lunedì 11 giugno 2012

Gli impianti assetati

Stop all'utilizzo di acqua potabile da parte dell'Ilva per il raffreddamento degli impianti


Con l'’arrivo dell’estate, tornano i timori di crisi idriche che, anche se auspicalmente meno gravi di quella che nel 2009 lasciò molti quartieri tarantini senz’acqua per settimane, possano creare disagi ai cittadini in un periodo in cui l’'acqua è necessaria più che mai per difendersi dalla calura.


Orbene in una regione come la nostra, afflitta da sempre dalla carenza di acqua dolce per la mancanza di fiumi nel proprio territorio, e costretta a rivolgersi a Basilicata e Campania per il proprio approviggionamento idrico, 250 litri d'’acqua potabile al secondo vengono utilizzati per il raffreddamento degli impianti dell’Ilva. L’'azienda utilizza allo scopo l’'acqua prelevata dal fiume Sinni, da 32 pozzi , dal fiume Tara, dal fiume Fiumicello, nonché l’'acqua del mar Piccolo.

La questione è davvero paradossale in una regione dove un giorno si e l'’altro pure si paventano crisi idriche e siccità. E si tratta di una incredibile storia di mala amministrazione in cui si è passati dalla lungimiranza di alcuni progetti partiti alla fine degli anni ‘80 alla incredibile situazione di stallo attuale con il ‘corollario’ di un vero e proprio scempio ambientale che non sembra destinato a fermarsi, almeno nel breve periodo.

La normativa in materia prescrive che debba essere privilegiato il riuso di acque reflue depurate per gli usi irrigui e industriali; tale indicazione è pienamente recepita nell’'AIA per l'’Ilva che prescrive all’'azienda l’'uso prioritario delle acque reflue ultraffinate.
Ma perché questo non avviene? La risposta sta nelle opere mai terminate, destinate alla depurazione delle acque, di cui si diceva sopra.

Ad oggi la situazione degli impianti è la seguente: sono funzionanti gli impianti di depurazione di Gennarini e di Bellavista; sono stati realizzati, ma non sono funzionanti e necessitano di opere di rifunzionalizzazione i due impianti di affinamento a servizio dei depuratori di Gennarini e Bellavista; è’ stato appaltato, ma è fermo, il lavoro di costruzione dell’'impianto di superaffinamento nelle vicinanze dell'’impianto di Bellavista e dell'’Ilva; è’ stata realizzata la condotta per portare i reflui sino al costruendo impianto di superaffinamento, ma la stessa è inutilizzata e necessita di lavori di ripristino.

Sono dunque state spese ingenti somme pubbliche e altre ne dovranno essere spese per la rifunzionalizzazione ed il ripristino, nonché la costruzione dell'’impianto di superaffinamento (per il quale la regione ha stanziato14.000.000 di euro) ma non si è ancora in grado di imporre all'’Ilva l'’uso di acque depurate, anche perché se non si terminano gli impianti l'Ilva avrà sempre la possibilità di dire che attende da anni che questi impianti vengano realizzati.

D’'altro canto l'’Ilva stessa sostiene di non poter utilizzare le acque reflue anche se sottoposte ad un processo di ultraffinamento perché inadeguate ai propri impianti. Sappiamo però che tale uso è attestato in altri stabilimenti siderurgici tra cui quello di Piombino e dunque il rifiuto opposto dall'’Ilva è del tutto pretestuoso.

La questione è dunque una e una sola: gli Enti pubblici interessati (Regione, Provincia, Comune e Acquedotto Pugliese) devono porre fine alle lungaggini intollerabili che hanno finora caratterizzato questa vicenda e accelerare, ciascuno per le proprie competenze i vari iter autorizzativi per giungere nel più breve tempo possibile al completamento degli impianti e alla conseguente possibilità di imporre all'’Ilva l'’uso delle acque reflue, impedendole l'’utilizzo di acqua potabile (o consentendoglielo solo nel caso di mancata disponibilità momentanea di acque reflue depurate).

Se questo non sarà fatto a brevissimo, gli stessi enti dovranno rispondere del colpevole e ’intollerabile spreco di una risorsa preziosa come l'’acqua potabile e delle risorse economiche sinora spese per gli impianti mai ultimati.


Legambiente Taranto

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