lunedì 11 giugno 2012

Cos'è il social housing?

Questa è una delle più "accattivanti" proposte del nostro sindaco per affrontare il problema della città vecchia e della periferia tarantina... Cerchiamo di capirne di più:

MILANO: LA BUFALA DEL SOCIAL HOUSING


Se da un lato si buttano via miliardi di euro nella speculazione finanziaria e immobiliare, dall’altro a Milano tutto ciò che veramente serve a chi studia o vive del proprio lavoro non funziona. Ne sono una dimostrazione gli ultimi urgenti appelli per mettere in sicurezza le scuole, sempre più a rischio crolli, o il recente ennesimo incidente tramviario verificatosi a Milano, questa volta con quattro feriti, dovuto al problema ormai cronico dell’errato funzionamento di scambi vetusti.

E sono solo due degli innumerevoli esempi che si potrebbero fare. Di fronte a questa situazione di sfascio Palazzo Marino si fa bello lanciando qua e là qualche iniziativa di “social housing” venduta al pubblico come prova della sensibilità dell’amministrazione, degli speculatori e delle banche per gli aspetti sociali. In realtà si tratta di un’operazione che punta a regalare agli speculatori anche il mercato delle abitazioni per i ceti medi (a tutto svantaggio dell’edilizia popolare ed effettivamente sociale), diventato molto appetibile in questo periodo di crisi dopo anni di “sovrapproduzione edilizia” nel settore lusso ed extralusso. Un’operazione che prevede scandalose sovvenzioni pubbliche per gli speculatori, come illustriamo più sotto.

Ma prima vediamo l’ultimo caso, quello della Social Main Street (!), cioè una torre di 14 piani interamente in legno che offrirà posti letto e bilocali in affitto nel quartiere periferico e scarsamente appetibile della Bicocca. I prezzi? 250 euro/mese per uno scarno posto letto, 480 euro per il bilocale in condivisione, cifre ben lontante dall’essere popolari.

Si tratta di un bel business per le cooperative legate a Comunione e Liberazione (ma anche per quelle della Legacoop, con la quale c’è una sempre maggiore sintonia). L’iniziativa infatti parte dalla Compagnia dell’Abitare, che fa parte della ciellina Compagnia delle Opere ed è presieduta da un personaggio ormai storico della galassia Cl, Antonio Intiglietta.

Al progetto ha collaborato lo studio di ingegneria Urbam (sempre galassia Cl) e la torre sarà amministrata dalle cooperative La Ringhiera (Compagnia delle Opere) e Auprema (Legacoop). Il progetto è stato presentato con una conferenza stampa alla quale hanno preso parte, oltre a esponenti dei summenzionati soggetti, anche Roberto Formigoni (Cl) e l’assessore milanese all’urbanistica Carlo Masseroli (Cl). Ma per capire meglio il lucrativo business che c’è dietro queste operazioni bisogna spiegare cosa è il social housing. Lo facciamo riprendendo un pezzo da noi scritto nel novembre 2008, quando Milano Internazionale non era ancora su web:

“Quando in politica si comincia a parlare in inglese c’è sempre di mezzo un inganno. Lo conferma il caso del social housing (i più temerari provano a italianizzarlo a metà parlando di “housing sociale”), un termine che negli ultimi mesi politici, imprenditori e stampa stanno riversando a fiumi nel mare della propaganda che ci assale quotidianamente.

Grazie a un’ingegnosa ingegneria politico-imprenditoriale, ci viene raccontato, verranno messe sul mercato migliaia di abitazioni a prezzo “agevolato”, “calmierato”, “convenzionato”. L’idea può apparire appetibile al comune cittadino, che si trova a dovere affrontare costi esorbitanti e insostenibili per soddisfare il bisogno primario di avere un’abitazione. Ma conoscendo chi propone o sostiene questo progetto (per esempio, il summenzionato assessore Masseroli, oppure le banche) è naturale essere diffidenti. Perché mai chi ha fatto del profitto e della speculazione un motivo di vita dovrebbe all’improvviso gettarsi a capofitto in un’attività a prezzi inferiori a quelli “di mercato” (ma sarebbe meglio dire: a quelli gonfiati dalla bolla immobiliare)?

I motivi in realtà sono semplici: perché permette un ennesimo travaso di valori dal pubblico al privato, perché è un utile strumento propagandistico per nascondere altre enormi operazioni di carattere puramente speculativo e perché comunque è di per se stessa un ottimo affare.

Riguardo all’ultimo motivo, è chiaro che in questo momento di crisi mondiale del settore immobiliare e di aumento dell’incertezza i progetti di social housing sono una vera manna per gli immobiliaristi. Le loro società perdono utili, valore e capitali a tutto spiano (i 22 fondi immobiliari italiani quotati hanno perso il 18% da fine dicembre 2007 a fine agosto 2008, cioè ancora prima dell’inasprirsi della crisi) e il social housing offre rendimenti del 3% più inflazione (di questi giorni un tasso appetibilissimo), con la possibilità di eliminare ogni elemento di rischio grazie a finanziamenti agevolati e garanzie pubbliche sulla solvenza degli affittuari.

Inoltre, pressoché tutti i progetti di social housing prevedono in realtà solo una quota molto piccola di affitti calmierati, la grande maggior parte del costruito è affittabile, o vendibile, a prezzi di mercato. In molti casi si tratta poi solo di uno specchietto per allodole di stampo prettamente populista: si sbandiera il “progetto sociale”, ma in realtà grazie alla perequazione (cioè, nelle politiche attualmente applicate, la licenza di costruire, o di costruire di più, laddove non era possibile, in cambio della realizzazione di opere di utilità pubblica o sociale) si realizzano enormi affari a danno dei cittadini.

In pratica, per spiegare il concetto: l’immobiliarista/banca/fondo costruisce con finanziamenti e regali dei contribuenti 1 in social housing, comunque più che profittevole, e riceve in cambio 4, 5 o addirittura 10 in licenze di costruzione, direttamente tramutabili in profitto mediante attività edilizie o che comunque consentono una rivalutazione astronomica di terreni già posseduti. Basta prendere a esempio il “piano Milano”, citato dal Corriere Economia. Il Comune ha messo a disposizione (gratis!) otto aree per costruire 3.300 alloggi.

Chi vi costruirà, potrà vendere a prezzi di mercato fino al 75% delle case realizzate, appena un quarto invece dovrà essere a prezzo calmierato, cioè in “social housing”. Ma non è tutto. Il Comune mette inoltre a disposizione 20 milioni per abbassare i tassi di finanziamento bancario, mentre la Regione ce ne mette altri 30 per “ridurre il rischio insolvenza affitti”.

Insomma, terreni regalati dagli enti pubblici, soldi pubblici per costruire, soldi pubblici per eliminare ogni rischio di mancato incasso degli affitti e gli “investitori” possono vendere fino al 75% a prezzi di mercato – altroché social housing, questa è una vera e propria cassa di assistenza pubblica per i signori del mattone!

E le cifre in gioco sono da capogiro: secondo le stime di Sergio Urbani, della Fondazione Housing Sociale di Cariplo, il social housing in salsa pubblico-privata vale 3 miliardi all’anno di sviluppo del mercato. Cariplo (la fondazione azionista di Banca Intesa San Paolo) è per l’appunto uno dei principali attori di queste operazioni, insieme ad altre delle numerose e potenti fondazioni bancarie.

Non mancano naturalmente gli immobiliaristi, come per esempio la Pirelli Re guidata da Puri Negri, nonché le cooperative rosse e cielline – anzi, la torta è così appetibile che Legacoop e i ciellini della Compagnia delle Opere hanno superato i vecchi steccati ideologici unendo le forze per dare insieme vita alla Fondazione Abitare (che conta tra le sue fila l’avvocato Guido Bardelli, vicino a Cielle, citato a suo tempo dal Corriere della Sera come una delle possibili scelte di Moratti ad assessore per l’urbanistica).

Oltre agli enti locali, tra i finanziatori vi sarà anche lo stato tramite la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), sempre più coinvolta nel ruolo di crocerossina per i capitalisti a corto di fondi, la quale avrà un ruolo non proprio in armonia con il principio dell’inammissibilità del conflitto di interessi: la Cdp è infatti partecipata al 30% dalle fondazioni bancarie e si ritroverà, attraverso il veicolo di un’appositamente costituita Società di gestione del risparmio, a promuovere progetti di social housing tramite finanziamenti di cui godranno in molti casi… le fondazioni bancarie.

Dietro a tutto questo, naturalmente, l’assenza di ogni politica per la casa che vada a favore di chi lavora, e non di chi arraffa”.

Fonte: http://milanointernazionale.it/2009/10/29/la-bolla-che-deve-ancora-scoppiare-3/

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