venerdì 30 dicembre 2011
Amianto e militari: qualche raggio di luce!
Nel silenzio generale dei media, si è chiuso a Padova il processo per la morte di due ex alti ufficiali che hanno lavorato su navi dove c’era l’asbesto. L’inchiesta, nata nel 2005, ha portato alla luce almeno 300 casi di marinai deceduti per mesotelioma pleurico. Sotto accusa i vertici militari. La sentenza è attesa per marzo 2012.
Loro non potevano sapere. E, appena hanno saputo, hanno cercato di correre ai ripari. È questa la linea difensiva adottata dagli avvocati di otto ex alti ufficiali della Marina Militare nel processo di primo grado per omicidio colposo, lesioni e mancata adozione di cautele sul posto di lavoro che si è appena chiuso alla procura di Padova, nel silenzio più generale.
Due i militari morti, entrambi per una malattia polmonare che non lascia dubbi: il capitano di vascello Giuseppe Calabrò, di Siracusa, e il meccanico Giovanni Baglivo, di Tricase (Lecce), hanno lavorato a contatto con l’amianto. Ma è solo la punta dell’iceberg. L’inchiesta è nata nel 2005 e in questi sei anni negli uffici della procura sono state radunate seicento cartelle cliniche di altrettanti marinai ammalati, di cui almeno 300 deceduti per mesotelioma pleurico e malattie amianto correlate. Una strage silenziosa, fatta di uomini in divisa bianca che hanno lavorato, giorno e notte, su navi imbottite di asbesto: ne erano rivestiti tubi e manicotti di collegamento, piastre delle cucine, raccordi, coperture metalliche, condutture. Nel 1992 ufficialmente l’amianto diventa fuorilegge, ma dalle carte del processo emerge che almeno fino al 2005 su navi in manutenzione è stato bonificato l’amianto.
In questi giorni, con le arringhe degli avvocati della difesa, il processo si è concluso. Pochissimi i cronisti in aula, e solo dei giornali locali, per un processo che di fatto ha già portato ai risarcimenti civili alle famiglie dei deceduti, ma il dibattimento ha visto la costituzione di parte civile di Medicina democratica e dell’associazione esposti all’amianto.
L’inchiesta è stata possibile solo grazie alla dedizione a tempo pieno dell’ispettore Omero Negrisolo, un uomo di poche parole ma molto caparbio. Ogni volta che aggiunge un nome alla sua lunga lista di vittime, prova una sofferenza personale, conosce tutte le storie dei marinai, e delle loro – a volte ancora giovani – vedove.
Al banco degli imputati ci sono gli ex capi di Stato maggiore della Forza armata, Mario Bini e Filippo Ruggiero, gli allora direttori generali di Navalcostarmi Lamberto Caporali e Francesco Chianura, quelli della Sanità Militare Elvio Melorio, Agostino Didonna e Guido Cucciniello e l'ex comandante in capo della squadra navale Mario Porta. Erano loro i responsabili in capo mentre sulle navi l’amianto abbondava, si sgretolava sotto l’urto delle continue oscillazioni in mare, veniva respirato giorno e notte non soltanto dai macchinisti, ma anche da chi lavorava in coperta.
La storia di questo processo non è stata sempre lineare: con la scorsa finanziaria c’è stato il tentativo di boicottarlo grazie a un emendamento che interpretava autenticamente una legge del 1955, e che, equiparando le navi militari alle navi civili, “salvava” dalla responsabilità i Capi di Stato Maggiore e l’attribuiva solo all’effettivo comandante del vascello. Il pericolo è stato scongiurato dopo alcune interrogazioni parlamentari e un emendamento successivo che ha messo a posto la situazione.
La sentenza è attesa per il 22 marzo e intanto sta concludendo la fase istruttoria anche il processo “amianto in Marina bis”, sempre a Padova, che raccoglie centinaia di casi, mentre anche Raffaele Guariniello, il superprocuratore torinese, ha aperto un fascicolo su decine di uomini in divisa deceduti per l’amianto.
In questi stessi giorni a Taranto si indaga per le morti per mesotelioma del personale dell’arsenale e proprio la settimana scorsa la Corte d'appello di Brescia ha riconosciuto la malattia professionale per mesotelioma pleurico che causò la morte nel 2007 di un operaio tarantino, poi trasferitosi a Mantova. Luciano Carleo, presidente di “Contramianto”, ha commentato: «La decisione afferma la correlazione tra patologia tumorale da esposizione all'amianto e le lavorazioni svolte a bordo di navi della Marina Militare nell'Arsenale di Taranto. L'operaio aveva lavorato per oltre 30 anni con una ditta dell'indotto Arsenale in manutenzioni navali militari venendo, secondo la sentenza, esposto all'amianto». Una sentenza che aprirà il vaso di Pandora delle centinaia di persone che hanno lavorato a Taranto a contatto con la fibra killer. (Linkiesta)
giovedì 29 dicembre 2011
Difficile ragionare tra politici e padroni!
Vendola brinda, ambientalisti scettici
Per il governatore regionale si tratta di un "risultato storico", ma gli esponenti del movimento anti inquinamento di Taranto rilanciano: "Urgono criteri di misurazione più stringenti"
L'Ilva di Taranto
Il trionfalismo di Nichi Vendola e lo scetticismo degli ambientalisti tarantini. E’ questo il risultato, stridente, della quarta campagna di rilevazione delle emissioni in atmosfera di diossina dal camino E312 dello stabilimento Ilva di Taranto, il gigante industriale nato nella città di due mari negli anni ’50 come quarto centro siderurgico italiano e oggi considerato – anche da Nichi Vendola fino a qualche giorno fa – uno dei principali complessi inquinanti d’Italia. Secondo le ultime misurazioni, effettuate dall’Agenzia Regionale per la protezione ambientale in Puglia dal 12 al 14 dicembre scorsi, la diossina liberata in aria è inferiore a 0,1 nanogrammi/m3.
Un risultato che ha spinto Vendola a convocare una conferenza stampa in cui poter affermare che “quello che abbiamo fatto sulla diossina a Taranto non ha comparazioni in nessuna altra parte del mondo. Soltanto la malafede – ha detto – può impedire di vedere il dato storico”. E sulla natura storica del dato, infatti, concordano anche gli ambientalisti, senza però farsi trascinare del tono vittorioso del leader di Sel. “Il dato è eccezionale – commenta Biagio De Marzo, oggi portavoce del cartello ambientalista Altamarea, ma in passato dirigente nella siderurgia di Taranto, Terni e Sesto San Giovanni – quello che però ci chiediamo è come mai una quarta campagna di rilevazione a poco più di 20 giorni dall’ultima fatta a novembre?”
La legge approvata a dicembre 2008 dal consiglio regionale pugliese prevede infatti “almeno” tre campagne annuali di misurazione, ciascuna di tre giorni consecutivi. Nel 2010 le misurazioni furono esattamente tre: l’Arpa accertò, con la media aritmetica dei dati, che le emissioni furono pari a 2,3 ng/ m3. Le misurazioni del 2011 avevano invece accertato un risultato decisamente più basso rispetto allo scorso anno, ma tuttavia maggiore del limite di 0,4 ng/m3 stabilito dalla legge. Facendo infatti la media aritmetica dei dati ottenuti a febbraio, maggio e novembre si otterrebbe il valore di 0,5 ng/ m3.
“Se le misurazioni fossero rimaste tre come nel 2010 – spiega De Marzo – l’Ilva avrebbe nuovamente superato il limite di emissione della diossina, innescando così una procedura sanzionatoria. Noi non contestiamo i dati forniti dell’Agenzia regionale – aggiunge -, ma ci aspettiamo che qualcuno con onestà venga a dirci come mai una nuova campagna a distanza di soli 26 giorni”. E sulle modalità con cui vengono effettuate le rilevazioni, anche Patrizio Mazza, consigliere regionale di maggioranza ed ematologo dell’ospedale Moscati di Taranto, sembra perplesso. “L’Arpa – afferma il medico – opera in orari di lavoro così come stabilito da crismi di ‘contratti di lavoro di categoria’, ma gli incrementi di produzione e le lavorazioni maggiormente inquinanti, proprio da visione oculare, appaiono molto evidenti nelle ore notturne”. Seconda Mazza quindi “i rilievi dovrebbero essere fatti senza preavviso proprio nelle ore di maggiore produzione”, in quelle ore insomma in cui passeggiando sul ponte girevole, che unisce la città nuova a quella vecchia di Taranto, i fumi dell’Ilva offrono uno spettacolo decisamente poco rassicurante.
Guarda invece al futuro Alessandro Marescotti, docente tarantino che per primo nel 2005 portò all’attenzione dei media la questione diossina a Taranto: “Non è il momento dei toni trionfalistici – afferma – ma di controlli sempre più stringenti. E poi, se il dato è davvero così rassicurante, perché non si parte con il campionamento in continuo? In realtà ora bisognerebbe confrontare questo dato anche con il cosiddetto “sporcamento” del quartiere Tamburi, vedere cioè se nelle strade e sulle case a pochi metri dalla fabbrica vi è un altrettanto significativo abbassamento della diossina che si deposita”. Questo quindi dovrebbe essere il momento anche per capire cosa si rilascia durante gli “sbuffi transitori”, quelle fumate emesse in concomitanza con qualche malfunzionamento degli impianti. “Il risultato ottenuto – continua Marescotti – è stato possibile grazie all’impegno di tre soggetti: movimento ambientalista, Regione Puglia e Arpa, ma non è un punto di arrivo, anzi”.
No, non lo è. Perché a Taranto la questione diossina è soltanto una delle battaglie per un ambiente più sano. In piedi ci sono ancora altri aspetti non meno importanti: l’emissione di altri inquinanti come, ad esempio, il benzoapirene dalle cokerie, le polveri diffuse dai parchi minerali a cielo aperto e gli scarichi in mare. Per gli ambientalisti quella del presidente Vendola è propaganda “stonata” che assomiglia ai “video messaggi di Berlusconi“. Video messaggi in cui si esalta il valore relativo del dato ottenuto, ma non spiega il numero nel complesso degli altri fattori di pericolo. “A Taranto – conclude infatti Alessandro Marescotti – il flusso di massa annuo, cioè la quantità di diossina riversata nell’ambiente in dodici mesi dal camino E312 dell’Ilva, è pari a quella di 30 inceneritori”. (Il Fatto quotidiano)
sabato 24 dicembre 2011
Amministratori col naso tappato e la coscienza sporca di petrolio!!!
Ieri i dirigenti dell'Agenzia regionale sono stati ascoltati in Commissione ambiente
Emissioni di idrogeno solforato, progetto Tempa Rossa e nuova centrale Enipower: su questi tre temi si è concentrata, ieri mattina, la commissione Ecologia e Ambiente del Comune. Un’occasione importante per approfondire le principali problematiche collegate alla Raffineria Eni insieme ai rappresentanti di Arpa Puglia, Maria Spartera e Roberto Giua. Presenti anche Vanni Ninni, portavoce del comitato “1.000 per Taranto”, e Roberto Missiani, ambientalista intervenuto nella qualità di genitore. L’attenzione della commissione si è focalizzata soprattutto su una relazione dell’Arpa presentata ad Ecomondo (la fiera dell’Ecologia svoltasi a Rimini a novembre), che ha per oggetto “la problematica olfattiva correlata alla dispersione di idrogeno solforato e mercaptani nell’aria del porto di Taranto”. Per tredici giorni, dal 13 al 25 maggio del 2009, Arpa Puglia ha effettuato una campagna di monitoraggio che si è avvalsa di un analizzatore di gas, denominato AirMedor, posto in un laboratorio mobile collocato tra il quarto sporgente e il pontile Eni.
“Per tre giorni consecutivi – si legge nella relazione – si sono registrati picchi di concentrazione di quasi tutte le sostanze odorigene monitorate e durante questi eventi il vento spirava in prevalenza dal quadrante Nord-Ovest, quindi è probabile che gli inquinanti provenissero da questo settore, in cui si trova il sito Eni di stoccaggio di prodotti petroliferi”. Sui valori registrati si è soffermato Ninni: «Ci sono stati picchi di idrogeno solforato di circa 13 ppb. Per rendersi conto della loro gravita basta sapere che il Governo Federale degli Stati Uniti consiglia di fissare il limite massimo a 1 ppb». Va detto che l’idrogeno solforato è una sostanza fortemente velenosa la cui tossicità è paragonabile a quella del cianuro.
Sui suoi effetti si è espresso Giua a margine della riunione: “Quei valori riguardavano la zona del porto. Le persone che erano sul posto hanno sicuramente avvertito un odore forte. Oltre ad effetti sull’umore, potrebbero aver subito effetti fisici di tipo irritativo. Il fatto che i picchi si siano registrati in tre giorni su tredici fa pensare che si tratti di un fenomeno frequente. Purtroppo la normativa attuale non prevede limiti per gli ambienti di vita, ma solo per le emissioni convogliate ai camini». L’auspicio espresso dal rappresentante dell’Arpa è che i paletti fissati in sede di Autorizzazione Integrata riescano a eliminare il più possibile tutte le emissioni fuggitive, comprese quelle di idrocarburi.
Nei mesi scorsi, l’Arpa ha trasmesso un’informativa alla Procura della Repubblica per segnalare sia la problematica delle sostanze odorigene che quella relativa alla frequente accensione delle torce. La Spartera ha poi ribadito le perplessità dell’Arpa sul progetto Tempa Rossa: “A Taranto avrebbe luogo lo stoccaggio di greggio di cattiva qualità e ci sarebbe un aumento del 12% delle emissioni non convogliate. Perplessità che abbiamo segnalato in una lettera inviata a Regione, Provincia e Comune”. Dubbi sono stati espressi dalla Spartera anche sulla nuova centrale Enipower: «Su questo progetto non abbiamo preso una posizione ufficiale perché nessun ente ce lo ha chiesto, ma il nostro giudizio è negativo. Il progetto prevede una sovrapproduzione enorme di energia. Ci dicono che sarà messa in vendita, ma ci sorge il dubbio che sia un passo verso il raddoppio della Raffineria”. Da segnalare, infine, che il comitato “1.000 per Taranto” ha sollecitato la revisione del Piano di Emergenza Esterno per tutelare la città dal rischio di incidenti rilevanti. Questione che sarà posta all’attenzione del nuovo prefetto. Inoltre, i punti trattati ieri dalla Commissione saranno segnalati al sindaco Stefàno. (CdG)
Le chiacchiere di Pirro
Non solo, si spinge persino a dire che questa "salute" delle industrie colonia che parlano lombardo si propaga all'indotto...
Eccolo, come sta l'indotto tarantino.
Qui solo le campane dell'Ilva suonano a denaro (tranne quando bisogna cacciare fuori i soldi per combattere l'inquinamento)!
Pirro, per favore... un po' di pudore..., no?
In ginocchio dal Padrone?
Con la grana stipendi che sembra in fase di risoluzione, il presidente D'Addario, che non ha nascosto le difficoltà del momento ma anche la volontà di condurre la squadra in serie B nel più breve tempo possibile, sembra essere in cerca di importanti sponsorizzazioni per garantire un futuro economico più solido per il sodalizio ionico.
Secondo il Corriere del Giorno di oggi, tra gli imprenditori contattati dal 're delle automobili' ci sarebbe il nome di Emilio Riva, proprietario dell'Ilva. Si tratterebbe di una partnership e non di un inserimento in società da parte del fondatore del 'Gruppo Riva', che va però a cozzare con le numerose partecipazioni a manifestazioni ambientaliste dell'As Taranto Calcio. Staremo a vedere. (TuttosportTaranto)
giovedì 22 dicembre 2011
Il grande botto!
"Fireworks" di Giacomo Abbruzzese in giro per i festival europei
"Fireworks" di Giacomo Abbruzzese è stato selezionato in concorso al Festival International du Court Métrage à Clermont-Ferrand (Francia), al Festival Premiers Plans d'Angers (Francia), Festival International de Programmes Audiovisuels de Biarritz (Francia) ed al Küstendorf Film and Music Festival (Serbia) 2012, il festival organizzato da Kusturica in Serbia e che ogni anno seleziona solo venti cortometraggi di giovani registi,
"Fireworks" racconta una storia di distruzione e riscatto sullo fondo di una Taranto dilaniata dall’Ilva. Tra i fuochi d’artificio della notte di Capodanno, un gruppo internazionale di ecologisti farà esplodere la grande industria siderurgica.
Il corto prodotto da Le Fresnoy con il contributo di Apulia Film Commission. Nel cast Saleh Bakri, Katia Goulioni ed i due attori tarantini Angelo Losasso e Angelo Cannata. (Cinemaitaliano)
mercoledì 21 dicembre 2011
Tutto il tempo che serve!
martedì 20 dicembre 2011
C'era poco da guadagnarci..
“Sulla base delle osservazioni del Comune di Taranto secondo cui nelle vicinanze dello specchio d’acqua interessato dalle installazioni della Societ Energy Spa esistono i Siti di importanza comunitaria appartenenti ai SIC di Natura 2000 e visto anche il parere del MIBAC (Ministero per i Beni e le Attività Culturali) che definisce l’intervento come significativa alterazione del paesaggio e si esprime negativamente, il Comitato Via regionale ha dato parere sfavorevole all’installazione delle 10 pale eoliche in prossimità del porto di Taranto”. Così Lorenzo Nicastro, assessore alla Qualità dell’Ambiente commenta il provvedimento licenziato dall’odierna Giunta Regionale. “Il provvedimento di Giunta – conclude Nicastro – è in linea con il principio, abbracciato da questo Governo Regionale, secondo cui le energie rinnovabili devono necessariamente avere la caratteristica della sostenibilità sul piano ambientale. In questo caso i pareri acquisiti dal comitato e fatti propri nell’esprimere la valutazione hanno evidenziato anche l’interferenza dell’eventuale impianto con le attività portuali”. (Inchiostroverde)
PARCHEGGIOPOLIS? NO GRAZIE!
L’esigenza di sviluppare un ragionamento complessivo sui siti che la Marina Militare è pronta a dismettere, enunciata qualche giorno fa dal Vicesindaco di Taranto in un’intervista rilasciata ad un quotidiano locale è senz’altro condivisibile. Siamo infatti di fronte alla possibilità di una autentica rivoluzione urbana che merita una attenzione ed una discussione adeguate dovendo, di fondo, rispondere alla domanda “Quale città vogliamo ?”.
Noi pensiamo che sarebbe importante, in questa come in altre circostanze, realizzare un coinvolgimento partecipativo dei cittadini, del tessuto associativo –non solo produttivo- di questa città, in modo da realizzare un confronto ampio, non limitato ai soliti noti ed agli addetti ai lavori. Per questo chiediamo alla Amministrazione Comunale di organizzare sul tema della dismissione delle aree militari a Taranto specifici momenti di ascolto e di confronto, da pubblicizzare in maniera adeguata, compiendo così passi concreti in direzione di una progettazione partecipata.
Non possiamo non rilevare, però, che negli “intenti” annunciati, integrati dai progetti di cui abbiamo letto, un solo elemento sembra assolutamente prevalente, tanto da apparire una autentica ossessione: i parcheggi.
- Parcheggi a Cimino (a proposito, sbagliamo o c’è un ritardo di almeno sei mesi sulla tabella di marcia a suo tempo annunciata? Perché? Non è già troppo il tempo trascorso?).
- Parcheggi nella zona Croce.
- Parcheggi sotto la Rotonda del Lungomare, per i quali Legambiente non ha mai parlato di parcheggi “sopra” la Rotonda e ha contestato fin dall’anno scorso –inascoltata- un’idea sbagliata che, lo ribadiamo, se realizzata è destinata ad aumentare il numero di automobili che convergeranno verso il Borgo senza ridurre, quindi, l’inquinamento da traffico, ma anzi incrementandolo.
- Parcheggi sotto la caserma Mezzacapo.
- Parcheggi nell’ex Artiglieria.
- Parcheggi nell’area della Banchina torpediniere.
- Parcheggi in un’area prospiciente l’attuale ospedale militare.
Una domanda ci viene spontanea: quale sarebbe, in questo caso, il ragionamento complessivo?
A noi sembra piuttosto evidente la sua assenza.
Perché è assente un ragionamento complessivo e condiviso, un’idea partecipata e sostenibile di mobilità urbana che assuma lo stesso obiettivo perseguito negli ultimi anni in Italia e in Europa: disincentivare l’afflusso di auto nel centro delle città.
Solo così si spiega questa PARCHEGGIOPOLIS annunciata, in cui le idee condivisibili, che pure ci sono, vengono travolte dall’accostamento ad autentiche assurdità, da un’incomprensibile orgia di posti macchina da realizzare.
E’ troppo chiedere a questa Amministrazione Comunale, fatti salvi i parcheggi di scambio di Cimino e Croce su cui è anzi necessaria una accelerazione, di sviluppare anche sulla mobilità un ragionamento complessivo, una progettazione partecipata, e, solo dopo, decidere cosa fare?
A noi sembra quello che, una volta, si sarebbe chiamato il “minimo sindacale”.
Buone intenzioni. Buonissime!
Città Vecchia. Ancora una presa in giro
domenica 18 dicembre 2011
Anche i militari respirano!
«È oramai noto a tutti la profonda tragedia ambientale e sanitaria che vivono i cittadini di Taranto. Oltre il 90% delle diossine emesse in Italia, e circa il 9% di quella emessa in Europa, proviene da Taranto». Così afferma il maresciallo Antonello Ciavarelli, delegato Cocer della Marina militare. «Tutto ciò non poteva lasciare indifferente e preoccupata la numerosissima comunità dei Militari e delle Forze di Polizia presenti in città. Dopo le delibere del Consiglio di base della Guardia di Finanza, anche i Cocer di Guardia Costiera e della Marina Militare hanno chiesto ai vertici militari corrispondenti azioni di prevenzione e tutela della salute».
Il Comandante generale della Guardia Costiera risponde: “in riscontro alla richiesta afferente l’effettuazione di monitoraggi ambientali per l’accertamento di eventuali agenti inquinanti nell’ambito portuale di Taranto, si rappresenta che è stato all’uopo interessata la Capitaneria di Porto di Taranto che ha prontamente provveduto ad investire della problematica la competente Azienda Sanitaria locale e l’Autorità portuale di Taranto per l’effettuazione dei monitoraggi/campionamenti ambientali. In merito l’Autorità portuale ha fatto conoscere che intende proseguire l’attività di monitoraggio dell’aria, ampliando anche alla matrice acqua, avendo in corso apposita attività istruttoria per la stipula di una convenzione con l’ARPA Puglia, i cui dati rilevati saranno resi pubblici per la più ampia conoscenza possibile anche attraverso il sito della citata agenzia per l’ambiente”
A sua volta il Capo di Stato Maggiore della Marina ha dichiarato: “Nel prendere atto, di quanto segnalato con la delibera in parola, intendo dare ampia assicurazione che la Forza Armata è molto sensibile alle problematiche correlate alla tutela dell’ambiente nei luoghi di lavoro, e in generale alla salute del personale dipendente. In tale contesto ho disposto che gli Alti Comandi competenti per territorio, prendano contatto con le autorità locali, al fine di valutare a cura delle citate competenti autorità, l’effettuazione di appositi monitoraggio/campionamenti ambientali nei pressi delle strutture militari. Per quanto afferente agli aspetti ambientali ad oggi non risulta un protocollo di screening finalizzato ad una diagnosi precoce di patologie correlate con le sostanze inquinanti in questione. Al momento, comunque non si ha evidenza, tra il personale militare, di patologie correlate con le sostanze citate nella delibera. Ad ogni buon conto, ho dato disposizione agli organi sanitari di prestare la massima attenzione al fine di verificare se nell’ambito dei previsti controlli periodici o in qualsiasi altro momento dell’attività lavorativa del personale dipendente, dovessero sorgere indizi di patologie correlabili all’ambiente di lavoro”.
«Tutto ciò è sicuramente di grande conforto per i rappresentanti militari – sottolinea Ciavarelli. Come si può dedurre, i vertici, per primi, hanno interpretato come costruttive le richieste dei consigli di rappresentanza ed hanno mostrato sensibilità verso le questioni ambientali e sanitarie del proprio personale e della comunità nella quale i militari vivono. I recentissimi successi normativi in materia di amianto, sono un esempio di tale sensibilità all’interno della Marina, in particolare».
«L’aspetto più rilevante delle azioni dei vertici Marina Militare e Guardia Costiera, oltre che delle rappresentanze Militari, è sicuramente quello pedagogico nei confronti delle Istituzioni locali e dei cittadini. Infatti, un controllo più puntuale in varie zone della città e soprattutto nel porto, di cui si spera un potenziamento, porterà ad una maggiore presa di coscienza fra i cittadini della reale situazione ambientale/sanitaria. Per le industrie, le centraline che monitorizzano h24 soprattutto nella zona industriale del porto, saranno la prova del nove per poter dimostrare il rispetto delle norme e quindi delle salute dei cittadini che convivono con la stessa industria. Viceversa, potrà essere l’occasione per migliorare la condotta e diminuire l’inquinamento». «Come rappresentanti del personale – conclude Ciavarelli – possiamo vantare sentimenti condivisi con l’amministrazione di appartenenza. Sentimenti che esprimono sensibilità alla tutela della salute dei nostri lavoratori, con lo scopo profondo di meglio adoperarsi per il bene del prossimo. La consapevolezza è che se vi è rispetto per se stessi (in questo caso di militari e cittadini), ci può essere rispetto per il prossimo. Solo così si può migliorare la qualità della vita, ed arrivare alla ricchezza morale e di conseguenza anche quella economica»
Fonte: GRnet
giovedì 15 dicembre 2011
Ecco a che servono i sindacati!
Raggiunto l'accordo con i sindacati
L'intesa prevede un rimborso di 1,95 euro lordi a partire dal primo gennaio 2012 e una tantum di 1.750 euro
LECCE - È stato raggiunto l'accordo tra le organizzazioni sindacali Fim, Fiom, Uilm e l'Ilva di Taranto sul cosiddetto «tempo tuta», ovvero il tempo che l'operaio trascorre dal suo arrivo nello stabilimento fino all'effettivo avvio delle attività lavorative. L'intesa prevede un'indennità di presenza giornaliera di 1,95 euro lordi a partire dal primo gennaio 2012 e una tantum complessiva di 1.750 euro lordi.
LA NOTA - «È stato un negoziato lungo e difficile - commenta in una nota Pietro De Biasi, responsabile delle relazioni sindacali del Gruppo Riva - il cui esito rappresenta un oneroso impegno economico per l'azienda in una fase congiunturale, come quella odierna, particolarmente critica e piena di incognite». (CdM)
domenica 11 dicembre 2011
E il Comune rispose... sui giornali!
In calce a questo post riportiamo il comunicato (in realtà sarebbe un articolo del Corgiorno ma si capisce subito che si tratta di un comunicato inviato dal comune e sintetizzato dal giornalista con le forbici da potatura) che cerca di correre ai ripari sulla reazione dei tarantini all'ennesimo scempio comunale.
Innanzitutto non sono solo "ambientalisti" ad essere contrari ma tutta la cittadinanza!
Poi, andiamo ad analizzare questo "avveniristico" progetto redatto dall'ingegner Severini che è lo stesso che ha seguito il progetto poi fortunatamente cancellato a furor di popolo del Rigassificatore della GasNatural (una garanzia di disinteresse...)!
Innanzitutto spendere anche solo un terzo dei 30 milioni di euro messi a disposizione dei progetti nel bando vuol dire che ogni auto che parcheggerà la' sotto costerà ai cittadini circa 25000 euro. Il Comune piange miseria dai tempi del dissesto ma pare non sapere che con il costo di 4 auto si sistema un palazzo antico in città vecchia evitando crolli, abusi e dando alloggio a persone senza casa... Con 8-10 auto si sistemano le piste ciclabili e le rastrelliere in città. Con una trentina di auto si può tranquillamente procedere con la richiesta e sistemazione di aree dell'arsenale vecchio da destinare a parcheggi, servizi sportivi, parchi verdi...
E invece? Si buttano soldi pubblici per sventrare un edificio di grande valore storico-architettonico (su cui per la legge italiana, tra l'altro, un ingegnere non potrebbe metter mano...) trasformandolo in una torta a strati piena di automobili, con una bella biglietteria sopra e due grosse rampe che sputano gas di scarico. Ma crediamo veramente che si possa fare una cosa del genere soltanto aprendo due finestrine sul mare, senza alcun altro impatto?
E poi, non dimentichiamo che sarà un privato a gestirlo e i costi non saranno certo alla portata di tutti: se pensiamo che la gente preferisce poggiare la macchina davanti al posto dove vuole andare, crediamo davvero che funzionerà come manna dal cielo per il problema dei parcheggi?
Allora, anche con tutte le chiacchiere di Severini e co. e con i disegnini al tramonto che fanno girare sui giornali per questi e altri motivi già detti pensiamo che quei 30 milioni di euro siano meglio spesi nel rendere Taranto una città vivibile per tutti, non per far arricchire i soliti "amici degli amici" e per far parcheggiare comodamente chi ha soldi da spendere!
Un comune che dice di non avere manco i soldi per rendere vivibili i tre quartieri centrali (tamburi-borgo-città vecchia) e che elemosina prebende all'Eni in cambio di veleni...
Sindaco Stefàno, quand'è che avrai il coraggio di parlare ai tuoi concittadini?
Ecco l'articolo-comunicato del comune:
La Rotonda? Un parcheggio sul mare
Project financing da 30 mln per un silos funzionale al Fusco che sarà teatro comunale
Sarà un parcheggio sul mare la Rotonda che ospiterà 420 auto su tre livelli. Gli ingressi saranno due, ai lati di Palazzo del Governo. Al centro, all’interno, sorgerà una piastra commerciale. Il silos presenterà criteri innovativi e soluzioni d’avanguardia. I finestroni, attualmente murati e visibili soltanto dal mare, saranno aperti alla luce.
La «fattibilità» del progetto è stata curata dallo studio dell’ingegnere Luigi Severini e oggi è contenuta nell’avviso pubblico lanciato sul web dal Comune di Taranto. Si tratta di un project financing da trenta milioni, cifra a copertura di un altro investimento… che poi è il principale in questo meccanismo scelto dal Comune per far presto, assicurare i finanziamenti delle opere e consegnare il tutto alla gestione temporale di chi realizzerà (modello piscina di via Bruno): il Fusco.
Il parcheggio pensato per la Rotonda servirà, infatti, l’utenza del teatro ma di fatto diventerà un serbatoio permanente di 420 posti sempre disponibili, a prescindere dall’attività dell’ex cinema da sette anni vuoto e abbandonato.
Acquistato con i fondi Urban nel 2004, il Fusco dovrebbe diventare «teatro municipale». Per rendere la sua gestione commercialmente appetibile, la giunta Stefàno ha pensato di collegarne la riqualificazione all’idea del parcheggio in riva al mare.
Progetto suggestivo che già l’anno scorso, dopo un primo articolo pubblicato su queste colonne, scatenò la reazione immediata di Legambiente (oggi è la volta del cartello dei nove, come riferiamo a parte).
Il Fusco, ad ogni modo, avrà platea, palco e galleria completamente rinnovati, tre salette di proiezione, un caffè letterario e una sala prova per musicisti.
Il progetto «binario» rientra nel Piano Triennale delle Opere Pubbliche 2011-2013 che dallo scorso 7 dicembre sosta sulla home del sito web di Palazzo di Città «per la presentazione di proposte in project financing di interventi previsti nel programma triennale 2011/2013». Avviso lanciato, dunque.
Teatro e parcheggio a parte, il piano triennale prevede anche la riqualificazione e il completamento del polo sportivo a Montegranaro-Salinella (2,2 milioni), nuove attrezzature sportive per una scuola calcio (3 milioni), la ristrutturazione e il completamento di Palazzo Troylo con destinazione turistico-alberghiera-culturale (2,5 milioni). (Corgiorno)
Aggiungiamo che questa ricostruzione virtuale è evidenemente un fotomontaggio fatto male (è fuori scala!)
Il porto di Taranto, scalo strategico?
Il prossimo Consiglio dei ministri, convocato per il 12 dicembre, inserirà Taranto nel core network dei porti strategici. Nella struttura rientreranno solo 9 scali su 29 autorità portuale. Questa conferma scioglie ogni dubbio in ordine alla realizzazione della Piastra logistica. Lo ha dichiarato il ministro alle Infrastrutture e Trasporti Corrado Passera, rispondendo alle domande dell’on. Ludovico (Pd), durante l’audizione dinanzi alla VIII Commissione.
Il parlamentare ionico ha rivolto tre precise questioni al rappresentante del Governo: il rifinanziamento del nodo ferroviario di Bari; la collocazione del porto ionico nel “core network” e la modifica dell’orario ferroviario di Trenitalia, in vigore da domani, che penalizza fortemente il capoluogo ionico.
Sul nodo ferroviario di Bari, Passera ha detto che oggi incontrerà congiuntamente al Ministro Barca (Coesione territoriale), le regioni meridionali dell’ Obiettivo Convergenza sui Fondi strutturali e la Regione Puglia per recuperare le risorse già destinate al “nodo di Bari” con l’impegno di presentare ed approvare al prossimo Cipe il progetto e la sua cantierizzazione.
Un’altra rassicurazione è giunta in ordine al porto di Taranto. «Lo scalo ionico – ha detto Passera – sarà inserito nel “core network” lungo il quale agiscono le principali direttive di trasporto europeo. In virtù di ciò questi porti assumono precedenza nella realizzazione dei grandi progetti strutturali e infrastrutturali». Le parole del ministro, secondo Vico, sono quindi una garanzia per la realizzazione della Piastra Logistica.
Nessuna buona notizia, invece, per i treni. Nel suo intervento l’on. Vico ha sottolineato che l’orario ferroviario di Trenitalia che decorre da domani, penalizza il territorio ionico. Per questo ha chiesto al Governo di garantire i treni a lunga percorrenza lungo la dorsale adriatico-jonica ed in particolare per Taranto. «Collegamenti – ha ricordato il parlamentare del Pd – che rischiano di tagliare il Sud dal Nord e dall’Europa e in aperta violazione del diritto universale del cittadino alla mobilità».
Su questo aspetto, purtroppo il ministro Passera non ha assunto alcun impegno. Nonostante ciò Vico spera che l’orario possa essere modificato anche dopo il suo avviamento.
Nell’attesa di cambiamenti, Trenitalia ha ufficialmente comunicato l’entrata in vigore del nuovo orario scaturito da «una nuova organizzazione che ha consentito di evitare, con la realizzazione degli hub di Bologna Centrale, il taglio di questi servizi, soppiantati in Europa dai voli low cost, penalizzati da un crollo vertiginoso di viaggiatori e di ricavi e da costi di gestione insostenibili, in assenza di adeguate risorse pubbliche».
Trenitalia conferma che «rimarranno sei le corse tra Lecce e Roma. Tre Frecciargento nella fascia del mattino, con partenza da Lecce alle 5.45 e alle 11.53 e alle 8.45 da Roma, e tre nel pomeriggio, alle 14.45 e alle 17.45 da Roma e alle 16.50 da Lecce. I Frecciargento della rotta Roma – Puglia fermeranno – in tutte e due le direzioni – a Caserta, Benevento, Foggia, Bari, Barletta, Brindisi e Lecce».
Inoltre, «l’EurostarCity diventa Frecciabianca, la terza Freccia di Trenitalia, e punta ad esportare anche sulle linee convenzionali alcuni dei plus caratteristici dei Frecciarossa e Frecciargento: qualità, frequenza, velocità. Saranno 6 le corse giornaliere tra Lecce e Milano, 2 quelle tra Lecce e Torino, 10 le corse tra Bari e Milano e 2 quelle tra Taranto e Milano. Più servizi a bordo treno e un’attenta riconfigurazione del sistema delle fermate intermedie migliorano qualità e velocità su tutta la rotta Milano – Puglia, con recuperi sui tempi di viaggio che arrivano fino ai 20 minuti tra Milano e Bari (da 7.57 a 7.37) e ai 15 minuti tra Bologna e Bari (da 5.45 a 5.30)». (Corgiorno)
sabato 10 dicembre 2011
Ecco le emissioni pugliesi per filo e per segno
Inventario delle Emissioni in Atmosfera della Regione Puglia
La Regione Puglia, con DGR nr. 1111/2009, ha affidato ad ARPA Puglia la gestione, l'implementazione e l'aggiornamento dell'Inventario Regionale delle emissioni in atmosfera conformemente a quanto previsto dalla normativa vigente.
Da questo portale è possibile ottenere informazioni sugli inventari delle emissioni, sulle metodologie di stima, sul database IN.EM.AR., nonché sui valori di emissione regionali.
Nella sezione dati è possibile visualizzare le elaborazioni a livello territoriale, suddivise per comparti produttivi o macrosettori (SNAP).
I dati sono disponibili secondo report predefiniti o personalizzabili dall'utente, inoltre è anche possibile visualizzare gli approfondimenti tematici (mappe e relazioni).
Il gruppo di lavoro Emissioni del Centro Regionale Aria di ARPA Puglia ha realizzato l'inventario regionale delle emissioni in atmosfera per il 2007 e ha revisionato l'inventario delle emissioni in atmosfera relative al 2005 (rev. 2010).
E anche Legambiente rimarcò!
Poco più di un anno fa, il 23 settembre del 2010, inviammo ai mezzi di informazione un comunicato stampa intitolato: “Megaparcheggio alla rotonda? Un’idea vecchia, sbagliata e dannosa”! nel quale esponevamo le nostre argomentazioni contro quella che continuiamo a ritenere un’idea dissennata per le dimensioni spropositate del megaparcheggio (si parlava allora di seicento posti auto, oggi di 380) che servirebbero solo a garantire il business legato ai parcheggi a scapito dei cittadini di Taranto che ancora una volta andrebbero a pagare un prezzo salato in termini ambientali per permettere a qualcuno di fare utili.
Come dimostra infatti l’esperienza di tante città italiane ed europee, la costruzione di nuovi parcheggi nelle aree centrali delle città produce un automatico incremento del traffico automobilistico privato ad esse diretto. La conseguenza è un maggior inquinamento atmosferico.
Non è di questo che Taranto ha bisogno, ma del suo esatto contrario: minor traffico e minor inquinamento.
Inoltre un parcheggio così grande in centro è una scelta in palese contraddizione con quella che vede protagonista il Comune di Taranto, attraverso la sua municipalizzata AMAT, relativa alla costruzione di due aree di parcheggio di interscambio, poste ai margini della città, in località Cimino e Croce, destinate - nelle intenzioni - a ridurre i flussi di traffico veicolare privato e a rilanciare quello pubblico (obiettivo questo perseguito ormai in tutta Europa).
Quanti automobilisti utilizzeranno queste aree sapendo che possono arrivare direttamente in auto in pieno centro dove troveranno ad attenderli il megaparcheggio della Rotonda? Abbiamo forse denaro pubblico da sprecare? Possiamo permetterci di fare una scelta che danneggia l’ambiente? E i buchi nei bilanci futuri dell’AMAT su chi graveranno se non su tutti i tarantini?
Pensavamo che il parcheggio alla Rotonda fosse ormai archiviato, ma eccolo rispuntare nei meandri di un bando per project financing. Il tutto mentre si “consumano” di una serie di scelte che non esitiamo a definire scellerate.
Non possiamo non rilevare infatti un atteggiamento troppo spesso ondivago delle istituzioni che troppe volte sembrano procedere “a vista”, prive di un’idea complessiva e strategica della città e del suo sviluppo. E’ il caso dei progetti che prevedono la costruzione di migliaia di metri cubi di edilizia abitativa (in una città che vede da anni un lento ma costante decremento dei propri abitanti), della mobilità (con zero metri di piste ciclabili nel centro cittadino inteso in senso allargato), del trasporto pubblico inadeguato, del verde urbano (oggetto di manutenzioni dissennate che lo stanno depauperando - anche se vanno registrate positivamente le recenti piantumazioni e l’approvazione di un regolamento del verde peraltro in larga parte non rispettato), dell’edilizia scolastica (che versa in uno stato preoccupante registrato dal nostro rapporto Ecosistema Scuola), e, in ultimo, della drammatica situazione dei rifiuti (con una percentuale di raccolta differenziata risibile e sostanzialmente ferma da anni).
Indubbiamente la gravità della situazione è stata accentuata dallo stato di dissesto finanziario in cui il Comune versa da ben 4 anni, ma sono mancate in troppi settori scelte che dessero il segno di un’inversione di tendenza nel progettare il futuro di questa città.
L’indissolubile interdipendenza tra questione ambientale e questione sociale è a Taranto tanto più vera se si considera la crisi economica e occupazionale che grava sulla città da diversi anni e il degrado sociale che essa ha portato come corollario. Ma questo non può giustificare una politica che sembra decidere ed operare sempre e comunque in un’ottica emergenziale con scelte che non fanno che perpetuare un’idea vecchia e sbagliata della città e mettono una vera e propria ipoteca sul suo futuro. Dall’emergenza non si esce senza una pianificazione strategica.
Taranto ha già troppe ipoteche ambientali sul suo futuro: cominciamo a fare a meno di un megaparcheggio inutile e dannoso.
Legambiente Tarantovenerdì 9 dicembre 2011
Una battaglia condivisa!
La rotonda del lungomare è un bene di tutti non uno sterrato per parcheggiare!
Lo scorso mercoledì 7 dicembre il Comune di Taranto ha pubblicato l'"Avviso per la presentazione di proposte in project financing di interventi previsti nel programma triennale 2011/2013". Si tratta di "interventi fanno riferimento alla riqualificazione e completamento del polo sportivo al quartiere "Montegranaro-Salinella", alle attrezzature sportive per la scuola calcio, alla realizzazione del teatro di tradizione ex Fusco ed al parcheggio e piastra commerciale sulla rotonda del lungomare, alla ristrutturazione e completamento del palazzo Troylo".
In questo variegato pacchetto di offerte si legge ancora una volta la disperata richiesta di un Comune che annaspa nel programmare ed offrire servizi alla gente secondo una concreta strategia di rigenerazione organica di tutta la città.
Tra le mele marce in offerta ci sono sicuramente le grosse "rogne" di Palazzo Troilo e del Teatro di Tradizione (quale tradizione?), mentre fanno certamente gola il polo sportivo e, soprattutto, la piastra commerciale sul Lungomare.
Come quel naufrago che per capire se i fiammiferi erano ancora buoni non riuscì a trovare altro modo che accenderli uno per uno, il Comune in questi anni, di fronte ad un patrimonio ricchissimo e prezioso rovinato dall'incuria e dalla cattiva gestione, cerca di liberarsene, considerandolo un fastidioso oggetto di critiche, buono da svendere o regalare agli speculatori sempre in fila davanti alla porta di palazzo di città.
Di fronte alla possibilità di rivalutare una delle poche bellezze scampate ai saccheggi passati cioè il sistema del Lungomare con l'affaccio del Palazzo del Governo, sviluppando alla quota del mare banchine, passeggiate, locali e negozi che potrebbero arrivare, lungo la costa fino al viale Magna Grecia, la giunta Stefàno propone di riempire di auto e baracche di hot-dog una delle piazze più belle d'Italia!
Stiamo parlando di un'autentica e rara testimonianza di una stagione fondamentale per lo sviluppo del Borgo, di un esempio di quella monumentalizzazione urbana che faceva di Taranto la porta e la guida per la visione della nuova città italiana, mediterranea e coloniale. Condivisibile o meno sul piano politico, si tratta di un'opera architettonica integrale, scenograficamente riuscita ed ancora oggi validissima come scenario aperto polifunzionale per eventi su grande scala. Tutti noi abbiamo giocato o portato i nostri figli su quella Rotonda!
Inoltre, aprire ulteriori parcheggi e togliere spazi a pedoni e biciclette vuol dire attrarre altre automobili, incrementando ancora il traffico e la congestione della città. E' una politica perdente e vecchia, ormai superata persino da città a noi vicinissime come Bari che è investe da dieci anni in parcheggi di scambio esterni, aree pedonali, piste ciclabili.
Con questo comunicato chiediamo che venga ritirato il bando e che la giunta Stefàno cambi politica nei riguardi dei beni pubblici. Chiediamo che abbia il coraggio di dire a noi cittadini cosa vuol fare con il nostro patrimonio, sottoponendo al giudizio di tutti le decisioni che riguardano la bellezza, il futuro e la memoria della città!
giovedì 8 dicembre 2011
Ora basta: Finitela idioti!!!
il comune più sordo, speculatore e incapace degli ultimi anni.
Abbiamo avuto fascisti, ladri, traffichini e tutte le peggiori specie di sindaco possibili, ma questa giunta è davvero una piaga per ignoranza, incompetenza, incapacità mista a furbettismo, vaghezza e... soprattutto... disastrosità!!!
Dopo infiniti comunicati, promesse, proposte, condivisioni e quanto si possa immaginare ancora continuano a voler fare questo cavolo di parcheggio su uno dei punti più belli della città, più ricchi di memoria per la città nuova, più suggestivi e versatili.
VOGLIONO FARE UNO SCHIFOSO PARCHEGGIO E BARACCHE DI NEGOZI SULLA ROTONDA DEL LUNGOMARE!!!
E manco pubblico!!! lo regalano ad un privato con il project financing!!!
Ecco l'avviso pubblicato sul sito del comune:
OGGETTO:Avviso per la presentazione di proposte in project financing di interventi previsti nel programma triennale 2011/2013.
DETTAGLIO:Gli interventi fanno riferimento alla riqualificazione e completamento del polo sportivo al quartiere "Montegranaro-Salinella", alle attrezzature sportive per la scuola calcio, alla realizzazione del teatro di tradizione ex Fusco ed al parcheggio e piastra commerciale sulla rotonda del lungomare, alla ristrutturazione e completamento del palazzo Troylo.
DATA PUBBLICAZIONE:07-DIC-11
DATA SCADENZA:27-FEB-12
DATA :07-DIC-11
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mercoledì 7 dicembre 2011
Una vita in emergenza. Ancora cozze mobili!
La comunicazione della Regione è arrivata alla Asl ionica ieri mattina (6 dicembre, ndr). In base al Regolamento europeo n. 1881/2006 (sottoposto a modifiche), dall’1 gennaio 2012 si abbasseranno i limiti massimi per Pcb e diossine-simili negli alimenti e nei mangimi. Nel caso delle cozze si passerà da 8 picogrammi al grammo a 6,5. La notizia ha fatto presto ad arrivare alle orecchie di alcuni mitilicoltori del primo seno di Mar Piccolo, sempre più preoccupati per quanto potrà accadere al novellame.
«Bisogna spostare il seme con la massima urgenza, prima che sia troppo tardi – ha dichiarato Luciano Carriero, uno degli allevatori danneggiati dall’emergenza Pcb – non possiamo rischiare di superare i nuovi limiti e di perdere anche la produzione del 2012. Ci è stato consigliato di trasferirci provvisoriamente a San Vito, in attesa di avere l’ok per le nuove aree di Mar Grande. Ma perché dovremmo fare un doppio trasferimento, pure a nostre spese? E poi il mare davanti a San Vito non è produttivo».
L’appello è rivolto alle istituzioni ed, in particolare, al Comune: «Deve rilasciare subito le concessioni in deroga per le nuove aree – ha proseguito Carriero – l’Arpa, invece, deve far partire immediatamente la classificazione delle acque per la mitilicoltura». L’appello a far presto viene rinnovato anche da Michele Conversano, responsabile del Dipartimento di Prevenzione della Asl ionica: «Il trasferimento del novellame era un’urgenza fino a ieri e lo è, a maggior ragione, adesso».
I nuovi limiti sul Pcb costringeranno la Asl a rivedere i piani relativi al monitoraggio. Un’incombenza non di poco conto. Massimo Giusto, presidente del Centro Ittico Tarantino, ha commentato così la novità: «Bisogna far presto sia per le nuove aree, che per le bonifiche. I mitilicoltori devono salvare il novellame, ma devono avere anche la possibilità di tornare nel primo seno di Mar Piccolo. Insieme all’Amministrazione Comunale stiamo mettendo in campo tutte le energie per trovare delle soluzioni».
Una risposta si attende, infine, dalla Regione in merito alla deroga per l’utilizzo delle aree in Mar Grande, a meno di 500 metri dalla costa, dove ci sono alcuni scarichi di emergenza dell’Aqp. La situazione appare quanto mai complessa, mentre il tempo per agire è sempre più limitato.
Alessandra Congedo (Corriere del Giorno)
lunedì 5 dicembre 2011
L'aggiornamento del registro europeo emissioni E-PRTR
Il registro su scala europea ha la finalità di aiutare i cittadini europei a partecipare attivamente alle decisioni relative all’ambiente. La Commissione europea e l’Agenzia europea per l’ambiente, in stretta collaborazione con il Centro comune di ricerca (il servizio scientifico interno della Commissione) hanno pubblicato oggi on line nuove mappe che permettono ai cittadini per la prima volta di localizzare le principali fonti diffuse di inquinamento atmosferico come i trasporti e l’aviazione. Nelle 32 nuove mappe vengono indicati i luoghi di emissione di alcuni inquinanti come gli ossidi d’azoto e il particolato. Le mappe integrano i dati esistenti relativi alle emissioni dei singoli impianti industriali disponibili presso il registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (PRTR europeo).
L’E-PRTR, istituito nel 2009 per agevolare l’accesso alle informazioni ambientali, contiene già dati raccolti presso i singoli impianti industriali (fonti puntuali) e da oggi informazioni sulle emissioni dal trasporto stradale, marittimo, aereo, dal riscaldamento degli edifici, dall’agricoltura e dalle piccole imprese (fonti diffuse).
Le fonti diffuse d’inquinamento sono sparse un po’ dappertutto e/o concentrate in aree ad alta densità di popolazione. Una elevata quantità di emissioni provenienti dalle case e dai veicoli rappresenta a livello collettivo una importante fonte diffusa di inquinamento, in particolare nelle città.
Il nuovo insieme di 32 mappe permette ai cittadini europei di vedere su scala di 5 km per 5 km dove si trovano le fonti di inquinamento. Esse riguardano in particolare gli ossidi di azoto (NOX), gli ossidi di zolfo (SOX), il monossido di carbonio (CO), l’ammoniaca (NH3) e il particolato (PM10).
Cosa mostrano le mappe?
I dati relativi alla qualità dell’aria sono messi a disposizione del pubblico dai fornitori di dati[1], ma non forniscono informazioni relative alle varie fonti di inquinamento. Le nuove mappe segnalano le emissioni locali di inquinanti atmosferici, e permettono ai cittadini di avere una visione dettagliata del loro quartiere. Inoltre, tali dati possono essere utilizzati dagli esperti in materia di qualità dell’aria per i loro lavori di modellizzazione, e ciò permette di valutare gli effetti sull’ambiente delle emissioni locali.
Le mappe relative alla distribuzione geografica rivelano ad esempio, la presenza di “punti caldi” in materia di emissioni di ammoniaca (NH3) provenienti dall’agricoltura della pianura padana in Italia, dalla regione francese della Bretagna, e dai paesi del Benelux. Elevati livelli di emissioni di ammoniaca possono nuocere all’ambiente contribuendo all’acidificazione e all’eutrofizzazione del suolo e delle acque dolci.
Esse inoltre mostrano l’estensione delle emissioni di NOX e PM10 dovute al trasporto su strada nelle grandi zone urbane e lungo le principali reti stradali. Nelle città il trasporto su strada è largamente responsabile dei livelli di PM10 nell’aria che respiriamo.
Le carte sono accessibili al seguente indirizzo:
http://prtr.ec.europa.eu/DiffuseSourcesAir.aspx
Tagli o eliminazioni?
«Non isolate Taranto, salviamo la stazione di terra ionica». Nel tempo in cui la protesta scorre sul filo virtuale dei social network non deve assolutamente stupire che su Faceb ook sia nata un’iniziativa simile. E su questa bacheca elettronica in pochi giorni sono stati davvero in tanti ad... affiggere i loro messaggi contro la decisione di Trenitalia. O meglio, contro la politica dell’azienda ferroviaria pubblica che sacrificando Taranto ed il Salento sull’altare dei collegamenti ad alta velocità isolerà di fatto il capoluogo ionico penalizzandolo nei collegamenti da e per Milano e Torino. Penalizzazioni che arrivano, peraltro, dopo i tagli già inferti l’anno scorso con il depotenziamento dei collegamenti con la Capitale. Ora dal 12 dicembre, a meno che la protesta dei sindaci pugliesi non ottenga concreti risultati, quest’isolamento si materializzerà ancor più. E una volta introdotto l’orario invernale sarà problematico, se non impossibile, tornare indietro.
Si diceva di Facebook. Questo gruppo è nato per iniziativa del giovane Michele Pierri, responsabile provinciale Formazione politica e rapporti con la stampa del Pd e di Luciano Santoro, capogruppo in Provincia del Partito democratico. Il gruppo, che in soli due giorni ha superato i 300 iscritti, vuole denunciare e «creare consapevolezza e coesione popolare - scrivono i fondatori del gruppo - per contrastare il crescente isolamento in cui versano Taranto e la terra ionica a causa dei continui tagli ai collegamenti ferroviari a lunga percorrenza (notturni e non) per alcune delle principali città italiane: Roma, Milano, Torino e Bologna». Pierri e Santoro non hanno dubbi: «Taranto è una grande città industriale del Mezzogiorno d'Italia e i suoi cittadini meritano la stessa considerazione di altri territori e il rispetto di un diritto inalienabile: quello alla mobilità».
Intanto nei giorni scorsi in Provincia si è tenuto un vertice proprio sulla questione-treni. Il presidente, Gianni Florido, e l’assessore regionale ai Trasporti, Guglielmo Minervini, hanno illustrato le richieste che saranno portate all’attenzione del governo ed in particolare del ministro dei Trasporti, Corrado Passera, e dell'amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti. Innanzitutto, il ripristino dei treni notturni Catanzaro-Taranto-Torino e Reggio Calabria-Taranto-Milano. Poi si chiede l’an - ticipazione della partenza da Taranto di almeno un treno «Freccia Argento» o «Freccia bianca», il collegamento veloce con Bari per le coincidenze dei treni che attraversano la dorsale adriatica e, per i percorsi non serviti, la possibilità di agganciare a Taranto, ai treni a lunga percorrenza, almeno quattro vagoni.
Il 7 dicembre, intanto, i sindaci del Mezzogiorno protesteranno a Roma contro la politica industriale di Trenitalia. «Non possiamo continuare a subire - ha detto nei giorni scorsi Florido - decisioni calate dall’alto. Attendiamo risposte concrete, in caso contrario partirà la nostra mobilitazione. È il minimo che potessimo chiedere. Per la dorsale adriatica e tirrenica è giusto che da Taranto partano almeno quattro vetture, una delle quali di prima classe. Il treno Reggio Calabria-Milano, ad esempio, arriva da noi dopo aver sostenuto già sei o sette ore di viaggio. Non solo arriva pieno, ma anche sporco».
Il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, che ha partecipato alla riunione a Foggia in cui è stata programmata la protesta del 7 dicembre, ha fatto presente che «mentre a Roma si inaugura la nuova stazione ferroviaria di Tiburtina e si prevede l’impiego di 150 nuovi “Freccia rossa”, da quest’altra parte si dimenticano gli studenti, le persone che al Nord vanno per curarsi e chi viaggia in treno per recarsi al lavoro». (GdM)
sabato 3 dicembre 2011
E’ la centrale termoelettrica Enel Federico II di Cerano l’impianto industriale più costoso in Italia in termini di salute e “anni di vita persi” per le popolazioni vicine. Il dato non proviene questa volta da un’associazione ecologista locale. Ma dalla massima autorità del settore: l’Agenzia europea per l’ambiente. E’ tutto contenuto nel rapporto annuale reso pubblico lo scorso 24 novembre sul sito internet dello stesso organismo della Ue, nel quale l’Agenzia analizza le emissioni dei 622 impianti industriali più inquinanti in Europa. In questa classifica la centrale di Brindisi Cerano è al 18esimo posto; l’Ilva di Taranto al 52esimo. Nello stilare il rapporto L’Eea (Euorpean enviroment agency) ha utilizzato i dati dell’inventario europeo delle emissioni registrante nel 2009 riguardanti l’anidride carbonica, cinque altri gruppi di inquinanti atmosferici (nitrati, anidride solforosa, ammoniaca, gas organici, particolato sottile) e un gruppo aggregato di microinquinanti (metalli pesanti, 1,3-butadiene, benzene, idrocarburi policiclici aromatici e diossine).
Questi dati sono quindi stati “tradotti” in un linguaggio di più immediata comprensione per i non avvezzi a grafici e numeri che forse, meglio di ogni altra cifra, lascia percepire d’acchito la portata delle conseguenze di queste emissioni in termini di costi economici per la salute e benefici. Per gli inquinanti aventi un effetto sanitario locale e regionale è stato così calcolato sia il “voly” (valore degli anni di vita persi), sia il “vsl” (il valore della vita statistica). (Senzacolonne)
venerdì 2 dicembre 2011
Monitoraggi vari ed... eventuali
Arpa - Rapporto ILVA 28 Nov 2011 Def
Il risultato della terza campagna di monitoraggio della diossina al camino E-312 dell’Ilva era già stato anticipato lunedì scorso da Giorgio Assennato, direttore generale di Arpa Puglia, durante la presentazione del Rapporto Ambiente e Sicurezza dell’azienda. Ora c’è anche un breve comunicato, pubblicato nel sito dell’agenzia, in cui si afferma quanto segue: “Nei giorni 14, 15 e 16 novembre 2011, Arpa Puglia ha effettuato la terza campagna per la rilevazione di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino E312, afferente all’impianto di agglomerazione dello stabilimento Ilva Spa di Taranto, realizzata, come le precedenti due campagne di febbraio e maggio, senza preavvisare l’azienda. Le operazioni di prelievo e di analisi in laboratorio sono state condotte con il contraddittorio dei tecnici Ilva e si sono concluse in data 24 novembre 2011. Il valore medio di diossine e furani misurato nei tre giorni di monitoraggio, al netto dell’incertezza di misura (pari al 35% come stabilito dalla LR 44/2008 e sue modifiche), è risultato pari a 0,11 ng ITE/Nmc“.
Poche righe, quindi, a cui aggiungiamo un dato molto più importante: la media annuale del 2011, al termine delle tre campagne di monitoraggio, risulta essere al di sopra del limite imposto dalla legge regionale, equivalente a 0,4 nanogrammi al metro cubo. Una realtà che non può essere dimenticata né taciuta. Così come non va dimenticato e taciuto un importante passaggio contenuto nella relazione che il prof. Assennato ha preparato per la presentazione del rapporto Ambiente e Sicurezza:
“Obiettivi e Programmi del Documento di Politica non risultano integrati in un programma organico ed unitario di miglioramento del sistema di Gestione della Sicurezza aziendale che contempli tutte le azioni di miglioramento (di sicurezza, impiantistiche, gestionali ed organizzative) previste per le varie aree dello stabilimento. Nel “Rapporto Ambiente e Sicurezza 2011″ non è riscontrabile l’impegno del Gestore, anche in termini economici, ad attuare la Politica di Gestione in materia di Prevenzione degli Incidenti Rilevanti; non si fa riferimento ad alcun Piano di Investimenti e relativi interventi da porre in essere al fine di prevenire i rischi di incidente rilevante”. (Inchiostroverde)
Per scaricare la relazione clicca qui Assennato_ILVA_28_nov_2011_def
A lode e brodo dell'Ilva?
Rapporto Ilva su Ambiente e Sicurezza
Legambiente: "Chi si loda, si imbroda. L'azienda ritiri il ricorso sull'Aia e lavori per risolvere i problemi ambientali insoluti"
"Ilva tra le industrie piu' moderne e sostenibili al mondo? Azienda modello da seguire a livello internazionale? Ma visto che sono così' bravi, cosa aspettano allora a risolvere l'annoso problema dei parchi minerali che continuano ad avvelenare l'aria e il Rione Tamburi, ad installare il sistema di monitoraggio in continuo delle diossine, a ridurre le emissioni di benzo(a)pirene e a ritirare il ricorso fatto contro l'Aia rilasciata dal ministero?". E' questo il commento di Legambiente in una nota firmata da Stefano Ciafani, responsabile scientifico nazionale, e da Lunetta Franco, presidente del circolo di Taranto, dopo la pubblicazione del Rapporto Ambiente e Sicurezza da parte di Ilva.
"Nei giorni scorsi - commentano i due dirigenti dell'associazione ambientalista - abbiamo assistito al giubilo di gran parte dei commenti sui risultati ottenuti grazie agli investimenti fatti dall'azienda sugli impianti siderurgici. Vogliamo però ricordare come l'azienda non abbia fatto i principali interventi sugli impatti ambientali in modo volontario, ma solo perché costretta dalla mobilitazione della città, delle associazioni, degli enti locali e di controllo e di parte del sindacato. Ricordiamo infatti che l'Ilva che oggi si vanta della riduzione delle emissioni di diossina, durante la discussione di quella che sarebbe diventata la legge regionale contro questo inquinante cancerogeno, si ostinava con arroganza - spalleggiata in modo imbarazzante dal Governo e dall'ex ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo - a sostenere che era tecnicamente impossibile stare sotto al limite di 0,4 nanogrammi per metro cubo. E invece avevamo ragione noi, come dimostrano oggi gli importanti risultati raggiunti".
"Troviamo poi risibile citare in quel modo assolutamente strumentale - continua la nota di Legambiente - i nostri dati sull'inquinamento da polveri sottili dei capoluoghi di provincia italiani. E i 42 superamenti del PM10 registrati quest’anno (fino al 28 novembre) dalla centralina di via Machiavelli da chi sono causati? Forse dal traffico , quasi inesistente in quella via? Ma davvero Ilva pensa che quelle nuvole di fumo e gas tossici emessi dai camini e dagli impianti e di polveri liberate dai parchi minerali, siano solo un effetto ottico o la solita invenzione degli ambientalisti cattivi che hanno pregiudizi contro l'azienda? Se la città di Taranto, invece che affacciata sul mare, fosse situata in Pianura Padana, dove le condizioni climatiche e geografiche non permettono la circolazione dell'aria, avrebbe risultati ben diversi. E quindi la si smetta di citare in modo distorto i nostri dati per argomentare una qualità dell'aria a Taranto che non è proprio salubre come la vuole vendere Ilva con i suoi proclami".
"Per quanto concerne infine la voglia dell'azienda di instaurare un confronto franco e sereno con la città - concludono Stefano Ciafani e Lunetta Franco -, siamo disponibili a farlo. Ma solo se Ilva dimostrerà di passare dalle parole ai fatti, ritirando in primis quell'imbarazzante ricorso fatto contro l'Aia che, nonostante le nostre grandi riserve su diversi prescrizioni che restano blande e, in alcuni casi, troppo vaghe, resta un punto di partenza per un ulteriore ammodernamento impiantistico. Un ricorso che se non verrà ritirato, non potremo che considerare come una nuova dichiarazione di guerra nei confronti della città e della salute dei cittadini e dei lavoratori".
giovedì 1 dicembre 2011
Riflessioni giovani!
e questo è il video incriminato:
https://www.facebook.com/photo.php?v=10150423997964207&set=vb.38771508894&type=2&theater
mercoledì 30 novembre 2011
Ilva condannata: truffa all'Inps ed estorsione agli operai!
Vergogna!!!http://www.blogger.com/img/blank.gif
Ilva Taranto, risarcimento a operai
(ANSA) - La Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza di assoluzione per gli imprenditori dell'acciaio Emilio e Claudio Riva. Rispondevano di truffa all'Inps, estorsione e tentata estorsione ai danni di 300 dipendenti trasferiti nel 1999 dalla Nuova Siet all'Ilva di Taranto. I giudici hanno decretato la prescrizione e riqualificato l'accusa in truffa aggravata riconoscendo il diritto degli operai al risarcimento per le proposte di riassunzione al ribasso dopo la mobilita'.
Cassazione: su vicenda Ilva apre ai risarcimenti per 300 lavoratori
(Adnkronos) - La Cassazione apre la possibilita' a circa 300 lavoratori di potere essere risarciti in relazione alla vicenda dell'Ilva. In particolare, la II sezione penale della Cassazione ha aperto questa possibilita' annullando senza rinvio la sentenza di assoluzione della Corte d'Appello di Taranto (dicembre 2009) nei confronti di Emilio e Claudio Riva che erano accusati di truffa ai danni dell'Inps, di estorsione e tentata estorsione nei confronti dei dipendenti della ex azienda Nova Siet.
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La vicenda giudiziaria ha una storia articolata. In primo grado il gup del Tribunale di Taranto, Annamaria La Stella, aveva condannato con rito abbreviato a quhttp://www.blogger.com/img/blank.gifattro anni di reclusione il presidente del gruppo Riva, Emilio Riva, e suo figlio Claudio, a tre anni il dirigente Italo Biagiotti e a un anno e due mesi il rappresentante della Nuova Siet, Giovanni Perona (solo per truffa). La sentenza riguardava il trasferimento di circa 300 lavoratori, nel 1999, dalla Nuova Siet all’Ilva di Taranto, che acquisì anche tutti i beni aziendali. Il gruppo Riva assorbì le attività svolte dalla consociata e mise in mobilità tutto il personale. Secondo l’accusa, ai lavoratori fu poi proposto di rientrare in azienda sulla base di nuovi contratti al ribasso rispetto a quelli precedenti. (Il Fatto quotidiano)
E cosa dice l'Ilva? eeeeeeeh è un complotto, no?
L'azienda: "L'Ilva prende atto"
TARANTO - «L'Ilva prende atto dell'esito di una storia controversa». È detto in una nota dell'azienda siderurgica in cui si commenta la decisione della Cassazione di annullare la sentenza di assoluzione nei confronti di quattro imputati, tra cui Emilio e Claudio Riva. «In primo grado - osserva l'avvocato Egidio Albanese, uno dei legali dell'Ilva - vi era stato un giudizio di condanna mentre in Corte d'appello i giudici avevano assolto nel merito tutti gli imputati. Oggi la sentenza della Cassazione rimette tutto in discussione».
«C'è rammarico - aggiunge - su come un'azione di salvataggio dei dipendenti della Nuova Siet, che erano disoccupati e in mobilit…, sia diventata causa di lunghi contenziosi e azioni giudiziarie. Obiettivo dell'Ilva di Taranto - conclude il legale - E' sempre stato quello di salvaguardare il lavoro e creare, dove economicamente possibile, nuova occupazione». (GdM)