martedì 12 agosto 2014

Lo Stefano-pensiero: statalismo succube e parate!

Siamo già in campagna elettorale?
Eh sì, il campione dell'ignavia si candida a presidente della Provincia e si concede una classica intervista elettorale con la compiacente Gazzetta per fare la parte del Supereroe!
Ma tra le righe di questa prosopopea dell'invincibile, instancabile salvatutto si scorgono i veri rami marci dello Stefàno-pensiero. Quelli che abbiamo sempre stigmatizzato come le ragioni profonde della sua ignavia ed incapacità.
Vediamone qualcuno:

PUNTO 1
Stefano dice: "Abbiamo ottenuto le aree demaniali (certo ancora da valorizzare) dopo che da oltre un secolo non erano utilizzabili dalla nostra comunità, abbiamo avuto 5 milioni di euro per la valorizzazione del patrimonio archeologico “minore, abbiamo avuto 30 insegnanti di sostegno in più ed abbiamo compiuto importanti passi in avanti per rendere disponibile ai cittadini di Taranto l’ospedale militare. Pur sottolineando positivamente che siamo l’unica città italiana per la quale è stato istituito un apposito “tavolo”, insisteremo nel chiedere i finanziamenti che ci spettano. Sapete perché ci spettano? Perché Taranto ha dato tanto allo Stato ed ora vuole, deve, avere."
Questo è il segno evidente del suo statalismo succube e privo di capacità politiche. Non ha nessuna visione sostenibile del futuro della città basato sulle sue ingenti risorse naturali e culturali. Secondo lui Taranto dipende solo e soltanto dagli aiuti di stato persino per cambiare economia. Cosa che farebbe immediatamente saltare ogni sindaco che si rispetti in una città civile ed evoluta!
E poi aggiunge: "ma se lo Stato mi desse i soldi per far incrementare i flussi turistici, investisse sulla cultura, sul porto e su un’economia diversa in modo tale da consentirci di salvaguardare i 18mila posti di lavoro diretti ed indiretti garantiti a tutt’oggi dal siderurgico, beh allora a quel punto per me l’Ilva potrebbe, dovrebbe, chiudere."

PUNTO 2:
Stefano dice:
"Chiedo: chi ha ristrutturato, sei anni fa, l’ex caserma Rossarol? Chi ha portato l’Università nel Borgo antico spendendo milioni di euro? Chi ha fatto la scelta precisa di portare 2.500 giovani studenti tra quei vicoli? Chi, in pieno dissesto finanziario (qualcuno evidentemente si è dimenticato delle condizioni con cui abbiamo operato per anni) ha ristrutturato la Torre dell’Orologio, Palazzo Fornari, l’ipogeo di Palazzo Galeota e Palazzo Pantaleo? Chi l’ha fatto? Chi? Noi. L’ha fatto questa Amministrazione. Ed ancora, non dimentichiamo che abbiamo ottenuto circa 5 milioni di euro per riqualificare Palazzo Troylo e Palazzo Carducci e che presto ne avremo 20 per ristrutturare le case da assegnare alle giovani coppie. Ed infine, l’incarico al professor Borri (uno dei più grandi urbanisti italiani), chi l’ha dato? Noi. Sempre noi. Ma tanto, si continuerà a dire che non stiamo facendo nulla per la Città Vecchia. E lo si dice proprio durante l’affollata ed originale manifestazione “L’Isola che vogliamo”. Scusate, ma è un paradosso."
Queste parole esprimono la sua visione veteropolitica dell'intervento in città vecchia, basata sempre su finanziamenti esterni, sull'uso dei palazzi pericolanti per ottenere fondi da distribuire alle imprese "amiche" (nessuna parola sullo scandalo degli edifici appena restaurati in via di Mezzo e già pericolanti? Con 21 famiglie costrette a sgomberare?), ma soprattutto sulle parate di inaugurazione, sulle feste chiassose che nascondono la mancanza di qualsiasi progetto integrato per il recupero dell'isola. Sono fondi statali sperperati senza una funzione, per lasciare i palazzi chiusi una volta inaugurati una decina di volte, pronti per essere depredati e occupati (si vedano palazzo Amati, Delli Ponti, Carducci Atenisio, ecc; per non parlare del plurinaugurato palazzo Pantaleo che è ancora vuoto dopo tre restauri!).
Perchè non parla dell'incapacità del Comune di appoggiare i progetti dei giovani finanziati dalla regione, delle iniziative dal basso che vengono ostacolate in tutti i modi, dell'assenza di pulizia per i vicoli, della mancanza di acqua corrente in molte ore del giorno, di tutti i fondi europei persi per l'incapacità di formulare e sostenere progetti, dei rapporti "equivoci" con speculatori e palazzinari, degli incarichi agli amici, dei beni demaniali in sospeso (tra un po' scadono i termini dei Baraccamenti Cattolica) e di quelli persi per inadempienza e messi all'asta dal Demanio (ex-monastero di Monteoliveto)????????
Infine la nomina di Borri. Era un concorso e in teoria il giudizio della commissione dovrebbe basarsi sui curricula, non decide il Comune chi deve passare!

Ultimatum del sindaco «L’Ilva sia risanata oppure si chiuda»

 «Non possiamo aggiungere un solo nanogrammo di inquinamento a quello esistente e non possiamo tollerare di perdere un’altra sola vita umana. Questo sia chiaro a tutti». Sono trascorse da poco le 12,45 quando il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, pronuncia quest’affermazione nella sua stanza al primo piano di Palazzo di Città. È, forse, della lunga intervista concessa alla Gazzetta, la frase più significativa. Il perno attorno a cui ruota tutto il ragionamento che segue.
Sindaco Stefàno, come valuta che nel documento presentato da Confindustria al termine della manifestazione dell’1 agosto scorso ci siano riferimenti anche ad altri aspetti della vita più strettamente amministrativa quali, ad esempio, il Piano Cimino?
«Dimostra una visione corporativa della società in cui viviamo. Capisco che sia un’organizzazione di parte ma, pur comprendendo i problemi dei suoi associati che rispetto, mi sento di dire che non guardano alla sofferenza dell’intera città. Peraltro, mi hanno accusato di non averli ascoltati. Allucinante. Ma se proprio poco prima della manifestazione li ho visti almeno tre volte».
Lei ha chiesto di riconvocare il Tavolo per Taranto: e se non le rispondessero?
«Sono fiducioso, invece, di essere presto convocato anche perché ho ricevuto dei contatti telefonici che vanno in quella direzione. Piuttosto, a settembre, a Roma, dovremo andare uniti e, possibilmente, con una voce sola. Per questo, manifestazioni come quella di Confindustria dividono e ci rendono più deboli. Ho già riunito e riunirò ancora giunta e maggioranza e poi allargherò il confronto alle organizzazioni imprenditoriali e sindacali ed infine alle altre istituzioni per giungere ad una sintesi. Il mio obiettivo è quello di avere per la prima decade di settembre un quadro chiaro della situazione. Mi confronterò anche con gli ambientalisti. Nelle prossime ore, ad esempio, contatterò Marescotti».
Cosa chiederà a Palazzo Chigi?
«Prima di tutto, non partiamo da zero. Se dicessimo questo assumeremmo un atteggiamento demotivante, deprimente. Abbiamo ottenuto le aree demaniali (certo ancora da valorizzare) dopo che da oltre un secolo non erano utilizzabili dalla nostra comunità, abbiamo avuto 5 milioni di euro per la valorizzazione del patrimonio archeologico “minore, abbiamo avuto 30 insegnanti di sostegno in più ed abbiamo compiuto importanti passi in avanti per rendere disponibile ai cittadini di Taranto l’ospedale militare. Pur sottolineando positivamente che siamo l’unica città italiana per la quale è stato istituito un apposito “tavolo”, insisteremo nel chiedere i finanziamenti che ci spettano. Sapete perché ci spettano? Perché Taranto ha dato tanto allo Stato ed ora vuole, deve, avere».

Che rapporti ha con il commissario governativo dell’Ilva, Gnudi?
«È venuto qui in Municipio una sola volta per presentarsi. Poi, basta, nessun tipo di confronto, né comunicazione».
Intanto la situazione ambientale...
«Viviamo una fase di relativa tranquillità, lo dico subito, solo grazie al fatto che la produzione è rallentata e che molti degli impianti sono spenti. Il risanamento ambientale, quello vero, purtroppo, è rimasto solo sulla carta».
Forse neppure sulla carta... Sindaco, ma lei crede davvero alla possibilità di avere uno stabilimento siderurgico risanato ed ecocompatibile?
«In diverse zone d’Europa (Germania, Austria, Francia) e del mondo (Giappone, Corea) ci sono impianti siderurgici quasi nel centro delle città e la situazione ambientale è buona. Certo, l’Ilva di Taranto è particolarmente estesa e questo amplifica i problemi di convivenza. Ecco, per rispondere alla domanda, penso che si possa e che si debba lavorare in tale direzione, facendo tutti i lavori necessari per rendere l’acciaieria non più inquinante ma se lo Stato mi desse i soldi per far incrementare i flussi turistici, investisse sulla cultura, sul porto e su un’economia diversa in modo tale da consentirci di salvaguardare i 18mila posti di lavoro diretti ed indiretti garantiti a tutt’oggi dal siderurgico, beh allora a quel punto per me l’Ilva potrebbe, dovrebbe, chiudere. Non è facile ma dobbiamo coniugare il rispetto della vita umana con l’occupazione. Senza rinviare ancora».
La sua proposte di affidarsi a degli esperti di fama internazionale ha creato qualche malumore. Pentito di aver formulato quella richiesta?
«Assolutamente no. L’ho fatta in buonafede senza offendere nessuno. Non capisco perché l’Arpa abbia reagito così visto che ho sempre pubblicamente elogiato il loro operato. Ho solo proposto, per verificare se il modo di procedere seguito era quello giusto, di affidarci al professor Lucio Luzzatto, genetista di fama mondiale. Che magari ci avrebbe potuto fornire studi e percorsi illuminanti sulla diagnosi precoce delle patologie. Perché è lì, sulle indagini precoci, che si possono salvare vite umane. Apriti cielo! C’è stata una levata di scudi inspiegabile».
Per ottenere delle diagnosi precoci, però, bisogna avere un’offerta sanitaria adeguata. In provincia di Taranto, invece, le liste d’attesa continuano ad essere lunghe e l’offerta non è pari alle necessità. Che fare?
«Nelle nostre strutture pubbliche sanitarie c’è un vuoto nella pianta organica di circa 2mila unità tra medici, infermieri, ausiliari, chimici. Ecco, voglio vedere ora quante assunzioni verranno fatte qui. Abbiamo una realtà straordinaria che merita risposte straordinarie, senza alcun indugio di sorta».
Ilva a parte, il Governo potrebbe accelerare l’approvazione del progetto di Eni e Total denominato “Tempa Rossa”. La posizione contraria del Comune di Taranto non cambierà, vero?
«Ho chiesto, diverse volte, ai dirigenti dell’Eni di illustrarci in che modo, ad esempio, sarebbe stato possibile mitigare l’effetto potenzialmente inquinante derivante dall’incremento del traffico navale. Ecco, non l’hanno fatto. Ho chiesto varie spiegazioni ma quelle forniteci non sono sufficienti. Ed allora, se l’atteggiamento è “bevi o affoghi”, il Comune di Taranto non ci sta e ribadisce il suo “no” al progetto».
Eppure a Trieste transitano più navi di quante approderebbero a Taranto con Tempa Rossa. Ha letto quei dati?
«Sì, ma Trieste non ha i problemi ambientali di Taranto, non ha la più grande fabbrica siderurgica d’Europa oltre all’Eni ed alla Cementir. Ricordatevi “non un nanogrammo in più”. Si parte da qui».
Invece qualche... nanogrammo di troppo potrebber aver contribuito a determinare la morte del piccolo Lorenzo. Cosa dice ai suoi genitori?
«(Sospira, ndr) Vedo tanta sofferenza in questa stanza e quanta ne ho vista in questi sette anni da sindaco ed in quaranta da pediatra. Dico loro che le istituzioni stanno facendo tutto il possibile (quasi tutte se penso al Governo che deve fare di più per noi...) per evitare che altre piccole vite si spengano. Sono vicino a quella famiglia così come sono vicino a tutti coloro i quali soffrono. Detto questo e ribadito ancora una volta che tutte le istituzioni devono fare il possibile sul fronte della prevenzione, ne approfitto per aggiungere che tutti devono avere stili di vita non a rischio e, durante la gravidanza, fare tutti gli accertamenti necessari. La prevenzione, non mi stancherò mai di dirlo, è importante».
Il grande caldo sta avvolgendo la città e, quindi, un tuffo al mare è più che comprensibile. Ma chi fa il bagno al di sotto del Lungomare rischia qualcosa?
«In Mar Grande non si potrebbe fare il bagno perché ci si trova in rada portuale. Ma, detto questo, le analisi che feci fare non rilevarono rischi di alcun tipo».
Oltre che su «Tempa Rossa», sindaco, conferma il “no” della sua Amministrazione anche al piano Cimino?
«Sì e lo ripeto. Già nel mio programma elettorale c’era il divieto di espandere urbanisticamente la città in quella zona. Certo, ho chiesto ai tecnici se si poteva scindere il piano commerciale da quello edilizio ma mi è stato risposto che è impossibile. Ed allora, il mio “no” è chiaro. Anzi, ho invitato i consiglieri comunali ad esprimersi con un voto del Consiglio comunale prima che al posto nostro lo faccia un commissario ad acta».
La città non va ulteriormente allungata anche perché va riqualificata la Città Vecchia che presenta ancora ampie zone di degrado...
«Chiedo: chi ha ristrutturato, sei anni fa, l’ex caserma Rossarol? Chi ha portato l’Università nel Borgo antico spendendo milioni di euro? Chi ha fatto la scelta precisa di portare 2.500 giovani studenti tra quei vicoli? Chi, in pieno dissesto finanziario (qualcuno evidentemente si è dimenticato delle condizioni con cui abbiamo operato per anni) ha ristrutturato la Torre dell’Orologio, Palazzo Fornari, l’ipogeo di Palazzo Galeota e Palazzo Pantaleo? Chi l’ha fatto? Chi? Noi. L’ha fatto questa Amministrazione. Ed ancora, non dimentichiamo che abbiamo ottenuto circa 5 milioni di euro per riqualificare Palazzo Troylo e Palazzo Carducci e che presto ne avremo 20 per ristrutturare le case da assegnare alle giovani coppie. Ed infine, l’incarico al professor Borri (uno dei più grandi urbanisti italiani), chi l’ha dato? Noi. Sempre noi. Ma tanto, si continuerà a dire che non stiamo facendo nulla per la Città Vecchia. E lo si dice proprio durante l’affollata ed originale manifestazione “L’Isola che vogliamo”. Scusate, ma è un paradosso».
Capitolo aziende partecipate. Il sindaco di Taranto è soddisfatto del lavoro dell’Amiu?
«No. Non lo sono. Purtroppo, ho una montagna di segnalazioni di cittadini e di istituzioni di cui devo tenere conto. Ma è mai possibile che tocchi a me chiedere all’Amiu, cosa avvenuta mesi fa, di tagliare l’erba alta tipo Vietnam che cresce vicino al carcere? Capisco e comprendo i problemi di quell’azienda ma così non va bene».
Vita (intensa) amministrativa a parte, lei è molto attento alle novità della politica muovendosi sempre nel campo del centrosinistra. Alle primarie di fine novembre voterà per Emiliano?
«Sì, penso di sì».
Il suo omonimo, Stefàno di Sel, non sarà contento.
«Nulla di personale, ovviamente, ma penso che l’ex sindaco di Bari sia il più adatto per guidare il centrosinistra alla vittoria delle elezioni regionali. E poi, l’essere stato sindaco per dieci anni di Bari l’aiuta. Anche qui, perché dividerci?».
A fine settembre, invece, la chiameremo anche presidente? Guiderà anche la Provincia?
«Chi mi conosce sa che non sono ambizioso e che preferisco dare spazio ai giovani e fare il turn over piuttosto che occupare spazi. Peraltro, molti giorni solo alle 22 riesco a leggere degli atti ricevuti durante la mattina in Comune. Faccio una vitaccia (il vicesindaco Lonoce, esponente Pd, ne è diretto testimone) ed il fatto di sedermi su una poltrona instabile, con poche risorse finanziarie e con le responsabilità derivanti dall’occuparsi di strade e scuole, non è che mi entusiasmi particolarmente. Ma, detto questo, ritengo che spetti al rappresentante del Comune di Taranto guidare la “nuova” Provincia. La nostra città rappresenta quasi il 40 per cento dell’intera popolazione e ha i problemi, gravissimi, di cui parlavamo prima. Per questo, è necessario che i due enti locali abbiano la stessa sintonia. Se così non dovesse essere, però, qualcuno dovrà evidentemente assumersene la responsabilità».
In questi sette anni di governo della città di cosa va più orgoglioso?
«Dell’uscita dal dissesto e dell’azzeramento dei fitti passivi che prima ammontavano a più di 2 milioni di euro all’anno».
E il suo errore più grande?
«Nel primo mandato, mi sono lasciato guidare troppo dai sentimenti, subendo qualche delusione personale. A volte, almeno quando ci si muove amministrativamente, bisogna essere più “freddi”». (GdM)

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