giovedì 28 giugno 2012

Petrolio nel mare di Taranto, blitz dei Verdi contro l’Ilva

Sembra di moda ultimamente, per le grandi aziende italiane, prendersela con gli ambientalisti per le loro denunce e portarli in tribunale. È successo nei giorni scorsi con lo scontro ENEL-Greenpeace, succede di nuovo adesso con l’Ilva di Taranto che minaccia querela contro Fabio Matacchiera, videoblogger e presidente del Fondo Antidiossina di Taranto per un video in cui si mostra l’inquinamento del mare nei pressi dell’acciaieria.
In difesa di Matacchiera, ad una settimana di distanza dai fatti, arriva anche Angelo Bonelli. Il presidente dei Verdi questa mattina si è recato nel mare tarantino replicando l’esperimento fatto dal videoblogger ambientalista e pubblicando su Twitter una foto in cui si vedono le sue mani sporche del fango che inquina il golfo. Scrive Bonelli:
Oggi a bordo di un gommone siamo andati a prelevare dei campioni di acqua marina di fronte l’Ilva di Taranto. Il risultato è quello che vedete in foto: acqua nera, nerissima, sembrava di avere tra le mani petrolio. Una vergogna inaudita, un disastro ambientale di cui nessuno parla che sta uccidendo un’intera città. Ho raccolto un barattolo con l’acqua di Taranto, e lo consegnerò personalmente al ministro dell’Ambiente Clini.
Ma cosa ha fatto di tanto scandaloso Matacchiera per meritarsi una querela (l’ennesima, a dire il vero) dall’Ilva? Il 19 giugno si era avvicinato in barca, con la sua fida telecamera, alle bocche di scarico dell’impianto industriale. Aveva gettato un secchio in fondo al mare che, una volta tirato in barca, ha restituito fanghi e sedimenti palesemente inquinati da quello che sembra proprio catrame. Questo gli è bastato per ricevere l’annuncio di querela:
In relazione al video realizzato il giorno 19 giugno 2012 dal signor Matacchiera Fabio, dal titolo “Davanti all’Ilva di Taranto: come un giacimento di petrolio. Inquietante”, diffuso in internet, l’Ilva di Taranto tiene a smentire categoricamente qualsiasi addebito riferito ad essa.
L’Azienda tiene inoltre a precisare che ha conferito incarico ai propri legali per tutelare la propria immagine nelle sedi giudiziarie competenti. Nei prossimi giorni saranno analogamente intraprese azioni equivalenti anche nei confronti dei giornalisti che, senza alcuna verifica della fondatezza della notizia, hanno divulgato tale video.
Matacchiera, in un secondo video girato il 21 giugno, ha rincarato la dose collegando esplicitamente i fanghi del fondo marino con gli scarichi dell’Ilva. In questo video, infatti, si vedono delle sostanze scure, oleose e galleggianti che escono in grande abbondanza proprio dai tubi di scarico dell’acciaieria. Ieri sera, poi, a dare man forte a Matacchiera è arrivato anche il TG3 nazionale che, incurante dell’annunciata querela da parte dell’Ilva, ha fatto vedere il video agli italiani sposando in gran parte la tesi dell’ambientalista.
La RAI, però, ha dato anche conto della versione ufficiale dell’Ilva sui fanghi raccolti da Matacchiera sul fondo del golfo di Taranto. Altro non sarebbero se non il residuo di decenni di attività industriali precedenti a quelle dell’Ilva:
Tale situazione trova le sue origini nei primi decenni di attività delle realtà industriali insediate nel territorio e già nel passato è stata oggetto di specifici studi condotti in particolare dal CNR – Istituto Talassografico “Cerruti” di Taranto.
Il Gruppo RIVA, sin dal suo insediamento nello stabilimento di Taranto ed al fine di ridurre il proprio impatto sull’ambiente marino, ha avviato un approfondito esame di tutti i sistemi di depurazione delle acque reflue che ha portato ad un investimento di circa 110 milioni di euro per la realizzazione di nuovi impianti e all’ammodernamento tecnologico e al potenziamento di quelli esistenti.
L’Ilva, inoltre, afferma che i suoi scarichi sono costantemente monitorati dall’ARPA pugliese e dotati, dal 2005, di un sistema di campionamento continuo per monitorare i fanghi. Decideranno adesso i giudici se e quanto siano credibili sia Matacchiera che l’Ilva. Prima ancora di ricevere la querela, infatti, l’ambientalista ha presentato un esposto alla magistratura per segnalare quanto ha visto con i suoi occhi nel golfo di Taranto il 19 e 21 giugno.


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