mercoledì 24 dicembre 2014

Si può fare una lasagna col frullatore?

L'ok del governo al decreto salva Ilva: finisce l'era dei Riva, arrivano tre commissari

Sei articoli per disegnare il futuro di Taranto: "Per me è l'atto più importante, il modo in cui voglio dare il buon Natale ai cittadini di Taranto, città spesso umiliata dalla politica" ha detto il premier Matteo Renzi. Il consiglio dei ministri ha approvato il decreto salva Ilva. Il siderurgico da gennaio non sarà più nelle mani dei Riva ma sarà gestito da tre commissari straordinari. Un commissariamento che avrà una durata a tempo, di massimo 36 mesi, perchè poi l'azienda dovrà essere venduta al miglior offerente che dovrà garantire produzione e ambiente ma non necessariamente i numeri dell'attuale forza lavoro. Un salvacondotto penale per il commissario che non potrà essere indagato se rispetterà i tempi del piano ambientale. Tempi che verranno ulteriormente dilatati: 80 per cento di applicazione entro luglio dell'anno prossimo e il resto da stabilire con un decreto del presidente del Consiglio. Premier che appena ieri aveva sfidato la Ue sull'eventuale accusa di aiuti di Stato: "L'Europa non ci può impedire di salvare i bambini di Taranto"
Nel decreto ci sono quattro grandi voci: aspetti culturali, sblocco di alcuni lavori come porto e bonifiche, fino a 30 milioni di euro alla regione puglia per programmi di riqualificazione dell'ospedale e la creazione di una ricerca ad hoc sui tumori. "L'ilva- ha spiegato Renzi- andrà in amministrazione straordinaria a gennaio: avremo la possibilità di usare la marzano come fu per alitalia nel 2008, spero con risultati migliori. Nomineremo tre commissari che gestiranno rilancio azienda e risanamento ambientale, accompagnati da un investimento pubblico che avrà successo se avrà un tempo limitato ragionevolmente tra un minimo di 18 a un massimo di 36 mesi".
Per il presidente del consiglio "ci sono momenti in cui l'intervento pubblico è fondamentale per salvare le sorti di un polo industriale. E' la grande scommessa di sviluppo di quell'aerea. Credo sia l'atto più emozionante del consiglio dei ministri. La responsabilità ci chiama e prendiamo in faccia il vento che serve - conclude Renzi- cercando di rimediare agli errori fatti in passato. Ci sarà un grande e diretto investimento dello stato. Almeno un miliardo per l'ambientalizzazione e 800 milioni per gli altri investimenti".
Per prima cosa la legge modifica la vecchia Marzano ed estende la possibilità di accedere all'amministrazione straordinaria per le imprese che gestiscono almeno un siti di interesse strategico nazionale, come appunto l'Ilva. Il testo prevede poi la nomina un commissario che dovrà vendere, o anche affittare, l'azienda con trattativa privata.
"L'affittuario o l'acquirente dovranno garantire continuità produttiva e rapidità dell'intervento" dice il Governo senza offrire dunque tutele scritte da un punto di vista occupazionale. Tutele invece avrà il commissario che per fare partire i progetti previsti dal piano ambientale potrà saltare tutta una serie di autorizzazioni, con il principio del silenzio-assenso nel giro di venti giorni. Ma soprattutto, dopo le annunciate dimissioni di Piero Gnudi, c'è attenzione sui tre nomi. Ma hiunque sia avrà comunque una sorta di salvacondotto: se il piano ambientale verrà rispettato, i commissari non potranno essere perseguiti penalmente per le sue condotte. E sarà salvato anche da un possibile reato di bancarotta se i soldi verranno messi a disposizione delle misure per la tutela ambientale e sanitaria o per la continuazione dell'esercizio di impresa.
Rimane quindi saldo quanto previsto dal piano ambientale e industriale predisposto dal commissario Enrico Bondi prima e da Gnudi poi. L'unica novità è lo slittamento delle prescrizioni che dovranno essere rispettate all'ottanta per cento entro luglio di quest'anno e il restante venti rimarrà "nelle mani" del presidente del consiglio che dovrà indicare un termine con un successivo decreto. In questa maniera, quindi, alcune opere centrali (come la copertura dei parchi minerali) potranno essere posticipate a data da destinarsi. Viene chiarito però che non ci sarà alcuno sconto: anche i privati dovranno impegnarsi ad attuare le prescrizioni contenute nel piano ambientale.
Molto dettagliate anche le parti di copertura finanziaria. Al commissario verranno messi a disposizione 375 milioni per il 2015 e il 2016 dai fondi regionali (divisi tra il piano di azione e coesione e i Fesr) oltre ai 137 milioni per il 2015 che arriveranno da Cassa depositi e prestiti tramite Fintecna. Ma soprattutto, a garanzia di tutta l'operazione viene tirata fuori una vecchia clausola del contratto di vendita di Iri ai Riva, attraverso la quale oggi Fintecna, per conto di Iri, offre la "garanzia ambientale" a tutta l'operazione. Accanto a questo ci sarà un pacchetto dedicato a Taranto, anche se non direttamente a Ilva. Lo ha sottolineato il sindaco Ippazio Stefano che ieri ha avuto un lungo colloquio con il sottosegretario Graziano Delrio.
"Ci sarebbero buone notizie per la bonifica del Mar Piccolo, del quartiere Tamburi, della città vecchia

e per il porto, e anche per le tutele occupazionali" ha detto, in riferimento a programmi di sostegno per la rigenerazione urbana di alcune zone. Tutta l'operazione posticipa di almeno un anno l'ingresso dei privati e cambia completamente le carte in tavola sulla questione Ilva. "Non si deve perdere mai di vista - ha detto ieri l'arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro, nel messaggio di Natale alla città - la minaccia ambientale e i pericoli per la salute". (RepBA)

Ilva in amministrazione straordinaria. Renzi: “Spero risultati migliori di Alitalia”

L’Ilva andrà in amministrazione straordinaria a inizio gennaio. Lo ha ufficializzato il presidente del consiglio Matteo Renzi al termine del consiglio dei ministri del 24 dicembre, confermando il decreto ad hoc “salvo intese” che stabilisce l’avvio di una Marzano a misura dell’impianto siderurgico di Taranto “come per l’Alitalia, con risultati spero migliori”. A breve, quindi, è prevista la nomina di  “uno o più commissari”, ha precisato ancora Renzi senza però alzare un velo sui nomi dei candidati alla successione di Piero Gnudi. Quanto alla durata della procedura, secondo l’ex rottamatore, “l’investimento pubblico avrà successo se destinato a un tempo limitato, compreso tra un minimo di 18 mesi e un massimo di 36“. Renzi ha poi quantificato in 2 miliardi di euro l’investimento complessivo su Taranto.

martedì 23 dicembre 2014

Quando i politici "usano" i bambini, c'è sempre da preoccuparsi

Contro l'Europa, a favore dei bambini. L'ennesima piazzata di Magorenzi. 
Quello che a Taranto ha rifiutato di incontrare pediatri che volevano parlargli dei bambini. 
Quello che dimentica che senza l'AIA imposta dalla Comunità Europea e la connessa procedura di infrazione, Taranto sarebbe ancora l'agnello sacrificale del patto d'acciaio tra stato, amministratori locali e spregiudicati speculatori industriali. 
Propaganda mediatica e schiaffo in faccia alla dignità della città.

Ilva, Renzi sfida Ue: "Non impedisca di salvare i bimbi di Taranto"

"Se l'Europa vuole impedire di salvare i bambini di Taranto ha perso la strada per tornare a casa. Io sono più fedele agli impegni con quei bambini che a qualche regolamento astruso dell'Ue. Faremo il risanamento ambientale". Così Matteo Renzi a Rtl, parlando del decreto su Taranto e il rischio che confligga con le regole Ue.
"Con il decreto di domani sull'IIva a Taranto - ha aggiunto - faremo il risanamento ambientale: alcuni tecnici mi hanno detto che rischiamo l'accusa dell'Europa per aiuti di Stato. Ma se mettiamo a posto la riqualificazione ambientale per salvare i bambini mi parlate di aiuti di Stato? Io sono più fedele ai bambini di Taranto che a qualche astruso regolamento europeo". (RepBA)



Ilva, Renzi vuole salvare i bambini di Taranto. Sì, ma come?

Nel giorno in cui il presidente del consiglio Renzi si appresta rendere noto il settimo decreto sull’Ilva, PeaceLink ha effettuato a Taranto le misurazioni della qualità dell’aria. Dopo 200 campionamenti per verificare la concentrazione degli Ipa cancerogeni, i dati emersi sono i seguenti:
-nel 77,5 % è stata riscontrata aria pericolosa (oltre i 40 ng/m3, concentrazione corrispondente agli Ipa da fumo passivo);
-nel 22,5% è stata registrato il superamento della soglia di 80 ng/m3, concentrazione corrispondente agli Ipa da tubo di scappamento di una vecchia auto a benzina.
Sono valori elevati dovuti al fatto che durante la notte il vento ha soffiato dalla zona Ilva verso Taranto e in mattinata si è creata una situazione di calma di vento, come attestato dai siti meteo.Da tempo è attivo a Taranto un servizio denominato PeaceLink Air Monitoring. E’ un sistema di misurazioni basato sulla stessa tecnologia Arpa (un analizzatore Ecochem Pas 2000). Praticamente ogni mattina fornisce in tempo reale, tramite social network, i dati degli Ipa cancerogeni. E così chi si sveglia a Taranto può conoscere, oltre al meteo, anche i dati della qualità dell’aria.
Ma perché PeaceLink misura proprio gli Ipa? Perché la fonte preponderante degli Ipa a Taranto è l’Ilva, come accertò nel 2010 l’Arpa con una relazione che fece andare su tutte le furie Vendola e Riva in quanto prefigurava un intervento restrittivo sulla fonte emissiva. Nonostante la diminuzione della produzione della cokeria Ilva (la massima fonte emissiva di Ipa a Taranto) la situazione è ancora critica.
Stamattina infatti tutti i bambini di Taranto hanno respirato valori equivalenti o superiori a quelli del fumo passivo di sigaretta. Cosa vietata dalla legge in Italia, ma permessa sostanzialmente a Taranto grazie ai decreti “salva-Ilva”.
Renzi, dopo non aver ascoltato i pediatri di Taranto che gli avevano chiesto un incontro, ora ha deciso di salvarli. Ha detto: “Se l’Europa vuole impedire di salvare i bambini di Taranto ha perso la strada per tornare a casa. E comunque io sono fedele ai bambini di Taranto molto più di quanto non lo sia coi cavilli astrusi dell’Europa“.
E come li vuole salvare i bambini di Taranto il nostro Renzi?
Peggiorando le norme dell’autorizzazione AIA per l’Ilva, che ritiene troppo restrittive. E infatti l’ILVA non le ha applicate, subendo una procedura di infrazione europea.
Renzi vuole un’autorizzazione meno vincolante in quanto sostiene che gli obblighi previsti dall’Aia per l’Ilva non esistono per gli altri siderurgici europei.
Nulla di più falso. E’ dal marzo nel 2012 che sono entrate in vigore le norme più restrittive per l’AIA, attraverso l’inclusione di migliori tecnologie (Conclusioni sulle BAT per il settore siderurgico e per l’industria del vetro emanate l’8 marzo 2012) . Se avesse consultato l’apposita pagina del Ministero dell’Ambiente se ne sarebbe accorto. (Marescotti - FQ)

domenica 21 dicembre 2014

Sotto la crosta dell'indifferenza

Quei fumi che non soffocano l’orgoglio di Taranto

Crisi, matrimoni in calo, malattie: ma in città cova il cambiamento

Resistere a Taranto, al fondo dell’Italia. Dove un caffè al bar costa 50 centesimi, altrimenti non si vende. Dove per tre grandi panini imbottiti spendi 2 euro e 80. Dove sono arrivati i soldi per pagare gli stipendi agli operai dell’Ilva fino a febbraio, e poi chissà. I matrimoni sono in calo del 40%. L’acciaieria brucia capitale (-2,5 miliardi in due anni), nel frattempo continua a riservare sorprese. Mercoledì 10 dicembre c’è stato l’ultimo blitz dei carabinieri: hanno scoperto sversamenti di catrame, olii e sostanze chimiche nel terreno dell’impianto numero 1. Una discarica abusiva interna. Sette indagati.

Il prof minacciato
Taranto è colpita al cuore, ma è ancora viva. Taranto è bellissima, anche se in pochi lo sanno. Andare in giro con il professore di educazione fisica Fabio Matacchiera, ambientalista per passione, apre gli occhi e rende inquieti. Da quando ha denunciato il livello di diossina che avvelena persino le cozze del Mar Piccolo, controlla ogni ombra. «Una sera, mentre stavo scendendo in garage, mi hanno avvicinato in due. Uno mi ha puntato la pistola al costato. Ha detto: “O la pianti o ti ammazziamo e ti buttiamo a mare!”». Ha avuto la scorta sotto casa per un anno e mezzo. È stato querelato 12 volte, 12 volte ha vinto. Continua a muoversi circospetto, e come non capirlo, del resto... Fabio Matacchiera si ostina a girare video notturni per controllare i fumi che escono dalle ciminiere: «Sappiamo pochissimo di quanto è stato fatto per mettere in sicurezza gli impianti. Siamo a metà dei tre anni di Aia, l’amministrazione integrata ambientale . Del miliardo e 200 milioni di investimenti previsti, ne sarebbero stati spesi un terzo. Mancano ancora le coperture dei parchi minerari e dell’area gestione rottami ferrosi». Ogni auto che passa, un batticuore. Non si può filmare l’acciaieria, neppure a distanza. «Io amo questa città - dice Matacchiera - mia madre mi ha insegnato il rispetto. Dobbiamo guarire. Dobbiamo inventarci un’altra Taranto». Di sera il quartiere Tamburi, quello delle polveri rosse, è spettrale. Neanche i cani randagi vanno in giro per strada.

La pediatra infuriata
Taranto è la capitale italiana della guerra fra poveri. Operai, ammalati, disoccupati, pescatori: tutti costretti a scegliere ogni giorno fra lavoro e salute. «Me lo dicono in tanti», spiega la pediatra Anna Maria Moschetti. «Morire giovani è messo in conto. La gente vede uscire il fumo da sempre. Ha perso la speranza». Non lei, non la dottoressa dei bambini. Lavorava a Torino, ma è tornata per combattere: «Perché è difficile non provare nostalgia per un posto bello come questo». Gira come presidente della commissione ambientale dell’ordine dei medici di Taranto. Vuole portare alla luce alcuni dati che sarebbero sotto gli occhi di tutti, se solo volessimo prestarci attenzione. «L’Arpa Puglia ha fatto uno studio approfondito per capire cosa succederà nel 2016, se davvero saranno eseguiti tutti i lavori di ammodernamento dell’acciaieria». Ed ecco il migliore dei mondi possibili. «Il rischio di inquinamento ritenuto “non accettabile” riguarderà 12 mila persone invece che 22.500. Ha senso? Spendere moltissimi soldi per lavori che non salveranno tutti?».

Orgoglio e nuove idee  
Vanno in giro, l’ambientalista e la pediatra. Incontrano i ragazzi di «Ammazza che piazza», specializzati nel recupero di pezzi abbandonati di città. Uno di loro si chiama Alessandro, 25 anni. È nato in un palazzo di via Federico di Palma, nel centro di Taranto. «Il mio balcone era quello là - dice - da anni vedevo questo enorme spazio in disgrazia totale. Era il dopolavoro della Marina, con il teatro». Ora è un centro sociale, si chiama «Officine Tarantine». Hanno costruito quattro laboratori: studio, sartoria, riparazione-biciclette, forno. Molti ragazzi lavorano qui. «Il 2012 per me è stato l’anno dei 14 funerali - spiega Alessandro - parenti, genitori di amici, amici. Insieme ad altri, abbiamo deciso che dovevamo fare qualcosa». A Taranto ci si deve ingegnare. Nascono idee. Marco De Bartolomeo lavora per un gemellaggio con la città greca di Sparta: «Indietro nel futuro». Sogna che Taranto diventi una città di combattenti, ritrovi l’orgoglio. Chi guarda il mare, vede tutte queste prospettive. Ma dietro, c’è la città vecchia che sta agonizzando. Alle spalle, il gigante dell’acciaio. Il processo, con 52 imputati e Fabio Riva ancora latitante, chiarirà quello che è stato.

Uno scatto di emozioni  
Francesco Schiavone è un fotografo di matrimoni. Il suo slogan è: «Niente pose». Sottotitolo: «Le storie d’amore non dovrebbero mai iniziare fingendo». È una metafora perfetta. Guardarsi in faccia. Riconoscersi. Volersi bene. «È un Natale duro - dice - di crisi fortissima. I matrimoni sono in calo da quattro anni, l’incertezza non porta sogni. Dobbiamo trovare un modo per salvaguardare il lavoro e l’ambiente». Le sue foto ritraggono donne splendide ed emozionate, padri commossi, mariti sudati. Pierpaolo Pasolini, dopo essere venuto a Taranto, nel 1959 aveva scritto: «Viverci è come vivere all’interno di un’ostrica aperta. Qui Taranto nuova, lì, gremita, Taranto vecchia, intorno i due mari, e i lungomari». Poteva essere una perla, che ne sarà di Taranto?  (LaStampa)

Sono orgogliosa di vivere a Taranto

Nei giorni scorsi si è tenuta a Taranto, a palazzo Pantaleo, nei pressi della città vecchia, il primo workshop della Resto al Sud Academy, progetto che offre gratuitamente la possibilità a sei ragazzi (Maria Alagni, Irene Sapienza, Andrea Saluti, Alice Strano, Daniele D’Innocenzo e Marina Finaldi) provenienti dai quartieri del sud Italia, quali (Tamburi Taranto; Librino Catania; Zen Palermo; Sulcis Carbonia; progetto c.a.s.e. L’aquila e Scampia Napoli) di contribuire a far “rinascere” i loro territori attraverso i Social Media.
A dare inizio alle lezioni è stato Mirko Pallera co-founder della Ninja Marketing, con una lezione sulla Digital strategy, per aiutare i ragazzi a muovere i primi passi nel mondo digitale.
Il giorno seguente è salito in cattedra Marco Agosti esecutive Producer di Tiscali, con una lezione sulla realizzazione di un’impresa digitale.
A coordinare l’Academy è Roberto Zarriello, docente di Social media e coach dei ragazzi.
Nella seconda giornata del workshop è intervenuto Francesco Pugliese amministratore delegato di Conad, principale partner del progetto, grazie al cui sostegno è stato resa possibile l’iniziativa.
Ad intervenire per dare il loro augurio ai giovani protagonisti, sono stati anche Michele Emiliano magistrato e segretario regionale del partito democratico; Francesco Cosa assessore alle politiche giovanili; mentre il ministro agli affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, attraverso una lettera pubblicata sul sito restoalsud.it, ha mandato un messaggio di auguri ai ragazzi.
Credo che il fatto di aver scelto Taranto come prima tappa dell’academy ha reso onore a questa città; ha dato modo ai partecipanti di notare e rendersi conto che, anche essendo la “città dell’Ilva”, ha molto altro da offrire; per esempio il fantastico panorama sul mare, l’arte di prestigiosi palazzi d’epoca, i monumenti, le stupende chiese nell’antico borgo.
Personalmente ho imparato tanto in questi due giorni; ma ascoltare gli apprezzamenti fatti sulla mia città, senza fare i soliti riferimenti all’inquinamento dell’Ilva, alle morti, e alla situazione lavorativa non buona, mi ha resa orgogliosa di essere tarantina e mi ha convinta ancor più che voglio restare qui al sud.
Mi ha spinta verso l’obiettivo prefissato, a cui fa riferimento la resto al sud Academy, quello di far riscattare le nostre bellissime città senza dover scappare via, senza aver paura di fare un passo, e senza rischiare la propria vita. (restoalsud)

Giro di soldi ma non di vite

Ilva: conto alla rovescia per il nuovo decreto legge

Conto alla rovescia per l'Ilva di Taranto. Nel Consiglio dei ministri del 24 dicembre andra' infatti in approvazione il decreto legge che riguarda le sorti dell'acciaieria piu' grande d'Europa che da due anni e mezzo a questa parte e' in una situazione difficilissima a causa delle vicende ambientali che hanno portato la Magistratura di Taranto a sequestrare tutti gli impianti dell'area a caldo, il cuore produttivo del siderurgico. Nel frattempo, si e' avviato a Taranto il processo "Ambiente Svenduto" che, con l'accusa di disastro ambientale, vede imputati tra gli altri i vertici societari e dirigenziali della stessa Ilva.
  Il premier Matteo Renzi lo ha detto piu' volte in questi ultimi giorni: sara' un decreto legge, quello che il Cdm varera' alla vigilia di Natale, col quale si comincera' a scrivere il futuro di Taranto. Nel provvedimento, stando a quello che emerge, non ci saranno soltanto le questioni che attengono l'Ilva, che da giugno 2013 e' sottoposta dallo Stato a gestione commissariale, ma anche il rilancio dello sviluppo, la citta' e il porto. Per quest'ultimo, martedi' pomeriggio l'Autorita' portuale consegnera' ufficialmente alle imprese appaltarici i lavori per l'ammodernamento della banchina del terminal container di Evergreen, la prima opera infrastrutturale che parte dell'intero pacchetto. Tuttavia sara' l'Ilva l'asse portante del decreto legge del Governo. A distanza di due anni dalla prima legge, la 231 del 24 dicembre 2012, giorno in cui fu pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale" - si tratta delle norme con le quali il Governo Monti decise la prosecuzione dell'attivita' produttiva dello stabilimento di Taranto legandola al risanamento ambientale -, il Governo interviene di nuovo sull'Ilva. Dalla fine del 2012 ad oggi, diversi sono stati i provvedimenti dell'esecutivo e del Parlamento sull'Ilva. Ci sono leggi ad hoc, come quella sulla gestione commissariale di giugno 2013 o quella sul piano ambientale e piano industriale (Terra dei Fuochi-Ilva del febbraio scorso). Ma anche emendamenti specifici inseriti nel corpo di altri provvedimenti e poi divenuti legge. Come, per esempio, quella che autorizza le discariche - inserita nelle norme sulla Pa di meta' 2013 -, oppure quella che autorizza la prededuzione sul prestito delle banche e l'uso dei soldi sequestrati ai proprietari dell'azienda anche per reati diversi da quelli ambientali che fa parte delle norme sulla competitivita' varate nella scorsa estate. Nonostante vari interventi, pero', la crisi dell'Ilva non si e' risolta.
  L'azienda - commissariata e affidata ora a Piero Gnudi, ex ministro del Governo Monti, mentre prima era guidata dal commissario Enrico Bondi - e' alle prese con problemi enormi.
  Problemi che si chiamano risanamento ambientale - l'Aia prevede interventi per 1,8 miliardi -, rilancio industriale, manutenzione degli impianti e disponibilita' finanziaria. Negli ultimi mesi l'Ilva difatto e' vissuta con i soldi del prestito ponte erogato dalle banche Intesa San Paolo, Unicredit e Banco Popolare. Duecentocinquanta milioni complessivi, divisi in due tranche uguali, una delle quali erogata a meta' settembre e l'altra fine novembre, prestito sui cui vige la preduzione introdotta con le ultime norme (una garanzia offerta alle banche). Adesso i soldi sono finiti, come ha detto nei giorni scorsi in un'audizione alla Camera il commissario Piero Gnudi, per cui si tratta di correre subito ai ripari se si vuole evitare che l'Ilva non sia nelle condizioni di pagare gli stipendi ai suoi 16mila dipendenti, 11mila dei quali solo a Taranto.
  Nel decreto legge sull'Ilva di imminente varo, un punto sembra fermo: l'accesso dell'azienda all'amministrazione straordinaria. Utilizzando la legge Marzano, che pero' per l'Ilva va modificata in quanto l'azienda non e' in condizioni di insolvenza finanziaria, il Governo vuole nominare un amministratore straordinario che abbia pieni poteri sull'azienda. Il ricorso alla Marzano fa da apripista ad un ritorno dell'azienda nell'alveo pubblico. L'Ilva infatti era pubblica sino a prima del 1995, anno in cui l'Iri la privatizzo' vendendola al gruppo Riva. Adesso - come hanno sottolineato sia Renzi che il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi - lo Stato si riprende l'Ilva per un tempo determinato, ma non ancora quantificato, per effettuare i necessari lavori di bonifica, rilanciare l'azienda e solo successivamente rimetterla sul mercato. Sino a qualche tempo fa l'Ilva e' sembrata sul punto di essere ceduta ai privati.
  C'erano alcune offerte ma con una, in particolare, quella avanzata dalla cordata Arcelor Mittal-Marcegaglia, la trattativa era avviata e lasciava prevedere una conclusione. I rilievi mossi dai privati sui costi e sugli interventi ambientali hanno poi spinto il Governo a cambiare strada, mettendo da parte l'opzione della cessione e privilegiando l'intervento pubblico. Che allo stato prevede alcune ipotesi: per esempio, la divisione dell'Ilva in new company e bad company sul modello Alitalia. Ma anche l'affitto dell'Ilva ad una societa' pubblica da parte dell'amministratore straordinario. Gli strumenti pubblici che dovrebbero essere utilizzati, a seconda dell'opzione che verra' poi scelta, sono o il Fondo strategico italiano della Cassa depositi e prestiti, o Fintecna, controllata dalla stessa Cdp, che ha gia' gestito le liquidazioni di Iri e Finsider - la caposettore pubblica dell'acciaio -. Oltre a riportare l'Ilva sotto il controllo pubblico, e' allo studio anche una modifica dell'Autorizzazione integrata ambientale nel senso che il Governo appare orientato a stabilire che per tutte le Aia, e quindi non solo quella Ilva, valgono gli standard europei. Un appunto che e' stato fatto all'Aia dell'Ilva e' infatti quello che prevede vincoli e obblighi che non esistono negli altri Paesi europei per le aziende dello stesso settore. Di qui, appunto, l'equiparazione a quanto si fa nel resto d'Europa. Per il porto, invece, il decreto potrebbe fare riferimento al nuovo piano di opere previsto per Taranto, a partire da quelle per il rilancio del terminal container gia' oggetto di un vertice il 30 ottobre a Palazzo Chigi col sottosegretario Graziano Delrio. L'area del porto di Taranto e' attualmente interessata da notevoli investimenti, tra avviati, in fase di consegna e di prossima definizione. Nel periodo 2012-2014 sono stati infatti messi in cantiere progetti per 370 milioni e a fine 2015 si dovrebbe salire ad un volume di opere di circa 500 milioni di euro.(AGI)

Nuova Ilva con i fondi Cdp. Impianti in affitto per 3 anni

Fine settimana di verifiche per gli interventi sul caso Ilva da presentare la vigilia di Natale al Consiglio dei ministri. Le alternative praticabili sono state messe nero su bianco ma le scelte finali toccano al premier, Matteo Renzi, che se ne sta occupando personalmente e la considera una priorità. Tanto che, intervistato da Radio 105, ha definito l’Ilva come «la madre di tutte le questioni». I provvedimenti in arrivo hanno una complessità tecnica significativa e l’obiettivo è di metterli a punto entro mercoledì, permettendo così al Consiglio dei ministri di dare via libera alla modifica della Legge Marzano che consentirà di ammettere alle procedure di amministrazione straordinaria anche aziende non in stato d’insolvenza, proprio come l’Ilva.
Il passaggio è una vera svolta, decisa perché la cessione del gruppo ai privati è risultata impraticabile e, come ha sottolineato lo stesso Renzi, non c’è alcuna intenzione di svenderla. Contemporaneamente la volontà è di rivedere le prescrizioni contenute nella cosiddetta Aia (Autorizzazioni integrate ambientali), che stabilisce obblighi molto severi e richiede investimenti stimati intorno a 1,8 miliardi di euro. La scelta è di arrivarci stabilendo il principio, di carattere generale, che le norme a tutela dell’ambiente in Italia non possono essere più severe di quelle europee. Questo significa rendere meno costosi gli interventi negli impianti dell’Ilva, con la previsione di scendere a 1,2 miliardi. Ma la modifica può risultare accettabile soltanto se la società diventa pubblica perché, al contrario, verrebbe facilmente considerata un regalo ai privati.
L’entrata dell’Ilva in Legge Marzano ha conseguenze non trascurabili nei rapporti con i fornitori (che, soprattutto quando hanno dimensioni minori, rischiano di saltare), con le banche (che hanno crediti per oltre 1,5 miliardi di cui solo una piccola parte ha garanzie adeguate) e nelle relazioni con i proprietari attuali (i Riva e il gruppo Amenduni, azionista di minoranza). La volontà è di salvaguardare le necessità delle imprese dell’indotto, mentre le banche potrebbero essere chiamate a convertire parte dei crediti in capitale. Per quanto riguarda i Riva, invece, tutto lascia prevedere un contenzioso giudiziario destinato a fare la fortuna degli studi legali. Una evenienza a cui i Riva si sono adeguatamente preparati mobilitando i migliori avvocati in circolazione.
Il passaggio successivo all’entrata dell’Ilva in Legge Marzano è l’affitto degli impianti industriali a una società incaricata di gestirne il rilancio, probabilmente Fintecna, controllata dalla Cassa depositi e prestiti (Cdp). La vecchia Ilva diventerebbe così una bad company. L’intenzione del governo è di prevedere un limite temporale all’intervento pubblico, al massimo tre anni. L’alternativa all’affitto degli impianti è lo scorporo di essi in una nuova società, che si presta meglio al coinvolgimento di azionisti privati e, in particolare, di ArcelorMittal, affiancata dal gruppo Marcegaglia. Ma, al momento, risulta accantonato.
Il coinvolgimento della Cdp presenta diversi aspetti che restano problematici. La possibilità è che avvenga attraverso un prestito importante perché occorrono soldi, tanti soldi, per pagare dipendenti e fornitori, provvedere alla manutenzione degli impianti, finanziare investimenti ormai irrinunciabili. Ovviamente Cdp chiede in cambio la garanzia dello Stato, che però deve rispettare i vincoli europei. Problemi analoghi a quelli che pone il coinvolgimento del Fondo strategico italiano (Fsi), il cui azionista strategico è sempre Cdp. La partita, come si vede, è a tutto campo. E dall’esito imprevedibile.(CdS)

sabato 20 dicembre 2014

La città c'è. E tanti giovani la sostengono!

Taranto. 15.000 persone in piazza contro lo Sblocca Italia

Taranto è ancora viva. Questa è la prima considerazione che spontaneamente ci si sente di fare partecipando alla marcia, organizzata in maniera autonoma e autogestita dal Comitato Studentesco di Taranto contro Tempa Rossa e lo sblocca-Italia, contro un’economia basata sull’industria pesante e contro i muri che opprimono la città. Per quanto? Nessuno può prevedere la morte, eppure in una città come Taranto questi miracoli potrebbero essere ancora possibili.
In città, da decenni ormai, ci sono due tipi di morte e la prima diventa peggiore ogni anno che passa.
È un dato di fatto, a Taranto in dieci anni le diagnosi di cancro sono letteralmente raddoppiate.
È quanto emerge dai dati, riferiti sia a maschi che femmine in entrambi i distretti di Taranto, ottenuti dalla Asl dal consigliere comunale di Taranto-coportavoce nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, Alessandro Marescotti e Fulvia Gravame di PeaceLink.
Dati che mettono in evidenza come i pazienti con esenzione 048 per malattie tumorali siano passati da 4677 a 8901 dal 1 gennaio 2004 al 31 dicembre 2013.
Il tasso è talmente tanto elevato che, secondo le fonti ASL richieste dai comitati ambientalisti, dal 2011 il numero delle nuove esenzioni per patologie tumorali supera sistematicamente le mille unità annue e a Taranto si effettuano in media dalle due alle tre diagnosi di tumore al giorno.
Attualmente gli assistiti sono, appunto, più di 8900 e il dato più eclatante è che, mentre in tutta la regione e in Italia si evidenzia un trend in decrescita, a Taranto il trend sale anno dopo anno, in città, così come in provincia.
Certo, questi, inequivocabilmente, non sono dati epidemiologici, ma, amministrativi, dunque non sono scientificamente indice di un aumento delle patologie tumorali a causa dei fattori inquinanti.
A questi dati, però, vanno aggiunti i dati dello studio Sentieri che parlano di un +54% rispetto alla media regionale di diagnosi di tumori in età infantile e di un +21% di morti per patologie oncologiche nella stessa fascia di età.
Eppure, questa morte non ha impedito a tanti come ad Alessandro, a Roberta, a Lorenzo, i cui nomi sono stati magistralmente portati ieri in manifestazione, di partecipare.
Un’altra morte, invece, continua ad essere presente a Taranto, quella delle istituzioni.
Istituzioni che ormai danno la netta impressione di non avere più il controllo della situazione, tra tassi di tumore universalmente riconosciuti dalle istituzioni mediche, ma non da quelle politiche.
Gli scontri all’interno del consiglio comunale sono all’ordine del giorno, con una maggioranza traballante ad ogni provvedimento, il consiglio regionale sul progetto Tempa Rossa si è addirittura scontrato con quello comunale che promette battaglia, ma inspiegabilmente non utilizza l’arma della direttiva Seveso. In tutto questo il governo nazionale fornisce ogni giorno una versione diversa su cosa ha intenzione di fare per la vicenda ILVA e non chiarisce la questione delle bonifiche.
Persino l’atteggiamento ultradecisionista del governo Renzi si scontra con la realtà di una situazione portata all’esasperazione che, ormai, appare ingestibile.
In uno scenario in cui il rischio reale è che i governanti dichiarino l’armistizio scappando a Brindisi, il Sud in fiamme sta vivendo una situazione inedita nella sua tormentata storia.
Come tutti sappiamo, alla morte delle istituzioni italiane durante la seconda guerra mondiale, il Centro-Nord del paese aveva risposto con la Resistenza civica, Resistenza non sanfedista, ma consapevole, istruita, che ha portato nei decenni successivi ad una classe dirigente piuttosto valida proprio perché formatasi sulle lotte.
Certamente, il Sud Italia ha avuto gloriose pagine di Resistenza, oltre all’esperienza della fiera resistenza dei briganti dopo l’annessione del Regno delle Due Sicilie, ma questo, purtroppo, non aveva portato alla formazione di una classe dirigente valida anche e soprattutto a causa dell’emigrazione e della fuga dei cervelli dal territorio meridionale.
In questo momento, però, una resistenza piena, consapevole e che vuole un futuro qui è ciò che per la prima volta sta vivendo in tutto il Sud in lotta, che ieri si è riunito a Taranto (presenti anche i No Triv e i comitati lucani contro lo sblocca-Italia).
Gli studenti non sono più le braccia, ma la mente, non hanno la “schioppetta” in mano, né il fucile, ma la conoscenza, la consapevolezza e la rabbia di cittadini del mondo legati a doppio filo alla propria terra.
In Lucania organizzano gli assedi alla sede regionale, a Taranto riescono, da soli, a portare in piazza 15.000 persone e soprattutto ad unire il fronte ambientalista in un temporaneo CLN, come non avveniva da anni.
La protesta sanfedista di Masaniello, al sud, ormai è un ricordo, soppiantata da una protesta che può davvero forgiare una classe dirigente sulle lotte per la sopravvivenza, perché ormai si tratta di questo.
Il Comitato Studentesco di Taranto ha presentato un progetto serio di alternativa economica basato sullo studio delle alternative economiche portate avanti in città come Bilbao o Pittsburgh.
Dalla morte del diritto alla salute, dalla morte degli amici, dei parenti e delle istituzioni, a Taranto e in tutto il sud in lotta contro lo sblocca Italia sta nascendo una generazione in lotta finalmente intelligente e consapevole delle proprie potenzialità, una generazione che, come durante la seconda guerra mondiale, ha tutto il diritto di candidarsi ufficialmente, nello spaesamento generale delle istituzioni, come Alternativa. (Dazebaonews)

DifendiAmo Taranto, difendiamo la terra e il futuro

“C’è una generazione di giovani che sta prendendo in mano il testimone della battaglia per la terra. Se la battaglia per la terra, per il territorio, per la salute e il lavoro diventa una battaglia di massa ce la possiamo fare. Possiamo vincere”. Difendere la terra per difendere il futuro che non può essere ancora avvelenato. È la battaglia a Taranto di studenti e operai, precari e disoccupati, movimenti e associazioni. Hanno attraversato insieme la città per manifestare contro chi sta inquinando il presente. Un corteo che ha mosso i suoi passi dalla periferia per arrivare nel borgo. Si è gonfiato strada facendo prima di finire la sua lunga marcia ai piedi di un palco in piazza della Vittoria.
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Difendiamo Taranto è lo slogan lanciato in rete dal Movimento Studentesco per chiamare a raccolta quella parte di cittadinanza che continua a credere in un cambiamento e che è pronta a farsi sentire. C’è chi da tempo ormai non accetta più di subire il ricatto a cui questa terra sembra condannata. Acciaio e petrolio o niente. C’è chi si ribella perché non crede che niente sia davvero l’unica alternativa possibile e chiede a voce alta un’economia pulita che favorisca occupazione e sviluppo. E così sceglie di scendere in strada dove trova –ed è un bene- anche la gente di altre terre ferite venuta a portare testimonianze e sostegno. Dalla Basilicata, per esempio. Lì, nell’alta valle del Sauro, verrebbe estratto dal giacimento Tempa Rossa il greggio destinato via mare allo stoccaggio nella raffineria Eni di Taranto. Un progetto che non piace ai tarantini e che l’amministrazione comunale sta provando a fermare.
In soccorso del progetto di Total, Shell e Mitsui sta intervenendo il governo Renzi con lo ‘Sblocca Italia’. Il decreto metterebbe in moto le trivelle per raddoppiare la produzione di petrolio. I rischi per l’ambiente sarebbero alti e lo sarebbero anche per i cittadini che pagano in molti casi il prezzo più alto per l’inquinamento dell’acqua, dell’aria e della terra. Dicono basta, insieme, per un futuro differente. Lo scrivono sugli striscioni, sulle magliette. Guardano nella stessa direzione e vedono opportunità che vanno oltre gli interessi strategici nazionali. È una prospettiva che inquadra perfettamente le vocazioni naturali di Taranto, e punta con decisione alla cultura, all’arte e al turismo per fermare l’emorragia di risorse che penalizza questa terra. La manifestazione del 19 dicembre è un nuovo punto di partenza e in prima linea c’è una generazione di giovani che non è più indifferente ma sogna in grande e progetta dal basso. Riscattare la terra è riscattare sé stessi.(Progettoalchimie)

Sblocca Italia-Stop Tempa Rossa: tanta gente manifesta a Taranto

Erano davvero tanti, in migliaia, forse oltre 10.000, quelli dei comitati e del movimento studentesco che hanno invaso le vie del centro illuminate a festa per il Natale, contro lo sblocca Italia che riversa su Taranto un ulteriore progetto altamente impattante come quello di Tempa Rossa. Come se non bastasse la questione Ilva, la questione incenerimento rifiuti, le malattie, i tumori.
I cittadini protestano contro l'ennesimo progetto calato su Taranto contro la volontà popolare. A organizzare  la manifestazione è stato il "Comitato dei cittadini liberi e pensanti" insieme al movimento studentesco. Diverse associazioni lucane presenti alla manifestazione: dal movimento No Triv lucano, a Noscorie  Trisaia, al Mo Basta. La scelta del fossile e delle trivellazioni collegati al decreto sblocca Italia è contestatissima nella martoriata Taranto, che non vuole più soffrire con altre attività impattanti e inquinanti. Una citta che cerca il riscatto sociale e culturale da tante politiche sbagliate e imposte sul territorio. Gli slogan urlati e suonati dai manifestanti contro le trivelle di Renzi e Pittella non sono mancati, e il governatore lucano è ormai contestato anche nella vicina Puglia. Dopo le manifestazioni di Potenza, dunque arrivano quelle di Taranto. Nei prossimi giorni, e nelle prossime ore, sono state annunciate altre iniziative.(Ilmetapontino)

Sempre più inquinati per Legge di Stato e profitto privato!

Il voto del Senato alla legge Stabilità autorizza anche Tempa Rossa

Il progetto Tempa Rossa fa un passo avanti nella parte che riguarda Taranto. Nel maxi emendamento alle legge di Stabilità approvato nelle scorse ore dal Senato dopo che è stata posta la fiducia, c'è anche la norma che sblocca la costruzione della base logistica del giacimento petrolifero della Basilicata. Il Governo aveva inserito il capitolo Tempa Rossa nel maxi emendamento prevedendo l'estensione dell'autorizzazione unica per le infrastrutture a valle del progetto.
Nel caso specifico le opere che a Taranto, all'interno della raffineria Eni, serviranno a raccogliere il petrolio in arrivo, via oleodotto, dalla Basilicata, stoccarlo e poi caricarlo sulle petroliere. Incassato il via libera del Senato, la legge di Stabilità torna adesso alla Camera per l'approvazione finale ma di fatto per Tempa Rossa il percorso autorizzativo si è rafforzato.
Nella sua visita di metà settembre a Taranto il premier Matteo Renzi ha giudicato Tempa Rossa progetto strategico ed è possibile che le opere che vi sono collegate rientrino anche nel decreto legge su Ilva e su Taranto che il Consiglio dei ministri si accinge a varare nella seduta del 24 dicembre. Il decreto infatti dovrebbe riguardare anche l'area portuale. Trecento milioni di investimento con una ricaduta di cantiere per 50 imprese e 300 addetti per circa due anni, la base logistica di Tempa Rossa - che si comporrà di due serbatoi di stoccaggio e di un pontile per l'attracco delle navi che per l'occasione sarà allungato di 350 metri - vede il netto dissenso del Comune di Taranto. Quest'ultimo si è espresso con una delibera del Consiglio comunale che ha approvato il piano regolatore del porto escludendo però l'ampliamento del pontile. Contrari anche diversi movimenti ambientalisti e cittadini. Proprio ieri sera a Taranto c'è stata una manifestazione del movimento studentesco - circa un migliaio di persone - per ribadire il no.
Si teme infatti che Tempa Rossa possa portare ad un aumento dell'inquinamento provocato dai composti volatili del greggio in una realtà già alle prese con enormi problemi ambientali. Ma Total, Shell e Mitsui hanno già spiegato che Tempa Rossa avrà zero emissioni per Taranto e che il progetto prevede anche una riduzione di quelle della raffineria per un totale di 64 tonnellate annue. Per dare forza al no, il Consiglio comunale aveva anche previsto, qualche giorno fa, un'autoconvocazione a Roma, tra Palazzo Chigi e Montecitorio, scelta poi accantonata a favore di una seduta permanente a Taranto. Ma in proposito non è stato programmato ancora nulla. In una lettera a Renzi e al ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti, il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, oltre a ribadire il dissenso, ha chiesto un incontro al Governo e sollecitato garanzie ambientali.(Sole24h)

mercoledì 17 dicembre 2014

Battibecchi tra vicini


L’Eni all’Ilva: paghi o gas sospeso

Dal 29 dicembre Ilva rischia di ritrovarsi senza fornitura di gas. In una lettera datata 1° dicembre l’Eni, fornitore della più grande acciaieria d’Europa, ha segnalato al committente che da quella data si troverà costretta a sospendere l’erogazione del metano perché scadrà il servizio di emergenza con il quale il colosso di San Donato in questi ultimi tre mesi ha provveduto ad approvvigionare l’impianto di Taranto. Significherebbe l’immediata chiusura dell’area a caldo perché gli altiforni non avrebbero la materia prima per bruciare il rottame ferroso necessario per produrre l’acciaio liquido. Di più: comporterebbe il blocco delle cokerie e l’azzeramento della produzione con contestuale demolizione della struttura e almeno due anni di lavori per farla tornare a regime.
Nel ginepraio Ilva, oggetto di un possibile decreto del Consiglio dei ministri (l’ipotesi è che sia “calendarizzato” il giorno prima di Natale, il 24 dicembre) per permettere all’acciaieria di entrare in amministrazione straordinaria, ora subentra anche la corsa contro il tempo per evitare che si arresti l’attività d’impresa. D’altronde il rapporto tra Eni ed Ilva è di vecchia data e si è incrinato parallelamente alle difficoltà di cassa dello stabilimento di proprietà dei Riva (e degli Amenduni). Si è avvitato nei fatti a luglio scorso quando Eni ha chiesto ad Ilva una garanzia fidejussoria di circa 250 milioni di euro (i costi del consumo annuale di gas dello stabilimento) per rinnovare il contratto per il 2015. Constatata l’impossibilità da parte della commissariata Ilva di fornire tutte le credenziali di affidabilità creditizia «non è stato possibile per Eni formulare una proposta commerciale di fornitura di gas a decorrere dal 1° ottobre 2014», recita una nota del gruppo presieduto da Emma Marcegaglia. Pertanto Ilva si è trovata costretta ad aderire a un regime di fornitura di «default» che consente 90 giorni di tempo per fornire le garanzie e nell’attesa continuare a ricevere la materia prima.
Questa fase - cominciata il primo ottobre scorso e in scadenza appunto il 29 dicembre - la stessa Eni è stata individuata dall’Autorità per l’energia elettrica come fornitrice di emergenza dell’acciaieria. Ecco perché qualche giorno fa l’amministratore delegato del Cane a sei zampe, Claudio Descalzi, ha incontrato il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, ricordandole anche la questione energetica dell’impianto tarantino finora rimasta sottesa. Un dossier arrivato anche a Palazzo Chigi che starebbe lavorando anche su questo per consentire alla «newco» che uscirà dallo spacchettamento di Ilva a seguito della procedura di amministrazione straordinaria (per ora possibile solo per i grandi gruppi in stato di insolvenza) di firmare un nuovo contratto commerciale con un gestore energetico.
Tema che di certo non è sfuggito al commissario dimissionario, Piero Gnudi, che oggi sarà ascoltato in Commissione congiunta Attività produttive e Ambiente alla Camera.
Un passaggio necessario soprattutto per le opere di risanamento ambientale dell’Ilva, le quali prevedono (per legge) investimenti per 1,8 miliardi di euro e che hanno scoraggiato molti possibili acquirenti che in questi mesi avrebbero potuto manifestare un interesse per lo stabilimento siderurgico. Il paradosso ora è che in caso di blocco della fornitura di gas (e di chiusura dell’area a caldo) potrebbero persino non essere più necessarie quelle risorse. Perché si dovrebbe ripensare daccapo l’Ilva, smantellare l’esistente e ripartire.(CdS)

lunedì 15 dicembre 2014

Da non perdere!


Martedì 16 Dicembre, vi aspettiamo al CINEMA TEATRO ORFEO di Taranto per la visione di " Buongiorno Taranto", il film di PAOLO PISANELLI che parla di noi, della nostra città. Ma non sarà una "semplice" visione, ne approfitteremo per fare il punto sulla situazione, per parlare del passato e del futuro tenendo sempre fisso d'avanti agli occhi il nostro obiettivo : una TARANTO LIBERA dalla schiavitù di un lavoro che UCCIDE.
Si parte alle 21.00 con Remigio Furlanut, si prosegue con gli interventi del regista del film e del comitato Cittadini e lavoratori liberi e pensanti e si chiude con il concerto di Frank Buffoluto & i Pali Delle Cozze.
Biglietto 5 euro. Una parte dell'incasso della serata contribuirà a finanziare le prossime iniziative del Comitato Cittadini e lavoratori liberi e pensanti.
Vi aspettiamo.
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REMIGIO FURLANUT
https://www.facebook.com/remigiofurlanutofficial?fref=ts
FRANK BUFFOLUTO &t PALI DELLE COZZE
https://www.facebook.com/palidellecozze?fref=ts
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Michele Riondino presenta Buongiorno Taranto!
http://video.repubblica.it/edizione/bari/buongiorno-taranto-tra-veleni-e-vertenze-un-documentario-lungo-un-anno/164101/162591

TRAILER
http://www.buongiornotaranto.it/web/promo.php
https://vimeo.com/98146876 (english subtitles)
https://vimeo.com/98156013 (english subtitles)

Realizzato insieme a numerose associazioni culturali e ambientaliste, ad artisti e musicisti, BUONGIORNO TARANTO fa parte di un progetto di narrazioni sociali innovativo, il primo realizzato in Italia a partire da un video blog, sostenuto anche dalla partecipazione di Michele Riondino, tra i promotori del grande concerto del Primo Maggio che anche quest’anno si svolgerà nel Parco Archeologico delle Mura Greche, uno spazio recuperato dall’abbandono grazie all’opera del Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti.
Buongiorno Taranto racconta tensioni e passioni di una città immersa in una nuvola di smog, una città intossicata ad un livello insostenibile. Aria, terra e acqua sono avvelenati dall’inquinamento industriale, all’ombra del più grande stabilimento siderurgico d’Europa, costruito in mezzo alle case e inaugurato quasi cinquant’anni fa. Le rabbie e i sogni degli abitanti sono raccontati dalla cronaca di una radio web nomade e coinvolgente, un cine-occhio digitale che scandisce il ritmo del film e insegue gli eventi che accadono ai confini della realtà, tra rumori alienanti, odori irrespirabili e improvvise rivelazioni delle bellezze del territorio. Il film è un viaggio sur-reale ritmato da esplosioni di bellezza sommersa e ipnotici tramonti sul lungomare.
www.buongiornotaranto.it
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PREMI E RICONOSCIMENTI

BUONGIORNO TARANTO ha ottenuto due importanti riconoscimenti al Premio Gavioli: Miglior documentario sull'industria e sul lavoro e Premio speciale Salute e Sicurezza sul lavoro.
Il tour di proiezioni di Buongiorno Taranto inizierà a gennaio 2015: il film sarà presentato nelle sale cinematografiche pugliesi e in numerose città italiane.

Premi a BUONGIORNO TARANTO

FESTIVAL INTERNATIONAL DE CINE AMBIENTAL Buenos Aires : Secondo premio sezione lungometraggi
“Il film riesce a mostrare la complessa relazione tra le questioni sociali e ambientali attraverso il conflitto tra lavoro per la sopravvivenza giornaliera e il desiderio di creare un cambiamento positivo a lungo termine. Documentando una situazione di estrema contaminazione e degrado, il lungometraggio mette a fuoco una società bloccata in cultura del lavoro di fronte ai limiti e le conseguenze dello sfruttamento delle risorse naturali. Questo restituisce un interessante spaccato di un contesto, in cui le prestazioni sociali hanno un impatto negativo sugli elementi ambientali, e viceversa”

MEDITERRANEO VIDEO FESTIVAL Agropoli (Sa) : Premio LegAmbiente

“il film si è rivelato una sapiente operazione corale, in cui a parlare non è l'Ilva in sé, ma il territorio inteso come paesaggio umano, fotografato nella sua graduale presa di coscienza: la voce dell'operaio, del pescatore, delle madri dei Tamburi, dell'ambientalista, della pediatra, dell'abitante del centro storico, sono state lucidamente sintetizzate nel riscatto graduale dall'iniziativa giovanile della web radio, perché è dalla comunità che si genera il cambiamento e Paolo Pisanelli ha saputo raccontare come da un paesaggio distrutto possa nascere la speranza, come forma di resistenza alla rassegnazione. Buongiorno Taranto è la voce che dà un volto nuovo ai territori, perchè sono le comunità il vero patrimonio culturale italiano”.

Anche oggi... grazie Ilva


Ditelo in musica

domenica 14 dicembre 2014

Leggi interstiziali per iniezioni letali

"Lavoro e royalties dal petrolio", spunta norma Tempa Rossa

Il governo accelera su Tempa rossa, il progetto per portare il petrolio estratto in Basilicata a Taranto e nella legge di Stabilità spunta l'emendamento per sbloccare "l'effettiva realizzazione dei progetti per la coltivazione di giacimenti di idrocarburi". Con la modifica, spiega la relazione tecnica, l'esecutivo estende "il regime di autorizzazione unica a quelle opere e infrastrutture necessarie e indispensabili per assicurare il loro sfruttamento", dando "significativo impulso" all'occupazione.
Tempa Rossa, della joint venture Total-Shell-Mitsui, consiste sostanzialmente nella costruzione a Taranto di due grandi serbatoi nei quali stoccare il petrolio in arrivo dal giacimento della Basilicata e l'allungamento di 350 metri del pontile petroli della raffineria per l'attracco delle navi destinate a caricare il greggio. Un progetto contro cui già si sono mossi le associazioni e i comitati ambientalisti locali - in una città dove le ferite dell'inquinamento hanno lasciato il segno - e contro il quale si è espresso anche il Comune con una variante al piano regolatore del porto per bloccare le opere. L'atto di indirizzo era stato adottato per scongiurare l'incremento di emissioni inquinanti causate dalla movimentazione del petrolio. Dai documenti dell'Eni, partner logistico dell'iniziativa, emergerebbe - secondo la documentazione in mano all'amministrazione comunale - l'aumento del 12% delle emissioni riferite soprattutto a composti volatili e non ci sarebbero adeguate rassicurazioni sui rischi di incidente rilevante.
Il governo non la pensa però così e guarda alle opportunità offerte dalla prospettiva. La norma è stata infatti inserita "al fine di semplificare la realizzazione di opere strumentali alle infrastrutture energetiche strategiche e di promuovere i relativi investimenti e le connesse ricadute anche in termini occupazionali". E prevede l'estensione dell'autorizzazione unica anche per "le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento di titoli concessori esistenti, comprese quelle localizzate al di fuori del perimetro delle concessioni di coltivazione".
Le disposizioni, si osserva nella relazione tecnica, possono "generare rilevanti entrate fiscali aggiuntive" sia per lo Stato che per le Regioni, grazie anche alle royalties (che peraltro un altro emendamento del governo aumenta), visto che "con la realizzazione delle opere e infrastrutture connesse e indispensabili sarà possibile avviare l'attività commerciale estrattiva". Senza contare "le importanti ricadute occupazionali di cui beneficeranno in maniera immediata e diretta i territori in cui tali opere saranno localizzate". Con l'emendamento si assicura comunque il coinvolgimento delle Regioni interessate con lo strumento dell'intesa, salvo prevedere la remissione degli atti alla presidenza del Consiglio, qualora l'intesa non sia raggiunta. Così è ora per l'altra discussa opera del gasdotto Tap. (Rep)

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Renzi: "Presto il decreto per l'Ilva e per le meraviglie di Taranto

"La prossima settimana scriveremo un decreto che riguarderà l'Ilva e non solo. Tratterà del porto e delle meraviglie culturali della città" di Taranto. Lo ha detto Matteo Renzi all'assemblea del Pd, e c'è attesa per conoscere il dettagli del provvedimento - il settimo per il siderurgico - che stavolta stando alle dichiarazioni del premier riguarderà la città jonica e la valorizzazione del patrimonio artistico culturale di un territorio troppo mortificato dagli effetti dell'industria. Quanto al porto, la novità potrebbe essere legata anche all'emendamento annunciato dal governo alla legge di Stabilità con cui si sblocca di fatto il progetto Tempa Rossa dell'Eni per portare il petrolio della Basilicata a Taranto semplificando le procedure per la realizzazione delle infrastrutture necessarie allo sfruttamento del greggio. 
Dunque, la settimana decisiva per il futuro dell'Ilva è arrivata. L'idea del governo è portare il siderurgico in amministrazione controllata e di fatto nazionalizzarlo per rimetterlo in sesto e renderlo appetibile ai privati. Con il decreto l'azienda sarà molto probabilmente posta in amministrazione straordinaria attraverso una modifica della legge Marzano. Il nuovo decreto dorebbe vedere la luce in un Cdm prima di Natale,  il 22 o il 23 dicembre. E' quanto sottolineano fonti vicine al dossier.
Le ipotesi circolate nei giorni scorsi parlano di un intervento dello Stato con una quota di minoranza, attraverso la Cdp, assieme alla cordata formata da Arcelor-Mittal e gruppo Marcegaglia. E in un'intervista il commissario dell'acciaieria Piero Gnudi ha sottolineato come "il caso Ilva è unico, quindi, serve una soluzione unica. Il modello americano applicato per Gm è stato utilizzato con successo in diversi Paesi, può funzionare anche qui". Un ruolo dello Stato per facilitare il passaggio ai privati secondo Gnudi, potrebbe durare "uno o due anni", periodo nel quale "i problemi possono essere risolti o comunque si possa intraprendere la strada per risolverli e consentire l'ingresso ai privati".
Le nuove misure sono attese anche dalle imprese di Taranto, le quali hanno il timore che i loro crediti (350 milioni lo scoperto complessivo dell'Ilva verso i fornitori) finiscano nella bad company rendendone incerta la riscossione. Questo soprattutto se l'azienda siderurgica sarà effettivamente "spacchettata", dopo l'ammissione all'amministrazione straordinaria, in bad e new company. Nei giorni scorsi il commissario dell'Ilva, Piero Gnudi, ha dato garanzia alle imprese di Taranto parlando di attività funzionali alla produzione del siderurgico, ma il quadro non sarà chiaro fino a quando il governo non scriverà le nuove norme. (Rep)

venerdì 12 dicembre 2014

Europa lontana

I veleni dell'Ilva e l'ipocrisia del Pd

La prossima settimana il Parlamento Europeo, nella sua seduta di Strasburgo, discuterà le diverse mozioni presentate dai gruppi parlamentari in merito alla politica europea sull’acciaio, per la protezione delle industrie e dei lavoratori.
La posizione contenuta nella proposta del PPE (del Partito Polare Europeo fanno parte gli europarlamentari eletti nelle liste italiane di Forza Italia e NDC-UDC) si basa sul rafforzamento della politica di sostegno all’acciaio e all’industria pesante in tutta Europa e chiede che la Commissione Europea garantisca un nuovo ruolo leader all’acciaio europeo, attraverso una serie d’iniziative tese ad assicurare posizioni di prima importanza sui mercati mondiali. Con meccanismi di consultazione locale e regionale, la proposta di Antonio Tajani, uno dei Vice-Presidenti del Parlamento Europeo, opta per la creazione di un’azione “SustSteel” di sostegno, contenuta nel cosiddetto Piano di Azione per l’Acciaio, al fine di garantire quei mercati internazionali che apprezzano l’acciaio europeo perché, secondo la mozione, prodotto con procedure che rispettano i diritti sociali e ambientali. C’è da rimanere allibiti quando si pensa a Taranto. Perché la proposta del PPE sottintende che i competitors internazionali non siano altrettanto ligi (quanto l’Ilva!) nel garantire che l’acciaio sia prodotto da operai felici, ben pagati, che vivono e lavorano in un ambiente salubre.
Il documento del PPE tocca momenti di alto lirismo quando fornisce una lista dei siti europei da difendere, definendoli jewels e invitando la Commissione a non chiuderli e a non cederli a gruppi extra-europei. Tra questi bijoux, naturalmente, Taranto, noto esempio di tecnologia, modernità, eco-compatibilità, circondata da giardini per la coltura di frutta e verdura biologica, dove la felicità regna sovrana. Peccato che l’Ilva sia costata all’Europa, in termini di impatto ambientale, ben 2.5 miliardi di euro per il periodo 2008-2012, secondo le valutazioni dell’Agenzia Europea per l’Ambiente.

Mucchettopoli


Mucchetti: “Marcegaglia in Ilva non deve entrare: è suo cliente”

Venerdì 12 dicembre il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare l’ennesimo decreto Ilva: non la nazionalizzazione, ma l’amministrazione straordinaria, secondo la legge Marzano come modificata per Alitalia, per aprire la strada, pareva ancora giovedì sera, ad ArcelorMittal con Emma Marcegaglia di rincalzo e lo Stato finanziatore. Uno schema che suscita perplessità. Ad alzare il velo su questo conflitto d’interessi allo stato nascente è Massimo Mucchetti (Pd), presidente della commissione Industria del Senato, che ha seguito fin dall’inizio la partita dell’Ilva.
L’intervista a Mucchetti del Fatto Quotidiano a firma di Marco Palombi.
Mucchetti, andiamo con ordine. Perché serve un decreto?
Per sciogliere i legami dell’Ilva del futuro con quella del passato. Oggi l’Ilva è commissariata in base al decreto sui siti di interesse nazionale; a differenza del predecessore Bondi, l’attuale commissario Piero Gnudi ha un mandato a vendere, ma i proprietari restano i Riva. Passando all’amministrazione straordinaria, i vecchi soci sono sterilizzati, avremo una vecchia Ilva in liquidazione e una nuova, di cui in prima battuta sarà azionista la vecchia.
Ma chi può chiedere l’applicazione della Marzano?
L’assemblea degli azionisti, e cioè i Riva, che possono non volerlo fare. Allora bisogna attribuire questo potere al commissario. Poi c’è il problema delle guarentigie.
Spieghi.
Il commissario Ilva e i suoi collaboratori non sono imputabili di reati ambientali per la durata dell’Aia (autorizzazione integrata ambientale). La Marzano, però, non prevede queste guarentigie e bisognerà provvedere.
Ma chi paga le bonifiche, circa 3 miliardi di euro?
L’Aia prevede interventi per 1,8 miliardi. Ma il punto vero, per chiunque voglia gestire l’Ilva del domani, Stato o privati, è la certezza del diritto. I nuovi gerenti non possono caricarsi sulle spalle le cause miliardarie intentate contro l’Ilva o temere un sequestro alla settimana. Diversamente, l’Ilva fallirà e nessun giudizio darà nulla a nessuno.
E quindi?
L’ex commissario Bondi aveva presentato un piano industriale che realizzava l’Aia, che è legge dello Stato. Ad ArcelorMittal sembrava troppo. Il governo dovrà parlare con la città di Taranto e trovare un compromesso sulle molte pendenze. Ma non potrà non partire dall’Aia. E da chi mette i soldi veri.
Che dice della Cassa depositi e prestiti o del suo Fondo strategico?
Per legge e statuti, il gruppo CDP non può assumere partecipazioni in società in perdita. Ma leggo che potrebbe metterli in Marcegaglia, gruppo ufficialmente non in perdita ma con uno stato patrimoniale assai tirato. Insomma, non un target imperdibile. Temo il conflitto d’interessi e un po’ di machiavellismo.
Il Fondo strategico non stava trattando l’ingresso nel gruppo Arvedi, anch’esso interessato all’Ilva?
Senza mai concludere. Arvedi è un concorrente: una fusione tra Arvedi e la nuova Ilva comporterebbe una ristrutturazione del settore degli acciai piani tutta da capire. L’Antitrust italiano potrebbe eccepire ancorché la dimensione del mercato siderurgico non sia nazionale ma europea.
Si ipotizza che i privati entrino nella nuova Ilva esercitando un’opzione call.
Un’ipotesi ancora generica, non giudicabile, ma ci starei comunque attento. Lo Stato i soldi li mette tutti e subito. Su quale valutazione entrerebbero i privati? L’Ilva adesso vale zero; con i denari dello Stato potrà valere più o meno quei soldi; tra tre o quattro anni, a risanamento avvenuto, l’Ilva andrà a 4-5 miliardi. Fabbriche così nel cuore del Mediterraneo non se ne faranno mai più.
E allora?
L’opzione di acquisto a termine ha senso se chi la riceve già oggi impegna un capitale proporzionato a quello messo dallo Stato, dall’Ilva in liquidazione ed eventualmente dalle banche, e domani condividerà un “earn out”. Diversamente, i privati gestirebbero e gli altri, Stato in primis, si terrebbero il rischio (…) (Blitzquotidiano)

Bum!




Questa è la gru prima e dopo l'incidente. ci sono circa 5 tonnellate di olio idraulico contenuti nell'impianto della gru e la gru è in mare, fortunatamente, si parla sempre di fortuna, al momento quest'olio rimane contenuto nell'impianto idraulico della gru. ilva doveva avere entro ottobre 2 benne ecologiche secondo il crono programma del piano ambientale, questa benna aveva un sistema chiuso a tazze ma era stata montata nel 2008, commissionata alla Tenova Takraf. ora non c'è più neanche questa. strano che era in manutenzione qualcosa che per il piano ambientale doveva essere pronto a ottobre. inoltre a gennaio, sempre secondo il piano ambientale, deve essere pronta una terza benna ecologica. al momento neanche l'ombra, pertanto ci chiediamo, cosa già denunciata presso le autorità competenti, come ilva sta (non) ottemperando alla prescrizione del piano ambientale, al momento totalmente disattesa. per una casualità, la nave fotografata nel 2013 con la gru è la stessa ormeggiata al molo quando questa è andata in mare. la gru accanto a quella crollata è quella colpita dal tornado nel 2012 dove però in quell'occasione morì un operaio ilva. (luciano manna, peacelink)







Cede una gru al molo Ilva: feriti due operai, uno è stato recuperato in mare. Ispezione subacquea della Capitaneria

La Capitaneria di porto di Taranto ha compiuto una ispezione subacquea dello specchio acqueo prospiciente il tratto di banchina in cui ieri sera si è spezzata una gru all'altezza del quarto sporgente del porto in concessione all'Ilva, causando il ferimento di due operai. L'ispezione è avvenuta per valutare le condizioni in termini di sicurezza della navigazione dell'area portuale e stabilire i conseguenti relativi limiti operativi. Le risultanze saranno analizzate in una riunione tecnica con i servizi portuali, e saranno così stabiliti i provvedimenti da adottare per assicurare il ripristino della piena operatività dell'area portuale, fermo restando il rispetto delle norme di sicurezza della navigazione.
La Capitaneria di porto già ieri sera ha disposto l'intervento a titolo precauzionale della società 'Ecotaras', per il posizionamento in mare attorno alla gru semisommersa di panne assorbenti nell'eventualità si fosse verificata la fuoriuscita di olio idraulico dalla motrice della gru. Nessun danno è stato registrato alla nave mercantile ormeggiata allo sporgente, per la quale si è reso necessario soltanto il rinforzo dei cavi di ormeggio di prua tranciati dalla stessa gru durante il crollo.
Questa mattina il coordinamento provinciale dell'Usb di Taranto ha proclamato 24 ore di sciopero in seguito all'incidente avvenuto ieri sera nell'area del quarto sporgente del porto in concessione all'Ilva, dove si è spezzata in due una gru denominata 'Dm7'. Un operaio è caduto in mare ed è stato successivamente recuperato e tratto in salvo. Un altro lavoratore, rimasto intrappolato nella parte della gru rimasta sulla banchina, è stato recuperato dai vigili del fuoco. Il capo-turno Orazio Pignatelli e il suo collega, Giuseppe Bufano, operaio della manutenzione elettrica, si trovavano all'interno della cabina di comando della gru, che è crollata per cause in corso di accertamento. La magistratura ha disposto il sequestro del mezzo e dell'area interessata (Quotidiano)

E una ancora!

Ilva, D’Amato diffida Autorita’ portuale di Taranto

Una diffida affinché decadano o vengano revocate le concessioni demaniali relative al porto di Taranto concesse nel 2000 e nel 2002 all'Ilva e ancora in vigore. E' questo il punto centrale dell'atto notificato ieri dall'eurodeputata del Movimento 5 Stelle, Rosa D'Amato, all'Autorità portuale di Taranto. "Chiediamo che venga tolta la concessione all'Ilva soprattutto per due ragioni - spiega l'eurodeputata - Innanzitutto per le continue violazioni delle norme di tutela dell'ambiente. In secondo luogo perché l'Ilva non ha provveduto alla manutenzione dei beni in concessione e di quelli costruiti, compreso il mantenimento dei fondali. Per queste e altre ragioni - continua Rosa D'Amato - le concessioni sono da dichiarare decadute o revocate".
L'eurodeputata jonica, dopo aver ottenuto l'accesso agli atti delle concessioni, ha scoperto che "all'Ilva è stato concesso di sfruttare 931mila metri quadrati di aree demaniali a un costo di 0,5 euro al metro quadrato: praticamente meno di un'ora di parcheggio a Taranto, giustificato con la motivazione che le movimentazioni delle merci Ilva  'determinano notevoli entrate in materia di tasse a favore sia dello Stato che dell'Autorità portuale'".  "Tutto ciò - conclude - dimostra l'urgenza di salvare il porto di Taranto dall'assedio della grande industria. La gestione delle concessioni demaniali andrebbe fatta secondo gli interessi e le esigenze legate all'uso pubblico e non del privato che impedisce una reale diversificazione dei traffici. Il porto torni ai tarantini ". (Cosmopolismedia)

Messaggio in bottiglia

 

«Questo è il balcone di casa mia. Alle mia spalle c’è l’Ilva. E la polvere nera che vedete tra le mie mani è quella che respiriamo tutti i giorni».
Comincia così il video-messaggio di Maria Alagni, 27 anni.
Anche lei è una delle sei partecipanti alla prima edizione del laboratorio digitale dedicato ai ragazzi dei quartieri difficili del Sud.
Un progetto reso possibile dal sostegno del gruppo Conad e dalle partnership tecnologiche e professionali di Tiscali e della Ninja Academy (società leader nella formazione professionale nel settore dei social media).
In questo video, Maria, nel giorno del battesimo ufficiale dell’Academy online che avverrà proprio oggi pomeriggio a Taranto (http://www.restoalsud.it/2014/12/02/venite-tutti-alle-lezioni-di-futuro-a-taranto/) si presenta e racconta la sua esperienza e il motivo che la spinge a partecipare.
Anche dentro le sue parole – come in quello degli altri partecipanti – c’è il senso del progetto culturale “Resto al Sud”, la volontà di cambiare il racconto del Meridione e dare ai ragazzi la possibilità, attraverso la conoscenza del mondo digitale, di percorrere una strada nuova.
Guardate, ascoltate e se vi rispecchiate nelle sue parole, condividete.(restoalsud)

giovedì 11 dicembre 2014

Congetture da oracolo

A quali condizioni

La vicenda di Ilva è l’occasione per ridi­scu­tere le poli­ti­che eco­no­mi­che Euro­pee. Tra il 2008 e il 2013 i governi dei paesi peri­fe­rici da un lato spen­de­vano cen­ti­naia di miliardi di euro per sal­vare patri­moni pri­vati, dall’altro ope­ra­vano tagli a wel­fare e sanità per oltre 200 miliardi.
Que­sta è l’Europa del libe­ri­smo reale, qual­cosa di molto diverso dall’idea di lais­sez faire: gruppi di inte­resse pri­vati accen­trano capi­tale attra­verso atti­vità di lob­by­ing, con­cen­trando la pro­du­zione in poche aree cen­trali e distrug­gendo capa­cità pro­dut­tiva in eccesso nelle peri­fe­rie euro­pee.
Un esem­pio attua­lis­simo è AST: unico sito ita­liano di acciai spe­ciali, uno dei più pro­dut­tivi al mondo, stava chiu­dendo non per man­canza di com­messe ma per­ché la fin­lan­dese Outo­kumpu è stata costretta a ven­dere gli impianti alla tede­sca Thys­sen, avendo l’Antitrust deciso che in caso con­tra­rio avrebbe otte­nuto una posi­zione domi­nante. Prima dell’intervento del governo, che ha mediato l’accordo con i sin­da­cati, Thys­sen aveva deciso di con­cen­trare la pro­du­zione in Ger­ma­nia, licen­ziando 2600 lavo­ra­tori in Ita­lia. Si sarebbe dovuto per­met­tere che AST fallisse?
La Ger­ma­nia non ha lasciato fal­lire Com­merz­bank, stan­ziando 14 miliardi di euro pub­blici a fondo per­duto, né ha lasciato fal­lire Opel. La KFW tede­sca (la nostra Cassa Depo­siti e Pre­stiti) detiene il 31% di Deu­tsche Tele­kom. Nel silen­zio asso­luto è pas­sato anche il sal­va­tag­gio di Peu­geot, nazio­na­liz­zata da due stati, Fran­cia e Cina.
A Taranto, oltre al pro­blema eco­no­mico, c’è quello della tutela dell’ambiente e, soprat­tutto, della salute. In Ger­ma­nia, a Dui­sburg, è stato pos­si­bile boni­fi­care i ter­ri­tori e ricon­ver­tire un impianto side­rur­gico da 9 milioni di ton­nel­late annue di acciaio. Taranto non merita la stessa attenzione?
Ilva rap­pre­senta l’8% circa dell’intero set­tore metal­lur­gico nazio­nale ed è pos­si­bile sti­mare che par­te­cipa diret­ta­mente alla pro­du­zione dello 0.05% del red­dito nazio­nale (oltre 750 milioni di euro). Si tratta di una cifra rile­vante, con­si­de­rando le stime di cre­scita per il 2015, ma che non tiene conto di nume­rosi effetti col­la­te­rali che una even­tuale chiu­sura potrebbe arre­care al nostro sistema pro­dut­tivo. ILVA infatti non solo vende acciaio ad altre indu­strie mani­fat­tu­riere, ma è a capo di un indotto che ine­vi­ta­bil­mente si con­trar­rebbe. Se è impos­si­bile quan­ti­fi­care esat­ta­mente i due effetti, se ne può sti­mare l’ordine di grandezza.
Lo sta­bi­li­mento di Taranto offre circa 9000 posti di lavoro full time equi­va­lent. Con­si­de­rando l’intero sub­si­stema, se ne devono aggiun­gere altri 16000 circa. Per avere un’idea degli effetti di lungo periodo, pos­siamo poi sti­mare come la chiu­sura di ILVA modi­fi­che­rebbe le tran­sa­zioni inte­rin­du­striali. Com­ples­si­va­mente il Pil subi­rebbe un calo dello 0.24%, quasi 4 miliardi, men­tre i posti di lavoro persi sareb­bero circa 50.000. Venendo alla bilan­cia com­mer­ciale, le impor­ta­zioni inter­me­die aumen­te­reb­bero di circa 2 miliardi e 385 mila euro, men­tre le espor­ta­zioni, per con­tro, dimi­nui­reb­bero di poco più di un miliardo di euro. La chiu­sura di Ilva con­dur­rebbe ad un dete­rio­ra­mento della bilan­cia com­mer­ciale per circa 3,5 miliardi di euro.
In molti sosten­gono che Ilva è inte­res­sata da pro­ce­di­menti euro­pei con annesse san­zioni. La chiu­sura sem­bre­rebbe la via “migliore” per evi­tarle. Al netto che tutti i paesi euro­pei sono inte­res­sati da san­zioni, sarebbe molto più inte­res­sante valu­tare Ilva nel con­sesso indu­striale nazio­nale. Se il paese dovesse mai con­tra­di­stin­guersi con delle inno­va­tive poli­ti­che indu­striali e ambien­tali, Ilva e i set­tori limi­trofi fareb­bero parte del rilan­cio eco­no­mico del paese. La domanda che dob­biamo farci è la seguente: al paese serve una indu­stria di base se la poli­tica lascia solo il tes­suto pro­dut­tivo di beni capi­tali e inter­medi, oppure alla mercé della con­cor­renza di costo?
Come sem­pre la scelta è poli­tica, nel senso di pro­getto eco­no­mico. L’Italia e il governo hanno pro­getto economico? (

Buco nero e sporco

Ilva, voragine bancaria da 1 miliardo e 450 milioni di euro

Il prossimo decreto non chiamatelo “Salva-Ilva”: chiamatelo “Salva-banche”. Il governo Renzi vuole colmare una voragine di 1 miliardo e 450 milioni di euro. A tanto ammonterebbe il debito bancario consolidato di Ilva. Questa somma gigantesca è rivendicata per il 62% da Intesa San Paolo, per il 20% da Unicredit e per il 18% dal Banco Popolare. Il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, ha dichiarato che ILVA “è praticamente sull’orlo del fallimento” e che i privati non hanno le risorse per salvarla.
E per il futuro? La prospettiva è che – dopo aver perso 2 miliardi e mezzo di capitale netto – l’ILVA di Taranto continuerà ad accumulare inesorabilmente perdite. “Il break-even point di Ilva è stimato attorno alle 22 mila tonnellate giornaliere”, scrive Davide Lorenzini su Siderweb. Il break-even point è il “punto di pareggio” in economia aziendale. Questo significa che sotto gli 8 milioni di tonnellate/anno l’Ilva è destinata ad accumulare perdite e non profitti. E attualmente lo stabilimento produce 5,7 milioni di tonnellate/anno di acciaio.
Chi deve mettere i soldi per pagare le banche che non hanno salvato l’Ilva né hanno speranza di farlo?
Il colosso siderurgico Arcelor Mittal ha posto condizioni inaccettabili e non si vuole inguaiare. Federacciai ha già detto: non chiedete a noi.
Quindi?Pagherà Pantalone: gli ignari italiani a cui viene detto A per poi invece fare B. E così il prossimo decreto sull’Ilva scaricherà sugli italiani i guai dell’azienda. Verrà detto loro che – con i soldi della Cassa Depositi e Prestiti, ossia dei risparmiatori che hanno libretti e buoni fruttiferi alla Posta – l’Ilva verrà risanata e trasformata in una gallina dalle uova d’oro. Ma in realtà l’obiettivo è quello di recuperare i crediti delle banche prima che Ilva affondi del tutto. Perché la prospettiva è quella: l’inabissamento imminente della corazzata Ilva in assenza di una ripresa del mercato. Ma ci sarà uno spiraglio di ripresa nel 2015? Pare proprio di no: c’è il 65% di possibilità che l’economia mondiale vada in recessione, trascinandosi dietro gli USA. Riassumiamo:
1) le banche vogliono indietro i soldi;
2) il governo Renzi prontamente risponde;
3) i sindacati sono entusiasti perché finalmente interviene lo Stato;
3) verrà sanato il debito dell’ILVA con i soldi pubblici;
4) le banche ringrazieranno il governo;
5) i sindacati faranno finta che questa sia un’operazione di salvataggio dei lavoratori e applaudiranno;
6) nessuna ripresa vi sarà nel 2015 per raggiungere il “punto di pareggio”;
7) si accumuleranno altre perdite;
8) la situazione diventerà insostenibile;
9) le banche diranno che non possono concedere altri prestiti, temono il concorso inabuso del credito;
10) l’ILVA affonderà.
Nonostante i fatti non lascino spazi all’ottimismo, all’arrivo del nuovo decreto in molti diranno che si sta salvando l’ILVA e gioiranno. Diranno che i soldi prestati dallo Stato serviranno ad ammodernare gli impianti e a non far ammalare più le persone. Diranno che stiamo restituendo speranza ai lavoratori.
Sembra la riscrittuta della commedia di Peppino De Filippo “Non è vero ma ci credo”.La Fiom dovrebbe sapere che la manovra è pensata per restituire denaro alle banche usando i soldi degli italiani ignari. Ma la commedia sembra già scritta. Il pubblico plaudente non mancherà.Però c’è un intoppo: la Cassa Depositi e Prestiti non può per statuto investire in aziende in perdita (come invece accadeva per l’Iri).
E in più la magistratura e la Commissione Europea hanno gli occhi puntati sull’Ilva.
Quella che si profila come una commedia delle beffe ha tutti i requisiti per trasformarsi in un’operazione ad altissimo rischio. (A. Marescotti - FQ)