giovedì 11 dicembre 2014

Congetture da oracolo

A quali condizioni

La vicenda di Ilva è l’occasione per ridi­scu­tere le poli­ti­che eco­no­mi­che Euro­pee. Tra il 2008 e il 2013 i governi dei paesi peri­fe­rici da un lato spen­de­vano cen­ti­naia di miliardi di euro per sal­vare patri­moni pri­vati, dall’altro ope­ra­vano tagli a wel­fare e sanità per oltre 200 miliardi.
Que­sta è l’Europa del libe­ri­smo reale, qual­cosa di molto diverso dall’idea di lais­sez faire: gruppi di inte­resse pri­vati accen­trano capi­tale attra­verso atti­vità di lob­by­ing, con­cen­trando la pro­du­zione in poche aree cen­trali e distrug­gendo capa­cità pro­dut­tiva in eccesso nelle peri­fe­rie euro­pee.
Un esem­pio attua­lis­simo è AST: unico sito ita­liano di acciai spe­ciali, uno dei più pro­dut­tivi al mondo, stava chiu­dendo non per man­canza di com­messe ma per­ché la fin­lan­dese Outo­kumpu è stata costretta a ven­dere gli impianti alla tede­sca Thys­sen, avendo l’Antitrust deciso che in caso con­tra­rio avrebbe otte­nuto una posi­zione domi­nante. Prima dell’intervento del governo, che ha mediato l’accordo con i sin­da­cati, Thys­sen aveva deciso di con­cen­trare la pro­du­zione in Ger­ma­nia, licen­ziando 2600 lavo­ra­tori in Ita­lia. Si sarebbe dovuto per­met­tere che AST fallisse?
La Ger­ma­nia non ha lasciato fal­lire Com­merz­bank, stan­ziando 14 miliardi di euro pub­blici a fondo per­duto, né ha lasciato fal­lire Opel. La KFW tede­sca (la nostra Cassa Depo­siti e Pre­stiti) detiene il 31% di Deu­tsche Tele­kom. Nel silen­zio asso­luto è pas­sato anche il sal­va­tag­gio di Peu­geot, nazio­na­liz­zata da due stati, Fran­cia e Cina.
A Taranto, oltre al pro­blema eco­no­mico, c’è quello della tutela dell’ambiente e, soprat­tutto, della salute. In Ger­ma­nia, a Dui­sburg, è stato pos­si­bile boni­fi­care i ter­ri­tori e ricon­ver­tire un impianto side­rur­gico da 9 milioni di ton­nel­late annue di acciaio. Taranto non merita la stessa attenzione?
Ilva rap­pre­senta l’8% circa dell’intero set­tore metal­lur­gico nazio­nale ed è pos­si­bile sti­mare che par­te­cipa diret­ta­mente alla pro­du­zione dello 0.05% del red­dito nazio­nale (oltre 750 milioni di euro). Si tratta di una cifra rile­vante, con­si­de­rando le stime di cre­scita per il 2015, ma che non tiene conto di nume­rosi effetti col­la­te­rali che una even­tuale chiu­sura potrebbe arre­care al nostro sistema pro­dut­tivo. ILVA infatti non solo vende acciaio ad altre indu­strie mani­fat­tu­riere, ma è a capo di un indotto che ine­vi­ta­bil­mente si con­trar­rebbe. Se è impos­si­bile quan­ti­fi­care esat­ta­mente i due effetti, se ne può sti­mare l’ordine di grandezza.
Lo sta­bi­li­mento di Taranto offre circa 9000 posti di lavoro full time equi­va­lent. Con­si­de­rando l’intero sub­si­stema, se ne devono aggiun­gere altri 16000 circa. Per avere un’idea degli effetti di lungo periodo, pos­siamo poi sti­mare come la chiu­sura di ILVA modi­fi­che­rebbe le tran­sa­zioni inte­rin­du­striali. Com­ples­si­va­mente il Pil subi­rebbe un calo dello 0.24%, quasi 4 miliardi, men­tre i posti di lavoro persi sareb­bero circa 50.000. Venendo alla bilan­cia com­mer­ciale, le impor­ta­zioni inter­me­die aumen­te­reb­bero di circa 2 miliardi e 385 mila euro, men­tre le espor­ta­zioni, per con­tro, dimi­nui­reb­bero di poco più di un miliardo di euro. La chiu­sura di Ilva con­dur­rebbe ad un dete­rio­ra­mento della bilan­cia com­mer­ciale per circa 3,5 miliardi di euro.
In molti sosten­gono che Ilva è inte­res­sata da pro­ce­di­menti euro­pei con annesse san­zioni. La chiu­sura sem­bre­rebbe la via “migliore” per evi­tarle. Al netto che tutti i paesi euro­pei sono inte­res­sati da san­zioni, sarebbe molto più inte­res­sante valu­tare Ilva nel con­sesso indu­striale nazio­nale. Se il paese dovesse mai con­tra­di­stin­guersi con delle inno­va­tive poli­ti­che indu­striali e ambien­tali, Ilva e i set­tori limi­trofi fareb­bero parte del rilan­cio eco­no­mico del paese. La domanda che dob­biamo farci è la seguente: al paese serve una indu­stria di base se la poli­tica lascia solo il tes­suto pro­dut­tivo di beni capi­tali e inter­medi, oppure alla mercé della con­cor­renza di costo?
Come sem­pre la scelta è poli­tica, nel senso di pro­getto eco­no­mico. L’Italia e il governo hanno pro­getto economico? (

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