I veleni dell'Ilva e l'ipocrisia del Pd
La prossima settimana il Parlamento Europeo, nella sua seduta di Strasburgo, discuterà le diverse mozioni presentate dai gruppi parlamentari in merito alla politica europea sull’acciaio, per la protezione delle industrie e dei lavoratori.La posizione contenuta nella proposta del PPE (del Partito Polare Europeo fanno parte gli europarlamentari eletti nelle liste italiane di Forza Italia e NDC-UDC) si basa sul rafforzamento della politica di sostegno all’acciaio e all’industria pesante in tutta Europa e chiede che la Commissione Europea garantisca un nuovo ruolo leader all’acciaio europeo, attraverso una serie d’iniziative tese ad assicurare posizioni di prima importanza sui mercati mondiali. Con meccanismi di consultazione locale e regionale, la proposta di Antonio Tajani, uno dei Vice-Presidenti del Parlamento Europeo, opta per la creazione di un’azione “SustSteel” di sostegno, contenuta nel cosiddetto Piano di Azione per l’Acciaio, al fine di garantire quei mercati internazionali che apprezzano l’acciaio europeo perché, secondo la mozione, prodotto con procedure che rispettano i diritti sociali e ambientali. C’è da rimanere allibiti quando si pensa a Taranto. Perché la proposta del PPE sottintende che i competitors internazionali non siano altrettanto ligi (quanto l’Ilva!) nel garantire che l’acciaio sia prodotto da operai felici, ben pagati, che vivono e lavorano in un ambiente salubre.
Il documento del PPE tocca momenti di alto lirismo quando fornisce una lista dei siti europei da difendere, definendoli jewels e invitando la Commissione a non chiuderli e a non cederli a gruppi extra-europei. Tra questi bijoux, naturalmente, Taranto, noto esempio di tecnologia, modernità, eco-compatibilità, circondata da giardini per la coltura di frutta e verdura biologica, dove la felicità regna sovrana. Peccato che l’Ilva sia costata all’Europa, in termini di impatto ambientale, ben 2.5 miliardi di euro per il periodo 2008-2012, secondo le valutazioni dell’Agenzia Europea per l’Ambiente.
La proposta del Gruppo S&D (Socialisti e Democratici, di cui fanno parte ben 31 eurodeputati del Partito Democratico) è blanda. La posizione è quella di sostenere la produzione di acciaio, vitale per l’economia europea, rilanciandola e mettendo a norma quei siti che, per vetustà o motivi economici, sono in declino. La proposta socialista/democratica difende la produzione e menziona la necessità di far fronte al problema CO2, suggerendo che le aziende reinvestano per realizzare un modello economico sostenibile e a basso consumo di carbone. Insomma una produzione decarbonizzata, che punti sull’energia rinnovabile e sulle infrastrutture smart. Bello ma generico e poco concreto.
Del Gruppo S&D fanno parte quindi gli esponenti del PD, che in Italia amministrano la questione Ilva come se il problema fosse solo quello di trovare un acquirente e di saldare i debiti con fornitori e banche.
Il debito dell’Ilva con le banche è, al momento attuale, di 1 miliardo e 450 milioni di euro, di cui il 62% con Intesa San Paolo, il 20% con Unicredit e il 18% con Banco Popolare. Federacciai ha dichiarato recentemente che il Gruppo è sull’orlo del baratro e quindi, la proposta di Renzi per salvare le banche potrebbe concretizzarsi facendo entrare in gioco una cordata di imprenditori sostenuti dalla Cassa Depositi e Prestiti.
Nel frattempo la svolta arriva a Roma. Il Governo potrebbe aver trovato il nuovo commissario straordinario per l’Ilva, un esperto di acciaio ed ambiente, l’ex amministratore delegato di LuxOttica. Uomo nuovo, tutto nuovo. Peccato però che non si intraveda ancora quale possa essere il piano del premier, perché poco “sul campo” sembra muoversi. Continuano serrati i contatti con il raggruppamento Arcelor-Marcegaglia ma ormai siamo al gossip, in attesa di una discussione pubblica aperta, fondata su punti, proposte, azioni da mettere in campo.
Ma il debito dell’Ilva con Taranto è molto più grande di quello con le banche: secondo lo Studio Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità, la mortalità infantile registrata è maggiore del 21% rispetto alla media regionale, con un eccesso di incidenza di tutti i tumori nella fascia 0-14 anni pari al 54%. Un dramma epocale, i cui effetti sugli esseri umani potrebbero toccare il loro picco tra decenni.
Il PD, i cui esponenti a Bruxelles “partecipano” alla presa di una decisione importante come quella sul futuro europeo in materia di produzione industriale, in realtà non ha mai fatto nulla affinché lo status quo a Taranto cambiasse, in meglio. Che ora ci si pregi di discutere mozioni a livello europeo, che per Taranto hanno un impatto diretto, senza ancora una volta prendere in considerazione le istanze della città e delle associazioni che, con Peacelink, sperano in un futuro diverso, appare tutt’al più maldestro. Che il PD al Parlamento Europeo parli d’innovazione, di produzione senza inquinamento, di rispetto dei diritti primari e di abbattimento di CO2 appare come un’offesa: il solito vuoto atteggiamento, a cui non seguirà nessuna azione, nulla di concreto, nulla di reale. Qual è l’azione dei rappresentanti italiani al Parlamento Europeo in favore di Taranto e degli interessi dei cittadini italiani?
La proposta dei Verdi Europei appare, invece, come innovativa e più cosciente, poiché chiede alla Commissione e agli Stati Membri di sostenere un piano di lavoro che miri ad uno sviluppo economico strategico, anche dell’acciaio e dei settori che con esso lavorano, ma puntando al fatto che non si adottino misure per aumentarne la capacità produttiva, soprattutto per quanto riguarda il settore automobilistico. Tale mozione si iscrive nel quadro di un progetto politico che scommetta sulle energie rinnovabili e che studi lo stato reale dei trends di produzione e consumo dell’acciaio nel mondo, per adattare al meglio la politica europea alla realtà della domanda e dell’offerta del settore. Inoltre, la mozione dei Verdi chiede che la Commissione identifichi le migliori tecniche per combinare bisogni ambientali con costi di produzione, avanzando la proposta di monitorare da vicino come le aziende siderurgiche europee siano amministrate e in quali condizioni esse operino. Nella mozione, Taranto viene menzionata quale esempio di un’acciaieria con una grande necessità di investimenti ambientali, che potrebbero – dice il testo – addirittura consentire di far coesistere la produzione con una condizione di impatto ambientale e sanitario zero. (“11. Believes that the example of Taranto steel plant in Italy demonstrates the importance of environmental investments for the safeguard of an industrial capacity that would remain not only competitive but also sustainable and responsible;”).
Il Presidente del Parlamento Europeo, Schulz, ha mandato qualche giorno fa una lettera a Peacelink, in risposta ad una missiva recente. Schulz si dice costantemente informato dell’evoluzione della situazione a Taranto e sottolinea la necessità di proteggere la salute dei cittadini e l'ambiente, che dovrebbe essere coniugata con una visione e una strategia per tutta l'area.
Taranto potrebbe diventare uno dei target principali di una nuova politica europea e italiana di sviluppo economico e industriale. Ne è prova l’attenzione che la discussione europea in merito all’acciaio le riserva; ne è prova la grande attenzione che Peacelink riceve presso le istituzioni di Bruxelles; ne sono prova le due procedure d’infrazione e il parere motivato lanciati dalla Commissione Europea; lo testimoniano le lettere a Peacelink del Commissario Potocnik e le lettere del Presidente Schulz e le diverse interrogazioni parlamentari europee presentate sul caso. Tutto sembra puntare verso un iter diverso, un progetto che potrebbe portare all’attuazione di uno sviluppo sostenibile in grado di creare nuovi posti di lavoro e dar sollievo a una società in ginocchio.
Ma è la politica italiana a non seguire la realtà, a fare astrazione dal contesto in cui l’Ilva opera. La Strategia Europa 2020, di cui parla il Presidente Schulz, è un ambizioso programma di lavoro che si focalizza su cinque punti cardine: occupazione, istruzione, inclusione sociale, energia e lotta al cambiamento climatico. Perché non dare a Taranto, finalmente, la possibilità di reinventarsi grazie ai finanziamenti europei? Perché non seguire un modello di sviluppo che si basi sulle fondamenta dell’economia sostenibile e che opti per realizzare un progetto diverso da quello della siderurgia? Perché non dar forma a un futuro in cui la crisi della città sociale e sanitaria della città possa essere solo un brutto ricordo?
Il Governo va avanti su un binario morto, come se l’emergenza non fosse reale. La valutazione del danno sanitario e ambientale, la perdita economica dello stabilimento, i costi esorbitanti dell’impatto industriale devono pur avere un ruolo nella discussione sul futuro della nostra vita!
Antonia Battaglia - Micro Mega
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