La questione del Benzo(a)pirene
In primis il Benzo(a)pirene, di cui si è trattato ampiamente questa settimana. A inizio settimana si è riunita la VIII Commissione Ambiente della Camera dei Deputati per decidere se modificare l'attuale normativa sul Benzo(a)pirene o meno. È stato deciso che la Camera si impegnerà a chiedere al ministero dell'Ambiente l'obbligo di revisionare il Dlgs 155/2010, per valutare se modificarlo o meno, in poche parole non è stata presa, ancora questa volta, alcuna decisione seria in merito a questo importante tema. Per lo stesso giorno è stata organizzata alla Camera dei deputati la «Commissione Bicamerale per l'Infanzia», dove l'associazione Peacelink, uno dei promotori di questa protesta, insieme alle Associazioni di medici pediatri, hanno presentato il dossier «Le minacce del B(a)P sulla salute dei bambini».
Nel dossier sono stati evidenziati gli effetti sanitari certi che si manifestano con l'esposizione a tali inquinanti soprattutto sui bambini e sui feti. Ormai su questi effetti gravissimi c'è un ampia letteratura scientifica.
È noto il potere cancerogeno, genotossico e neurotossico del B(a)p e degli altri Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), capaci di modificare il Dna trasmesso dai genitori ai bambini, e procurando anche neoplasie infantili. Lo Iarc (l'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) infatti ha inserito il B(a)p nel gruppo 1, quello di massima pericolosità, in quanto gli è stato riscontrato una evidente cancerogenicità per l'uomo e anche durante la gestazione del feto, periodo in cui il Dna è 10 volte più vulnerabile.
La situazione attuale a Taranto, e soprattutto nel quartiere Tamburi, situato nella zona nord della città a ridosso dello stabilimento siderurgico dell'Ilva, sta peggiorando. La concentrazione a ottobre scorso era già due volte superiore al limite di 1 nanogrammo/metro cubo (ng/m3), e ormai è certo che il 99% dell'inquinante presente nel quartiere proviene dai camini della cokeria dello stabilimento, come ha dichiarato l'Arpa Puglia nella relazione del giugno 2010. Il periodo da gennaio a ottobre 2010 è stato caratterizzato da una media di 2 ng/m3 con un picco di 4,05 ng/m3 nel mese di aprile. Non dimenticando che oltre al B(a)p sono stati riscontrati alte percentuali di altri inquinanti tossici, quali gli altri Ipa, l'amianto, il berillio, i metalli pesanti, ecc.
Una situazione simile è presente anche a Trieste, per la presenza dell'impianto siderurgico, la Ferriera di Servola, nel quartiere di Servola, dove si sono registrati valori medi di B(a)p pari a 9,8 ng/m3 nel solo periodo gennaio-luglio 2010, con un picco a maggio di 53,4 ng/m3.
Purtroppo alla Bicamerale di martedì, alla presenza dei rappresentanti delle associazioni di medici, pediatri e semplici cittadini sia di Taranto sia di Trieste, sono intervenuti all'assemblea solo sei tra deputati e senatori e solo due rappresentanti della maggioranza di Governo che hanno lasciato l'incontro prima della fine della seduta.
Questo disinteresse da parte del Governo verso questa grave situazione non fa sperare in un cambiamento immediato dell'attuale normativa 155/2010, approvata il 13 agosto scorso per recepire la direttiva europea 2008/50/CE relativa alla «Qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa», svincolando le aziende inquinanti dall'obbligo di abbattere le emissioni in eccesso, spostando al 31 dicembre 2012 il limite del B(a)p a 1 ng/m3 anche per le aree urbane con più di 150.000 abitanti.
Un decreto che in realtà è stato approvato proprio per salvare le sorti dell'Ilva, la più grande acciaieria d'Europa. Dal primo gennaio 2013 le concentrazioni di B(a)p dovranno essere portate al di sotto della soglia di 1 ng/m3, con tecniche però «che non comportano costi spropositati», non ponendo quindi un obbligo effettivo alla riduzione a 1 ng/m3.
A oggi non ci sono studi epidemiologici su Taranto che possano dimostrare lo stretto legame tra esposizione ad elevate concentrazioni di B(a)p e altri inquinanti tossici, e il diretto incremento di alcune malattie. Sarebbe importantissimo istituire degli studi medico-scientifici che possano documentare tutto questo. Le associazioni di medici e pediatri assicurano che l'allarme nel quartiere Tamburi di Taranto per un aumento dei tumori è reale.
Il Ministero dell'Ambiente dovrebbe essere in prima linea per far sì che venga fatta chiarezza sullo stato dell'ambiente a Taranto, e che venga al più presto approvata un'indagine epidemiologica per accertarsi della diretta corrispondenza tra neoplasie e B(a)p.
Il ministero dell'Ambiente dovrebbe ripristinare al più presto il ruolo strategico dell'Aia (Autorizzazione integrata ambientale) per obbligare gli industriali ad adottare impianti con le migliori tecniche disponibili (Bat), come impone la direttiva europea Ippc (Integrated pollution prevision and control) sulla prevenzione e il controllo integrato dell'inquinamento industriale, recepito in Italia con il Dlgs 59/2005 per tutelare tutte le città italiane in cui è presente un industria con un elevato impatto sull'ambiente e sullo stato della salute dei cittadini.
Dovrebbero essere stanziati dei fondi cospicui per effettuare tutti gli studi possibili e monitorare le situazioni di emergenza per la questione B(a)p come Taranto e Trieste, un altro punto caldo per quanto riguarda le elevate percentuali di B(a)p, e fronteggiare con dati alla mano questa questione ambientale e sanitaria.
L'atteggiamento superficiale attuale del ministero dell'Ambiente e del Governo, evidenzia come ci sia più attenzione nel tutelare gli interessi economici degli industriali, che la salute dei cittadini e soprattutto dei bambini. Nei casi in cui entra in gioco lo stato di salute dei cittadini le forze politiche non dovrebbero fare il solito gioco politico delle parti ma dovrebbero lavorare in estrema cooperazione e garantire il diritto alla salute e alla vita dei lavoratori e di tutti gli altri cittadini.
Per questo diritto il Fondo antidiossina di Taranto ha organizzato una marcia di protesta per richiamare l'attenzione sui problemi causati dall'inquinamento e per tutelare la salute dei bambini del rione Tamburi, costretti a vivere a pochi metri dai camini dell'area industriale.
L'organizzazione vuole ricorrere alla Corte europea dei diritti dell'uomo affinché venga tutelata la salute dei cittadini. Il presidente della Onlus, Fabio Matacchiera, ha affermato che «solo per aver un'idea, nello stabilimento Ilva, la più grande acciaieria d'Europa, coesistono oltre 200 camini, a cui si devono aggiungere altre decine di fumaioli presenti nelle altre industrie limitrofe. Tutto questo sta causando un costante pericolo per la salute pubblica ed una condizione di vita molto disagiata, sia dal punto di vista sanitario che ambientale. La manifestazione ha lo scopo di obbligare lo Stato italiano e le istituzioni pubbliche ad adottare tutte le misure idonee alla tutela dei diritti fondamentali di tutti gli abitanti di Taranto e in particolare di quelli del rione Tamburi».
Il prossimo 9 febbraio è stata organizzata dalla Giunta regionale pugliese la valutazione conclusiva, da parte della V Commissione consiliare sul testo del disegno di legge n. 20/2010 «Misure urgenti per il contenimento dei livelli di concentrazione del B(a)p nel'area di Taranto», per assicurare degli adeguati interventi urgenti da adottare per anticipare la scadenza stabilita dall'ultimo Dlgs 155. L'assessore all'Ambiente della regione Puglia ha dichiarato che i monitoraggi diagnostici da parte dell'Arpa Puglia continuano al fine di poter individuare in modo preciso le principali fonti di emissione responsabili e di approfondire i rapporti tra le condizioni meteo climatiche e la ricaduta al suolo degli inquinanti, così da poter definire lo scenario emissivo nel piano di risanamento della qualità dell'aria di Taranto.
MAL’ARIA DI CITTÀ 2011
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