giovedì 17 maggio 2012
C'è nessuno in Procura?
Ancora un esposto alla Procura di Bonelli: “Le perizie sull’Ilva parlano di morte. Verificare l’omicidio volontario”
“Non si può continuare a morire così a Taranto senza che qualcuno faccia qualcosa”. Sono le 12 circa quando queste parole di Angelo Bonelli sbattono sulle facce dei giornalisti, cittadini, attivisti accorsi alla conferenza stampa indetta per questa mattina per illustrare un ulteriore esposto alla Procura di Taranto da parte del Presidente della Federazione dei Verdi.
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All’udire di queste tuonanti parole le facce dei presenti assumono lo stesso colore del cielo che oggi funesta con vento e pioggia il capoluogo ionico, grigio, scuro, quasi nero quando l’esponente di Aria Pulita, il prof. Marescotti, elenca i dati delle perizie chimiche ed epidemiologiche effettuate sull’Ilva
«Nei 13 anni di osservazione – riferisce Marescotti – sono attribuibili alle emissioni industriali 386 decessi totali, 237 casi di tumore maligno con diagnosi da ricovero ospedaliero, 247 eventi coronarici, 937 casi di ricovero ospedaliero per malattie respiratorie».
Morte. Usiamo le parole giuste al posto giusto, decessi, tumori, eventi coronarici, ricovero. Come coltelli nel costato sanguinante, questi dati hanno portato all’esposto firmato Bonelli che sarà presentato oggi alla Procura della Repubblica di Taranto con un unico obbiettivo espresso attraverso le sue parole: “capire quali devono essere le azioni da intraprendere per fermare l’inquinamento, per fermare chi inquina e uccide”.
Bonelli prende in considerazione la perizia Chimica data dai periti Sanna, Monguzzi, Santilli e Felici in sede di incidente probatorio nei procedimenti a carico dell’Ilva, da cui risulta che dallo stabilimento targato Riva si diffondono emissioni contenenti sostanze pericolose per la salute in primis dei lavoratori del centro siderurgico, in generale per l’ambiente e i comuni circostanti l’Ilva, e quindi per i cittadini tutti.
La perizia fa emergere anche la mancata osservanza delle misure di sicurezza idonee ad evitare la dispersione di fumi e polveri nocive.
A dar manforte a queste tesi ce ne è un’altra, quella Epidemiologica dei periti Forastiere, Biggeri e Triassi, in cui si evince che: “ L’analisi per i quartieri Borgo e Tamburi mostra una forte associazione tra inquinamento dell’aria ed eventi sanitari. Tassi di mortalità e ricoveri ospedalieri sono più elevati nei quartieri Paolo VI e Tamburi.”
Il riscontro continua suggerendo una nota riguardo soprattutto i più esposti direttamente all’inquinamento Ilva, i lavoratori dello stabilimento stesso, per cui “esiste una maggiore frequenza di denunce di malattie respiratorie e tumori non da asbesto rispetto al dato nazionale. I tumori non da asbesto (cioè non riguardanti l’amianto) causati dalle esposizioni professionali dal 1998 al 2010 indennizzati dall’Inail sono stati 98.”
La conclusione della perizia è una spada nella gola di chi costruisce castelli per aria gridando con orgoglio che l’inquinamento a Taranto è un fenomeno che riguarda il passato, cioè che “ l’esposizione continua agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e morte’’. Un colpo secco. Senza scampo. Bonelli si sofferma su questo: “ha causato e causa”. Oggi, ora, mentre continuiamo le nostre vite, mentre si accorciano le nostre vite.
La richiesta quindi che quest’esposto vuole fare è di verificare se con i risultati di queste perizie siano configurabili a carico degli imputati nel processo per danni ambientali anche reati di lesioni gravissime e omicidio volontario con dolo diretto.
Dove c’è morte da inquinamento c’è omicidio. Un termine che stride nelle orecchie come un’unghia sulla lavagna. Un termine fino ad ora mai utilizzato nei discorsi a carico dell’Ilva ma che forse, sull’eco delle condanne del Processo “Eternit”, si fa bene ad accentuare.
Come dichiarano gli esponenti dei movimenti ambientalisti tarantini schierati intorno all’ormai ex candidato sindaco, e come esprime lui stesso, non vuole essere un pressing alla Magistratura.
La stessa che in lasso di tempo minimo ha fatto ciò che in vent’anni di discorsi e rilevazioni le Istituzioni tarantine tutte non hanno saputo fare.
Probabilmente la Procura ha già preso in considerazione quest’ipotesi, forse no. Forse si arriverà a un sequestro preventivo delle aree inquinanti, come auspica Matacchiera presente alla conferenza stampa. Forse no.
Intanto è meglio fare chiarezza, chiedere giustizia. Fare chiarezza anche ricordando un nodo cruciale per il futuro tarantino, cioè la crisi dell’acciaio che sta investendo a scala mondiale le industrie siderurgiche.
In questo prende corpo, come sostiene Bonelli, la soluzione che potrebbe cambiare il futuro della città e della nazione tutta. Si parla cioè di bisogno di bonifiche e soprattutto di riconversione industriale ed economiche di una città che dipende dalle sorti di un colosso che, con gli sviluppi del mercato, potrebbe pensare di de-localizzare le imprese in Stati che ormai stanno dominando il mercato, India e Cina davanti a tutti.
Sentori di questa crisi si avvertono già da tempo nello stabilimento tarantino, con la cassa integrazione paventata in passato dal Centro Studi Ilva ed oggi messa in atto nelle zone “a freddo” ormai ferme da tempo.
L’Ilva è sulle nostre teste, nei nostri cieli, fa da sponsor alla nostra Festa Patronale, fa da stipendio ai nostri concittadini ma con l’illusione delle visite delle scolaresche a cui viene promesso un posto di lavoro che non ci sarà più in futuro. Fa di Taranto la città delle parole cupe. Sì, perché come recita una pubblicità: “ Non fermarti alle apparenze. Ilva, c’è un mondo dentro”. Ricovero, eventi coronarici, tumori, decesso. (il quotidiano italiano)
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