Oggi, 26 giugno 2012, alle ore 10,30,
mi sono recato presso gli uffici della Questura di Taranto, sezione DIGOS,
per depositare un esposto per
la Procura di Taranto concernente alcuni episodi, da me documentati,
che si sono verificati, a più riprese, a
ridosso della rada di Mar Grande, esattamente di fronte agli sbocchi delle
acque di raffreddamento dei canali 1 e 2
dell'ILVA di Taranto.
Ho riscontrato, in momenti diversi, dunque,
che nell'area indicata si propagavano fanghi e
sostanze verosimilmente oleose, nonchè
schiumose di colore giallo bruno, marrone intenso
ed addirittura "nero pece" per diverse centinaia di metri nelle immediate vicinanze degli sbocchi dei
canali sopramenzionati, come si può evincere facilmente dalle foto e dai video effettuati che testimoniano la veridicità di
quanto da me asserito; a tale riguardo, questa mattina ho consegnato una corposa
ed esaustiva documentazione video e
fotografica alle autorità di polizia giudiziaria per farla giungere in
tempi brevissimi nelle mani del magistrato competente.
Ancora scarichi a mare, la Capitaneria conferma Una scia scura e lunga compare in Mar Grande
E tra l'Ilva e gli ambientalisti volano denunce
Una scia scura, vischiosa, minacciosa, lunga un centinaio di metri e larga una ventina, che parte dalla zona degli scarichi di raffreddamento dell’Ilva e si dirige al largo, in mar Grande. Sono le nuove immagini che il presidente del «Fondo antidiossina Taranto onlus», Fabio Matacchiera, ha diffuso ieri sulla sua pagina di Facebook preannunciando un «nuovo video e un esposto alla procura della Repubblica» sul presunto ennesimo danno all’ambiente «ad opera dell’acciaieria». «Questa volta non possono negare, escono proprio da lì» scrive Matacchiera sulla sua bacheca. Ma che sia avvenuto qualcosa tra le 8 e le 9,30 di giovedì scorso lo conferma anche il comandante della capitaneria di porto, il capitano di vascello Pietro Ruberto. «Effettivamente — dice — quel giorno abbiamo attivato la squadra della Ecotaras (il nucleo di pronto intervento che si occupa della bonifica degli specchi d’acqua del compartimento marittimo di Taranto, ndr), per la presenza di chiazze non meglio precisate in quell’area». Il comandante Ruberto, spiega anche il tentativo fallito di fare intervenire i tecnici dell’Agenzia provinciale dell’ambiente di Taranto. «Abbiamo invitato il personale dell’Arpa che non è potuto venire poiché impegnato su un altro intervento». A quel punto? «Nel frattempo gli addetti della Ecotaras hanno messo in sicurezza e bonificato lo specchio di mare interessato allo sversamento, per cui l’emergenza è terminata». Risolto così il problema, resta da capire la natura del presunto inquinante. L’alto ufficiale della Marina si è tranquillizzato acquisendo il parere degli specialisti della Ecotaras i quali avrebbero escluso la presenza di idrocarburi in quelle chiazze. «Secondo la loro relazione — fa sapere il numero uno della Capitaneria di porto —, non si tratterebbe di derivati petroliferi quanto piuttosto di origine vegetale». Il dato scientifico l’avrebbero dato le analisi sui campioni che l’Arpa non ha potuto fare. «I nostri prelievi non avrebbero avuto la stessa validità» si giustifica il comandante Ruberto, che ricorda anche come l’allarme di giovedì sia partito proprio dallo stabilimento Ilva. Intanto Matacchiera affina le armi. «Prima l’esposto in procura e poi nuovo video della vergogna», dichiara l’ambientalista già diffidato dal gruppo Riva a non divulgare «notizie infondate» su presunti episodi di inquinamento di cui sarebbe responsabile lo stabilimento. «Negavano ogni coinvolgimento — ribatte Matacchiera — e comunicavano di voler intraprendere azioni legali nei confronti miei e di tutti i giornalisti per aver diffuso il video girato davanti agli scarichi. Quest’ultima volta — spiega il fondatore della onlus Antidiossina Taranto — c’erano come testimoni anche gli uomini della guardia costiera». Il precedente filmato cui si riferisce l’ambientalista è quello da lui girato il 19 giugno che mostra la presenza di poltiglia nerastra sui fondali dello stesso tratto di mare dove sfociano gli scarichi del siderurgico. In relazione a questo documento l’Ilva aveva smentito «categoricamente qualsiasi addebito» riservandosi azioni legali contro gli autori e diffusori del video. (Nazareno Dinoi - CdM)
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