacimento in questione, unitamente allo sviluppo del giacimento denominato «Val d’Agri», consentirà di coprire circa il 10 per cento del fabbisogno energetico nazionale per una durata di circa 20 anni e di fornire quindi «un notevole contributo alla riduzione della dipendenza del Paese dall’estero per l’approvvigionamento energetico». E siccome la raffineria di Taranto è collegata al giacimento «Val d’Agri», di proprietà dell’Eni, da un oleodotto, era naturale far giungere, tramite lo stesso oleodotto, il greggio (due milioni e 700mila tonnellate all’anno) di Tempa Rossa a Taranto. Solo che, in questo caso, la proprietà (Total) è diversa e dunque invece di farlo raffinare a Taranto, pagando l’Eni per il servizio, si è scelta la via dei maxi-serbatoi di stoccaggio e della realizzazione di una nuova piattaforma offshore, collegata alla piattaforma già esistente, dotata di due accosti che permettano l’attracco di navi da un minimo di 30.000 tonnellate ad un massimo di 45.000 tonnellate per l’esportazione del greggio Val D’Agri e di navi da un minimo di 30.000 tonnellate ad un massimo di 80.000 tonnellate per l’esportazione del greggio Tempa Rossa; il prolungamento del pontile esistente per una lunghezza totale di 324 metri.
Leggendo il documento presentato dall’Eni in sede ministeriale, si apprende, poi, che «la durata della fase di cantiere di costruzione dei nuovi impianti è stata stimata su base statistica in circa 24 mesi, comprensiva della fase di realizzazione delle opere civili e della fase dei montaggi elettromeccanici delle varie componenti del progetto. Il cantiere impiegherà circa 53 operatori, tra lavori civili, meccanici ed elettrici».
Numeri non roboanti, distanti dai 300 posti di lavoro annunciati ad esempio da Confindustria nella manifestazione dello scorso 1 agosto e da quelli che Total, indugiando non poco nella propaganda, invece contempla sul suo sito web.
Pesante, invece, il bilancio ambientale (sempre fonte Eni). «Le uniche emissioni in atmosfera di tipo convogliato generate dalle nuove installazioni saranno quelle dall’impianto recupero vapori. Il nuovo impianto integrerà l’impianto recupero vapori - si legge nel documento - attualmente esistente e propedeutico alle attività di carico delle due piattaforme. L’efficienza di recupero del nuovo sistema sarà pari al 98%, in linea con le migliori tecniche disponibili. Le portate saranno discontinue nel tempo, strettamente collegate alle operazioni di carico batch previste nella movimentazione. La raffineria ha stimato un quantitativo di vapori dalla caricazione del greggio Tempa Rossa pari a circa 1.300.000 chili all’anno. I nuovi impianti di recupero vapori permetteranno di convogliare e trattare tali streams gassosi in modo da recuperare parte degli idrocarburi, limitando il rilascio di sostanze in atmosfera. Gli scarichi gassosi finali dagli impianti di recupero vapori saranno tali da rispettare i limiti di legge, in linea con valori di performance delle migliori tecnologie disponibili secondo le Bat di settore e sono stimati pari a circa 26.000 chili all’anno di composti organici volatili (Voc). Il contributo delle nuove installazioni alle emissioni convogliate di raffineria può essere considerato trascurabile. Le nuove installazioni genereranno emissioni diffuse e fuggitive in corrispondenza delle nuove aree di stoccaggio e in corrispondenza degli accordi flangiati (stazioni di pompaggio, stazione di raffreddamento), aumentando le emissioni diffuse/fuggitive complessive di raffineria di circa il 11-12%. Tale incremento è determinato principalmente dalla superficie dei nuovi serbatoi, di dimensione atta a contenere il quantitativo di greggio movimentato. Le perdite di frazione volatile lungo le linee saranno rese poco significative dalla messa in posa di tubazioni saldate. L’incremento delle emissioni diffuse/fuggitive dall’impianto di trattamento acque può essere considerato trascurabile».
Dunque, Tempa Rossa sarà un affare per lo Stato (che infatti ha definito strategica l’opera, e dunque in quanto strategica calabile dall’alto senza «se» e senza «ma»), sarà un buon business per Total e soci (che estrarranno il petrolio dalla Basilicata, lo faranno arrivare a Taranto e poi lo raffineranno dove avrà più convenienza, facendo giungere per tale traffici ben 90 petroliere all’anno tra le Cheradi e il molo di punta Rondinella), per l’Eni (che quand’anche dovesse decidere di chiudere, come minacciato, la raffineria tarantina, potrà sempre contare su quanto Total pagherà per l’uso di serbatoi e pontili), per la Basilicata (che già gode delle royalties e degli altri benefit garantiti da compagnie petrolifere e Stato), per l’azienda, o le aziende, a cui saranno affidati i lavori (che impiegheranno, lo ribadiamo, 53 persone per 24 mesi, che probabilmente un lavoro già ce l’hanno).
Per la città di Taranto, invece, l’aumento dell’11-12% delle emissioni diffuse-fuggitive di composti organici volatili (probabilmente causa dell’insopportabile tanfo che aggredisce spesso Borgo, Tamburi e città vecchia) e la consapevolezza di non contare nulla a livello governativo, quanto scelte strategiche per il destino dell’Italia (ai polmoni dei tarantini, poco strategici, chissà chi ci pensa) vengono prese senza nemmeno consultarci. (Mazza - GdM)

Taranto, l’Eni potenzia la raffineria con l’ok della Regione. E ammette: “Più emissioni”

Col parere favorevole di governo e Regione e quello negativo (ma non vincolante) del Comune ionico, la società petrolifera realizzerà il progetto Tempra Rossa, che comporterà un forte aumento dello stabilimento tarantino. Non ci saranno ricadute occupazionali durature e salirà l'inquinamento. Angelo Bonelli: "Decisione che trasforma definitivamente la città nella discarica dei veleni d’Italia"

Eni
Il progetto Tempa Rossa dell’Eni s’ha da fare. A Taranto, la città avvelenata dall’Ilva che, evidentemente, non ha dato abbastanza sul piano industriale al Paese. L’ufficialità è giunta il 17 luglio scorso, quando la conferenza dei Servizi a cui hanno preso parte i ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico e la Regione Puglia, ha di fatto dato il via libera al progetto in barba al “no” espresso dal consiglio comunale il 14 luglio, solo tre giorni prima. Il divieto dell’assise cittadina, evidentemente, non è piaciuto a Roma: il Comune di Taranto, infatti, non è stato nemmeno convocato. Era stato convocato invece il ministero della Salute che, però, non ha inviato al tavolo nessun rappresentante. Ma che cosa è e cosa comporta il progetto Tempa Rossa?
IL PROGETTO - Nel documento presentato dall’Eni a gennaio 2011 si legge che il progetto prevede il “potenziamento” della Raffineria di Taranto “per lo stoccaggio e la spedizione del greggio” estratto dal campo di Tempa Rossa, in Basilicata. Il potenziamento prevede interventi sia in ambiente marino, come il prolungamento del pontile già in uso all’Eni di Taranto e l’adeguamento dei servizi ausiliari asserviti al pontile, sia su terra come la costruzione di due nuovi mega serbatoi, costruzione nuova linea di trasferimento del greggio dai nuovi serbatoi al nuovo pontile, costruzione di un nuovo impianto pre-raffreddamento e la fabbricazione di due nuovi impianti di recupero vapori. Un progetto che, inoltre, servirà a garantire il miglioramento della gestione dello stoccaggio del greggio estratto in Val D’agri che già da tempo viene movimentato a Taranto.
RISVOLTI OCCUPAZIONALI - Nel documento si legge chiaramente che “l’adeguamento della Raffineria non prevede un incremento della capacità di lavorazione attuale, ma solo un aumento della capacità di movimentazione greggio Tempa Rossa, destinato esclusivamente all’export via mare”. Insomma non ci sono prospettive occupazionali per i tarantini. Le uniche unità lavorative da impiegare servirebbero per la realizzazione dei nuovi impianti. “La durata della fase di cantiere di costruzione dei nuovi impianti è stata stimata su base statistica in circa 24 mesi, comprensiva della fase di realizzazione delle opere civili e della fase dei montaggi elettromeccanici delle varie componenti del progetto. Il cantiere impiegherà circa 53 operatori, tra lavori civili, meccanici ed elettrici”. Insomma 53 lavoratori per 24 mesi e l’aumento del traffico navale mercantile in cambio di un impianto industriale che si aggiungerebbe a quelli già esistenti: su tutti Ilva e Cementir del Gruppo Caltagirone.
OBIETTIVI - Gli obiettivi del progetto, del resto, sono messi nero su bianco nei documenti presentati dall’Eni. “L’intervento di adeguamento delle strutture della Raffineria di Taranto – si legge nelle carte – si inserisce nei più ampi progetti petroliferi Val d’Agri e Tempa Rossa” che comportano la produzione di 600 milioni di barili di petrolio delle riserve della Val d’Agri (Potenza) e 420 milioni di barili di greggio dal giacimento Tempa Rossa che contribuirà ad aumentare in maniera significativa la produzione nazionale di petrolio, contribuendo così alla sicurezza degli approvvigionamenti energetici del Paese”. Il contributo offerto dal progetto Tempa Rossa, ovviamente, contribuirà a ridurre, seppure sensibilmente, “la bolletta petrolifera italiana”. Non solo. “Il buon esito di questo piano di sviluppo, di cui gli interventi presso la Raffineria di Taranto rappresentano una parte essenziale, è dal punto di vista economico assai rilevante sia a livello nazionale che locale e costituisce un tassello importante nell’ambito delle opere strategiche previste dal piano degli interventi nel comparto energetico”.
I RISVOLTI AMBIENTALI - Il potenziamento degli impianti dell’Eni, che oggi contano già ben 133 serbatoi, contribuiranno anche all’incremento delle emissioni industriali nell’aria di Taranto. Le emissioni diffuse (cioè quelle che vengono emesse in modo incontrollato dallo stabilimento), secondo il colosso italiano del petrolio, aumenteranno del 11-12%. “Tale incremento è determinato – si legge ancora tra i documenti – principalmente dalla superficie dei nuovi serbatoi, di dimensione atta a contenere il quantitativo di greggio movimentato”. Cresce il numero dei serbatoi e quindi anche il livello nell’aria dei composti organici che periodicamente costringono i tarantini a chiudersi in casa per non respirare “la puzza di gas” che avvolge la città. Un fenomeno sul quale anche la procura di Taranto sta indagando da mesi. Ma per l’Eni, ed evidentemente anche per i ministeri e per la Regione guidata da Nichi Vendola, quell’aumento è da considerarsi “trascurabile”.
IL “NO” DEL COMUNE E LA PROCEDURA “SOSPETTA” - “Siamo assolutamente meravigliati di quello che è avvenuto – commenta a ilfattoquotidiano.it l’assessore comunale all’Ambiente Vincenzo Baio – perché il 10 luglio io stesso ho chiarito al tavolo con sottosegretario Dal Basso Decaro, i rappresentati dei ministeri e i vertici di Eni e Total il netto dissenso del Comune di Taranto. Quel giorno ho letto un documento che è stato formalmente acquisito. Quello stesso documento, solo quattro giorni dopo è stato letto in consiglio comunale che ha coerentamente ribadito il “no” al progetto Tempa Rossa. Scoprire che il 17 luglio, cioè una settimana dopo quell’incontro a Roma, ci sia stato il via libera appare più che sospetto. Il nostro “stop” – conclude Baio – evidentemente avrebbe messo i bastoni tra le ruote e così hanno pensato di fare a meno di noi. Del resto il parere del comune in questi casi è obbligatorio, ma purtroppo non vincolante”.
LE REAZIONI - “Questa è una sentenza che trasforma definitivamente Taranto nella discarica dei veleni d’Italia – dice invece Angelo Bonelli, coportavoce nazionale dei Verdi e consigliere comunale di Taranto -. Anche il comportamente della Regione è scandaloso perché il progetto Tempa Rossa, dal punto di vista ambientale, contribuirà ad accrescere le emissioni in atmosfera in modo insostenibnile e irreversibile. E’ la dimostrazione che nessuno vuole un futuro alternativo per questa città. E’ vergognoso”. E proprio poche ora fa Angelo Bonelli è stato destinatario di nuovi atti intimidatori. Dopo la busta con all’interno un coltello consegnata al municipio di Taranto con il messaggio “Te lo mettiamo in gola. Via da Taranto bastardo”, questa mattina il coportavocenazionale dei Verdi ha ricevuto una telefonata anonima nella quale un uomo gli avrebbe riferito “Lei ha preso soldi a Taranto e la sua vita ha ore contate”. Bonelli ha denunciato tutto agli organi di polizia e poi ha raccontato la vicenda sui social network. (Casula - FQ)

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