domenica 29 gennaio 2012
che aria tira a Taranto?
Eppure in questo frastuono ancora nessun programma, ancora tutti annegano nella vecchia logica del tira e molla dell’autoreferenzialità, compresi gli ambientalisti sbandieranti parole di fuoco contro l’Ilva , l’ENI ecc ma nella sostanza frammentati, in questo assolutamente funzionali alle logiche del divide et impera dei grandi poteri che, per distrarre l’opinione pubblica, oltre ad aver idiotizzato i cittadini idiotizza la politica osservando con occhio benevolo le primarie delle porno star .
Che triste fine per Taranto per la sua tragedia, per la sua storia, banalizzare con il risolino accattivante di due allegre signore uno scontro politico nel luogo simbolo del confine tra la vita e la morte, di una città che non appartiene solo ai tarantini ma è patrimonio artistico-culturale universale defraudato. E’ un’ offesa rivoltante per coloro che hanno perso la salute , la vita, il lavoro, che non è solo quello degli operai , ci sono gli allevatori , gli agricoltori , piccoli imprenditori tutti divorati dalla logica dell’ipercapitalismo tutti consegnati in massa dalle organizzazioni mafio-massoniche, che sono i partiti
Che tristezza per Taranto e che profonda rabbia , ci vorrebbe una ribellione generale di tutti i cittadini non della Puglia , ma d’Italia, perché Taranto è un sistema diffuso è una sperimentazione con la quale un popolo viene schiavizzato e distrutto , come avvenne qualche secolo fa durante la seconda guerra punica, quando l’intera città fu fatta a pezzi e 30.000 cittadini deportati , evidentemente è il suo amaro destino, oggi il modus operandi è cambiato si gioca sulla malattia , sulla depressione, sulla delocalizzazione, ma l’ obiettivo non è cambiato, gli antichi eredi di Sparta sono ancora vittime della smania di potere dei dominanti che per esprimere totalmente il loro dominio devono cancellare la storia e il futuro.
All’ insulto si aggiunge l’inganno delle parole subdole, perché elargiscono valori fondamentali come democrazia diretta ,libertà di espressione violandoli nella pratica quotidiana , dov’ è la democrazia se i candidati non vengono scelti dal popolo a cui si consegna un programma preconfezionato senza alcuna forma di libera scelta assembleare , dov’è la libertà di espressione se neun pensiero diverso e plurale viene censurato , ridicolizzato e se acquisisce qualche consenso iniziano le minacce?
Che tristezza per Taranto, bellissima e antica signora dove sono confluite tutte le contraddizioni della nostra Italia spezzata
adele dentice PBC Puglia
venerdì 27 gennaio 2012
L'Ilva inquina? Si!!!
Taranto, i periti del tribunale ”Inquinamento, è colpa dell’Ilva”
Per la prima volta, nero su bianco, la correlazione tra i veleni record della città e l’insediamento siderurgico. Nell’inchiesta sono indagati i vertici del colosso, accusati tra l’altro di disastro colposo e avvelenamento. L’azienda: “Emissioni nei limiti”
Oltre 500 pagine per mettere nero su bianco che dall’Ilva di Taranto vengono emesse in atmosfera sostanze come diossine e Pcb, pericolose per i lavoratori e la popolazione. E’ la prima verità sull’inquinamento a Taranto, dove è stata depositata la relazione dei periti chimici che costituisce la prima parte della maxi perizia sull’Ilva, disposta nell’ambito di un incidente probatorio, che dovrà accertare se le emissioni di fumi e polveri dallo stabilimento siderurgico siano nocive alla salute umana nell’inchiesta al maxi colosso. I documenti sono ora al vaglio del gip Patrizia Todisco, che nominato gli esperti e disposto l’accertamento peritale durato oltre un anno. Ad essere indagati sono Emilio Riva, presidente dell’Ilva spa sino al 19 maggio 2010, Nicola Riva presidente dell’Ilva dal 20 maggio 2010, Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento Ilva, Ivan Di Maggio, dirigente capo area del reparto cokerie, Angelo Cavallo, capo area del reparto Agglomerato. Le accuse sono disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico.
L'Ilva di Taranto inquina sicuramente
La perizia dove stabilire se le emissioni di fumi e polveri dallo stabilimento siderurgico siano nocive alla salute sia degli operai che lavorano nel siderurgico sia dei cittadini di Taranto e dei comuni limitrofi, e se all’interno della fabbrica siano rispettate le misure di sicurezza per evitare la dispersione di diossina, Pcb e benzoapirene. Nelle risposte dei periti le prime verità. Nel documento si legge nero su bianco per la prima volta le risposte a queste domande.
Per quanto riguarda il primo quesito concernente “se dallo stabilimento si diffondano gas, vapori, sostanze aeriformi e sostanze solide (polveri ecc.), contenenti sostanze pericolose per la salute dei lavoratori operanti all’interno degli impianti e per la popolazione del vicino centro abitato di Taranto e, eventualmente, di altri viciniori, con particolare, ma non esclusivo, riguardo a Benzo(a)pirene, Ipa di varia natura e composizione nonché diossine, Pcb, polveri di minerali ed altro la risposta è affermativa”, scrive nelle conclusione della propria perizia il pool di periti chimici chiamato ad analizzare l’aria di Taranto, ed i veleni che respirano i tarantini.
Per quanto riguarda il secondo quesito concernente “se i livelli di diossina e Pcb rinvenuti negli animali abbattuti, appartenenti alle persone offese indicate nell’ordinanza ammissiva dell’incidente probatorio del 27.10.2010, e se i livelli di diossina e Pcb accertati nei terreni circostanti l’area industriale di Taranto, siano riconducibili alle emissioni di fumi e polveri dello stabilimento Ilva la risposta è affermativa” rimarcano gli uomini del pool. E ancora, rispondendo agli altri “quesiti” del gip: per quanto riguarda il terzo quesito concernente “se all’interno dello stabilimento Ilva di Taranto siano osservate tutte le misure idonee ad evitare la dispersione incontrollata di fumi e polveri nocive alla salute dei lavoratori e di terzi la risposta è negativa”.
Ma non solo. I periti spiegano cosa andrebbe fatto, da subito, per l’aria di Taranto: “Per quanto riguarda il fenomeno dello slopping si ritiene necessario, al fine di ridurne l’entità, che si proceda rapidamente da parte di Ilva nell’implementazione del sistema esperto di regolazione del processo di soffiaggio dell’ossigeno e dell’altezza della lancia nel convertitore, così da svincolare, per quanto possibile, il controllo dell’operazione dall’intervento dell’operatore. Solo attraverso la registrazione di tutti gli eventi occorsi si potrà verificare l’efficacia delle procedure adottate per pervenire, se non all’eliminazione, almeno alla riduzione del fenomeno”. “Altro adeguamento necessario” è la chiosa degli esperti “è rappresentato dall’adozione dei sistemi di monitoraggio in continuo dei parametri inquinanti alle emissioni derivanti da impianti in cui sono trattati termicamente rifiuti, in cui i medesimi dovevano essere installati a partire dal 17 agosto 1999”.
“Non posso esprimere giudizi troppo articolati, la perizia è di molte pagine e ho potuto leggere solo le sintesi finali dei sei quesiti – commenta l’ingegner Aldolfo Buffo, rappresentante della Direzione per la qualità, l’ambiente e la sicurezza dell’Ilva – ma mi pare di poter dire che vi sia una constataione inequivocabile sul fatto che i livelli emissivi dell’Ilva sono tutti nei limiti di legge, incluse le diossine. Oggi si è consumato solo il primo atto, la perizia del gip, ci saranno altri passaggi, tra cui le risposte dei nostri consulenti. Non vi sono evidenze certe, ma solo ipotesi che saranno oggetto di ulteriori approfondimenti. Aspettiamo la fine del confronto per esprimere giudizi definitivi”.
Sulla questione è in corso infatti anche una perizia medico-legale da parte di tre consulenti: il professore Annibale Biggeri, docente ordinario all’università di Firenze e direttore del Centro per lo studio e la prevenzione oncologica; Maria Triassi, direttrice di struttura complessa dell’area funzionale di igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro ed epidemiologia dell’azienda ospedaliera universitaria ‘Federico II’ di Napoli, e il dottor Francesco Forastiere, direttore del Dipartimento di Epidemiologia dell’Asl di Roma.
di GIOVANNI DI MEO e GIULIANO FOSCHINI (Repubblica)
Sarà una perizia storica?
E la nave va?
Aspettiamo questa ennesima colletta nazionale, e speriamo
Per il bene di tanti lavoratori. E che possano aumentare e aprire a nuove economie.
giovedì 26 gennaio 2012
ENI, non è solo puzza: FA MALE!!!
Le centraline hanno rilevato concentrazioni enormemente superiori ai limiti tollerabili di:
2) ANIDRIDE SOLFOROSA (S02)(Il biossido di zolfo è un forte irritante delle vie respiratorie; un’esposizione prolungata a concentrazioni anche minime (alcune parti per miliardo, ppb) può comportare faringiti, affaticamento e disturbi a carico dell'apparato sensoriale (occhi, naso, etc.).È inoltre accertata una sinergia dannosa in caso di esposizione combinata con il particolato, sinergia che genera anche ozono; il particolato è infatti in grado di trasportare ilbiossido di zolfo nelle parti più profonde del polmone, aumentando di conseguenza ildanno anche in presenza di concentrazioni più ridotte di anidride solforosa. - Wikipedia)
ARPA PUGLIA - TARANTO - ENI - Relazione_odori_17-1-2012
I link diretti ai documenti:
Relazione Sostanze Odorigene - 17 gennaio 2012
Allegati Relazione Sostanze Odorigene - 17 gennaio 2012
Direzioni vento H2S - 17 gennaio 2012
Rosa dell'inquinamento SO2 - 17 gennaio 2012
Rosa dell'inquinamento H2S - 17 gennaio 2012
In attesa del responso...
martedì 24 gennaio 2012
Ancora dubbi sulla rigenerazione e una proposta d'incontro
Tornano in mente alcune avvisaglie importanti: l’insostenibile leggerezza con la quale sono stati letteralmente dissipati occasioni e fondi messi a disposizione dall’Unione Europea con i progetti Urban II e l'assurda, recente operazione di divisione, mediante “panettoni” di cemento e cancello di ferro, di piazza San Francesco in Città Vecchia, a cui gli abitanti hanno reagito con civile e fermo dissenso, avanzando proposte che restano, al momento, inascoltate e sepolte, come le “chianche” del basolato storico di via Duomo riseppellite da strati di bitume.
Per quanto riguarda la conosciuta realtà in cui vive, il Comitato di Quartiere Città Vecchia chiede a chi di competenza di rendere pubblica informazione circa lo stato di avanzamento del Piano urbanistico di Rigenerazione e invita cittadini, realtà di base e tutti coloro che hanno a cuore l’isola ed i suoi abitanti - con il loro bagaglio “diffuso” di cultura popolare e memoria storica - a partecipare ad una nuova assemblea pubblica, che si terrà giovedi 26 Genn., alle ore 19.00, in via Paisiello, presso i locali del Comitato di Quartiere Città Vecchia, per decidere delle prossime iniziative da adottare in merito.
“TARANTO VECCHIA E’ TARANTO!”
lunedì 23 gennaio 2012
domenica 22 gennaio 2012
Mal'aria 2012 anche a Taranto è emergenza polveri
Legambiente presenta Mal'aria 2012
E' emergenza smog nelle città italiane
Fuori legge per pm10 il 67% dei capoluoghi di provincia monitorati
Anche a Taranto è emergenza polveri
La qualità dell'aria delle città italiane è pessima e continua a peggiorare. Lo confermano i dati del dossier Mal'aria, lo studio annuale di Legambiente sull'inquinamento atmosferico. I principali imputati sono le polveri sottili: nel 2011, il 67% dei capoluoghi di provincia monitorati non ha rispettato il limite consentito di superamenti della soglia di PM10, un aumento del 12% rispetto all'anno precedente. Torino, Milano e Verona sono in testa con 158, 131 e 130 superamenti registrati nella centralina peggiore di ognuna delle tre città. Crescono, inoltre, le dimensioni degli sforamenti. Ed è una vera e propria emergenza, perché il particolato emesso dagli scarichi delle autovetture, dagli impianti di riscaldamento e dai processi industriali, sono sostanze altamente dannose per la salute umana per la loro capacità di penetrare in profondità nell'apparato respiratorio. Sulle 82 città monitorate, 55 hanno esaurito i 35 superamenti all'anno del limite di legge giornaliero per la protezione umana del PM10 (50 µg/m3).
Anche a Taranto, purtroppo, è emergenza polveri, dichiarano Lunetta Franco, presidente del circolo jonico di Legambiente e Leo Corvace, del Direttivo del circolo.. Le due centraline di monitoraggio di via Archimede e via Machiavelli hanno infatti registrato superamenti dei limiti di legge previsti per la media giornaliera su base annuale: 40 in via Archimede e 45 in via Machiavelli. Questi dati prefigurano un rischio sanitario per la popolazione esposta. Diversi studi ( SIDRIA, APHEA, MISA 1 e 2, SISTI) hanno accertato la correlazione tra aumento dei livelli di PM10 e diverse patologie nel breve periodo con effetti sia in termini di ricoveri che di decessi. Particolarmente interessate sono malattie respiratorie e cardiache nel loro complesso.
In questo contesto Sindaco e Regione Puglia non possono esimersi dall'intervenire per tutelare la salute pubblica. Il sindaco in base al suo status di massima autorità sanitaria locale (leggi n. 833/1978 e n. 112/1998), la Regione con il piano di azione previsto dal Dlgvo 155/2010.
Data la collocazione delle centraline a ridosso dell'area industriale è del tutto evidente come all'origine di questi superamenti vi siano emissioni provenienti soprattutto dall'Ilva. In particolare sotto accusa sono, oltre ad impianti come l'agglomerato e la cokeria, i parchi minerali. Conferme in tal senso si sono ottenute con la sentenza di condanna subita dall'azienda il 28 settembre 2005 in sede di Cassazione (le polveri rinvenute in quantità notevole e prelevate in varie zone della città di Taranto, provenivano certamente dai parchi minerali dello stabilimento Ilva, stante le loro caratteristiche costitutive accertate mediante analisi che avevano evidenziato la massiccia presenza, in esse, di ferro,vanadio, cromo e manganese.). Nonché dalla recentissima perizia redatta dal CTU nominato dal giudice nell'ambito del contenzioso promosso da un condominio del quartiere Tamburi nei confronti dell'Ilva per presunti danni subiti dall'edificio a causa della dispersione di polveri dai parchi minerali.
La situazione di rischio sanitario profilatasi con il PM10, peraltro collegata all'emergenza benzo(a)pirene ed in un riconosciuto contesto di forti criticità ambientali, impone finalmente l'adozione di provvedimenti adeguati : in primo luogo, la copertura dei parchi minerali. Si ribadisce come la soluzione proposta dall'Ilva, il barrieramento del muro dello stabilimento lungo le dorsali stradali per Grottaglie e Statte, sia del tutto inadeguata. Ad essere intercettate sarebbero infatti soprattutto le polveri pesanti aerodisperse e solo nella misura del 50 %, mentre il barrieramento risulterebbe inefficace per le polveri sottili come PM10 e PM 2,5. Un obiettivo, tra l'altro, perseguibile prevedendo anche il contemporaneo innalzamento delle colline "ecologiche" site nel quartiere Tamburi.
La copertura dei parchi minerali è del tutto fattibile come dimostrato da un progetto presentato nel 2005 dal Politecnico di Taranto che prevede la realizzazione di apposite tensostrutture. La Legambiente ha tentato di inserire questa misura tra le prescrizioni dell'AIA, scontrandosi però con l'opposizione congiunta di azienda e Ministero dell'Ambiente. La nuova emergenza PM10 può riaprire la partita imponendo questo provvedimento attraverso un'azione congiunta tra Regione e Sindaco di Taranto integrando le rispettive funzioni.
PM10 ti tengo d'occhio: superamenti del limite medio giornaliero di protezione della salute umana (50 µg/m3) nei capoluoghi di provincia nel 2011, rispetto alla centralina peggiore. Superamenti consentiti in un anno: 35
Città capoluogo | Centralina peggiore | Superamenti |
Taranto | Via Machiavelli | 45 |
La classifica, che Legambiente stila dal 2006, elenca i capoluoghi di provincia in base al numero dei giorni di superamento del PM10 della centralina peggiore presente sul territorio urbano (a prescindere dal tipo di centralina) per numero di superamenti, raccogliendo i dati disponibili e diffusi sui siti delle Arpa Regionali. Si è scelto questo criterio per il confronto tra le città in quanto le Regioni scelgono modalità diverse nella comunicazione dei dati.
Legambiente Taranto
venerdì 20 gennaio 2012
Torbide acque e arie putride per cozze nomadi!
L'archeologia del contemporaneo, ovvero l'idiozia!
I geni economici dell'amministrazione tarantina hanno inventato il sistema keynesiano in versione tubetti con le cozze: la città è in crisi? diamo una boccata d'ossigeno all'economica spendendo soldi pubblici per costruire e distruggere le stesse cose a distanza di pochi giorni!!! Complimenti!!!
CITTA’ VECCHIA – Nistri si difende, le chianche torneranno, l’asfalto sarà rimosso
E’ una logica molto difficile da comprendere, ma si chiama burocrazia e purtroppo anche mancanza di pianificazione e dialogo fra enti e istituzioni. L’ass. alla Città Vecchia Nistri ha spiegato in un’intervista uscita oggi sul Corriere del Mezzogiorno la farraginosa vicenda delle chianche “seppellite” sotto al bitume in via Duomo e piazza Castello. Proviamo a spiegarvela: il manto stradale che ha coperto la vecchia Strada Maggiore fino a via Paisiello era un’operazione dovuta, in quanto prevista nell’appalto dei lavori condotti dall’Acquedotto Pugliese un anno fa. Perché dunque asfaltare solo ora e in prossimità dell’intervento di recupero delle chianche previsto dal Comune? perché l’anno scorso la gittata di bitume era stata bloccata dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici di Taranto, la quale ha concesso l’autorizzazione solo ora. Quindi via il fresco asfalto che ha decretato la fine dei lavori dell’Acquedotto e avanti con quelli del Comune che ora dovrà togliere non uno ma due strati di strada, quello appena messo e quello presente in precedenza, per la ricerca e il riposizionamento delle chianche. Ci sarebbe da restare senza parole, ma non possiamo non chiederci - stando alla versione fornita da Nistri – come mai la Soprintendenza abbia negato la colata di asfalto quando poteva concederla e concessa quando non doveva? senza considerare che, in entrambi i momenti che scandiscono questa vicenda paradossale, le chianche su cui cammina la nostra storia sembrano l’ultima preoccupazione piuttosto che la prima. Fatto sta che l’assessore alla Città Vecchia (meglio Borgo antico) ha garantito che a breve partiranno i lavori di recupero dell’antico basolato sia su via Duomo, fino alla sede universitaria del convento di San Francesco, che su p.zza Castello, davanti al 74Cento. L'appalto è già stato affidato per uno stanziamento di 50.000 euro. Per piazza Municipio niente da fare, almeno per ora, si spera. Proviamo però a spingerci nella nostra azione propositiva con un suggerimento all’ass. Nistri. Considerato che, come già scritto nel post di due giorni fa (lo trovi QUI), ci risulta che nel tratto iniziale di via Duomo si troveranno poche chianche in quanto asportate diversi anni fa, si faccia una verifica negli “scantinati” del Comune per vedere se qualcosa di quanto tolto per mano dell’Ente è ancora presente e recuperabile e, in alternativa (o in aggiunta) si faccia come si fa in tante grandi città storiche: si prelevino le basole dai tratti di strada non pedonali come la discesa Vasto, strada in cui sono presenti in quantità e visibili a occhio nudo sotto all’asfalto adagiatosi sopra, e si usino per pavimentare il cuore dell’Isola. Questo detto, vogliamo qui ringraziare il Corriere del Mezzogiorno per aver raccolto la nostra denuncia, il dott. Romano per la sua preziosa segnalazione e competenza e, soprattutto, i tanti tarantini che con la loro passione e la pressione messa in atto con mail e segnalazioni agli assessorati competenti, hanno contribuito in modo decisivo a venire a capo di questa storia, per quanto assurda, ed a sollecitare i lavori previsti per quello scrigno di storia e cultura che è la nostra Isola antica. (Vivitaranto)
Elezioni in vista: comincia la fiera delle bojate!
Venghino signori al Circo Stefàno!
Parchi e piste ciclabili. la città del 2020 c'è già
Così saranno gli spazi liberati dalla Marina
Comune e Provincia presentano riconversione aree
Un tuffo nel futuro, nella città che Taranto potrebbe diventare tra dieci anni. Ieri sera tutti i presenti nel salone degli specchi di Palazzo di città hanno guardato le «slides» preparate da un gruppo di architetti e ingegneri e hanno allungato lo sguardo al 2020. Comune e Provincia hanno presentato quattro progetti che utilizzano e valorizzano alcune delle aree che la Marina militare lascia libere dentro il perimetro urbano nell’ambito delle dismissioni. I tecnici vanno cauti e parlano di «suggestioni progettuali», quasi a chiarire che possono diventare realtà solo se si mette in moto la volontà collettiva, pubblica e privata, politica e finanziaria. Ci sono le idee e le proposte per: la sistemazione della fondazione Michelagnoli e del museo medioevale nei locali superiori del castello aragonese tra il torrione di San Cristoforo ed il torrione della bandiera; la realizzazione di un museo dell’Arsenale militare marittimo con un percorso panoramico e la creazione di un centro espositivo permanente dentro l’area dello stabilimento; il recupero architettonico dei Baraccamenti Cattolica, e realizzazione di un teatro per orchestra e di un Polo culturale; un percorso ciclopedonale lungo 9.5 chilometri di collegamento tra i due parcheggi di scambio a Cimino e Croce che passa dentro l’Arsenale, l’ospedale militare, la villa Peripato, supera di slancio il canale navigabile con un ponte levatoio metallico, costeggia via Garibaldi in città vecchia, attraversa il ponte di pietra e raggiunge la Croce. Si tratta di quattro proposte capaci di riqualificare in profondità pezzi della città restituendole funzioni oggi assenti, ma molto richieste. L’Arsenale ha segnato la storia di Taranto da un centinaio d’anni, è ricco di cimeli ma non possiede un suo museo che ne tratteggi l’importanza.
Il castello aragonese, oggi il secondo sito più visitato di Puglia, aumenterebbe il suo valore attrattivo ospitando, per la prima volta, un museo di storia medievale ristrutturando un migliaio di metri quadrati i locali posti in alto. L’ex cinema Arsenale e alcuni ex rifugi dei tempi della guerra, all’interno della vasta area dei Baraccamenti Cattolica, hanno perso l’originaria funzione e sarebbero recuperati per creare spazi polivalenti, espositivi e ricreativi, sale studio, una biblioteca, un teatro per l’orchestra. Nascerebbero quello che i progettisti hanno chiamato «Le corti di Taras». Infine la panoramica pista ciclopedonale. Ora scatta la ricerca dei finanziamenti senza i quali le "suggestioni" rimarrebbero tali.
(Cesare Bechis, CdM)
giovedì 19 gennaio 2012
Il petrolio di casa nostra
Ecco la nostra piccola, ennesima, sciagura ambientale quotidiana.
Grazie ENI!
Sversamento di idrocarburi davanti al canale di scarico dell’Eni
«La chiazza è di una certa entità. Si tratta sicuramente di idrocarburi. Ora bisogna capire cosa è successo agli impianti dell’Eni». La dott.ssa Maria Spartera, responsabile locale di Arpa Puglia, conferma che lo sversamento è avvenuto presso il canale di scarico della Raffineria, in Mar Grande, nei pressi di Punta Rondinella.
«Siamo stati avvisati dalla Capitaneria di Porto nella tarda mattinata di oggi – spiega la Spartera – i nostri tecnici sono ancora sul posto per accertare la causa dello sversamento, se c’è stato un guasto al depuratore o ad altri impianti della Raffineria. I nostri tecnici hanno effettuato anche dei prelievi ma non ci sono dubbi sul fatto che si tratti di idrocarburi». Sul posto sono intervenuti, oltre ai mezzi e agli uomini della Capitaneria di Porto, la Polizia di Stato, la Polizia Provinciale e tecnici della Ecotaras che hanno avviato le operazioni di contenimento della chiazza. Queste le prime informazioni sull’ennesima aggressione subìta dal mare di Taranto.
(Alessandra Congedo, Inchiostroverde)
mercoledì 18 gennaio 2012
Asfalto storico!
CITTA’ VECCHIA – Addio chianche, colata di asfalto in via Duomo e piazza Castello
L'asfalto su via Duomo. |
Florido.. vergogna!!!
le rispondo circa la presunta accusa agli ambientalisti tarantini di essere antindustrialisti, bene la mia accusa verso questa classe dirigente , prona, è molto più grave, io le dico che questa classe politica sta uccidendo Taranto. Da molti punti di vista economico, ambientale, sociale, la scelta dell’industria in quella posizione, non un industria a 20 km dalla città, ma a 150 metri, è un insulto alla vita. Come WWf Taranto, non mi oppongo all’industria in quanto tale, ma mi oppongo all’industria a 150 metri dalle abitazioni, dalle scuole, dalle madri che allattano. A questo mi oppongo, non ci demonizzi, non siamo contro l’industria siamo contro la stupidità di chi difende l’indifendibile. Capisco che per motivi sindacali, elettorali clientelari, Lei difende il suo parco elettivo, ma noi non ci schieriamo contro tutte le industrie, ma chiediamo che dei colossi come l’Eni, la Cementir e l’Ilva debbano essere rispettosi di questa città, e i politici, se di questo parliamo, devono individuare nuove strade per allontanare l’inquinamento dalla città. Se cosi non fosse Lei, come altri, sta decretando la morte della città. Basta guardare alla diminuzione della popolazione tarantina, per farsi un idea, siamo passati da circa 250.000 a 176.000. Se queste grandi industrie fossero portatrici di lavoro, secondo Lei perché la città si svuota??? La verità e che i numeri degli assunti non sono cosi tanti come ci vorrebbero far credere, forse 4000, con l’indotto 8000 persone, è il resto della città?
Ieri sera la nostra città ha di nuovo assaporato il profumo dell’anidride solforosa, che delizia!!!.
Lei l’ha sentita? Ha potuto annusare questa delicata fragranza che ha mandato in tilt i centralini dei Carabinieri, che ha mandato in ospedale decine di cittadini?
Possiamo ancora credere che l’ambientalizzazione sia possibile? Non ci tratti come deficenti siamo persone in grado di capire e di pensare, ebbene dia dimostrazione di amore per la vita e per la città, trovi soluzioni al problema ( non le deportazioni di massa del Sindaco) ma lavoro, progetti di diversificazione, proposte di rispetto della cittadinanza.
Wwf Taranto Onlus
Fabio Millarte
Puzze varie
Il cilindro del mago stefano!
martedì 17 gennaio 2012
Signor Sindaco ma lei è davvero in buona fede?
Sono mesi che il “Comitato Donne per Taranto” le sta indirizzando lettere per avere risposte riguardo all’ordinanza del Quartiere Tamburi e che stiamo affermando, con dati alla mano, che le sue dichiarazioni sono fuorvianti e dal nostro modesto punto di vista “pericolose” per la salute dei bambini; ma ciò che ci lascia allibite è la sua capacità di continuare su questa linea. E allora ci chiediamo se davvero lei sia in buona fede!
La sua laurea in medicina (con tesi annessa) è davvero un valore aggiunto o solo il suo coniglio nel cilindro da tirar fuori da abile prestigiatore, nei momenti in cui mancano le argomentazioni ed è necessario stupire in qualche modo il pubblico? E sì signor sindaco perché un medico dovrebbe sapere che la concentrazione di sostanze nel terreno come quelle ritrovate sono pericolose per la salute, in modo particolare quella dei bambini e un medico non può, non deve, dire il contrario.
Ma andiamo per ordine.
Anzitutto lei continua a parlare di “Ordinanza del Berillio”.
Le vogliamo ricordare, per l’ennesima volta, che dalla relazione tecnica descrittiva dei suoli redatta a giugno 2010, si evidenzia che il suolo profondo è contaminato non solo da Berillio (come lei imperterrito continua a dichiarare), ma anche da Antimonio, Idrocarburi, Arsenico, Cromo, Nichel, Cobalto, e il suolo superficiale (per intenderci quello che i bambini toccano, ingeriscono, respirano..) oltre che da Berillio (che a quanto pare a lei piace molto) anche da Piombo, Antimonio, Zinco, PCB, Idrocarburi, tutti con valori che vanno ben oltre quelli tabellari previsti dal D.lgs 152/06, tanto da configurarsi come rischio sanitario non accettabile.
Non dimentichi che l’analisi di rischio parlava di rischio tossico non accettabile anche per il Piombo, dato che l’Arpa non ha mai contestato e che quindi va ritenuto fuori da ogni contestazione.
Il Piombo, come lei medico dovrebbe sapere, è un elemento che può causare numerosi effetti indesiderati, come anemia, danni ai reni, danni al sistema nervoso, danni cerebrali, diminuzione della capacità di apprendimento, disturbi comportamentali nei bambini, come aggressività, comportamento impulsivo ed iperattività, oltre a poter entrare nel feto attraverso la placenta della madre e causare serio danneggiamento del sistema nervoso e del cervello nei bambini non nati.
Ma lei che è un medico, tutte queste cose le sa, ed è per questo che le poniamo la domanda: “ma lei è davvero in buona fede?”
Il fatto che si ostini a parlare SOLO di Berillio, con fare da prestigiatore, dimenticando o meglio volendo far dimenticare che ci sono altre sostanze PERICOLOSE per la salute dei bambini, come la vede? Si dia da solo la risposta perché noi ce la siamo già data!
Inoltre lei continua ancora ad affermare che le istituzioni hanno dichiarato che non c’è pericolosità per quei terreni ma lei sa benissimo che questa non è la Verità o per lo meno non è TUTTA la Verità!
Le Istituzioni avevano chiesto che le analisi fossero ripetute, cosa che a distanza di oltre un anno e mezzo NON ci risulta sia stato fatto.
Vorremmo ricordarle quanto veniva dichiarato da Arpa Puglia ad agosto 2010 con documento indirizzato a Regione Puglia, Comune e Provincia: “è necessario verificare la correttezza dei dati, ripetendo le analisi…” e ancora: “nel caso in cui la ripetizione delle prove analitiche dovesse confermare il dato, bisognerebbe effettuare una serie di campioni nel suolo superficiale all’intorno dei due hot spot al fine di circoscrivere il plume di contaminazione, sia orizzontalmente che verticalmente e intervenire con misure di messa in sicurezza di emergenza nell’area interessata dalla contaminazione”.
Lo stesso Istituto Superiore di Sanità in data 7/09/2010 dichiarava: “per quanto riguarda i superamenti dei valori di PCB, si concorda pienamente sulla ripetizione delle analisi nei punti contaminati” e ancora: “si suggerisce di effettuare uno studio per la determinazione dei valori di fondo per il parametro Berillio in zone non impattate dalle attività industriali di Taranto…”
Allora Signor Sindaco la domanda iniziale ha un senso perché davvero non capiamo se a lei queste cose sfuggono o se, pur conoscendole, preferisce non prenderle in considerazione.
Ci chiediamo con quale coraggio lei continua a dire che “è tutto a posto” che non ci sono problemi” quando, invece, le ripetizioni delle analisi non sono state effettuate?
Quando, nonostante tutto, quei terreni non sono stati MAI messi in sicurezza?
Lei sa benissimo che sta omettendo una parte di Verità che cambierebbe il senso delle sue dichiarazioni!
In tutto questo tempo di “attese”, lei è così sicuro che tutti i bambini entrati in contatto con quel terreno non siano stati contaminati da queste sostanze e non possano essere potenziali “malati”?
E’ così convinto che la sua opera di minimizzazione (e non solo la sua) e la mancanza di verità e di coraggio nel prendere decisioni, coerenti anzitutto con la sua professione (che sbandiera in ogni dove) e poi con il suo ruolo di tutore della salute pubblica, non abbiano contribuito a rendere i figli di quel Quartiere, per esempio affetti da Deficit di Attenzione ed Iperattività (ADHD)? Una delle tante malattie per cui è stata accertata la relazione con la contaminazione da Piombo.
E’ questo è solo uno dei tanti scenari di patologie possibili per quei bambini!
Tutto ciò signor Sindaco la lascia davvero dormire tranquillo mentre continua la sua scalata per le prossime elezioni?
E allora ci risponda: lei è davvero in buona fede?
Se a questo punto come dichiara quell’ordinanza “è stata vana” e quindi non ha più motivo di esistere, perché non ha il coraggio di ritirarla?
Non le sembra anche questo un atteggiamento alquanto privo di ogni logica?
La nostra domanda iniziale assume poi un sapore ancor più amaro in riferimento alla sua ultima affermazione, quando cioè dichiara “stiamo lavorando per spostare le scuole o le residenze così come spostare quelle persone che abitano proprio in vicinanza della grande Industria!”
Ma se per un attimo ascoltasse le sue dichiarazione come semplice cittadino, non si renderebbe conto da solo che stridono parecchio?
Non si accorgerebbe da solo che c’è una sorta di ambiguità e di controsenso?
Nell’arco di 5 minuti lei afferma che “non c’è pericolo” che “la grande industria non inquina più” ma, contemporaneamente, che è necessario spostare gli abitanti prossimi alla grande Industria.
Paradossale, non le sembra?!!
Questo è tutto ciò che è capace di mettere in atto?
La deportazione di una fetta di cittadinanza che si sta vedendo negare diritti fondamentali quali la Salute, la Vita e ora anche la LIBERTA’?!
No, signor Sindaco noi non ci stiamo (e siamo in tanti a non “starci”!): se “qualcuno” si deve spostare o meglio deve “sloggiare” (deve CHIUDERE!) non sono certo gli abitanti dei Tamburi;
e se a lei questa lettera non è andata giù, sappia che è solo un antipasto perché ad ogni affermazione lontana dalla Verità, da oggi in poi, ci troverà sempre pronti a chiederle: ma lei è davvero in buona fede?”
Comitato Donne per Taranto
Ail Taranto
sabato 14 gennaio 2012
Stefàno: sgomberiamo i Tamburi per non disturbare l'Ilva
Dove c'è GasNatural c'è "puzza" di gas!!!
CHAP(2011)02184: IL CASO TRIESTE A BRUXELLES
IL PROGETTO DEL RIGASSIFICATORE DELLA SPAGNOLA GAS NATURAL AUTORIZZATO DALL’ITALIA ANCHE IN VIOLAZIONE DEL TRATTATO DI PACE DEL 1947
L’11 luglio 2011 veniva presentato alla Commissione Europea la denuncia sulla violazione del diritto internazionale da parte delle autorità italiane nella provincia di Trieste - zona A del Territorio Libero di Trieste. La denuncia veniva presentata da Roberto Giurastante responsabile di Greenaction Transnational, ed accolta dalla Commissione Europea il 28 dello stesso mese.
Si è trattato della prima pubblica azione in cui davanti alle autorità comunitarie è stata disconosciuta la sovranità e la giurisdizione italiana su Trieste e provincia.
Nelle denuncia viene affrontata la drammatica situazione dell’inquinamento del territorio di Trieste, le reiterate violazioni dello status del porto libero di Trieste e delle sue zone franche, le repressioni poste in essere dalle autorità italiane nei confronti dei cittadini del Territorio Libero che si battono per a difesa del diritto internazionale.
Questa denuncia internazionale, completamente censurata dagli organi di informazione, ha rappresentato la base delle ulteriori azioni per la difesa della legalità calpestata a Trieste da uno Stato (Italia) che nel silenzio internazionale si è annesso un territorio indipendente, e come tale riconosciuto dalle Nazioni Unite in virtù di un trattato di pace (quello del 1947) immodificato e immodificabile.
Proprio in base al Trattato di Pace il Porto Libero di Trieste quale area extraterritoriale e quindi al di fuori della sovranità italiana, non può essere assoggettato all’amministrazione italiana, né alle sue leggi. E questo ovviamente vale sia per gli strumenti urbanistici portuali adottati e approvati in elusione del diritto internazionale, sia per tutte le autorizzazioni ministeriali decretate dalle autorità italiane. Compresa quella rilasciata al terminale di rigassificazione della spagnola Gas Natural che verrebbe costruito nel parte meridionale del porto.
Alla Commissione Europea è stato chiesto nel suo ruolo di garante della Carta dei Diritti Fondamentali dell’U.E. e quindi dei Trattati Internazionali di assicurare il rispetto del Diritto internazionale e comunitario violato dall’Italia nella provincia di Trieste-TLT. E ora il “caso Trieste” sta per approdare anche al Parlamento Europeo.
venerdì 13 gennaio 2012
Stefàno si cala le braghe e svende l'aria di taranto all'ENI...
Tempa Rossa, accordo Eni-Comune
Ed ora, per la gioia di tanti ed il finto disappunto di politicanti da strapazzo che hanno già iniziato la loro “fuga per la vittoria” in vista delle prossime elezioni comunali, il progetto “Tempa Rossa” può “finalmente” decollare. Nella giornata di ieri, in gran segreto all’interno di Palazzo di Città, sede del Comune di Taranto e di quella che dovrebbe essere la casa di tutti i cittadini, si sono riuniti intorno ad un tavolo l’amministrazione comunale, quella provinciale e i dirigenti Eni “per un primo approfondimento sulle compensazioni ambientali legate agli investimenti ENI nell'area di Taranto”, che come confermato dal sindaco Stefàno, riguardano al momento solo il progetto “Tempa Rossa” e non la nuova centrale Enipower, visto che i dirigenti dell’Eni non hanno ancora dato risposta alla richiesta di Comune, Provincia e Regione dello scorso novembre di ridurre della metà la potenza della “Centrale a Ciclo Combinato da 240 MWe alimentata a gas naturale”.
Tornando al progetto “Tempa Rossa” dunque, é bene ricordare l’“Adeguamento stoccaggio del greggio proveniente dal giacimento Tempa Rossa”, consisterà nella costruzione di diverse opere, tra cui quella di un nuovo impianto pre-raffreddamento greggio e di due nuovi impianti di recupero vapori a integrazione dell'esistente: uno per la gestione dei vapori da caricamento greggio Tempa Rossa e uno per la gestione dei vapori da caricamento greggio Val d'Agri. Il progetto prevede la “Progettazione e realizzazione delle opere marine previste per l’ampliamento del terminale petrolifero sito nel Mar Grande di Taranto”. Questo avverrà innanzitutto attraverso il prolungamento del pontile esistente (sviluppo in mare per 515 m con n. 2 piattaforme principali di attracco denominate P1 e P2, e collegato a terra mediante una diga a scogliera lunga circa 350 m) e con la realizzazione di una terza piattaforma d’attracco per la spedizione di prodotti petroliferi, denominata P3, e delle relative strutture di ormeggio. La lunghezza del prolungamento (struttura carrabile) sarà di 355 metri, dalla piattaforma P2 alla nuova piattaforma P3; inoltre, è prevista la realizzazione di passerelle di collegamento tra la struttura principale e le briccole di ormeggio esterne, per un’ulteriore lunghezza di 160 m. L’estensione del pontile esistente sarà comprensiva di: una nuova piattaforma di carico (P3) provvista di due accosti, per l'attracco di navi da 30.000 DWT non allibate e da 45.000 DWT e 80.000 DWT parzialmente allibate; da 4 briccole di accosto e 6 di ormeggio, corredate di ganci a scocco e cabestani; da un sistema antincendio acqua & schiuma e vie di fuga; da un sistema di raccolta dreni idrocarburi; da un sistema di raccolta acque meteoriche e da un sistema di drenaggio bracci mediante azoto. Su ciascun accosto è prevista inoltre l’installazione dei necessari bracci di carico greggio, braccio recupero vapori, bracci per il carico del Bunker/Marine diesel, dispositivo per controllo velocità di accosto, torre munita di scala di collegamento con la nave.
Questo per quanto concerne la parte strettamente tecnica. Per quella istituzionale, è invece bene ricordare (specialmente per i posteri) che dopo l’ok ricevuto da Comune e Provincia di Taranto (i sindacati avevano battuto tutti sul tempo dichiarando il loro sì incondizionato e a priori al progetto oltre un anno fa), lo scorso 19 settembre l’allora ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, firmò quattro decreti di pronuncia di compatibilità ambientale, uno dei quali proprio sul progetto Via/Aia congiunto per la Raffineria di Taranto dell'Eni ("Adeguamento stoccaggio del greggio proveniente dal giacimento Tempa Rossa"). Per ultima, ma non certamente per importanza, lo scorso 6 dicembre anche la Regione Puglia espresse parere favorevole di compatibilità ambientale. Tutti insieme allegramente d’accordo dunque. Anche se, ad onor del vero, a noi non è ancora chiaro cosa intendano le su citate istituzioni quando parlano di “compatibilità ambientale”. Taranto sarà infatti usata solamente come punto logistico di base: saremo un semplice contenitore di petrolio grezzo che sarà poi trasportato dalla nostra raffineria ad altre presenti sul territorio italiano o estero. Come regalino, questo giochetto produrrà un 12% in più di emissioni diffuse, che si distinguono dalle altre per il fatto che si disperdono in atmosfera senza l'ausilio di un sistema di convogliamento delle stesse dall'interno verso l'esterno. Emissioni diffuse che rientrano nella normativa sull'inquinamento prodotto dagli impianti industriali, emanata con D.P.R. 24 maggio 1998 n° 203, che all’art.2, comma 4 recita testualmente: “Emissione, ovvero qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera, proveniente da un impianto, che possa produrre inquinamento atmosferico”. Dato che l’Eni non smentisce, anche se nel SIA (Studio d’Impatto Ambientale) la percentuale scende all’8%, e che è stato anche confermato da Arpa Puglia, che però a differenza di quanto avviene quando di mezzo c’è l’Ilva, in questo caso non è stata ritenuta idonea ad esprimere una posizione ufficiale da parte della Regione Puglia. “Compatibilità ambientale” che non tiene conto nemmeno del fatto che, sempre all’interno dello Studio d’Impatto Ambientale, manchi l’analisi di rischio di incidente rilevante, necessaria specialmente in funzione del fatto che nella rada di Mar Grande aumenterà dalle attuali 40 ad un massimo di 133 il transito di petroliere.
Tornando all’incontro di ieri, tutti gli interventi, così come previsto dalla normativa applicabile (parliamo della legge Marzano, “Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza”, e che prevede nell’art. 1 comma 4, misure di compensazione e di riequilibrio ambientale, proprio in presenza di importanti infrastrutture energetiche ad elevato impatto territoriale, pensata ad hoc per favorire le aziende in tema di compensazioni, che si attestano intorno all’1% sull’importo del progetto previsto da un’azienda) saranno destinati a compensazione di carattere ambientale. Ovvero “la metanizzazione delle scuole gestite dalla parte pubblica, di mezzi di trasporto e servizi pubblici oltre che la solarizzazione di edifici scolastici e ambientalizzazione delle attività portuali ENI”. Sono previsti inoltre non meglio precisati “interventi sempre nello spirito delle compensazioni ambientali che saranno destinati a sostegno di situazioni sociali di forte debolezza”. Quanto sopra prevede un investimento totale di circa tre milioni per ENI “a cui – si legge nella nota del Comune - oltre al beneficio ambientale, si aggiungerà un risparmio per un minor costo di energia e di spesa per l'acquisto del gasolio per circa un milione l'anno per le amministrazioni pubbliche. I rappresentanti delle due amministrazioni hanno richiesto, oltre le compensazioni, di sostenere le attività sportive di eccellenza in terra ionica”. Al riguardo l’ENI si è però riservata di avviare una verifica. E speriamo proprio che la risposta finale sia un bel no: almeno il Taranto calcio e la maglietta rossoblù lasciatecela pulita. Non potremmo sopportare di saperla anch’essa macchiata di petrolio.
GM Leone - TarantOggi 13 gennaio 2012 pag.6
Ricorso e controricorso!
OPPOSIZIONE DI LEGAMBIENTE AL TAR DI LECCE CONTRO IL RICORSO ILVA SULL'A.I.A
Legambiente, nella circostanza rappresentata dagli avv. Massimo Moretti ed Eligio Curci, si è costituita nei giorni scorsi in sede di TAR di Lecce in opposizione al ricorso che l’ILVA ha presentato con l’intento di ottenere l’annullamento delle prescrizioni più rigorose che le sono state imposte nell’A.I.A.. “Un tentativo” - dichiarano Lunetta Franco e Leo Corvace del circolo Legambiente di Taranto, “per sminuire ulteriormente la portata di un’autorizzazione nei cui confronti abbiamo già espresso, con le nostre osservazioni presentate al Ministero dell’Ambiente e con interventi in tutte le sedi, fortissime critiche per le insufficienti prescrizioni ivi previste”.
Le prescrizioni impugnate dall’Ilva, spesso con argomentazioni pretestuose, riguardano, tra l’altro, il sistema di abbattimento delle emissioni convogliate della cokeria, il campionamento in continuo della diossina dell’impianto di agglomerazione, il riutilizzo dei reflui dai depuratori Gennarini e Bellavista.
Nel ricorso l’Ilva presenta, In maniera del tutto fuorviante, un quadro ambientale rassicurante circa l’esercizio dei suoi impianti e ritiene conclusa la fase di adeguamento alle M.T.D. (Migliori Tecnologie Disponibili) per la cokeria (“ da annoverarsi tra quelle di nuova e migliore concezione tecnica”). E’ evidente come l’azienda, nonostante le forti criticità ambientali tuttora presenti nel territorio, non intenda spingersi molto oltre gli interventi pur effettuati in questi anni. L’ILVA si oppone inoltre all’adozione di prescrizioni che non rientrano tra le stesse M.T.D. quali appunto alcune di quelle impugnate. “No contestiamo con forza” – continuano Franco e Corvace – “questa posizione, ora anche di fronte al TAR, sia sul piano giuridico, sia sulla base delle emergenze ambientali del territorio. La normativa italiana ed europea in materia prevede infatti la possibilità, con il rilascio dell’A.I.A., di imporre misure e valori limite di emissione più rigorosi rispetto a quelli previsti dalle linee guida sulle M.T.D. e dalla legislazione di settore. Le citate prescrizioni sono quindi da ritenersi del tutto legittime”.
Nello specifico, l’installazione di un sistema di abbattimento delle emissioni convogliate della cokeria, che ne è attualmente priva, è assolutamente necessaria per ridurre drasticamente il loro impatto ambientale anche in rapporto alle emergenze benzo(a)pirene e PM 10 tuttora vigenti. Per il 2005 l’Ilva dichiara una stima pari a 251 t/a di polveri, 2222 t/a di NO2 e 2160 t/a di SO2, dati peraltro sottostimati secondo la commissione IPPC.
Altre emergenze, come il depauperamento della falda e la carenza di acqua, impongono che venga mantenuta la prescrizione di utilizzo, da parte aziendale, dei reflui depurati in luogo dell’attuale prelievo di acque dal fiume Sinni. Prescrizione già prevista dal “Piano Regionale di Tutela delle Acque” e dal Commissario straordinario per l‘emergenza idrica. Oltretutto il sistema di condotte ed impianti di affinamento progettato allo scopo è stato in gran parte già realizzato. Con le acque non più utilizzate si potrebbe finalmente riempire l’invaso Pappadai, altrimenti destinato a rimanere un’incompiuta nonostante gli ingenti costi sostenuti per realizzarlo.
Di particolare importanza è la conferma del campionamento in continuo della diossina in presenza di una situazione sanitaria preoccupante, di due ordinanze di inibizione alle attività di pascolo e alla coltivazione dei mitili e dell’abbattimento di circa 2200 capi di bestiame contaminati. Con questa prescrizione si applicherebbe la legge regionale “antidiossina”in tutta la sua portata, tenendo sotto controllo un inquinante dei cui effetti devastanti la Procura si sta occupando con l’ipotesi di reato di procurato disastro ambientale. Inoltre il campionamento in continuo permetterebbe di confermare o meno i livelli sotto la soglia di 0,4 n/g di recente rilevati dall’ARPA per le emissioni di diossina.
Legambiente, con la costituzione in opposizione al TAR di Lecce, richiede quindi il totale respingimento del ricorso presentato dall’Ilva ed il mantenimento delle prescrizioni dell’A.I.A. impugnate da ILVA.
giovedì 12 gennaio 2012
Tiroide alla tarantina!
E’ in corso da ieri pomeriggio, al Grand Hotel Delfino, un importante convegno sulle neoplasie della testa e della gola. I lavori, coordinati da Salvatore Pisconti, Alfredo Procaccini e Giovanni Silvano, hanno visto giungere nella città ionica esperti provenienti da tutta Italia che si confronteranno su tecniche, diagnosi e terapie. Abbiamo approfittato della presenza del dottor Cosimo Nume, presidente dell’Ordine dei Medici di Taranto, per parlare del rapporto tra salute e inquinamento.
Dottor Nume, quali sono le patologie che attualmente destano maggiore preoccupazione sul nostro territorio?
Le neoplasie che colpiscono la tiroide e in generale le patologie che interessano il sistema endocrino, per le quali vi è una stretta correlazione con gli inquinanti ambientali e in particolare con le diossine. La prevalenza di queste patologie è una delle stimmate del principale problema di questa città. Come medici cerchiamo di affrontarlo sia sul piano della diagnosi e della cura, che su quello della prevenzione. Occorre percorrere tutte le strade per avere una città nuova, dove l’inquinamento non ci sia o sia molto limitato.
Vogliamo ricordare quali sono le altre malattie che presentano una criticità dal punto di vista ambientale?
Nell’ambito delle neoplasie possiamo citare alcuni tipi di leucemie, i linfomi non-Hodgkin e i tumori del polmone.
Gli ultimi dati ufficiali relativi al Registro Tumori risalgono al 2006. Che tendenza è emersa in questi ultimi anni?
Per la tiroide siamo in una fase di tendenziale incremento dell’incidenza, sia delle patologie tumorali che di quelle disfunzionali, che comunque potrebbero avere un legame con il fattore ambientale. Per le altre patologie non si notano grandi differenze. Per quanto riguarda il Registro Tumori stiamo sicuramente scontando un forte ritardo, ma il lavoro viene portato avanti così bene che alla fine avremo un quadro chiaro della situazione, basato non sulle opinioni ma sui numeri.
Alessandra Congedo - inchiostroverde
martedì 10 gennaio 2012
Ammazza che colpo!
Taranto, le morti invisibili
Record di decessi. La protesta contro l'inquinamento killer dell'Ilva.
All’esterno del tribunale di Taranto il 10 gennaio è andata in scena la protesta di un gruppo ambientalista contro le acciaierie dell’Ilva. Alcune decine di ragazzi hanno scandito arrabbiati cori contro i giornalisti, i politici e gli amministratori della società. A poche decine di metri dai loro striscioni, si consumava il primo atto del processo Scazzi.
I RIFLETTORI DEL PROCESSO SCAZZI. I manifestanti hanno aspettato l’ora di pranzo, quando le telecamere di tutti i principali telegiornali hanno cominciato le loro dirette dal tribunale. Una trentina di cittadini. Nessuna firma. Nessun simbolo di partito. Solo slogan e striscioni per denunciare i danni causati alla popolazione tarantina dall’Ilva, l’acciaieria che sorge tra Taranto e Statte dal 1961.
Si sono raggruppati alle spalle dei giornalisti e hanno allungato uno striscione di una decina di metri. «Sulla morte di Sarah avete solo speculato, dei nostri veleni non avete mai parlato».
«VITTIME DEI VELENI DELL'ILVA». Chiaro il riferimento ai giornalisti. «Sono 50 anni che a Taranto si muore di tumore», ha spiegato a Lettera43.it Marco, 24 anni. «Noi siamo nati qui e non vogliamo rassegnarci a cambiare città per paura o per cercare lavoro. Lottiamo per la nostra città e per farci ascoltare non possiamo che approfittare di questi momenti. Altrimenti della realtà del Tarantino non se ne parla. Qui muoiono decine di migliaia di persone per i veleni dell’Ilva».
A Taranto il record di mortalità in Puglia
I dati ufficiali non sono rassicuranti. A Taranto si muore più che in ogni altra città pugliese. Lo confermano i risultati del Registro tumori jonico salentino. Se la media regionale pugliese dei decessi è pari a 100, gli ultimi dati disponibili hanno portato Taranto a quota 117 per tutte le cause di morte, a 129 per i tumori al polmone, a 474 per i tumori della pleura, a 124 per i tumori alla vescica.
IL QUARTIERE DEI «MORTI VIVENTI». Patologie riconducibili a problemi di inquinamento. Un'incidenza che negli anni è aumentata portando la popolazione all’esasperazione. Non si può definire altrimenti l'impotenza di una città. Soprattutto davanti a un ragazzino di 13 anni a cui è stato diagnosticato un tumore da fumo: l'adenocarcinoma del rinofaringe. Un destino simile a quello di tanti altri tarantini, specie quelli di Tamburi, il quartiere che qui hanno rinominato «dei morti viventi».
POLITICI E GIORNALISTI NEL MIRINO. «Oggi molti speculano sulla morte di Sarah. Di una ragazzina. Ma delle nostre morti, dei bambini, dei ragazzi di Taranto che si ammalano per la nostra aria avvelenata non parla nessuno», ha ribadito un manifestante. «Anche quelle sono vite. Anche loro meritano l’attenzione dei giornalisti». Ma non sono solo i media l’obiettivo polemico dei manifestanti, che hanno puntato il dito anche contro i politici, contro Vendola, il governatore colpevole di aver anche lui “speculato” sulla salute dei tarantini con promesse mai realizzate e approvando leggi sulle emissioni dei camini dell’Ilva che «non sono servite a nulla».
Poco prima delle due si sono spente le telecamere. Sono finite le dirette. I giornalisti hanno lasciato l’esterno del tribunale e anche i manifestanti hanno riavvolto gli striscioni. Lo show è finito. (Arcangelo Rociola - Lettera43)
NON GETTATE VIA GLI ALBERI DI NATALE: CHIAMATE!
Ma che fine fa l'abete quando finiscono le feste?
Ci pensiamo noi a selezionare gli abeti nelle condizioni giuste per essere ripiantati.. La raccolta straordinaria degli abeti si tiene dal 2 gennaio al 28 febbraio. Non lasciamo che finisca una VITA!
Seppur un albero merita di vivere. Ovunque tranne che al macero!
NON BUTTARLO!!
contattaci !! verremo personalmente a ritirarlo !!!
fabio--3398918346
mino -- 3881734372
E SE L 'ABETE NON HA LA RADICE?
l’abete, specie quello senza radici. Chi ha sfruttato le cime recise o i rami del sempreverde per ornare la casa durante le feste, anziché portarli in discarica o smaltirli, può consegnarli A NOI che li raccoglierà in fascine e li depositeremo sui fondali marini... Con i rami e le fascine si costruiscono le legnaie per la riproduzione ittica. Utilizzate da sempre dai pescatori, una volta posate sul fondale costituiscono l’habitat ideale nel quale possono proliferare i pesci, che lì depongono lunghi nastri di uova che, aderendo ai rami sommersi e alla vegetazione acquatica, proliferano.
Dovere di legge... ma funziona?
Così scatta la protezione. In distribuzione vademecum
Eni ed Ilva, ecco come comportarsi in caso di emergenza. In questi giorni il Comune di Taranto distribuirà ad alcune decine di famiglie di zona Croce e dei Tamburi una brochure realizzata dal professor Mario Moiraghi. Una sorta di vademecum illustrato su cosa fare nel caso in cui, facendo i debiti scongiuri, all’interno dei due stabilimenti industriali si verificassero incendi, esplosioni o si formassero nubi tossiche. Per questi due stabilimenti, appunto Eni ed Ilva, è stato redatto un unico Piano di emergenza esterno tenuto conto della vicinanza dei loro impianti.
Per «incidente rilevante», è opportuno chiarirlo, si intende un incidente che può causare danni all’esterno dello stabilimento. Nel piano si legge che «gli effetti di un evento incidentale ricadono sul territorio con una gravità di norma decrescente in relazione alla distanza dal punto di innesco dell’evento in questione». In pratica, più si è distanti, meno rischi si corrono.
Nel materiale che la Gazzetta ha potuto visionare vengono delimitate tre zone definite «a rischio». In particolare, dalle cartografie a disposizione, emerge che le tre «zone di rischio» sono così delimitate: «la zona di attenzione è delimitata a nord dalla viabilità di collegamento tra via per Statte e la strada statale 7 (Appia); ad ovest dall’area compresa tra zona Pino Solitario e zona Bellavista; ad est dalla via per Statte; a sud dalla zona San Brunone (cimitero) e Rondò Croce; la zona di danno è delimitata ad ovest dalla zona Pino Solitario ad est dalla strada statale 7 e a sud da Punta Rondinella; la zona di sicuro impatto si trova all’interno dello stabilimento». Con l’espressione «zona di sicuro impatto» ci si riferisce ad u n’area interna agli stabilimenti in cui «c’è un’elevata probabilità di letalità».
Il Piano di emergenza esterno prevede due livelli di allerta così distinti: livello di preallarme e di allarme. Con il primo livello «si realizza quando l’incidente, pur al momento sotto controllo grazie ad un costante e continuo monitoraggio da parte delle autorità, per la sua natura o per particolari condizioni ambientali e meteorologiche, possa far temere un aggravamento o possa essere avvertito dalla maggior parte della popolazione». Il livello di allarme, invece, si configura «quando l’incidente in corso potrebbe coinvolgere le aree esterne allo stabilimento. La dichiarazione dello stato di allarme è comunicata alla popolazione».
Ma, in caso di allarme, la gente come verrebbe informata? La brochure che sarà distribuita dal Comune di Taranto spiega che ci saranno dei messaggi diffusi dalle Forze dell’ordine con altoparlanti o, eventualmente, con interventi porta a porta, nonché, per quanto possibile, con comunicati sulle emittenti locali radiotelevisive. Questo avviso informa la popolazione che l’incidente verificatosi all’interno dello stabilimento sta coinvolgendo zone con presenza di persone. L’avviso indica alle persone presenti nelle aree quali comportamenti dovranno adottare (rifugio al chiuso e come extrema ratio l’evacuazione) e le precauzioni per autoproteggersi, per prevenire e limitare i danni derivanti dall’incidente.
Infine, l’ipotesi più clamorosa: l’evacuazione. «Nel caso possa prevedersi un’evoluzione verso condizioni di maggiore criticità o possa prevedersi una lunga persistenza di sostanze tossiche, il Piano di emergenza esterno prevede l’ipotesi di evacuazione. L’evacuazione della popolazione è l’estrema risorsa - si legge - in caso di emergenza poiché la migliore difesa si trova all’interno di un edificio o di uno spazio chiuso. Nel caso in cui debba procedersi all’evacuazione, questa avverrà in modo coordinato ed assistito». Il Piano, in questo caso, ha individuato tre «centri di raccolta e di attesa della popolazione». Sono: piazzale Democrate; l’area adiacente all’hotel ristorante al Faro ed uno in zona Bellavista. Fabio Venere(GdM)
Il documento a firma di Moiraghi, un esperto nella gestione dei rischi ambientali
Ma chi è l’estensore della campagna informativa del Comune di Taranto? È Mario Moiraghi. Nato a Milano nel 1942, si dedica alla realizzazione di testi storici e scientifici, allo studio di eventi sociali di rilievo e alla progettazione di piani operativi per la gestione di situazioni di rischio ambientale e di emergenza. Possiede una formazione culturale certamente eclettica, che, partendo da una base classica e letteraria, si è sviluppata nei titoli di Ingegneria al Politecnico di Milano e di Economia aziendale alla Bocconi, in associazione con corsi di specializzazione di vario genere in materia ambientale, economica, amministrativa e sociale. In campo linguistico, in aggiunta a quattro lingue moderne, al greco antico e al latino, Moiraghi ha compiuto studi sulle calligrafie medievali, sulle lingue del bacino mesopotamico e sull’egiziano geroglifico.
Ha operato in settori industriali privati, nel campo del controllo ambientale, come coordinatore di progetto presso società multinazionali europee e americane. E‘ stato dirigente pubblico nell’ambito di un’amministrazione regionale, ricoprendo anche incarichi di livello nazionale. Docente universitario per circa un decennio, nel settore del governo delle situazioni di emergenza e della protezione civile Moiraghi ha insegnato in varie scuole di perfezionamento post laurea in diverse sedi italiane. Ha poi diretto riviste scientifiche e pubblicato numerosi articoli tecnici e storici per riviste italiane e di lingua inglese. Realizza infine conferenze nei campi di competenza ed ha organizzato importanti convegni culturali. [f.ven.]