Ancora un vecchio inceneritore. Quanto (poco) vale la salute dei cittadini?
La politica delle emergenze e dei dissesti, ancora una volta, riversa sulla salute dei cittadini e sulla salubrità del territorio, decenni di inettitudine programmatica ed incapacità di rappresentare gli interessi di una comunità.
Le ultime dichiarazioni di Gaetano Carrozzo, del gruppo dei Riformisti, che si lamenta del mancato avvio dell'inceneritore di rifiuti dell'AMIU, sono emblematiche di una classe politica che si mostra vecchia dentro, preoccupata di difendere interessi e lobby, e soprattutto completamente impermeabile verso il bene comune.
L'inceneritore in questione è un impianto con tecnologia vecchia di trent'anni, altamente inquinante, che non rientra nelle caratteristiche richieste dalla Comunità Europea per il trattamento dei rifiuti ai fini del recupero materiale ed energetico.
Ricordiamo che questo impianto, del tipo "a griglia", produce diossina, pcb e particolato micro- e nanoscopico altamente pericoloso per la salute dei cittadini e per l'impatto sulle colture e le attività circostanti.
Non a caso, nessuna delle realtà agricole di quella zona, presso cui insiste anche l'inceneritore di Massafra, può ottenere il marchio biologico.
Su La Repubblica di venerdì 16 maggio si legge che 435 ricerche scientifiche internazionali provano un aumento spaventoso di tumori e nascite malformi in prossimità dei termovalorizzatori.
I Medici Ambientalisti, oncologi, hanno inviato al Parlamento Europeo una lettera in cui si legge "Con questa lettera aperta vogliamo ribadire con forza che l'incenerimento è l'ultimo dei rimedi da adottare nella scala delle priorità per lo smaltimento dei rifiuti.
E' una pratica che inevitabilmente produce sostanze nocive e cancerogene e che non risolve il problema: almeno un terzo della quantità trattata si trasforma in ceneri (una parte delle quali altamente tossica) che sono a loro volta da sistemare in discariche e finiranno per perdersi nell'ambiente."
Sul piano economico, quindi, l'inceneritore produce ceneri di rifiuto bruciato che dovranno essere stoccate in discariche speciali, con costi esorbitanti e altissimo rischio per l'ambiente. Inoltre, per essere economicamente conveniente, l'impianto deve essere sostenuto con fondi esterni (sovvenzioni locali e soprattutto il famigerato cip 6, la tassa per il recupero e il riciclaggio applicata sulle bollette energetiche che l'Italia ha "girato" criminalmente verso l'incenerimento, meritando una procedura di infrazione della Comunità Europea e le ire dei cittadini per il pagamento di un obolo alla classe industriale).
Infine, l'impianto deve essere a regime continuo, ovvero deve bruciare ogni giorno un'altissima quantità di rifiuti!
Qualche settimana fa, abbiamo denunciato che, nonostante l'emergenza dichiarata anche qui in Puglia, la Regione ha accolto 30.000 tonnellate di rifiuti campani che ha prontamente rigirato all'inceneritore di Massafra, attualmente l'unico di una certa dimensione attivo in Puglia. Se aggiungiamo l'immondizia del bacino di Lecce che viene portata in discarica nel tarantino e i rifiuti speciali che legalmente o meno giungono nella nostra provincia, ci rendiamo conto che un ennesimo impianto del genere non può che significare la definitiva promozione di Taranto a "monnezzaio d'Italia", con buona pace della salute e dell'immagine territoriale, già distrutta da industrie pericolose e inquinanti e dalla politica corrotta del dissesto.
La risposta di Nello De Gregorio, prima alfiere del riciclaggio, poi convertitosi improvvisamente all'incenerimento, è peraltro offensiva per tutta la comunità tarantina. Laddove l'Europa ci multa per aver attivato l'inceneritore di Massafra senza Valutazione di Impatto Ambientale che coinvolgesse la cittadinanza, si arriva a scusarsi delle "lungaggini burocratiche" e a promettere di fare i bravi per accendere la fiammella del rogo di spazzatura al più presto.
Non è un caso, in tutto questo universo di traffici di monnezza, se Taranto è la provincia più arretrata nel campo del riciclaggio, con una percentuale persino più bassa di Napoli.
In una realtà di crisi e disoccupazione, il riciclaggio, rappresenta una risorsa che invece di polverizzare e distribuire sui cittadini i rifiuti, li trasforma in materiali da utilizzare in infiniti modi e genera un circuito virtuoso di sviluppo economico e crescita occupazionale favorendo la piccola e media impresa. Lo stesso De Gregorio,prima di cambiare idea, aveva diffuso un piano in cui dimostrava il guadagno di questa pratica a livello locale. Tutto ciò agli interessi dei grandi industriali non piace e, a quanto pare neanche ai partiti maggiori che a destra come a sinistra, ne assecondano le politiche speculative alimentando la psicosi dell'emergenza.
E' gravissimo che da chi dovrebbe aiutare la città a risollevarsi da questo mare di veleni e ad ottenere dalla grande industria il rispetto dell'ambiente e della salute dei cittadini, si solleciti e si prometta ancora una volta l'attivazione dell'ennesimo impianto altamente inquinante e solo per mere ragioni di cassa.
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