sabato 10 marzo 2012

Norme fatte apposta per essere sospese...

E cosa ci si poteva aspettare dalla commissione IPPC messa su dalla Prestigiacomo?
Tra un po' va a finire che il comune dovrà pagare i danni all'Ilva perchè le inquina l'acqua di falda!!!


"Taranto, prime sospensive al Tar per l'Ilva
Il Tar di Lecce dà ragione all'Ilva di Taranto. E il gruppo Riva incassa una sentenza a favore e una sospensiva di alcuni aspetti dell'Aia dopo i ricorsi sugli interventi di bonifica per il polo siderurgico di Taranto. Secondo gli interventi di bonifica e risanamento ambientale ordinati dal ministero dell'Ambiente, in conferenza di servizi con la Regione Puglia, la provincia e il comune di Taranto, Ilva avrebbe dovuto recintare il proprio stabilimento che si estende su oltre 15 milioni di metri quadrati, con barriere sotterranee profonde fino a 60, 70 metri, fino ad incontrare l'acqua di falda.
Tutto questo dopo che il ministero dell'Ambiente aveva concordato con l'Ilva un piano di caratterizzazione del proprio sito produttivo su cui sono stati eseguiti oltre 6mila campionamenti e che questi campionamenti non avevano evidenziato particolari emergenze relative alla matrice terreno. Al contrario le analisi delle acque di falda dell'intera zona di Taranto hanno evidenziato criticità importanti. Ministero e Regione hanno puntato il dito contro l'Ilva come se fosse responsabile dell'inquinamento delle acque di falda. Ma l'Ilva è dotata di un sistema di trattamento delle acque reflue e, assistita dall'avvocato di Milano Francesco Perli, ha fatto ricorso al Tar, che con la sentenza Tar Puglia-Lecce n.329 ha accolto il ricorso e le successive impugnazioni, annullando sostanzialmente i provvedimenti emanati dal 2007 a oggi dal ministero dell'Ambiente e dalle amministraizoni regionali e locali verso l'Ilva. Per due ragioni. Innanzitutto perché non sono basati su una effettiva e concreta attività istruttoria che abbia identificato il contributo inquinante dei diversi settori, e poi perché hanno attribuito ad Ilva l'intero carico inquinante del sito di Taranto.
Il Tar di Lecce ha accolto anche un altro ricorso dell'Ilva, sospendendo l'efficacia di alcuni aspetti dell'Aia (Autorizzazione integrata ambientale) concessa allo stabilimento siderurgico di Taranto a metà 2011. Il disco rosso del Tar riguarda tre aspetti dell'Aia: sistemi di abbattimento di macro e micro inquinanti; piano di monitoraggio e controllo delle emissioni; revisione della rete di smaltimento delle acque reflue. Il giudizio di merito è fissato per il 6 giugno. «Non stiamo contestando tutto l'impianto dell'Aia – dice Perli - ma solo quello che palesemente non ci convince e ci danneggia». Da rilevare, però, che mentre l'Ilva ottiene un provvedimento favorevole dal Tar di Lecce, la stessa Aia firmata dall'ex ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, è in procinto di essere rivista. Dopo le due perizie consegnate al gip di Taranto, Patrizia Todisco, nell'ambito del procedimento giudiziario che vede fra gli altri accusati Emilio e Nicola Riva, rispettivamente ex presidente e attuale presidente dell'Ilva di disastro ambientale, le istituzioni locali hanno infatti chiesto al ministro Corrado Clini di riesaminare l'Aia all'Ilva rendendola più severa. Clini ha manifestato disponibilità e il 14 marzo terrà un primo incontro a Bari. Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola esprime «soddisfazione per la tempestività con la quale il ministero dell'Ambiente ha accolto le nostre richieste»." (Sole24h)

"Il Tar dà ragione all’Ilva
Con una decisione che di fatto (almeno sino alla discussione di merito fissata per il prossimo 6 di giugno), mette in discussione la parte principale delle misure antinquinamento stabilite nell’Autorizzazione integrata ambientale concessa all’Ilva, il Tribunale amministrativo regionale ha accolto l’istanza cautelare presentata dal Gruppo Riva che si oppone alle prescrizioni del ministero. Nelle sedici pagine dell’ordinanza numero 1771, il presidente della sezione leccese del Tar, Antonio Cavallari, non valuta tutte le numerose prescrizioni così come li proponeva il collegio legale dell’Ilva, ma solo quelle «idonee ad arrecare alla ricorrente società un pregiudizio attuale e rilevante, rinvenibile unicamente per quanto concerne l’obbligo di installare sistemi di abbattimento dedicati alle emissioni di macro e microinquinanti dai camini E422, E423, E424, E425, E426, E428, nonché per la prevista divisione dell’attuale rete di smaltimento delle acque reflue di stabilimento e dei relativi scarichi autorizzati e, altresì – continua l’ordinanza – in ordine al censurato contrasto tra il parere definitivo e il Piano di monitoraggio e controllo».
I giudici amministrativi approfondiscono gli appunti anticipando quella che sarà la discussione di merito di giugno quando si dovranno esprimere in via definitiva. Per quanto riguarda ad esempio il punto che tratta le misure volte a contenere le emissioni d’inquinanti dai camini, i giudici definiscono «erronea e genericamente formulata», la prescrizione imposta dall’Aia «dal momento che i suddetti punti di emissione delle sostanze disperse in aria – dicono – risultano assoggettati ai valori limite fissati dall’autorizzazione e ad un sistema di verifica costante che ne permette la riconducibilità entro i limiti stessi» di cui lo stabilimento è già fornito. «Cosicché – si legge ancora nell’atto – la necessità di introdurre non meglio precisati “sistemi di abbattimento” si mostra priva della doverosa chiarificazione in ordine al contenuto specifico dell’obbligo imposto (in quanto ai metodi di abbattimento che all’individuazione dei micro e macroinquinanti da abbattere) alla società ricorrente, la quale adduce di avere già adottato le migliori tecniche disponibili; per tale aspetto – fa notare ancora il Tar – la sottoposizione del processo produttivo e altri dettami, senza che ne siano puntualmente definiti gli elementi, sia di ordine temporale che contenutistico (l’obbligo di contenimento delle emissioni, ndr), espone la società a un pregiudizio … stante l’assenza di sicuri parametri sulla base dei quali conformare l’attività richiesta e non procrastinabile».
Non meno articolata la parte che riguarda il ricorso sulle prescrizioni relative allo smaltimento delle acque reflue di stabilimento e dei relativi scarichi autorizzati. L’affidamento al Consorzio Asi della gestione della rete esterna – fanno notare i giudici – risulterebbe giustificata se all’imbocco finale fosse installato un depuratore (ad oggi solo previsto) ad uso esclusivo dell’Ilva. «Il mantenimento a carico dell’Ilva della gestione delle vasche – si legge nell’ordinanza – comporta il paventato pericolo che gli scarichi di altri operatori autorizzati affluiscano nel tratto terminale dei canali in concessione all’Ilva con inevitabili ripercussioni in tema di sua diretta responsabilità». La giustizia amministrativa infine dà ragione all’Ilva per quanto riguarda un supposto contrasto tra parere istruttorio e piano di monitoraggio per quanto riguarda più prescrizioni. «La distonia tra queste fonti, entrambe assunte nell’Aia – scrivono i giudici – determina perplessità in ordine agli adempimenti cui l’Ilva deve attenersi, non bastando la mera affermazione, resa in giudizio, circa la prevalenza del parere sul Pmc (piano di abbattimento degli inquinanti, ndr), essendo, al pari di quello, efficacia cogente».
In sede di merito, il 6 giugno, saranno discusse e giudicate tutte le altre prescrizioni contenute nell’Aia che non piacciono al gruppo Riva. Contro il ricorso si sono costituiti i ministeri dell’Ambiente, Salute, Sviluppo economico e dell’Interno oltre alla Regione Puglia, Provincia e comune di Taranto e i circoli ambientalisti di Taranto."
Nazareno Dinoi sul Corriere del Mezzogiorno

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