Sebbene quest'ultimo, anni fa, sia anche stato componente del Comitato e addirittura presidente di una delle maggiori reti associative ambientaliste locali, non si riesce a capire il suo attacco ad immaginari "estremisti radicali" usciti dalle retoriche industrialiste più becere.
Non capiamo neanche la sua associazione ad uno dei torbidi ex-assessori all'ambiente della città all'epoca del massimo picco di inquinamento mai registrato e del più grande livello di collusione istituzionale e politica con le grandi industrie devastanti. Tra l'altro, una persona in evidente conflitto di interesse per la sua attività professionale.
Ci dispiace molto registrare questa plateale defaillance.
Non occorre aggiungere nulla riguardo ai contenuti del comunicato, basati sulla credibilità dell'ENI, una compagnia petrolifera che qui si è distinta per il ricatto occupazionale e la distruzione di ogni risorsa ambientale e culturale in tutta l'area circostante la sua mefitica e tossica attività.
Ci spaventa la sottomissione di De Marzo a queste logiche apocalittiche e all'ennesima operazione di divisione e contrapposizione dei tarantini di fronte a strade già tragicamente sperimentate.
Una brutta macchia che annebbia il ricordo di una persona che volle partecipare alla costruzione di un nuovo futuro per la città.
Resta la speranza che la via di Damasco non sia smarrita per sempre.
TEMPA ROSSA - IL SILENZIO DELL’ENI
L’ENI
è una multinazionale nel settore petrolifero e deve ragionare ed
operare in un mercato che vede la presenza di colossi mondiali come
Esso, Shell, Total che hanno un bilancio superiore a quello dello Stato
italiano. Pur non essendo del tutto al loro livello, ENI opera con
successo in campo internazionale: a) aggiornando di continuo le proprie
attività, produttive, industriali, logistiche, commerciali, ambientali;
b) diversificando verso attività connesse (trasporto di combustibili
attraverso oleodotti o gasdotti internazionali, trasporti navali) ed
entrando in settori affini come la chimica, la produzione e vendita di
energia elettrica, la logistica.
A
Taranto l’ENI ha un sito centrato su una grande raffineria che,
ovviamente, deve rispondere alle leggi del mercato e confrontarsi con la
concorrenza, in un mondo con libera circolazione delle merci.
La crisi mondiale ha provocato un calo di domanda dei prodotti
del petrolio, con gravi ripercussioni specialmente per la raffinazione.
L’ENI, in Italia, ha registrato gravi perdite che indurranno alla
chiusura di alcune raffinerie nazionali. Per il sito di Taranto,
accreditato di un notevole potenziale, l’ENI, nel tempo, ha presentato
progetti di nuove iniziative per migliorare la situazione economica,
adottando, però, la miope “tecnica del carciofo” (un tema alla volta)
invece di presentare l’intero pacchetto con una visione di largo
respiro. Messa la sordina sul raddoppio della raffineria, un primo
progetto riguardava la produzione di energia elettrica da metano da
realizzarsi attraverso la sostituzione della vecchia centrale elettrica
di Enipower, che alimenta la raffineria, con una centrale di nuova
generazione e molto più potente di modo che fosse possibile immettere
nella rete elettrica nazionale il surplus di energia rispetto alle
esigenze della raffineria. Un secondo progetto, denominato Tempa Rossa,
riguardava il grezzo estratto in Basilicata da trasportare in oleodotto
fino al pontile ENI di Taranto da allungare e da imbarcare su
petroliere.
Entrambi
i progetti sono stati valutati positivamente dai Ministeri romani,
dalle Regioni interessate e dagli Enti locali ad eccezione del Comune di
Taranto il cui Consiglio comunale si è espresso negativamente
all’unanimità.
Il
progetto della nuova centrale ora è “in sonno”; Enipower si è
dissociata dall’affare; la vecchia centrale ancora attiva, è tornata di
proprietà della raffineria e ne seguirà le sorti.
Per
Tempa Rossa è fissata una riunione generale, petrolieri inclusi, a
Roma, a settembre, per trovare una soluzione definitiva su un progetto
di grande importanza strategica ed economica, poiché non è verosimile
che il grezzo venga lasciato nelle viscere della Basilicata, con i pozzi
già pronti per estrarlo.
Anche
in questo caso, come per l’Ilva, si è di fronte alla contrapposizione
tra interessi strategici ed economici nazionali e aspettative
territoriali focalizzate sul timore di pericoli sanitari ed ambientali,
parecchio strumentali ed immotivati rispetto a quanto registrato in 50
anni di vita di una raffineria ben più complessa di un semplice
terminale petrolifero.
Con la crisi attuale, Tempa Rossa sarebbe accolta a braccia aperte in altre città. A Taranto, invece, si
è in presenza di molteplici manifestazioni contro quel progetto, ultima
la contestazione ambientalista della manifestazione organizzata da
Confindustria Taranto per il superamento degli attuali blocchi alle
grandi industrie di Taranto.
Il
motivo del diniego comunale nasce da una situazione particolare: la
paura della popolazione nei confronti della grande industria. Le persone
sono impaurite per quanto si è appreso a seguito dell’intervento della
magistratura nei confronti del Siderurgico. Su questioni di tanta
gravità il populismo impazza, soprattutto in un contesto generale poco
preparato tecnicamente e poco propenso a valutare prospetticamente le
conseguenze delle proprie posizioni.
Emerge
anche il grave errore commesso da ENI. Ha sottovalutato le difficoltà
in cui si trova da anni la città di Taranto e non ha fatto quanto
poteva, sia in termini di comunicazione che di contenuti, rassicurazioni
e benefici supplementari.
Il
governo della città appare alla mercé degli estremismi radicali. Classe
dirigente in senso lato ed Istituzioni ignorano (o sottovalutano) le
notizie che rimbalzano sulle pubblicazioni economiche internazionali e
che fanno ormai di Taranto una “città off limits”, dove nessun
imprenditore internazionale verrà a insediarsi.
Impressiona
anche l’attuale silenzio assoluto di ENI. Si può azzardare una risposta
alla domanda sul perché di tale silenzio. Convinta che non possa
cambiare il parere negativo dell’Amministrazione comunale condizionata
dagli estremismi radicali, ENI non punta più a realizzare a Taranto
l’ipotizzato polo strategico ed aspetta di essere “rifiutata e cacciata
via” dalla città. La raffineria, senza aggiornamenti, sarà obsoleta e
definitivamente fermata in pochi anni. Impedito l’arrivo di Tempa Rossa a
Taranto, oleodotto e pontile saranno abbandonati. Il grezzo della
Basilicata sarà estratto comunque e, aggiungendo un tratto all’oleodotto
esistente, sarà inviato in un altro porto, ionico o calabrese che sia,
che non ha i problemi di Taranto. In tal modo, nessuno potrà dire che
ENI “ha
abbandonato una realtà ad altissimo potenziale, umano, sociale,
impiantistico, portuale, in Italia, in casa propria, nel centro del
Mediterraneo”: una vera follia, tranne che per i pochi o tanti tarantini
che stapperanno spumante, inneggiando all’impoverimento della città.
Dr. Vittorio Ugo Carone, già petroleum refining engineer, chimico di porto, assessore ambiente del Comune di Taranto (anni ’90).
Ing. Biagio De Marzo, già ufficiale di Marina, dirigente industriale, presidente di Altamarea
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