mercoledì 30 maggio 2012

Un po' di vapore e un filtro in più...

Quello che per le sigarette si chiamava "bocchino" e un paio di "cannoni". Ecco la proposta della CGIL: l'elefante ha partorito il topolino!!!

Ambiente e Ilva, le proposte della Cgil filtri e «dry fog» per emissioni e polveri
Il sindacato scende in campo per le nuove autorizzazioni Annunciato un convegno nazionale entro luglio

La Cgil di Taranto e il sindacato dei metalmeccanici difendono il lavoro e avanzano proposte concrete per migliorare l’impatto ambientale dello stabilimento siderurgico dell’Ilva a Taranto. La riapertura del procedimento dell’Autorizzazione integrata ambientale, voluta dal ministro Corrado Clini e dal presidente della Regione Nichi Vendola, è l’occasione che offre alla Cgil la possibilità di illustrare soluzioni messe a disposizione dalla tecnologia e adoperate in altri impianti simili a quello tarantino. In particolare sono due i punti critici sui quali intervenire, la dispersione di polveri dai parchi minerali e le emissioni fuggitive. La prima si può efficacemente contrastare con il metodo dei dry fog, cannoni che sparano acqua polverizzata da getti d’aria delle stesse dimensioni dei granuli di polvere che si disperdono, efficaci soprattutto se si sparano nelle fasi in cui il minerale viene movimentato, dalla stiva delle navi ai nastri trasportatori. Per le emissioni dei fumi c’è l’impiego di filtri a manica e il risultato può essere migliorato ulteriormente se parte dell’agglomerato si sostituisce con minerale preridotto. «Facciamo queste proposte — ha detto Luigi D’Isabella, segretario generale della Cgil — perché vogliamo ambientalizzare un settore che ha ancora un futuro ed è competitivo. Condividiamo la riapertura dell’Aia perché le normative europee individuano nuove bat che bisogna utilizzare e non condividiamo le azioni dell’Ilva. I nostri sindacalisti in fabbrica devono diventare le sentinelle dell’ambiente». È stato poi l’ingegner Domenico Capodilupo, trent’anni di lavoro alle acciaierie di Terni, a illustrare i sistemi per migliorare l’impatto ambientale e a ritenere in parte insufficienti quelli adottati finora dall’azienda. Il nuovo segretario generale della Fiom, Donato Stefanelli, ha annunciato un convegno di livello nazionale, entro la fine di luglio, sull’ambientalizzazione dello stabilimento siderurgico. Cesare Bechis (CdM)

lunedì 28 maggio 2012

Porticciolo di Marina di Pulsano: ennesimo scempio al nostro ambiente?

La rada dove dovrebbe sorgere il porticciolo turistico. Marina di Pulsano (Taranto)
di Greta Marraffa
Wwf , Legambiente ed altre associazioni ambientaliste dichiarano con forte preoccupazione un possibile rischio di distruzione dell’ecosistema costiero. La zona sottoposta a tale pericolo sarebbe la paradisiaca costa salentina, nello specifico la località Ospedale-Seno Capparone a Marina di Pulsano (TARANTO), una zona che necessiterebbe di tutele e non di infrastrutturazioni.
“Approdo turistico”, così è stata denominato il porticciolo turistico che dovrebbe sorgere a Marina di Pulsano dai proponenti nella Valutazione di Impatto Ambientale presentata alla regione Puglia. Tale progettazione è in campo da ormai 15 lunghi anni; l’opera definitiva è davvero “impressionante”. Così Rossella Baldacconi, dottore di ricerca in scienze ambientali, afferma, indignata.
Ma di cosa si tratta? Una struttura di dimensioni spropositate, che prevede 340 posti barca e un molo di sopraflutto lungo oltre mezzo chilometro e alto più di sei metri : “un vera e propria palazzina di cemento alta due piani”, versata in mezzo al mare cristallino del Salento. La dottoressa Baldacconi, assieme all’associazione WWf, ha presentato delle osservazioni in merito al rischio di una possibile distruzione dell’ intero ecosistema marino, che dovrebbe essere invece custodito e valorizzato. Questi hanno partecipato alla conferenza dei servizi che si è tenuta a Bari presso la sede dell’Ufficio Programmazione V.I.A. e Politiche Energetiche della regione Puglia. In tale sede, la dottoressa Baldacconi ha sottolineato la presenza nell’area marina oggetto dell’intervento di un habitat marino di interesse comunitario (le numerose grotte sommerse), nonché di altrettante specie animali protette: dalla spugna da bagno(Spongia officinalis) alla ciprea porcellana(Luria lurida), dalla magnosa (SCYLLARIDES LATUS) , alla cernia bruna (Epinephelus marginatus).

Tali specie sono protette da quattro convenzioni internazionali recepite in Italia (Convenzione CITES sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione; Convenzione di Berna per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa; Direttiva Habitat 92/43 Cee relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, della fauna e della flora selvatiche; Convenzione di Barcellona: protocollo SPA/BIO- Specially Protected Areas and Biological Diversity in the Mediterranean). Queste riflessioni e osservazioni, certificate e comprovate scientificamente, sono state raccolte in una relazione tecnico- scientifica e inviate alle autorità competenti della Regione Puglia. Ad oggi gli studi della dottoressa sono confinati in uno spazio virtuale, all’interno del sito della regione Puglia, nel portale “Ambiente”, senza ricevere alcun tipo di risposta, né dalle rappresentanze governative, né tanto meno dai promotori della “grande opera” che con estrema semplicità soprassiedono la volontà di cittadini e associazioni.

“Uno schiaffo alla bellezza”- così la dottoressa Baldacconi definisce il porticciolo turistico con estrema malinconia. “Un progetto inutile, funzionale ad assicurare privilegi di pochi, a scapito della stragrande maggioranza, che reclama a gran voce la pretesa di poter godere spazi aperti, naturali ed incontaminati. Un’opera che non garantirà forme alternative di occupazione. Osservando il porto di Campomarino e il numero ridotto di lavoratori occupati ci si accorge di come, in realtà, sia tutto funzionale ad appagare gli interessi una classe privilegiata, un’elite.”
Riporto una parte del lungo testo di osservazioni realizzato da Mauro Sasso, referente per la biodiversità del WWF Puglia:” La nostra richiesta è molto semplice: si valuti attentamente la possibilità di cambiare la zona d’intervento perché la nostra analisi ha chiaramente evidenziato che il progetto ha impatti diretti ed indiretti deleteri sull’ambiente marino, sugli habitat di interesse comunitario. I cittadini dovrebbero domandarsi quali benefici può apportare la costruzione di un porto turistico che agevolerebbe le imbarcazione di alcuni privilegiati e se questa condizione sia barattabile con lo sconvolgimento di luoghi e bellezze salentine”.
La dottoressa Baldacconi è ancora più decisa: “Non serve spostare l’opera in un altro luogo, magari distante a pochi chilometri; occorre rivedere totalmente questo modo di amministrare e costruire sul territorio, preservando la bellezza e l’eleganza di queste terre”
A Pulsano sono nati focolai di protesta. Accanto ai comitati composti da liberi cittadini, anche il partito di Vendola, Sinistra ECOLOGIA e Libertà, sostiene la mobilitazione. Con una sola pretesa però : che il progetto venga concretizzato non nel Seno Capparone, ma all’interno della Baia “Terra Rossa”. Una scelta ambigua e poco coerente per una forza politica che vuol farsi promotrice di rivendicazioni ecologiste. “SEL il porto lo vuole” . Ma allora quale differenza intercorre tra il Seno Caparrone e la Baia Terra Rossa, distante dalla prima qualche centinaio di metri? Domande a cui i comuni mortali, non è dato conoscerne le risposte. (Siderlandia)

Metà Bozzetto

Bozzetto-Vendola, industriali divisi. Le accuse del presidente di Confindustria al governatore spaccano la categoria BARI - C’è chi non condivide l’asprezza delle sue dichiarazioni ma è meno critico sul merito. Chi sposa la tesi di Vendola che il presidente regionale abbia tenuto in considerazione eccessiva le ragioni dell’Ilva. E chi, infine, solidarizza e si associa ad Angelo Bozzetto. I responsabili delle associazioni provinciali degli industriali pugliesi rileggono il violento scontro tra il presidente di Confindustria Puglia, Bozzetto, e il governatore Vendola, da diversi punti di vista. Ma tutti, com’è naturale, invocano una ripresa del dialogo tra Confindustria e amministrazione regionale. «Non nell’interesse degli imprenditori, ma di tutto il territorio e dei suoi cittadini». La polemica origina dalla proposta di legge, appena approvata dalla commissione Ambiente (e che ora deve essere portata all’attenzione del tavolo nazionale su Taranto) che fissa un principio: in caso di superamento di determinate masse inquinanti, si può imporre alle aziende di abbassare le emissioni. Principio, per Bozzetto, incostituzionale e che metterebbe fuori mercato le aziende che operano in Puglia. Vendola viene quindi accusato, dal numero uno di Confindustria, di «destrutturare e distruggere il sistema produttivo pugliese». Un attacco personale e senza appello cui il governatore replica prima rispondendo non a Confindustria ma all’Ilva, come se Bozzetto fosse un rappresentante del gruppo e non dell’associazione di categoria. Quindi annunciando la sospensione di tutti i tavoli di concertazione con l’associazione degli industriali. «Piano, piano — è il commento di Michele Vinci, primo imprenditore di Bari e Bat — abbassiamo i toni. Invito Bozzetto a maggior uso della diplomazia». Pur non volendo entrare nel merito, però, Vinci comprende l’esasperazione degli imprenditori che potrebbero essere colpiti dalla nuova legge, se venisse approvata. «Alcune aziende rischiano di dover affrontare costi intollerabili. Bene fa Bozzetto a innescare la discussione. Ma rompere le trattative non è nell’interesse di nessuno». Da Foggia e Taranto, invece, arrivano le prese di posizioni più critiche nei confronti di Bozzetto. «Non comprendo il giudizio sommario su Vendola — dice Eliseo Zanasi, Assindustria Foggia —. L’attuale amministrazione regionale ha avuto il merito di ridurre le emissioni più inquinanti. Bozzetto si preoccupa per l’Ilva, osserva una situazione particolare, trascurando che l’economia pugliese ha i suoi maggiori asset nell’agricoltura, nel turismo, non nel siderurgico». Zanasi appare il più favorevole alla proposta di legge regionale. «Come salviamo l’immagine della nostra regione, mettendo un bollino nero su Taranto per lasciare che chi inquina faccia quel che vuole? Bozzetto si impegni, come è nostro dovere, per cercare il giusto equilibrio tra sviluppo e sostenibilità ambientale. Senza esasperare i contrasti». Luigi Sportelli, Assindustria Taranto, invoca un «processo» interno nei confronti del presidente di Confindustria Puglia. «Le sue dichiarazioni sono ultronee, non pertinenti né concordate — sostiene Sportelli —. E non sono nel nostro stile. Si tratta di un fatto molto grave. Martedì abbiamo convocato un direttivo nel corso del quale valuteremo l’accaduto e, molto probabilmente, prenderemo le distanze dalle affermazioni di Bozzetto. L’interruzione delle trattative è un pericolo da scongiurare». Piernicola Leone De Castris, da Lecce, riconosce invece il «disagio patito dalle imprese su questo tema» e invita le parti alla «ripresa del dialogo, mantenendo un giusto equilibrio tra rispetto dell’ambiente e esigenze del mercato». Completamente schierato con Bozzetto, invece, è Giuseppe Marinò che presiede Assindustria a Brindisi. Marinò si associa nella critica senza riserve alla proposta di legge sulle emissioni. «La Puglia non può dotarsi di norme che ledono il principio di concorrenza e condizionano il lavoro degli imprenditori pugliesi rispetto a quello dei vicini imprenditori lucani o campani. Norme che sembrano mirare soltanto a raggiungere il consenso elettorale». Non particolarmente turbato appare Marinò, neppure dai toni. «La polemica non è proprio quello che serve al Paese in questo momento — spiega — e tuttavia se la sortita di Bozzetto innescherà una riflessione su scelte che devono essere condivise, ben venga. Per me lui e Vendola potrebbero litigare fino a Natale, se questo si rilevasse funzionale al confronto. Non si possono guardare gli imprenditori come fossero nemici». (CdM)

Introna: attenzione concreta della Regione al mondo delle imprese BARI. “Regione e industriali devono riprendere la via del confronto, franco ma sereno, nell’interesse dell’ambiente e della salute dei pugliesi, che chiedono di coniugare sviluppo e tutela del territorio”. Dal presidente del Consiglio regionale della Puglia, Onofrio Introna, arriva un invito a superare il clima determinato dalle dichiarazioni di Confindustria e a ritrovare un confronto utile alla comunità regionale. “Fino a questo momento la politica della concertazione col partenariato ha dato i risultati sperati – osserva Introna – in questo ambito, il dialogo col sistema imprenditoriale ha portato la Puglia in testa alle classifiche nazionali degli investimenti nell’innovazione e soprattutto dell’export e delle energie rinnovabili. Il Pil del turismo è cresciuto di quasi 5 punti fino al 2011”. Poco meno di 4mila aziende pugliesi di ogni settore si sono viste attribuire risorse regionali, per investimenti pari a 1 miliardo 300 milioni di euro e la Regione si è pure fatta carico del disagio delle imprese, attivandosi per l’erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga. Si tratta di aspetti “estraneamente concreti”, secondo il presidente: “nel rapporto con il mondo produttivo la Regione Puglia non resta inerte davanti ai problemi, ha scelto un profilo di grande responsabilità, distinguendosi dal governo nazionale, che annuncia ma non attiva compensazioni tra i crediti delle imprese nei confronti dello Stato e i tributi dovuti dalle stesse all’erario. Dalle dichiarazioni all’effettiva erogazione i tempi restano lunghi. Se Roma si limita a dettare principi, ma non dà disposizioni alle amministrazioni periferiche su come procedere alla compensazione tra crediti e debiti degli imprenditori, possono passare ancora mesi. Le rimesse potrebbero arrivare alle ditte quando ormai è troppo tardi. Al danno si aggiungerebbe la beffa”. La Regione non trascura chi fa impresa in Puglia e non c’è nessun accanimento normativo contro le iniziative imprenditoriali, “lo posso affermare da ex assessore all’ambiente, che ha trattato con Ilva, Eni, Enel – sostiene Introna – ma nessuno può dimenticare che lo sviluppo va coniugato con la salute e la sicurezza dei cittadini. È finito il tempo in cui in nome della crescita si esponevano bambini, donne e uomini a livelli di rischio oggi intollerabili”. “Alle iniziative legislative di tutela della Regione Puglia le imprese hanno risposto. L’Ilva ha fatto sforzi sulle emissioni inquinanti, i veleni sono stati riconosciuti e intercettati, la diffusione di diossina è stata ridotta, ma la guardia deve restare alta: le rilevazioni e gli indicatori sociosanitari ci dicono che tutto questo non è ancora sufficiente. Tanto più sarebbe ragionevole – conclude il presidente del Consiglio regionale – riprendere la strada di una fattiva collaborazione, continuando ad inseguire lo sviluppo, ma in condizioni ambientali rassicuranti per tutti i cittadini”. Adriana Logroscino (Giornale di Puglia)

venerdì 25 maggio 2012

Abbozzato (male)!

Bozzetto: «Vendola ci distrugge». Il leader di Confindustria: «Non taglia le poltrone»
Nichi: «Parli a nome dell'Ilva». Il governatore: «Vado avanti per il bene delle aziende» «I politici pugliesi, governatore in testa, hanno un altro impegno: destrutturare e distruggere il sistema produttivo pugliese». Ne è convinto il presidente di Confindustria Puglia, Angelo Bozzetto che attacca la Regione. Pronta arriva la replica del governatore Nichi Vendola: «Parla a nome dell'Ilva». L'AFFONDO - «Gli industriali pugliesi - afferma Bozzetto - erano in attesa di segnali dalla Regione Puglia a difesa delle imprese e dell'occupazione locali. Una riduzione del numero e dei costi dei consiglieri e degli assessori regionali per poter programmare una riduzione delle tasse? Il pagamento dei debiti arretrati che le Amministrazioni pugliesi hanno verso le imprese? L'accelerazione e semplificazione degli iter autorizzativi di migliaia di progetti che giacciono negli uffici regionali in attesa di essere approvati? Atti concreti per l'attrazione degli investimenti nella nostra regione? Niente di tutto questo. I politici pugliesi, Governatore in testa, hanno un altro impegno: destrutturare e distruggere il sistema produttivo pugliese». «E così - argomenta il presidente di Confindustria Puglia - dopo il capitolo annoso della confusa legislazione regionale in tema di fonti rinnovabili e dopo gli ultimi inefficaci interventi nei settori del mobile imbottito», è arrivato «il turno delle industrie, già assoggettate ad autorizzazione integrata ambientale, che vengono pesantemente messe in pericolo dalla proposta di legge sulle emissioni industriali, approvata all'unanimità dai Consiglieri di tutti i gruppi politici della V Commissione consiliare il 23 maggio scorso». «Le logiche che hanno mosso questa decisione - conclude - sono le stesse che da tempo utilizza la politica regionale. Innanzitutto l'illegittimità». LA REPLICA - «Mi addolora - risponde Vendola - che il gruppo Ilva, piuttosto che comprendere l'urgenza di dare nuovi e corposi segnali in termini di ambientalizzazione dell'impianto industriale tarantino, affidi all'attuale reggente di Confindustria Puglia, signor Bozzetto, un attacco ingiurioso e volgare alla mia persona e alla classe politica pugliese. Non mi impressiona questa caduta di stile e anzi mi stimola a proseguire, con tutto il Consiglio regionale, sulla strada intrapresa: quella della difesa, insieme, del lavoro e dell'ambiente, dell'industria e della salute». (CdM)

mercoledì 23 maggio 2012

Cassa aperta al porto!

Accordo su Tct, in «cassa». 500 lavoratori a Taranto Di questi tempi può definirsi un successo. Parliamo della cassa integrazione guadagni straordinaria che alla Taranto container terminal evita, finalmente, la mobilità per 160 lavoratori portuali. Ieri la firma negli uffici della Provincia. Era una «controversia collettiva», termine tecnico, che sottendeva la paura e la rabbia di 160 famiglie. La mobilità è una passerella, fragile, sottile, verso il vuoto del licenziamento. Un autunno, un inverno, una primavera, gli ultimi otto mesi, in bilico sull’esile filo di una trattativa. Che sembrava svoltare sempre verso il peggio. e che, malgrado la firma dell’accordo generale per lo sviluppo dei traffici containerizzati, qualche settimana fa, da parte di Taranto container terminal (società del Gruppo Evergreen) e dell’Autorità portuale non riusciva a chiudersi. Come una ferita. Centro l’intesa tra la società Tct e i sindacati dei trasporti: Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti bisogna immaginare, da un lato del tavolo, il direttore generale della Taranto container terminal, Bruce Coupland, accompagnato dai vertici aziendali; dall’altro i segretari generali della categoria: Oronzo Fiorino (Filt Cgil), Nicola Resta (Fit Cisl) e Franco Castellano (Uil Trasporti). Trattativa a buon fine. La «cassa» parte dal 28 maggio. «L’accordo - recita il comunicato congiunto di Autorità portuale e Provincia - comporta la decadenza dalla procedura di mobilità di 160 lavoratori avviata nel corso di febbraio. Si è dato corso ad uno degli impegni presi da Tct con la sottoscrizione dell’accordo sui traffici cointainer grazie allo sforzo dell’assessorato provinciale alle Politiche del lavoro, dell’Autorità portuale, dei sindacati». «Superata la problematica occupazionale - prosegue la nota - si potrà dar corso a tutte le altre attività riguardanti la riqulificazione infrastrutturale per lo sviluppo dei traffici». La cassa integrazione interesserà un numero massimo di 500 lavoratori. Di questi 100 tra impiegati e quadri e 400 operai. Per la durata di 14 mesi a rotazione. «L’Autorità portuale e l’assessore provinciale Luciano De Gregorio - conclude la nota - hanno condiviso la necessità di avviare un confronto sulla riqualificazione del personale della Taranto container terminal da allargare, eventualmente, all’intero ambito portuale. Il 29 maggio le parti si incontreranno nella sede dell’Autorità portuale». E per una vertenza che trova soluzione, sia pure temporanea, guardando agli sviluppi futuri della crisi, un’altra vede aprirsi una fase calda. Parliamo del call center di Teleperformance. Le segreterie nazionale, regionale, provinciale del sindacato Slc Cgil hanno scritto al ministro del Lavoro Elsa Fornero, al presidente del Consiglio Mario Monti, che è anche ministro dell’Economia. Chiedono l’intervento del governo sull’iter del decreto di concessione della cassa integrazione (firmata lo scorso gennaio) ai lavoratori del call center. «Siamo giunti - scrivono i rappresentanti sindacali - al quarto mese di pagamento della cassa integrazione sui quattro previsti dall’accordo. L’Inps paga gli anticipi, ma in assenza del decreto si corre seriamente il rischio che diverse centinaia di lavoratrici e lavoratori rimangano a breve senza retribuzione o con una retribuzione molto bassa». Andrea Lumino, della segreteria Slc Cgil di Taranto, ha chiesto alla Prefettura e a Teleperformance un incontro per valutare il percorso del decreto senza il quale potrebbero sorgere nuovi problemi per i lavoratori del call center in cassa integrazione. (GdM)

martedì 22 maggio 2012

Erano per la festa di Stefàno?

Taranto, diossina: maxisequestro di cozze nel Mar Piccolo Un ingente quantitativo di mitili, che erano stati raccolti dal primo seno del mar Piccolo di Taranto in violazione dell'ordinanza di divieto di prelievo e movimentazione dei molluschi a causa della presenza in quelle acque di diossine e pcb, è stato sottoposto a sequestro dai militari della Guardia Costiera di Taranto. Al di sotto di un pontile della banchina Cariati erano stati sistemati 195 percolati di mitili (cozze nere) per un totale di circa 6 tonnellate, mentre su due unità nautiche ormeggiate in prossimità sono stati rinvenuti circa 550 kg di mitili destinati ad essere commercializzati. Notando la presenza di ceste e materiale vario nascoste sul fondo nei pressi del pontile, alcuni militari si sono immersi rinvenendo, a circa 4 metri di profondità, 84 tra ceste e cassette contenenti complessivamente circa 1.7 tonnellate di frutti di mare di vario tipo (ostriche, coccioli, ecc.) anch'esse pronte per essere immesse sul mercato. Tutto il prodotto ittico rinvenuto, per un totale complessivo di poco inferiore alle 8 tonnellate è stato sequestrato e successivamente distrutto, poichè detenuto in cattivo stato di conservazione e privo di documentazione di tracciabilità che ne attestasse la provenienza ed il possesso dei requisiti igienico-sanitari stabiliti dalla normativa vigente per il consumo umano. I conduttori dei due natanti sono stati denunciati per violazione dell'ordinanza sanitaria. (Quotidiano)

Sindaco a mano armata

Il sindaco festeggia, sbuca la pistola: impazza foto di Stefàno armato
I mortaretti fatti esplodere per strada, per festeggiare la vittoria, non li ha graditi, Ezio Stefàno. E tuttavia al suo comitato elettorale in via Principe Amedeo, ai festeggiamenti per la riconferma a sindaco di Taranto, si è presentato con fondina e pistola. IL SINDACO - «Sono passato di là soltanto per pochissimi minuti e per invitare tutti a non festeggiare, visto che a Brindisi si stavano celebrando i funerali di Melissa Bassi. Sono stato lì per pochi secondi». In quel gigantesco bailamme formatosi nell’angusto locale abitualmente utilizzato come sede di Sds, il suo movimento politico, stretto tra l’attrezzatura sistemata lì da ben due emittenti per le rispettive dirette televisive e la folla, districandosi tra le urla di giubilo dei militanti e le richieste di commenti da parte dei cronisti, Stefàno come accade in queste circostanze, si è scatenato, ha saltato, ha sollevato le braccia in segno di vittoria e dispensato baci e pacche sulle spalle a chi l’ha sostenuto. SPUNTA L'ARMA - In tutto questo movimento, spunta la pistola, ben ancorata, assicura lui e per la quale il sindaco il porto d’armi da trent’anni. Per difesa personale. Fotocamere e telecamere immortalano Stefàno che festeggia e la sua pistola. Stefàno non è il primo sindaco armato di Taranto. Mentre sul web si scatena la polemica sull’opportunità, per l’appena rieletto sindaco, di presentarsi davanti alle telecamere con la pistola nella cintura, qualcuno ricorda quando fu l’ex sindaco ed ex parlamentare Giancarlo Cito (oggi in galera per diverse condanne passate in giudicato) ad agitare un’arma. E a suscitare un’ondata di sdegno. «Non c’è da far paragoni tra me e Cito – risponde seccato Stefàno -. Io ho una pistola soltanto per difendermi. Sono stato minacciato, anche di recente, perché rinunciassi a correre per la riconferma a sindaco, ma non mi sono fatto intimorire. Io non ho mai fatto del male a nessuno. Né ho mai inteso farlo. Ma avendo rinunciato alla scorta, avrò almeno il diritto di difendermi?». (CdM)

lunedì 21 maggio 2012

Stefano l'anestesista...

La rassegnazione tarantina riconferma il sindaco dell'ignavia amico delle genti (soprattutto palazzinari, bulletti, e grandi industriali). Era stato il campione della primavera rossa tarantina... Ora di rosso ci resta solo questo... e per moooolto tempo, pare!
Auguri!!!

venerdì 18 maggio 2012

Che si fa domenica?

Domenica 20 maggio, a partire dalle 18, alla Comune Urupia – in località Petrosa, tra Francavilla e San Marzano - aperitivo, pizza, musica e ‘festa’ per gli otto imputati assolti dell’ex Presidio Permanente No Discariche.

Otto imputati. Quattro anni di processo. E alla fine tutti assolti con formula piena “perché il fatto non sussiste”. Il fatto, lo ricordiamo, risale al 1° settembre del 2008. Decine di persone, centinaia, donne, bambini, giovani, anziani, persone del Presidio Permanente No discariche. Cercavano di opporsi all’apertura del terzo lotto della discarica Ecolevante di Grottaglie-San Marzano. Persone inermi, sedute a terra, a mani vuote, davanti a camion traboccanti di rifiuti e percolato, di veleni e malaffare. Persone aggredite dalla polizia e dai carabinieri. Il manganello (sempre)al posto del dialogo. L’arroganza barricata nei palazzi istituzionali. Perché alla fine, per chi dice no alla distruzione del territorio, c’è prima la polizia. E poi c’è un Tribunale. Un lungo processo con le carte rimescolate. Con i fatti rovesciati. Con la verità che scompare. Con gli aggrediti che diventano aggressori. Con gli aggressori che si trasformano in accusatori. E con le accuse surreali che però in alcuni casi, si sgonfiano da sole. Resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Istigazione a delinquere. Accuse senza prove. Un teorema trascinato per quattro anni, dopo i quali anche un Tribunale dice ciò che sapevano già tutte e tutti. Il fatto non sussiste. Perciò, tutti assolti. Tutti e otto, con formula piena. E quasi niente da festeggiare. Cos’è successo in questi quattro anni? La cronaca e gli eventi hanno ampiamente confermato le idee del movimento, dando conto dei legami tra Ecolevante, Tarantini, Lavitola, Berlusconi e tutte quelle organizzazioni criminali che prosperano dietro agli sversamenti di rifiuti. Eppure, la discarica non è stata chiusa. Anzi, si è allargata. Sembra addirittura destinata ad allargarsi ulteriormente. Continua ad accogliere sostanze tossiche. Prosegue il suo percorso e va di pari passo con tutte le altre discariche del territorio e con tutte le altre realtà - Ilva, Eni, Cementir e inceneritori – che continuano a depredare questo territorio. Nel frattempo il Presidio Permanente No Discariche si è come inabissato, ma intanto sono anche nati altri movimenti che ne ricordano lo spirito. A tutti loro, a tutte le persone che vivono in questo territorio, è rivolto l’invito per l’aperitivo di domenica 20 maggio. Niente da festeggiare, ma solo un’ottima occasione di dialogo, di confronto e di aggregazione. E magari anche la possibilità di raccogliere un po’ di fondi per gli avvocati e le avvocate che in questi quattro anni ci hanno difeso, praticamente a gratis.

giovedì 17 maggio 2012

Per prendere altro tempo...

Ilva: Nicastro, Regione in giudizio contro ricorso TARANTO. "Apprendiamo della volonta' da parte di Ilva di presentare ricorso contro la riapertura dell'Aia (Autorizzazione Integrata ambientale ndr) ed anticipiamo che la Regione si costituira' in giudizio contro tale ricorso". Lo afferma l'assessore all'Ambiente della Regione Puglia Lorenzo Nicastro, a proposito del ricorso preannunciato nei giorni scorsi dall'azienda siderurgica contro la decisione del Ministero di riaprire la procedura di una autorizzazione rilasciata poco meno di un anno fa. "Il nostro impegno - aveva affermato l'azienda del gruppo Riva in una nota - e' finalizzato a completare il piu' velocemente possibile le prescrizioni dell'Aia entrate in vigore il 23.08.2011 e non a discutere il riesame che, a cosi' breve distanza di tempo, risulta del tutto illogico e privo di significato". "La Regione Puglia per prima - prosegue Nicastro - aveva chiesto, sulla scorta dei dati emersi dal monitoraggio diagnostico, l'apertura del riesame dell'Aia al Ministero dell'Ambiente". "Per queste ragioni, ben consapevoli che l'azienda stia esercitando un proprio diritto - prosegue Nicastro - non possiamo che tutelare in tutte le sedi opportune le istanze relative alla salute dei cittadini e alla qualita' dell'ambiente, stigmatizzando un atteggiamento che appare oggi piu' che mai pretestuoso nella misura in cui tenta di sottrarsi al confronto tecnico, nelle sedi istituzionali, mentre si va delineando il piano di risanamento per l'area di Taranto. Auspico che tutti i soggetti coinvolti, ciascuno per la propria competenza - conclude l'assessore - siano pronti ad ogni possibile azione per la tutela della cifra ambientale dell'area ionica". (Giornale di puglia)

C'è nessuno in Procura?

Ancora un esposto alla Procura di Bonelli: “Le perizie sull’Ilva parlano di morte. Verificare l’omicidio volontario” “Non si può continuare a morire così a Taranto senza che qualcuno faccia qualcosa”. Sono le 12 circa quando queste parole di Angelo Bonelli sbattono sulle facce dei giornalisti, cittadini, attivisti accorsi alla conferenza stampa indetta per questa mattina per illustrare un ulteriore esposto alla Procura di Taranto da parte del Presidente della Federazione dei Verdi. bonelli_esposto_procura_ilva_taranto All’udire di queste tuonanti parole le facce dei presenti assumono lo stesso colore del cielo che oggi funesta con vento e pioggia il capoluogo ionico, grigio, scuro, quasi nero quando l’esponente di Aria Pulita, il prof. Marescotti, elenca i dati delle perizie chimiche ed epidemiologiche effettuate sull’Ilva «Nei 13 anni di osservazione – riferisce Marescotti – sono attribuibili alle emissioni industriali 386 decessi totali, 237 casi di tumore maligno con diagnosi da ricovero ospedaliero, 247 eventi coronarici, 937 casi di ricovero ospedaliero per malattie respiratorie». Morte. Usiamo le parole giuste al posto giusto, decessi, tumori, eventi coronarici, ricovero. Come coltelli nel costato sanguinante, questi dati hanno portato all’esposto firmato Bonelli che sarà presentato oggi alla Procura della Repubblica di Taranto con un unico obbiettivo espresso attraverso le sue parole: “capire quali devono essere le azioni da intraprendere per fermare l’inquinamento, per fermare chi inquina e uccide”. Bonelli prende in considerazione la perizia Chimica data dai periti Sanna, Monguzzi, Santilli e Felici in sede di incidente probatorio nei procedimenti a carico dell’Ilva, da cui risulta che dallo stabilimento targato Riva si diffondono emissioni contenenti sostanze pericolose per la salute in primis dei lavoratori del centro siderurgico, in generale per l’ambiente e i comuni circostanti l’Ilva, e quindi per i cittadini tutti. La perizia fa emergere anche la mancata osservanza delle misure di sicurezza idonee ad evitare la dispersione di fumi e polveri nocive. A dar manforte a queste tesi ce ne è un’altra, quella Epidemiologica dei periti Forastiere, Biggeri e Triassi, in cui si evince che: “ L’analisi per i quartieri Borgo e Tamburi mostra una forte associazione tra inquinamento dell’aria ed eventi sanitari. Tassi di mortalità e ricoveri ospedalieri sono più elevati nei quartieri Paolo VI e Tamburi.” Il riscontro continua suggerendo una nota riguardo soprattutto i più esposti direttamente all’inquinamento Ilva, i lavoratori dello stabilimento stesso, per cui “esiste una maggiore frequenza di denunce di malattie respiratorie e tumori non da asbesto rispetto al dato nazionale. I tumori non da asbesto (cioè non riguardanti l’amianto) causati dalle esposizioni professionali dal 1998 al 2010 indennizzati dall’Inail sono stati 98.” La conclusione della perizia è una spada nella gola di chi costruisce castelli per aria gridando con orgoglio che l’inquinamento a Taranto è un fenomeno che riguarda il passato, cioè che “ l’esposizione continua agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e morte’’. Un colpo secco. Senza scampo. Bonelli si sofferma su questo: “ha causato e causa”. Oggi, ora, mentre continuiamo le nostre vite, mentre si accorciano le nostre vite. La richiesta quindi che quest’esposto vuole fare è di verificare se con i risultati di queste perizie siano configurabili a carico degli imputati nel processo per danni ambientali anche reati di lesioni gravissime e omicidio volontario con dolo diretto. Dove c’è morte da inquinamento c’è omicidio. Un termine che stride nelle orecchie come un’unghia sulla lavagna. Un termine fino ad ora mai utilizzato nei discorsi a carico dell’Ilva ma che forse, sull’eco delle condanne del Processo “Eternit”, si fa bene ad accentuare. Come dichiarano gli esponenti dei movimenti ambientalisti tarantini schierati intorno all’ormai ex candidato sindaco, e come esprime lui stesso, non vuole essere un pressing alla Magistratura. La stessa che in lasso di tempo minimo ha fatto ciò che in vent’anni di discorsi e rilevazioni le Istituzioni tarantine tutte non hanno saputo fare. Probabilmente la Procura ha già preso in considerazione quest’ipotesi, forse no. Forse si arriverà a un sequestro preventivo delle aree inquinanti, come auspica Matacchiera presente alla conferenza stampa. Forse no. Intanto è meglio fare chiarezza, chiedere giustizia. Fare chiarezza anche ricordando un nodo cruciale per il futuro tarantino, cioè la crisi dell’acciaio che sta investendo a scala mondiale le industrie siderurgiche. In questo prende corpo, come sostiene Bonelli, la soluzione che potrebbe cambiare il futuro della città e della nazione tutta. Si parla cioè di bisogno di bonifiche e soprattutto di riconversione industriale ed economiche di una città che dipende dalle sorti di un colosso che, con gli sviluppi del mercato, potrebbe pensare di de-localizzare le imprese in Stati che ormai stanno dominando il mercato, India e Cina davanti a tutti. Sentori di questa crisi si avvertono già da tempo nello stabilimento tarantino, con la cassa integrazione paventata in passato dal Centro Studi Ilva ed oggi messa in atto nelle zone “a freddo” ormai ferme da tempo. L’Ilva è sulle nostre teste, nei nostri cieli, fa da sponsor alla nostra Festa Patronale, fa da stipendio ai nostri concittadini ma con l’illusione delle visite delle scolaresche a cui viene promesso un posto di lavoro che non ci sarà più in futuro. Fa di Taranto la città delle parole cupe. Sì, perché come recita una pubblicità: “ Non fermarti alle apparenze. Ilva, c’è un mondo dentro”. Ricovero, eventi coronarici, tumori, decesso. (il quotidiano italiano)

mercoledì 16 maggio 2012

Aia, che male!

Ambiente, troppe regole L'Ilva non ci sta:ricorso No alla «riapertura» della procedura Aia I vertici del siderurgico: «Abbiamo già l'ok» È pronto il ricorso dell’Ilva al Tar del Lazio contro la riapertura dell’autorizzazione integrata ambientale decisa dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Sarà depositato nei prossimi giorni alla sezione di Lecce del Tar di Puglia e corrisponde, è scritto in un comunicato dell’azienda, a «rispettare quanto le stesse istituzioni, all’esito di un lungo lavoro con tutti i soggetti coinvolti, meno di un anno fa, hanno deciso con il rilascio dell’Aia». L’autorizzazione è stata concessa nell’agosto dell’anno scorso dal ministero dell’Ambiente guidato da Stefania Prestigiacomo ed è stata rimessa in discussione dal nuovo ministro Clini d’intesa con il presidente della Regione Nichi Vendola e dei rappresentanti degli enti locali. Una prima riunione c’è già stata il 30 aprile scorso. Il ripensamento era stato provocato dalle reazioni alle due perizie, chimica ed epidemiologica, inserite nell’incidente probatorio del procedimento avviato dalla procura di Taranto per disastro ambientale a carico dei vertici dell’Ilva. D’altra parte, argomentava il ministero, era stata varata la direttiva 75 del 2010 su Bat (migliori tecnologie possibili) più stringenti e le aziende erano tenute ad adeguarsi. Ora Ilva, nel ricorso, ribatterà che è una normativa alla quale non si può fare riferimento per riaprire la procedura Aia per il semplice motivo che il ministero dell’Ambiente italiano non l’ha ancora recepita. Nel comunicato Ilva ribadisce che «il nostro impegno è finalizzato a completare il più velocemente possibile le prescrizioni dell’Aia entrate in vigore e non a discutere il riesame che, a così breve distanza di tempo, risulta del tutto illogico e privo di significato». A febbraio, inoltre, Ilva ha inviato alle autorità competenti il «Piano di attuazione di tutte le attività ed iniziative necessarie per la piena attuazione del piano di monitoraggio e controllo Aia» e il progetto relativo alla valutazione e monitoraggio delle emissioni fuggitive nella cokeria. Ilva ricorda anche di aver «ottenuto il rilascio dell’Aia al termine di una lunga istruttoria: 4 anni dal febbraio 2007 all’agosto 2011». Il ricorso si inserisce nel pieno della campagna per l’elezione del sindaco di Taranto nella quale il tema ambientale è stato al centro del dibattito. Cesare Bechis (CdM)
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Bari - Legambiente : Pronto il ricorso dell’Ilva contro la riapertura dell’AIA Legambiente: l’arroganza dell’azienda è senza limiti “E’ veramente senza limiti l’arroganza dell’Ilva”. Questo il commento di Legambiente alla notizia del ricorso al TAR dell’azienda contro la riapertura dell’AIA. Siamo di fronte all'ennesimo ricorso alla giustizia amministrativa da parte dell'Ilva Spa, posto che sono attualmente pendenti dinanzi al TAR Puglia, sede di Lecce, sia il ricorso avverso alcune prescrizioni della provvedimento di AIA, sia il ricorso avverso l'ordinanza sindacale del Sindaco di Taranto, successiva al deposito delle perizie chimico-fisica ed epidemiologica nel processo penale pendente dinanzi al Tribunale di Taranto, sia il ricorso avverso il provvedimento con cui é stata modificata la componente ambientale della tariffa per prelievo dell'acqua ad uso industriale. La notizia, peraltro, conferma la sensazione, già nettamente percepibile nei mesi scorsi, che in Ilva abbia prevalso la fazione dei "falchi" sulle "colombe" e che si sia di fronte ad una strategia ormai conclamata di muro contro muro senza alcuna concessione al dialogo. “L’Ilva dovrebbe mettersi d’accordo con se stessa - continua la nota congiunta di Legambiente firmata da Francesco Tarantini e Lunetta Franco, rispettivamente presidente di Legambiente Puglia e presidente del circolo di Taranto - da una parte ricorre al TAR contro la “vecchia” AIA chiedendo la rimozione di alcune delle poche misure rigorose contenute in quella autorizzazione da noi già ritenuta del tutto insufficiente e inadeguata ad affrontare il carico inquinante che il siderurgico riversa sulla città di Taranto; dall’altro ricorre contro l’ipotesi di una nuova AIA di cui non si conoscono ancora né i contenuti (come è ovvio visto che il procedimento è stato aperto da pochissimi giorni), né le linee guida e gli eventuali cambiamenti rispetto alla vecchia autorizzazione Il tutto mentre la città è letteralmente inondata da messaggi pubblicitari tesi a evidenziare l’impegno contro l’inquinamento di un’azienda che, da 3 anni, nei propri Rapporti sull’ambiente e la sicurezza propaganda i propri investimenti (sempre gli stessi nei 3 rapporti 2009, 2010 e 2011) per l’ambientalizzazione degli impianti tarantini”. “L’Ilva, abituata a fare il bello e il cattivo tempo con governi che le hanno concesso di operare quasi indisturbata, - basterà solo ricordare il ruolo di “avvocato difensore” dell’azienda svolto dal precedente ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo nella partita sulla legge regionale antidiossina e sulla stessa AIA - appena si profila l’ipotesi di una istruttoria dell’AIA che tenga conto della insufficienza delle prescrizioni precedenti anche alla luce delle perizie presentate nei mesi scorsi nel corso dell’incidente probatorio svolto nell’ambito dell’inchiesta per disastro ambientale, mostra ancora una volta la protervia di chi si vanta a parole dei propri interventi contro l’inquinamento, ma quasi nulla vuole fare di concreto per contenere il proprio carico inquinante”. “Legambiente non ci sta - concludono Francesco Tarantini e Lunetta Franco - ci opporremo con tutte le nostre forze a questo disegno contrastando anche in giudizio questa deriva processuale, parteciperemo all’istruttoria dell’AIA (abbiamo già presentato al Ministero dell’Ambiente un documento con 26 richieste per noi irrinunciabili) e ci faremo promotori di ogni azione utile affinché tutti gli enti competenti adottino ogni provvedimento utile al definitivo varo di un sistema di prescrizioni finalmente idonea a preservare il bene vita ed il bene salute, nonché il diritto dei cittadini di Taranto ad un ambiente non inquinato. Chiediamo pertanto al Comune di Taranto e al nuovo sindaco che sarà eletto la prossima domenica, alla Provincia di Taranto, alla Regione Puglia e allo stesso Ministro dell’Ambiente di non piegarsi a questo ricatto e di operare perché all’Ilva siano finalmente imposte quelle prescrizioni, da noi richieste da anni, che ne riducano drasticamente l’impatto ambientale”. (Puglialive)

venerdì 11 maggio 2012

Ancora un processo

Morti per gas tossici e amianto, Dirigenti Ilva sotto accusa. Via all'udienza preliminare: 30 gli imputati in aula. Accusati di aver provocato il decesso di 15 operai È cominciata a Taranto l'udienza preliminare a 30 dirigenti dell'ex Italsider e attuale Ilva, accusati di aver provocato, sino al 2010, la morte di 15 operai che si sarebbero ammalati lavorando in luoghi sprovvisti di adeguate misure di sicurezza per la presenza di gas tossici e amianto. Tra gli imputati, il patron dell'Ilva Emilio Riva, suo figlio Fabio, e manager della gestione statale del Siderurgico quali Giovanni Gambardella e Sergio Noce e l'attuale direttore generale di Finmeccanica, Giorgio Zappa. GLI IMPUTATI - Tra gli imputati figura anche l'attuale direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso. A tutti vengono contestati i reati di disastro colposo, omicidio colposo e omissione dolosa di cautele sul luogo di lavoro. Secondo quanto indicato nel capo d'imputazione, in quegli ambienti «si diffondevano vapori e/o gas irrespirabili o comunque tossici», mentre «in quelli nei quali si sviluppavano odori, fumi e polveri di qualunque specie» non sarebbero stati adottati «provvedimenti atti ad impedire o ridurre lo sviluppo e la diffusione delle polveri-fibre di amianto». Nell'udienza odierna, dinanzi al gup Giuseppe Tommasino, si sono costituiti parte civile 28 eredi delle vittime, la Cgil e l'Inail. Il pubblico ministero Raffaele Graziano ha depositato nuova documentazione e gli imputati hanno chiesto 'termini a difesà. Le prossime udienze sono fissate per l'8 e il 15 giugno. I decessi, secondo l'accusa, sarebbero da attribuire a malattie quali il mesotelioma pleurico, il mesotelioma peritoneale e il cancro al polmone, correlabili con l'esposizione professionale all'amianto. (CdM) Si tratta di un procedimento diverso rispetto a quello iniziato il 17 febbraio nei confronti di quattro dirigenti dell'Ilva sul presunto inquinamento dello stabilimento siderurgico. Su tale questione e' in corso un articolato incidente probatorio, scaturito da una relazione dei periti della Procura che hanno stabilito una correlazione tra l'inquinamento e la morte di persone a Taranto, in particolare nel quartiere Tamburi.

giovedì 10 maggio 2012

Promesse?

GRUPPO ILVA «INVESTIAMO ANCORA, ma il 2012 sarà nero» Milano - «Il 2011 è andato male. Il 2012 non andrà diversamente». Non è ottimista, Nicola Riva (foto) , presidente del gruppo Ilva e vicepresidente di Federacciai, anche se per il polo di Genova intravede una speranza: «Se il mercato riparte, è quello il nostro punto di forza». Presidente, iniziamo dal bilancio aziendale. Com’è andato il 2011? «Male, anche peggio del 2010, però ho una speranza». Quale? «Che sia un anno che possa servire a tornare ai livelli precedenti al 2010, e soprattutto al 2009, il vero anno di crisi». Quindi, come se la passa il suo gruppo? «Lo stato attuale non si presenta meglio del 2011. E non può essere diversamente: sono gli anni del fondo della crisi, ci aspettiamo una ripresa nel 2013». Come si supera la crisi? «Investendo. Noi stiamo proseguendo nell’opera di completamento di Genova, nell’area a freddo delle acciaierie, con linee moderne di zincatura a caldo. A Taranto, invece, puntiamo ancora di più sulla protezione ambientale. Ma c’è dell’altro: le armi contro la crisi arrivano anche dal risparmio energetico, che è fondamentale. Nelle materie prime e soprattutto nel fossile da coke incide ancora tanto. Per questo siamo alla ricerca di partner per possibili forniture di minerale». Quali aspettative su Genova? «Abbiamo fatto uno sforzo enorme per la ristrutturazione, abbiamo investito 700 milioni di euro in cinque-sei anni per smantellare il caldo, logico che avessimo aspettative importanti. Spenta l’area a caldo avevamo un piano preciso, e gli anni 2006, 2007 e 2008 sono stati eccezionali. Se non fosse arrivata una crisi così violenta, repentina, senza preavviso, Genova poteva riassorbire quasi tutta la manodopera. Malgrado tutto abbiamo proseguito negli investimenti, e ormai siamo pronti. Se il mercato riparte, quello è il punto di forza del nostro gruppo. Lo stabilimento, nella zincatura a caldo, è all’avanguardia». Genova resta nodale, quindi? «Sì, è un punto di arrivo dell’acciaio prodotto a Taranto, di trasformazione e di smistamento». La crisi è globale, qual è lo scenario nel quale vivete oggi? «Non si prevedono ribassi nelle materie minerali e fossili da coke e questo è un dato di cui tenere conto. La Cina importa molto, perché è vero che hanno miniere, ma i costi per sfruttarle sono molto alti. Nuove produzioni stanno sorgendo, ma gli investimenti in infrastrutture sono molto elevati: un conto è estrarre, poi ci vogliono mezzi, navi, porti. Magari negli anni aumenterà l’offerta, ma per ora il mercato è in mano ad altri». Il tema delle bolletta energetica sta a cuore agli industriali dell’acciaio: siete in difficoltà? «Basti pensare al prezzo del gas: l’Italia è l’unico paese in Europa ad aumentarlo. Non è spiegabile, se non che in Italia il mercato non è liberalizzato». Oggi come sopravvive Ilva? «L’export nei prodotti piani è fondamentale: quello in Germania soprattutto. Perché non è certo l’Italia a consumare l’acciaio. In Germania la produzione di automobili ed elettrodomestici funziona ancora, magari non tanto per il mercato interno quanto per quello estero, l’Asia soprattutto. Ma quello che ci chiediamo è: quanto può reggere ancora la Germania? Siamo preoccupati se non riuscirà a continuare su questi trend. E se l’euro non ci aiuta, anche l’export andrà in difficoltà». A Taranto, da anni, siete nell’occhio del ciclone: non si può far convivere industria e cittadini? «È logico che non è bello vivere vicino a un impianto siderurgico, ma neppure abitare a fianco della tangenziale di Milano lo è. Noi abbiamo investito miliardi per l’ecologia e gli impianti, ma anche sul personale, e ricordo che abbiamo 12mila dipendenti a Taranto. Ci dicono che abbiamo ucciso donne, bambini eccetera: per il Tribunale di Lecce non c’è emergenza sanitaria. Le ordinanze del sindaco sono state rigettate dal Tar. Ora il Ministero dell’Ambiente vuole rivedere l’Aia (autorizzazione integrata ambientale, ndr): va bene, la rivedremo. Però ne abbiamo parlato per cinque anni, sono state fatte 1050 pagine che credo ne facciano l’Aia più voluminosa che esista. È stata rilasciata nel 2011, doveva durare cinque anni, la vogliono rifare. Si faccia: noi vogliamo restare nel rispetto delle leggi, ma se poi ci chiedono di andare a piedi sulla luna, allora non ce la facciamo». LORENZO CRESCI per Shippingonline

mercoledì 9 maggio 2012

Il pollo di Trilussa...

Gli operai con Stefàno per salvare la fabbrica La benedizione della Fiom sull'esito del primo turno. Landini:«Con l'Ilva troveremo un'ecocompatibilità» Stefàno andrà al ballottaggio con CitoStefàno andrà al ballottaggio con Cito TARANTO - E’ stata la morte, ma resta ancora la vita. Alla fine, a Taranto, nell’urna ha vinto la Grande Fabbrica. L’Ilva e tutto il comparto industriale sul quale si è polarizzato lo scontro elettorale hanno fatto la differenza. Gli ottomila operai scesi in strada alla fine di marzo per difendere il posto di lavoro, non il "padrone" - gente delle cokerie, degli altiforni, tute verdi e beige e rosse assieme a quelle blu - hanno inciso sul voto. E’ il male necessario con il quale convivere, la fabbrica. E la chiusura, in cambio del lavoro di bonifica delle aree compromesse - così come suggeriva il fronte ambientalista - non è stata giudicata una sufficiente garanzia di sopravvivenza per gli operai, con lo spettro di Bagnoli ad appena qualche centinaio di chilometri di distanza. Non è un caso, allora, che a 24 ore dal risultato elettorale la Fiom - con il segretario nazionale, Maurizio Landini e i vertici regionali - ha deciso di far tappa a Taranto. Un tempismo perfetto: nessuna interferenza nelle giornate del voto ma, all’indomani della consultazione, il sindacato arriva a dire la sua. L’occasione formale è stata il rinnovo dei quadri sindacali che sta toccando tutta la Penisola, ha spiegato lo stesso Landini, pronto a rimettere linfa vitale nell’organizzazione di categoria dei metalmeccanici (per Taranto la proposta è quella di Donato Stefanelli). «Inutile negare che l’elettorato tarantino - ha spiegato il segretario generale della Cgil di Taranto, Luigi D’Isabella - nell’urna ha dato una risposta soprattutto al problema dell’Ilva. E l’ha fatto in una maniera ragionata, dando soltanto il giusto spazio a quel fronte ambientalista che voleva chiudere la fabbrica in tutto o in parte. E’ nostro interesse che le emissioni siano controllate e solleciteremo il Governo ad intraprendere la strada delle bonifiche. E’ stato proprio Monti a ricordarci che questa fabbrica è importante per l’Italia, non solo per Taranto». Gli fa eco Rosario Rappa da poco eletto segretario regionale della Fiom Sicilia: «Uno dei quartieri che ha votato di più per il sindaco uscente Stefàno è stato proprio il rione Tamburi, quello a ridosso dello stabilimento». Come a dire: fa più paura la fame che le polveri. Trentamila mila posti di lavoro (12.500 solo all’Ilva più 4.000 di indotto e la restante parte fra Cementir e l’intero comparto), tanto conta il settore industriale a Taranto. E se si aggiunge la vicina aeronautica a Grottaglie si capisce su cosa, per la gran parte, si basi l’economia della città. «L’Ilva è la più grande fabbrica dell’acciaio in Europa - spiega Landini - e, naturalmente, la dimensione nazionale pone problemi che vanno affrontati ben oltre l’ambito locale. In questa chiave è necessario rendere compatibile la produzione, che deve continuare, con l’impatto ambientale. E per questo sono impegnati i vertici della Fiom nazionale e della Cgil». Tradotto in termini più chiari, la Fiom intende sedersi ad un tavolo di trattativa nazionale e sollecitare le forze politiche e il Governo «ad un piano straordinario di investimenti» pubblici e privati sulla fabbrica. «E sul piano della compatibilità ambientale - spiega il segretario nazionale Fiom - le proposte arriveranno a breve, perchè ci stiamo lavorando da tempo e saremo in grado di offrirle presto al Governo». Il paragone, va da sè, è quello della Ruhr, in Germania, la più grande regione industriale d’Europa (intorno alle miniere di carbone si concentrano acciaierie, cokerie, laminatoi, industrie chimiche, del vetro, delle ceramiche, ma la Ruhr è anche una delle zone più ecologiche: 100 milioni di marchi investiti per riconvertire l’area delle ex acciaierie Thyssen in uno dei più grandi polmoni verdi d’Europa). «Se è possibile produrre acciaio nel cuore dell’Europa e consentire a chi ci lavora di operare in un ambiente ecosostenibile, potrà essere possibile anche a Taranto», attacca Landini. Per questo la Fiom ha già preso contatti con il sindacato tedesco per costruire un modello di fabbrica nella siderurgia che sia possibile duplicare nell’intero territorio dell’Unione. In questa chiave, la Puglia fa da apripista con la sua legge regionale antidiossina. «Non è vero che in Europa non si produce più acciaio - attacca Landini - è vero invece che le fabbriche si stanno qualificando su acciai speciali». La siderurgia non muore, quindi, si riqualifica per stare sul mercato. Però, per farlo occorrono investimenti statali. «In Italia - continua Landini - non si è lavorato per costruire una filiera produttiva. Basta guardare il settore delle energie alternative». All’Ilva, di 12.500 operai solo la metà - ha spiegato Rappa - sono iscritti al sindacato. Di questi, mille alla Fiom, che si vede superata da Uilm e Fim. Anche per questo è cominciato il ricambio interno: «Gli operai, soprattutto i giovani, devono tornare al sindacato», ha assicurato Landini. Lorena Saracino Corsera

lunedì 7 maggio 2012

Diossine a noi, soldi alla Marcegaglia!

Ecco il Link per poter sottoscrivere online un Appello promosso dal Comitato di Massafra per la corretta Gestione dei Rifiuti. Chiediamo la solidarietà di quanti condividono la loro lotta per impedire il Raddoppio dell'Inceneritore che l'Appia Energy ( Marcegaglia) ha previsto per Massafra. Ricordiamo che questa campagna rientra pienamente nella visione del comitato per taranto verso il recupero totale dei rifiuti secondo una filiera di riciclaggio dei materiali e dei composti che non annovera gli inceneritori, neanche come produttori di energia, se non per casi eccezionali. Se volete che l'aria di Taranto e provincia non sia ammorbata ancora di più di quanto sia, cliccate sul link per sottoscrivere. Grazie! http://www.ildialogo.org/appelli/indice_1335965067.htm

venerdì 4 maggio 2012

Parole, parole, parole...

 Bonifiche. Riparte l'iter

Si è aperto ieri a Roma, presso il Ministero dell’Ambiente, l’ennesimo capitolo della conferenza decisoria relativa alle attività di manutenzione per il SIN (Sito di Interesse Nazionale) di Taranto, sia per le aree a terra (pubbliche e private) che per quelle a mare. Alla riunione di ieri hanno partecipato l’assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro, che si è detto come sempre entusiasta (lo fece anche lo scorso 5 luglio quando venne rilasciata l’AIA all’Ilva) ed il dirigente del settore Antonello Antonicelli. Dunque, dopo l’ultima istruttoria dello discorso dicembre, si è rimesso in moto questo magma indefinito ed impenetrabile che riguarda la bonifica del territorio ionico. Un processo di dimensioni notevoli nonché di proporzioni economiche non ancora quantificate. Il Sin di Taranto è infatti uno dei più vasti d’Italia ed è stato perimetrato con decreto del ministero dell’Ambiente il 10 gennaio del 2000. L’argomento è tornato d’improvviso in auge nell’agenda politica delle nostre istituzioni, dopo i risultati alquanto catastrofici emessi dalle due perizie del CTU nominato dal Gip Todisco nell’ambito dell’inchiesta che vede coinvolta i vertici societari dell’Ilva S.p.A., sospettata di una serie di reati, tra cui quello di disastro ambientale. Eppure, sino a qualche mese fa, l’argomento era un ovvio tabù. Basti pensare che il progetto di legge sulla bonifica delle falde acquifere della Regione Puglia, dopo un iter spedito e giunto praticamente ad un passo dalla sua approvazione lo scorso giugno, si è misteriosamente perso nei cassetti degli uffici di Bari. Anche perché durante un’audizione della V Commissione, spuntò fuori il verbale della Conferenza dei Servizi decisoria del 15 marzo 2011, in cui veniva attestato come l’Ilva avesse inquinato sia la falda superficiale che quella profonda. In quel verbale infatti, veniva allegata una nota inviata dallo stesso siderurgico (protocollata DIR/28 del 16/04/2010), acquisita dalla Direzione Generale TRI del Ministero dell’Ambiente, del Territorio ed del Mare nell’ambito del procedimento del rilascio dell’A.I.A. (Autorizzazione Integrata Ambientale), nella quale venivano riportati i dati dei piezometri effettuati per stabilire la qualità delle acque superficiali e di quelle profonde. E sia nella falda di superficie con “manganese, ferro,alluminio, arsenico, cromo esavalente e cianuri totali per gli inorganici, mentre i contaminanti organici riscontrati sono IPA, BTXES e diversi composti clorurati”, sia nella falda profonda con “piombo, ferro, manganese,alluminio, cromo totale, nichel e arsenico mentre per gli inquinanti organici si è avuto il superamento per triclorometano, tetracloroetilene, diversi IPA”, i campioni che superavano per tre o più parametri il valore limite di accettabilità erano in netta maggioranza. Inoltre, la Conferenza dei Servizi quel giorno deliberò una serie di provvedimenti urgenti, rimasti semplicemente lettera morta. Primo tra tutti, che il rilascio dell’A.I.A. “non esime il titolare dell’impianto di avviare e concludere nei tempi previsti il procedimento di bonifica e risanamento ambientale per il sito in questione”. Inoltre, veniva chiesto agli organi di controllo (Polizia Provinciale, ARPA e ASL) di effettuare idonei sopralluoghi a cadenza ravvicinata “al fine di rendere edotti i soggetti sullo stato attuale del sito, con particolare riferimento agli usi delle acque di falda contaminate e/o ai rischi professionali e sanitari degli operatori/fruitori del sito”. Così come era richiesto ad ARPA Puglia e Provincia di Taranto una “verifica sull’intero ciclo delle acque di processo, con particolare attenzione al loro scarico/smaltimento finale”. E’ bene ricordare infatti, come la Conferenza dei Servizi ammoniva l’Ilva S.p.A. ad attuare idonee misure di bonifica e messa in sicurezza e bonifica delle acque, e di come il Comune di Taranto veniva esortato in mancanza di tali provvedimenti, ad emettere un’apposita ordinanza di diffida “in danno per l'adozione dei citati interventi a salvaguardia della salute umana e dell'ambiente, evidenziando che la mancata attivazione degli interventi medesimi può aggravare la situazione di danno ambientale, già in corso di accertamento da parte di ISPRA”. Infine, la Conferenza dei Servizi esplicitava in maniera chiarissima come “si chiede ad Arpa Puglia di validare le attività di caratterizzazione finale della società, valutando la correttezza delle scelta degli analiti effettuata dalla medesima società” e all’Ilva di evitare di agire con furbizia “non procedendo al ritombamento degli scavi fino a controanalisi avvenuta”. Ma, come ben sappiamo, a tutto questo l’Ilva si oppose con l’ennesimo ricorso al Tar di Lecce: esattamente il decimo su questa materia da quando, nel lontano 2005, la Conferenza dei Servizi ha osato invitare l’azienda a provvedere ai danni causati al territorio ed alla falda di superficie e profonda. Ricorso vinto a metà, in quanto anche il Tar dichiarò idonea la richiesta della Conferenza dei Servizi “di integrare la caratterizzazione dei terreni e di attivare idonee misure di messa in sicurezza di emergenza attraverso la rimozione della fonte inquinante”. Anche perché l’analisi di rischio è stata presentata dall’Ilva il 25 ottobre 2006, non proprio l’altro giorno quindi. Documento che nel verbale del marzo 2011, la Conferenza dei Servizi giudicò incompleto, vista “la perdurante assenza della conseguente Analisi di Rischio che deve concorrere alla definizione dei nuovi valori soglia al fine di stabilire definitivamente il livello di effettivo inquinamento”. D’altronde, l’analisi di rischio costituisce un antecedente logico della bonifica, in quanto è immediatamente finalizzata alla determinazione dei nuovi valori soglia, cioè le concentrazioni soglia di inquinamento e di seguito alla individuazione degli interventi necessari. Per questo, lo scorso dicembre, il Tar accolse in parte il ricorso Ilva, in quanto, come si legge nella stessa sentenza, “i secondi motivi aggiunti devono essere accolti, perché non può individuarsi un intervento di bonifica se il procedimento volto a verificare l’effettivo inquinamento (e possibilmente il responsabile di questo) non si è ancora concluso”. Il che non vuol dire, come affermò l’Ilva lo scorso dicembre e come riportarono erroneamente tutti i mass media, che il siderurgico non sia responsabile dell’inquinamento di falda: ma, al contrario, rivela come finché non saranno effettuati tutti gli studi come previsto dalla legge, continueremo a non sapere con certezza scientifica quanto e fino a che punto l’Ilva ha contribuito all’inquinamento della falda superficiale e profonda. Ecco perché forse sarebbe il caso che chi oggi parla apertamente di bonifiche, vuoi perché non sa, vuoi perché non ha letto le carte, farebbe meglio a studiare. In assoluto e religioso silenzio.
Gianmario Leone - Tarantoggi

mercoledì 2 maggio 2012

Diossina telegenica

ESPOSTO ALLA PROCURA DI TARANTO

Ill.mo Sig. Procuratore della Repubblica Tribunale di TarantoI sottoscritti Matacchiera Fabio nato a Taranto il 20/06/1961 e residente xxxxxxxxxxxxxxx, Marescotti Alessandro nato a Taranto il 20/2/1958 e residente xxxxxxxxxx e Bonelli Angelo nato a Roma il 30/07/1962 e domiciliato presso xxxxxxxxxxx , espongono quanto segue: 1) in data 9/3/2012, alle ore 23,00 circa su RAIUNO è andata in onda una puntata di TV7 dedicata all’inquinamento dell’Ilva e intitolata “I figli dell’Ilva”; 2) nella parte iniziale della puntata vi sono diverse scene che sembrerebbero girate nei pressi dell’impianto di agglomerazione,nel quale notoriamente si forma la diossina; 3) le immagini mostrate da TV7 evidenziano una dispersione di polveri e fumi in forma di emissioni diffuse e fuggitive; 4) tali immagini appaiono di sicuro interesse per le indagini della Procura finalizzate a verificare se la diossina che ha contaminato il territorio sia riconducibile all’Ilva; 5) l’impianto di agglomerazione dovrebbe avere solo emissioni convogliate e nessuna emissione diffusa e fuggitiva al fine di scongiurare nella maniera più assoluta che possano disperdersi polveri e fumi che - contenendo diossina - contaminerebbero l’ambiente circostante; PUNTI 6, 7, 8, 9, 10, 11 MOLTO RILEVANTI 6) nel filmato appaiono vistose dispersioni di polveri da grandi sacchi bianchi le cui fattezze sembrano corrispondere ai “big bag” utilizzati negli elettrofiltri dell'impianto di agglomerazione; 7) i “big bag” (grandi sacchi dal colore bianco) contengono polveri con diossine che provengono dagli elettrofiltri del camino E312; 8) la gestione dei cosiddetti “big bag” costituisce una grave criticità soprattutto nel momento in cui da essi si dovessero verificare dispersioni accidentali o, peggio ancora, combustioni e rotture dell’involucro; 9) dal filmato che si allega, anche sotto forma di fotogrammi, estrapolato dalla puntata di RAI UNO, si evince chiaramente che il contenuto dei sacchi è ancora in evidente fase combustiva, a tal punto che gli stessi sacchi, rompendosi, liberano le polveri grigio scure; 10) la circostanza più grave, che emerge dalla visione del filmato, deriva dal constatare che questi “big-bag”, una volta lacerati, disperdano il loro contenuto senza che venga adottata alcuna misura di sicurezza adeguata, né preventiva né successiva; 11) infatti, si nota nel video che i sacchi aperti vengono caricati su un camion privo di copertura attraverso l’uso di una pala meccanica che, a sua volta, come si vede, facilita ulteriormente la dispersione del pericoloso contenuto nell’aria e nell’ambiente circostante ove operano i dipendenti; 12) dalle analisi dell’Arpa il profilo delle diossine delle polveri degli elettrofiltri appare simile al profilo delle diossine riscontrate nel territorio circostante all’lva; 13) una eventuale documentazione visiva di dispersione di polveri provenienti da un impianto dove si formasse la diossina costituirebbe la prova che la contaminazione del territorio deriverebbe in particolare da una poco accorta gestione delle polveri degli elettrofiltri dell’impianto di agglomerazione; 14) nell’area agglomerato dell’ILVA, l’azienda medesima effettua “iniezioni” di carbone attivo (metodologia di filtraggio tramite assorbimento del carbone attivo che ha sostituito quella ad UREA considerata oramai inadeguata) per l’abbattimento delle emissioni convogliate nel Camino E312 e contenenti diossine; 15) tale sistema, purtroppo, è noto che comporti a volte la combustione dei suddetti sacchi di raccolta che, bruciandosi, inevitabilmente liberano e disperdono il contenuto pericoloso nell’ambiente circostante; 16) va ulteriormente precisato che, laddove si trattasse effettivamente dei residui come su individuati, tali sostanze si possono propagare anche a distanza di chilometri in quanto trattasi di polveri molto sottili; 17) qualora si accertasse la natura di quelle polveri come provenienti dagli elettrofiltri, le stesse potrebbero essere considerate di matrice compatibile a quella che ha contaminato i capi di bestiame delle aziende limitrofe all’ILVA, così come evidenziato dai periti chimici intervenuti nel corso dell’incidente probatorio disposto dal GIP del Tribunale di Taranto nel noto procedimento penale per disastro ambientale a carico della proprietà ILVA e di alcuni dirigenti. 18) considerando la pericolosità accertata delle polveri degli elettrofiltri per l'ambiente e per la salute dei cittadini e la “fragilità” dei sacchi in cui esse sono raccolte, si faccia luce sulle misure di sicurezza adottate e sulle modalità di trasporto verso i centri si smaltimento autorizzati (presumibilmente Torino e Pisa) I sottoscritti espongono quanto sopra allo scopo di far verificare se le immagini di Rai Uno ritraggano effettivamente “big bag” utilizzati per contenere polveri con diossina e per verificare, nel caso, la sussistenza di ipotesi di reato. Chiedono con questo esposto: che si proceda nei confronti di chiunque verrà individuato come responsabile degli eventuali reati che la S.V. Ill.ma riterrà di ravvisare nei fatti sin qui descritti ed accertandi. Si allegano n. 15 fotogrammi e n.1 video su cd Taranto, li 2 maggio 2012 Dott. Angelo Bonelli Prof. Fabio Matacchiera Prof. Alessandro Marescotti

44 firme alla proposta di legge per limiti alla diossina

(AGI) - Roma, 2 mag. - "Il nostro Paese non si e' ancora adeguato a quanto previsto dal Protocollo di Aarhus che impone limiti alle emissioni in atmosfera di inquinanti organici persistenti, come la diossina." A dichiararlo e' Pierfelice Zazzera (IDV) deputato pugliese e primo firmatario insieme ad altri 44 deputati di una PDL, con cui anche l'Italia dispone limiti alle emissioni in atmosfera di diossina. "Ancora oggi gli stabilimenti attivi sul nostro territorio possono immettere nell'atmosfera alti quantitativi di sostanze cancerogene come la diossina pur rimanendo di fatto nella legalita', perche' il limite di emissione nel nostro Paese non esiste. E' quanto accaduto in questi anni a Taranto, citta' piu' inquinata d'Europa, dove a causa dell'attivita' degli stabilimenti industriali la diossina e' presente ovunque, persino negli alimenti. C'e' voluta una legge regionale per imporre pero' solo all'ILVA il limite di 0,4ng/Teq/m3 per l'emissione di diossina in atmosfera, ma sul territorio nazionale altre aziende continuano a inquinare l'ambiente e a devastare la salute dei cittadini". "Per porre fine a questa situazione non piu' sostenibile, noi dell'IDV insieme a parlamentari di ogni schieramento politico abbiamo depositato una proposta di legge, il cui obiettivo e' contenere le emissioni di diossine derivanti dai procedimenti di combustione controllata e dai processi chimici industriali nel valore limite di 0,4 ng TEQ/Nm3, proponendo anche un sistema di controllo in continuo delle emissioni prodotte. L'IDV chiedera' al Ministro Clini di cogliere questo segnale del Parlamento adeguando la normativa dell'Italia a quella dei paesi civili e di salvaguardare cosi' la salute dei cittadini".